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“BEHIND THE LINES”, TUTTA LA STAMPA NE PARLA

di Redazione
Presente e futuro di MPS, ricapitalizzazione e proprietà di Unicredit, nuovo contratto nazionale dei bancari e prospettive della categoria. Di questo e molto altro si è parlato all’evento FABI. Presenti gli esponenti del settore economico. 
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AVVENIRE 02/03/2017

Il tramonto del bancario: 12mila tagli in tre anni

PIETRO SACCO

 

L’Università di Pisa ha la sua banca e sicuramente è il primo ateneo in Italia (e forse nel mondo) ad averne una. Non è una banca sua di proprietà, ma è sua perché è rivolta esclusivamente ai suoi addetti: ai docenti, agli assegnisti, ai dottorandi, agli impiegati e ai familiari. Si chiama Banca Unipi ed è un progetto che l’università toscana ha realizzato insieme alla Banca di Pisa e Fomacette Credito Cooperativo e a BccForWeb. Banca Unipi è una piattaforma digitale che offre servizi bancari, compreso il tradingonline, la gestione patrimoniale e la consulenza su mutui, assicurazioni e previdenza. Segno di quanto rapidamente si sta evolvendo il mondo del credito, che essendo sempre meno legato alle filiali fisiche (per quanto la Bcc pisana con i suoi venti sportelli sia una classica banca di territorio) può esplorare business nuovi come le banche fatte su misura per le università. Il settore si evolve ma non tutti riescono a restare a bordo. Nell’evoluzione digitale del credito c’è infatti sempre meno posto per il “vecchio” bancario. La Fabi, che è il sindacato di categoria, ha messo insieme i piani di esuberi e ridimensionamento del triennio 2013-2015 peri primi cinque gruppi bancari italiani (Unicredit, Intesa San-paolo, Mps, Ubi e Banco Popolare) ed è arrivato a contare 12.717 dipendenti in meno, con il totale sceso da 183.892 a 171.175 dipendenti. Più della metà dei tagli, 7mila, sono del solo Monte dei Paschi, mentre Intesa Sanpaolo, che conta un saldo tra entrate e uscite negativo per sole 90 unità, è la più stabile. Tra i due estremi ci sono UniCredit (2.195 posti in meno), Ubi (1.554 addetti in meno) e il vecchio Banco Popolare (oggi Banco Bpm) con 1.878 dipendenti in meno. Gli esuberi complessivi, in realtà, sono anche di più di quei 12mila, perché nel conto totale degli addetti rientrano anche le 6.400 assunzioni ottenute «grazie agli accordi con le associazioni sindacali di categoria» rivendica la Fabi. Nell’intero settore bancario tra il 2013 e il2015 sono usciti attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati 32.096 dipendenti mentre sono entrati 21.574 giovani. E chiaro che dalle banche escono professionalità più vecchie, come gli addetti allo sportello (nei primi nove mesi del 2016 sono state chiuse altre mille filiali, il doppio delle 500 chiusure dell’intero 2015), ed entrano ragazzi e ragazze con capacità nuove, per lo più digitali, visto che la preferenza dei clienti per l’online banking è ormai consolidata. Secondo le ultime rilevazioni dell’Abi usano i servizi “a distanza” 25,2 milioni di italiani, mentre 5,5 milioni sfruttano i servizi bancari in “mobilità”, ad esempio attraverso lo smartphone. Davanti a questa evoluzione serve un contratto nazionale diverso da quello attuale, che va in scadenza nel 2018, avverte il segretario del sindacato, Lando Maria Sileoni: per la Fabi occorrerebbe un contratto unico per i dipendenti delle banche e delle assicurazioni, che includa anche gli addetti delle Bcc e i promotori finanziari, dato che gli istituti di credito stanno allargando lo spettro delle loro attività. L’Associazione bancaria è pronta a ragionarci, ha promesso il presidente Antonio Patuelli.

 

Corriere della Sera 02/03/2017

Intesa, il fondo Harris promuove Messina – Pica Paola

«Carlo Messina? È solido e nella vicenda Generali ha fatto il suo mestiere. Il management ha dato un’occhiata all’operazione: se i rischi sono troppo elevati è bene lasciar perdere. Per me è un’indicazione positiva». La promozione per l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo arriva da David Herro, il capo degli investimenti di Harris il fondo americano azionista con il 3,6% del gruppo bancario italiano. Herro parla alle telecamere di Bloomberg il giorno che Messina arriva a New York per il road show sul bilancio 2016, chiuso con 3,i miliardi di utile netto. In Piazza Affari il titolo guadagna un altro 4% dopo i rialzi seguiti all’addio del dossier Generali, mentre altre parole di apprezzamento per Messina, arrivano dal suo presidente Gian Maria Gros Pietro. «La fiducia in Messina è completa immutata», dice il numero uno di Intesa sottolineando come l’operazione Generali non sia «mai esistita». Nelle stesse ore parla anche l’amministratore delegato di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, primo azionista di Mediobanca che, a sua volta, è il socio di riferimento della compagnia triestina sulla quale Intesa ha studiato per qualche settimana, prima di rinunciare, possibili «combinazioni» per creare un campione italiano di stazza europea nel risparmio gestito. Per Mustier la scelta di Messina è stata «la migliore per il Paese». Prima che tutto iniziasse, afferma il manager francese in margine all’incontro della Fabi a Milano «avevo già detto che per l’Italia è molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale». Ma anche Unicredit — che ha chiuso con esito positivo la ri-capitalizzazione record da 13 miliardi e ieri è salita in Borsa del 4,2% — «resterà indipendente», dice ancora Mustier, con «futuro luminoso e italiano», ora che che si è «voltato pagina rispetto al passato»: non c’è nessuna intenzione «di diventare un’entità francese». Intanto è emerso ieri che Capital Research è salito all’8% dal precedente 6,796 rafforzandosi così come primo socio singolo di Unicredit. Per il fondo Usa l’investimento è stato di circa 1 miliardo. Mustier è anche tornato sulla cessione della società di gestione del risparmio Pioneer ad Amundi: «E stata vista come esternazionalizzazione ai francesi, però non è così. Pioneer è un grande asset senza la giusta dimensione. E poi è il primo esempio positivo delle conseguenze per l’Italia della Brexit: 3oo posti di lavoro in più a Milano». Sempre ieri Mediobanca, attraverso la piattaforma tecnologica Spafid Connect, ha acquistato dal gruppo London Stock Exchange la divisione Information services professional solutions (Isps). Paola Pica

 

Corriere della Sera 02/03/2017

Panorama – Fabi, nelle banche persi 12 mila posti – …

Fabi, nelle banche persi 12 mila posti In 4 anni nei primi cinque gruppi bancari sono stati bruciati, al netto delle assunzioni, 12.217 posti di lavoro e chiusi, a livello di comparto, 1.700 filiali. Lo calcola il sindacato Fabi che chiede un nuovo contratto

 

Corriere della Sera 02/03/2017

Sussurri & Grida – I consulenti della Procura: Mps da nazionalizzare nel 2011 – f.mas.

(fmas.) «Spero che lo Stato sia un azionista lungimirante che discuta con i manager gli obiettivi per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole». Il ceo di Mps, Marco Morelli (foto), ieri al convegno della Fabi, sa di avere pochi margini sul piano industriale, perché deve ascoltare i «suggerimenti» di Ue e Bce e adeguarsi ai loro tempi. In ogni caso tra le due istituzioni la collaborazione «è molto buona», ha assicurato la commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager, anche se non sempre «si sentono le stesse parole» perché «abbiamo responsabilità differente». Per l’ingresso dello Stato serviranno dunque ancora settimane. Ma forse la storia poteva andare diversamente: secondo i consulenti della procura generale di Milano nell opposizione all’archiviazione per gli ex vertici Fabrizio Viola e Alessandro Profumo nonché per la stessa Mps nell’indagine sulla contabilizzazione di Alexandria e Santorini fino al 2015, la banca avrebbe dovuto essere nazionalizzata fin dal 2011-2012. Per i professori Francesco Corielli e Roberto Tasca, Mps non avrebbe potuto accedere ai Monti Bond perché la sua crisi era legata non ai suoi Btp (tantomeno se si fossero calcolati Alexandria e Santorini come derivati) ma alle perdite su Antonveneta e sui crediti deteriorati. Ma la Ue accettò le attestazioni dell’Italia e disse sì ai Monti Bond. Per i periti le perdite avrebbero dovuto essere coperte con aiuti di Stato, fino alla nazionalizzazione, ma solo dopo l’azzeramento dei soci, in primis la Fondazione Mps%. Si vedrà. dl vero assassino di Mps è stato una gestione di bassa qualità», ha riconosciuto ieri Profumo a Mix 24 su Radio 24. L’ex presidente invece, ha difeso il tentativo di salvataggio di Mps: non fu fatta fallire «perché il Paese sarebbe stato commissariato».

 

Gazzetta di Parma 02/03/2017

L’analisi della Fabi – …

Ultimi 4 anni di tempesta per il settore bancario in Italia con oltre 12.217 posti di lavoro andati in fumo (a fronte di 6.383 le assunzioni) nei primi cinque gruppi ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare. A certificarlo è la Fabi che nella sua analisi evidenzia, tra l’altro, come il dato peggiore arrivi dal Monte che, tra íl 2012 e il 2016, ha contabilizzato 7 mila uscite, perdendo il 22% dei dipendenti. Stabile Intesa Sanpaolo con solo 90 uscite (a fine 2016 i dipendenti sono oltre 62.500). Unicredit, invece, che sta conducendo in porto l’aumento di capitale, segna un -3,5% di posti (poco più di 49 mila in Italia al 31 dicembre 2016). Più ampia la percentuale delle uscite in Ubi (7,9%) e nel Banco Popolare (10%). Guardando l’mtero comparto sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati, 32.096 dipendenti.

 

Giornale 02/03/2017

Sul palco dei bancari il Monte di Stato e l’Unicredit dei fondi – Conti Camilla

Così vicini, sul palco, eppure così lontani. Da una parte Marco Morelli, ad del Monte dei Paschi che mastica amaro perché costretto a farsi dettare l’agenda da Bruxelles, da Francoforte e dal futuro azionista di controllo – il Tesoro – dopo il fallimento del salvataggio privato della banca senese. Dall’altra, Jean Pierre Mustier che mostra la medaglia conquistata convincendo i soci e il mercato a scommettere 13 miliardi sulla sua ricetta per il futuro di Unicredit. In platea, i bancari riuniti in un hotel alle porte di Milano dalla Fabi, ovvero il principale sindacato della categoria per un evento sulle prospettive del credito. Sul tavolo, la fotografia scattata all’organico del sistema che in tre anni (dal 2012 al 2015) ha perso 12mila posti di lavoro. «E come se le redini di Mps fossero temporaneamente in mano alle istituzioni europee», ha detto Morelli nel corso del dibattito del convegno. Spiegando che il cda senese sta scrivendo il nuovo piano industriale, ma «i tempi sono dettati dalla Commissione europea e dalla Bce». In ballo ci sono anche le remunerazioni dei vertici della banca: «Io resto anche con uno stipendio ridotto», ha detto Morelli, sottolineando però che «i paletti» messi dalle autorità europee non dovranno togliere al Monte «la possibilità di camminare». Se lo Stato «è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole». Chi ha invece le mani più libere per riorganizzare la banca è Mustier. Ai presenti al convegno ha assicurato che Unicredit sarà indipendente e, soprattutto, nel suo «futuro luminoso» non ha alcun piano per evolversi «verso un’identità francese». L’ad ha poi evidenziato che tutti gli attuali azionisti hanno sottoscritto la ricapitalizzazione ma, per capire i futuri equilibri dell’istituto che si rifletteranno poi sulla composizione del cda, bisognerà aspettare ancora. Almeno un mese e mezzo per avere nei radar eventuali nuovi soci forti: sarà l’assemblea di metà aprile a certificarne la presenza. Qualche spiffero, però, comincia già a filtrare: Capital Research, gestore americano di fondi già primo azionista di Unicredit, avrebbe incrementato la sua quota con l’aumento di capitale salendo sopra l’8%, secondo indiscrezioni rilanciato ieri dal sito web de La Stampa. Prima dell’aumento i fondi che fanno riferimento a Capital Research avevano il 6,75%. II fondo Usa quindi in fase di aumento ha sottoscritto azioni oltre il proprio pro-quota. Intanto, dal convegno della Fabi ieri è arrivata anche la voce del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli: «Se la politica non li vuole tirare fuori li tireranno fuori le inchieste giudiziarie», ha detto riferendosi alla sua proposta di rendere pubblici i nomi dei grandi debitori insolventi delle banche salvate dall’intervento pubblico. Ipotesi inizialmente presa in considerazione dal legislatore, ma poi bocciata nel corso dell’iter parlamentare sul dl Banche.

 

 

Giorno – Carlino – Nazione 02/03/2017

Profitti & Perdite – Banche nella tempesta A casa 32mila dipendenti – …

Negli ultimi quattro anni di tempesta per il settore bancario in Italia, sono andati in fumo 12.217 posti di lavoro a fronte di 6.383 le assunzioni nei primi cinque gruppi, ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare. A certificarlo è la Fabi. Guardando all’intero comparto, sono usciti 32.096 dipendenti tra pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati; 1.700 gli sportelli tagliati.

 

Libero Quotidiano 02/03/2017

Unicredit non sarà francese Il Monte non lo vuole nessuno – De Dominicis Francesco

A uno l’aumento di capitale è riuscito, all’altro no. Ma ovviamente ci sono differenze di fondo non irrilevanti sull’esito delle due operazioni. Fatto sta che se Jean Pierre Mustier, adesso, ha la strada spianata per rilanciare Unicredit (che «non sarà francese», come ha assicurato), lo stesso non vale per Marco Morelli che sta mettendo a punto il piano industriale del Monte dei paschi di Siena per il quale «serve ancora tempo»; serve, soprattutto, l’autorizzazione delle autorità europee che continuano a dialogare non senza frizioni sulla nazionalizzazione della ex banca del Partito democratico. Di fronte a oltre 1.500 dirigenti sindacali della Fabi, ieri a Milano, gli amministratori delegati di Unicredit e Mps hanno parlato per la prima volta in pubblico da quando sono in carica. Su entrambi pesano responsabilità enormi, che vanno ben oltre il recinto operativo dei colossi dei quali hanno in mano le redini. Mustier ha appena archiviato l’aumento di capitale da 13 miliardi di euro e il successo dell’operazione gli consente di dire di «non avere alcun condizionamento esterno»: il riferimento, seppur non esplicito, è alle fondazioni e alla spartizione del potere con la politica locale che in passato ha cagionato più di un danno a Unicredit. Basta pensare all’acquisto di Capitalia che viene incredibilmente rinnegato, a 10 anni di distanza, dallo stesso protagonista del matrimonio: «Oggi non lo rifarei», ha dichiarato proprio ieri a Radio 24 l’ex ad Alessandro Profumo. Abbiamo «voltato pagina rispetto al passato», ha rivendicato Mustier parlando di un «futuro luminoso» e rivendicando l’indipendenza dell’istituto. Tuttavia, qualche spiffero a Piazza Gae Aulenti potrebbe sempre arrivare e allora, per aiutarlo a giocare d’anticipo, il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, gli ha regalato un anemometro, che l’alto dirigente Unicredit ha promesso di mettere sulla sua scrivania. Su quella di Morelli ci finirà invece un barometro: in questo caso il sindacato teme qualche tempesta nella gestione del piano, con tagli extralarge sui costi con effetti e ricadute sul personale. Il numero uno di Rocca Salimbeni ha accettato la sfida, invitando i lavoratori a un dialogo costruttivo sul nuovo modello di banca all’inevitabile sapore di digitale, ribadendo che il primo a fare i sacrifici è proprio lui: in effetti il suo stipendio potrebbe scendere da 1,7 milioni di euro a circa mezzo milione. Meno di un terzo. La decisione del taglio spetta al nuovo azionista, ovvero lo Stato che si appresta a entrare nel capitale del Monte col 60-70% delle quote. Ma i tempi sono lunghi: nessuno vuole prendersi la responsabilità del via libera, col duello tra Ue e Bce che corre il rischio di pesare troppo sul futuro dell’istituto senese. Non solo. «Abbiamo di fronte un periodo lungo, perché per riappropriarsi di una presenza commerciale ci vorrà qualche anno. un percorso molto lento», ha spiegato ancora il capo di Mps. Difficile, se non impossibile, al momento, tratteggiare ipotesi di alleanze strategiche o fusioni con altri player, italiani o esteri. Le priorità sono altre, a cominciare dalle sofferenze (si valutano cessioni in blocco o la creazione di un veicolo ad hoc) fino ai depositi: l’ad ha spiegato che si è invertita la tendenza al deflusso e che l’emorragia registrata nel 2016, con miliardi di masse finanziarie perse, è stata fermata. In ogni caso, Morelli – che ha di nuovo respinto le accuse su presunti conflitti di interesse con Jp Morgan – auspica un ruolo «lungimirante» del Tesoro azionista. ll ritorno dello Stato nel recinto bancario è strabenedetto da Mustier: senza l’intervento pubblico per l’industria bancaria del Paese sarebbe stata una «catastrofe». Certo, ha fatto notare Sileoni, le banche vengono puntellate dal governo col fondo da 20 miliardi dopo aver mandato a casa, negli ultimi tre anni, più di 12mila addetti a fronte di 6.300 assunzioni frutto degli accordi sindacali. Da questo punto di vista, molto dipenderà dal nuovo contratto di lavoro, nel quale il perimetro dell’attività dei bancari potrebbe essere esteso anche ad altri ambiti, a partire dalla consulenza fiscale. « l’unico modo per fronte are la concorrenza delle fintech e dei giganti delle tic», ha detto Sileoni che ha incassato l’immediata disponibilità del presidente Abi, Antonio Patuelli.

 

Liberta’ 02/03/2017

Bancari, in quattro anni persi 12mila posti nei grandi gruppi – …

MILANO • Ultimi 4 anni di tempesta per il settore bancario in Italia con oltre 12.217 posti di lavoro andati in fumo (a fronte di 6.383 le assunzioni) nei primi cinque gruppi ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare. A certificarlo è la Fabi che nella sua analisi evidenzia, tra l’altro, come il dato peggiore arrivi dal Monte che, tra il 2012 e il 2016, ha contabilizzato 7 mila uscite, perdendo il 22% dei dipendenti. Stabile Intesa Sanpaolo con solo 90 uscite (a fine 2016 i dipendenti sono oltre 62.500). Unicredit, invece, che sta conducendo in porto l’aumento di capitale da 13 miliardi, segna un -3,5% di posti (poco più di 49 mila in Italia al 31 dicembre dello scorso anno). Fuori 32mila dipendenti Più ampia la percentuale delle uscite in Ubi (7,9%) e nel Banco Popolare (10%). «Guardando l’intero comparto – ricorda il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni – sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati, 32.096 dipendenti. Contestualmente sono stati assunti in banca 21.574 giovani, di cui più della metà, 12.240, attraverso il Fondo per la nuova occupazione». Mentre gli sportelli tagliati sono stati 1.700. Cifre tropo alte per non fare niente e per questo Sileoni – in occasione dell’evento “Behind the lines: la tempesta perfetta” organizzato dal sindacato a Milano – chiede un contratto di lavoro al passo dei tempi. E per farlo «è necessario – afferma – riaprire subito il dibattito sul contratto nazionale dei 311 mila lavoratori bancari».

 

Messaggero Veneto 02/03/2017

«Unicredit indipendente e soprattutto italiana» – …

MILANO Unicredit sarà indipendente e, soprattutto, nel suo «futuro luminoso» non avrà dna francese. A chiarire il percorso del gruppo che sta conducendo in porto un aumento di capitale mai visto per una banca italiana, è un uomo d’Oltralpe doc. Quel Jean Pierre Mustier che, dai primi di luglio, ha preso le redini dell’istituto di piazza Gae Aulenti e ora assicura – mentre in borsa il titolo guadagna un altro 4,2% – che si è «voltato pagina rispetto al passato». In una delle rare uscite pubbliche, il banchiere – ospite di un convegno organizzato dalla Fabi – rassicura e spegne sul nascere nuovi rumors ormai ciclici, come quelli di un ingresso di Socgen (che non cita) dove, peraltro, il manager ha passato vent’anni. «Non abbiamo nessuna idea di evolverci verso un’identità francese» per cui «chiaramente» la banca «ha un futuro italiano», assicura ricordando, tra l’altro, che tutti gli attuali azionisti hanno sottoscritto la ricapitalizzazione. Qualcuno lo ha fatto per l’intera quota, come gli arabi di Abaar e gli americani di Capital Research che nell’insieme controllano l’11% del capitale. Altri invece, come le fondazioni, hanno ridotto di molto, pur partecipando all’operazione, il proprio peso. Un tema quello dell’azionariato che resta caldo ma, per capire i futuri equilibri dell’istituto che si rifletteranno poi sulla composizione del consiglio di amministrazione, bisognerà aspettare ancora. Mustier ha parlato anche di Generali e Intesa. «L’esito della discussione penso che sia la cosa migliore per il Paese», ha dichiarato sulla vicenda Intesa Sanpaolo-Generali.

 

Mf 02/03/2017

Mustier: Unicredit non diventerà francese – Chiarano Francesca

di Francesca Chiarano MF-Doir.Jones «Sì assolutamente, hanno tutti sottoscritto». Così ieri l’amministratore delegato di Unicredit Jean Piene Mustier, a margine del convegno organizzato dalla Fabi a San Donato Milanese (si veda altro articolo in pagina), ha risposto a chi gli chiedeva se i maggior azionisti dell’istituto avessero sottoscritto l’aumento di capitale da 13 miliardi. Nessun dettaglio sull’eventualità che la banca di Piazza Gae Aulenti abbia raccolto nuovi soci: «Lo sapremo tra un mese e mezzo», ha risposto Mustier riferendosi all’ assemblea in calendario per i120 aprile. «Dopo l’aumento di capitale il futuro di Unicredit è molto luminoso per i suoi clienti, per i suoi azionisti e per i suoi dipendenti», ha proseguito il banchiere francese. «Con la ricapitalizzazione abbiamo voltato pagina rispetto al passato e stiamo costruendo il futuro». Un futuro, ha sottolineato Mustier, «nel quale saremo in grado di offrire prodotti e servizi ancora migliori ai clienti e di dare ai nostri dipendenti un ottimo contesto per sviluppare le loro carriere». In futuro Unicredit dovrebbe restare indipendente e con una chiara identità italiana: «Non abbiamo nessuna idea di evolverci verso un’identità francese», ha puntualizzato il ceo. «Pioneer è stata vista come esternalizzazione ai francesi, però non è proprio così. Pioneer è un grande asset e la sua gestione è ottima, ma non ha la giusta dimensione: è troppo grande per i clienti individuali e troppo piccola per gli istituzionali. La combinazione di Pioneer con Amundi dà quella massa critica su cui lavorare. Quindi sì, abbiamo esternalizzato, ma a questo scopo». Mustier ha poi commentato anche le vicende del settore bancario italiano: «Se il governo non fosse intervenuto nelle banche in difficoltà, sarebbe stata una catastrofe per i dipendenti e i clienti dell’intero sistema». Infine in merito al dossier Intesa-Generali il banchiere ha dichiarato di ritenere che l’esito della vicenda sia stato il migliore per il Paese: «Per l’Italia è importante avere una compagnia assicurativa indipendente, quotata e internazionale».(riproduzione riservata)

 

 

Mf 02/03/2017

Morelli: Mps ora è sulla strada giusta – Chiarano Francesca

di Francesca Chiarano MF-DowJones Banca Mps «ha invertito la tendenza commerciale e a questo punto la banca sta lentamente riprendendo il modus operandi positivo. E un processo che sarà lento ma la direzione giusta è stata già tracciata». Lo ha affermato l’ad del Monte, Marco Morelli, in merito all’andamento dell’istituto, che a dicembre ha registrato un forte deflusso dei depositi che però si è interrotto già a gennaio, con l’annuncio dell’ingresso dello Stato nel capitale della banca. Parlando a margine del convegno organizzato dalla Fabi, Morelli ha poi spiegato che i tempi per la definizione del nuovo piano «non sono dettati dalla banca, ma dalla Commissione Ue, che parla con la banca e con la Bce, e noi dobbiamo adeguarci e rispettare la tempistica che ci viene data da loro. II piano industriale sarà approvato dal cda alla fine di questo processo». Il nuovo piano dovrebbe sì ricalcare le linee guida di quello precedente ma attraverso la sottoscrizione della ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato, che implica il vaglio da parte della Commissione Ue oltre che della Bce. (riproduzione riservata)

 

 

Mf 02/03/2017

Abi apre al contratto unico per i bancari – Abi dice sì a un contratto unico – Gualtieri Luca

Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, apre alla proposta della Fabi di riaprire il confronto sul contratto nazionale di lavoro dei bancari (in scadenza nel 2018) e di allargarlo anche ad altre categorie come gli assicurativi, i promotori finanziari e gli addetti del credito cooperativo. «Io non ho alcun pregiudizio a iniziare da subito un confronto costruttivo in prospettiva di un nuovo contratto, che non sia solo l’aggiornamento del contratto nazionale dei bancari ma che pub allargare lo sguardo», ha spiegato ieri Patuelli al convegno Behind the lines organizzato dalla stessa Fabi. «Se le banche cooperative lo chiederanno», ha aggiunto per esempio Patuelli, «non avrebbe difficoltà ad approfondire un unico contratto nazionale di tutti i bancari. Ci sono i settori parabancari, esterni al mondo bancario in termini stretti, come le assicurazioni e il mondo finanziario», ha detto ancora Patuelli, «Io coniugo il mondo finanziario in termini plurali. Non c’è un unico modello, ce ne sono tanti, diversi e in concorrenza: questa è la base di pluralismo che rende competitivo il nostro mondo bancario», ha concluso il presidente dell’Abi rispondendo così alla proposta lanciata dal segretario della Fabi, Lando Sileoni. «E necessario riaprire subito il dibattito sul contratto nazionale dei 311 mila lavoratori bancari. Quello attuale, in scadenza il 2018, rischia di essere superato dai tempi. Riteniamo», ha aggiunto il sindacalista, «si debba cominciare a valutare l’ipotesi di un contratto unico per i lavoratori del comparto finanziario-assicurativo, con una rete di garanzie estesa ai lavoratori bancari di Abi, delle bcc, delle assicurazioni e degli stessi promotori finanziari. L’obiettivo è quello di assicurare in prospettiva al settore il mantenimento dei livelli occupazionali e tutelare efficacemente gli stessi lavoratori. Serve un contratto», ha insistito ancora Sileoni, «che sappia gestire il cambiamento in atto definendo nuove professionalità e nuovi mestieri, in coerenza con un nuovo modello di banca al servizio del Paese che ponga le condizioni per un aumento dei ricavi e dell’occupazione. Per fronteggiare la concorrenza delle Fintech e dei giganti Ict, le banche devono puntare sulla consulenza fiscale, previdenziale, tecnologica, finanziaria, commerciale a famiglie e imprese, riportare all’interno del proprio perimetro attività in precedenza esternalizzate». L’appello di Sileoni, del resto, trova riscontro nei numeri. In base ai dati raccolti dalla Fabi, in tre anni l’industria bancaria italiana ha perso 12 mila posti di lavoro per via della crisi di redditività e delle numerose ristrutturazioni che hanno coinvolto i gruppi bancari. Gli istituti hanno inoltre diminuito la loro presenza sul territorio tagliando quasi 1.700 sportelli. Dal 2013 al 2015 sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati, 32.096 dipendenti. Contestualmente sono stati assunti in banca 21.574 giovani di cui più della metà, 12.240, attraverso il Fondo per la nuova occupazione. Questo strumento è stato negoziato dai sindacati negli ultimi due rinnovi contrattuali e ha consentito assunzioni agevolate a tempo indeterminato di giovani disoccupati, precari già in organico e categorie disagiate grazie al contributo solidale di lavoratori e top manager. Ad oggi le assunzioni agevolate di giovani, tramite il Fondo, sono arrivate a quota 13.800. Dal 2012 al 2016, cioè in quattro anni, nei primi cinque gruppi bancari italiani, che impiegano oltre la metà dei lavoratori bancari in Italia (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare), sono stati bruciati 12.217 posti di lavoro, mentre le assunzioni si sono attestate a quota 6.383 grazie agli accordi raggiunti con le organizzazioni sindacali di categoria. Nel corso del convegno Patuelli è tornato anche sul tema della lista dei creditori insolventi delle banche salvate dall’intervento pubblico: «Se la politica non li vuole tirare fuori, li tireranno fuori le inchieste giudiziarie». (riproduzione riservata) ***

Piccolo 02/03/2017

«Per il Leone trovata la soluzione migliore» – …

MILANO Unicredit sarà indipendente e, soprattutto, nel suo «futuro luminoso» non avrà dna francese. A chiarire il percorso del gruppo che sta conducendo in porto un aumento di capitale mai visto per una banca italiana, è un uomo d’Oltralpe doc. Quel Jean Pierre Mustier che, dai primi di luglio, ha preso le redini dell’istituto di Piazza Gae Aulenti e ora assicura che si è «voltato pagina rispetto al passato». In una delle rare uscite pubbliche, il banchiere di Chamaliers – ospite di un convegno organizzato dalla Fabi – rassicura e spegne sul nascere nuovi rumors ormai ciclici, come quelli di un ingresso di Socgen (che non cita) dove, peraltro, il manager ha passato vent’anni. «Non abbiamo nessuna idea di evolverci verso un’ identità francese» per cui «chiaramente» la banca «ha un futuro italiano», assicura ricordando, tra l’altro, che tutti gli attuali azionisti hanno sottoscritto la ri-capitalizzazione. Qualcuno lo ha fatto per l’intera quota, come gli arabi di Abaar e gli americani di Capital Research che nell’insieme controllano l’11% del capitale. Altri invece, come le fondazioni, hanno ridotto di molto, pur partecipando all’operazione, il proprio peso. Un tema quello dell’azionariato che resta caldo ma servirà almeno un mese e mezzo per avere nei radar eventuali nuovi soci forti. Sarà nei fatti l’assemblea di metà aprile a certificame la presenza. Mustier ha anche commentato l’esito della vicenda Intesa-Generali: «L’esito delle discussioni (per una possibile combinazione industriale tra Generali e Intesa Sanpaolo, concluse con un nulla di fatto, ndr) penso sia il migliore per il Paese. Prima che tutto iniziasse – ha aggiunto – avevo già detto che per l’Italia è molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale». UniCredit è primo azionista di Mediobanca, che a sua volta è primo azionista di Generali.

 

 

Prealpina 02/03/2017

Tagli di filiali e bancari, la Fabi dice no – …

MILANO – (e.p.) Basta con i tagli nel settore bancario, servono più idee che licenziamenti: a ribadirlo è il sindacato del credito Fabi a margine del convegno di ieri a Milano con il segretario generale Lando Maria Sileoni a cui hanno partecipato oltre 1500 dirigenti dell’organizzazione più rappresentativa del settore. Sono stati analizzati gli ultimi 15 annidi piani industriali, trattative, rinnovi di contratti nazionali, «tutti improntati dalle aziende al contenimento dei costi e di conseguenza al taglio del costo del personale – sottolinea Alessandro Frontini, coordinatore di Fabi Varese -. E interessante vedere come le ricette presentate dalle aziende si somiglino sempre, anche a distanza di anni, tutte verso il contenimento del costo o meglio volte a parlare di esuberi che alla fine sono comunque per noi tagli. Per fortuna con la lungimiranza della Fabi e delle altre organizzazioni sindacali si è creato lo strumento per gestire questi esuberi, tanti sono i colleghi e le colleghe che hanno aderito volontariamente al Fondo di settore e hanno potuto lasciare il proprio posto di lavoro senza traumi. Fondamentale anche il nuovo strumento per migliorare l’occupazione, il Foc, attraverso il quale negli ultimi anni molti giovani hanno potuto trovare un lavoro facendo tornare attrattiva questa professione». Dopo le tante fusioni, c’è stata una «stretta su tutto il territorio nazionale ai punti operativi cambiando rotta rispetto a quanto successo almeno un decennio fa. Anche Varese ha subito negli anni lo scotto di queste chiusure di filiali con pesanti problemi anche su alcuni poli operativi che popolavano il nostro territorio – prosegue Frontini -. Spesso le aziende abusano del termine territorio o meglio “banca del territorio”, rivendicandolo per rendersi attrattivi verso la clientela e aumentare la raccolta ma andando in contraddizione quando a questo abbinano poi piani industriali volti a chiudere le filiali stesse». Fabi ricorda le tante sfide di oggi nelle trattative territoriali per Ubi Banca, Banco popolare Bpm, Unicredit, Intesa Sanpaolo: «Chiediamo a gran voce, anche per poter meglio gestire questa importante crisi, un nuovo modello di banca improntato alla ricerca di nuove figure professionali e di nuove specializzazioni atte a fornire anche un miglior servizio alla clientela attraverso ad esempio consulenza fiscale, previdenziale, tecnologica, per riportare competenze all’interno del perimetro banca in modo che il lavoro diventi una risorsa e non solo costo».

 

 

Provincia – Cremona 02/03/2017

Le banche In 4 anni persi in Italia 12.217 posti – …

MILANO Ultimi 4 anni di tempesta per il settore bancario in Italia con oltre 12.217 posti di lavoro andati in fumo (a fronte di 6.383 le assunzioni) nei primi cinque gruppi, ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare. A certificarlo è la Fabi che nella sua analisi evidenzia, tra l’altro, come il dato peggiore arrivi dal Monte che, tra il 2012 e il 2016, ha contabilizzato 7mila uscite, perdendo il 22% dei dipendenti. Stabile Intesa Sanpaolo con solo 90 uscite (a fine 2016 i dipendenti sono oltre 62.500). Unicredit, invece. che sta conducendo in porto un aumento di capitale da 13 miliardi, segna un 3,5% di posti (poco più di 49mila in Italia al 31 dicembre dello scorso anno). Più ampia la percentuale delle uscite in Ubi (7,9%) e nel Banco Popolare (10%). «Guardando I’intero comparto ricorda il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari incentivati, 32.096 di pendenti. Contestualmente sono stati assunti in banca 21.574 giovani di cui più della metà,12.240, attraverso il Fondo per la nuova occupazione». Mentre gli sportelli tagliati sano stati 1.700 Cifre tropo alte per non fare niente e per questo Sileoni in occasione dell’evento ‘ Behind The Lines: la tempesta perfetta’ organizzato dal sindacato a Milano chiede un contratta di lavoro al passo dei tempi. E per farlo «è necessario riaprire subito il dibattito sul contratto nazionale dei 311 mila lavoratori bancari. Una sollecitazione che il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli non ha difficoltà a raccogliere. «Io non ho alcun pregiudizio a iniziare da subito un confronto costruttivo in prospettiva di un nuovo contratto, che non sia solo l’aggiornamento del contratto nazionale dei bancari, ma che può allargare Io sguardo. Quello sguardo è rivolto anche alle banche di credito cooperativo, qualora fossero interessate.

 

 

Secolo XIX 02/03/2017

Il fondo Capital Research scommette un miliardo sull’aumento di Unicredit – G.P.

IL gestore americano Capital Research and Management scommette un miliardo sull’aumento di capitale Unicredit e si rafforza come primo azionista dell’istituto. Secondo quanto risulta a La Stampa, la quota del gestore di fondi Usa sarebbe adesso superiore all’8% del capitale contro il 6,75% che deteneva prima dell’aumento. Il titolo ieri, in una seduta molto brillante per Piazza Affari, è salito del 4,27%con una accelerazione nel finale dopo la pubblicazione delle anticipazioni sul nuovo assetto azionario. Ai prezzi di ieri la quota di Capital Research vale oltre 2,3 miliardi di euro. Capital Research fa parte di Capital Group, uno dei gestori di fondi più grandi del mondo con asset per circa 1.000 miliardi di dollari. Secondo quanto ricostruito questo sarebbe il movimento più sensibile nell’azionariato dell’istituto, che pre aumento vedeva dietro a Capital Research il fondo sovrano del Qatar, Aabar con il 5% e Blackrock con il 4,8%. «Non sappiamo ancora»di nuovi ingressi, ha detto l’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier, sottolineando che per saperlo occorre aspettare «un mese e mezzo». I soci attuali, ha detto ancora Mustier, «hanno tutti sottoscritto». Anche se accanto al rafforzamento dei grandi fondi d’investimento si registra la diluizione delle fondazioni, che hanno partecipato ma non hanno sottoscritto tutto il proprio pro-quota. Anche alla luce dei risultati dell’aumento, Unicredit sarà indipendente e nel suo «futuro luminoso» sarà italiano e non avrà dna francese, ha detto ancora Mustier, ieri a Milano per un convegno organizzato dal sindacato dei bancari Fabi. Mustier ha anche negato di essere stato oggetto di pressioni. «L’unica pressione – ha detto il manager – è da me stesso» perché «dopo l’aumento ora bisogna fare l’esecuzione operativa». Il lavoro in atto nella sostanza è fare quello che «pensiamo sia giusto nell’interesse della banca».Secondo alcune indiscrezioni già circolate nei giorni scorsi, con la chiusura dell’aumento di capitale potrebbe riaprirsi il tavolo sulla governance dell’istituto, per riflettere più fedelmente anche in consiglio i nuovi equilibri nell’azionariato. Il cda attuale scade il prossimo anno, ma Mustier ha già annunciato che il prossimo cda avrà quindici membri invece di 17 e un solo vicepresidente contro i tre attuali. Improbabile che ci sia un ribaltone nei prossimi mesi, spiegano alcune fonti. Ma non è escluso che qualche consigliere possa decidere di dimettersi facendo spazio in cda per altri consiglieri indipendenti, espressione dei fondi d’investimento. G. P.

 

Sole 24 Ore 02/03/2017

Bancari, l’Abi apre sul contratto unico – Bancari, dall’Abi aperture al dialogo sul contratto unico – Casadei Cristina

Cristina Casadei Gli autonomi della Fabi alzano la palla della riapertura del dibattito sul contratto nazionale dei bancari. II segretario generale, Lando Maria Sileoni, ieri alla convention “Behind the lines” ha detto: «É necessario riaprire subito il dibattito sul contratto nazionale dei 300 mila lavoratori bancari Quello attuale, in scadenza a fine 2018, rischia di essere superato dai tempi». Abi non lascia cadere la palla. II presidente, Antonio Patuelli, risponde di non aver «alcun pregiudizio a iniziare da subito un confronto costruttivo in prospettiva di un nuovo contratto, che non sia solo l’aggiornamento del contratto nazionale dei bancari, ma che può allargare lo sguardo». A cosa? Bcc? Assicurazioni? «Se le banche cooperative lo chiederanno, non avrò difficoltà ad approfondire un unico contratto nazionale di tutti i bancari», dice Patuelli. E poi «Ci sono i settori parabancari, esterni al mondo bancario in termini stretti, come le assicurazioni e il mondo finanziario. Io coniugo il mondo finanziario in termini plurali». «Non c’è un unico modello, ce ne sono tanti, diversi e in concorrenza. Questa è la base di pluralismo che rende competitivo il nostro mondo bancario». Mancano quasi due anni alla scadenza del contratto dei bancari (l’ultimo è stato siglato il primo aprile del 2015) ma già le parti sentono il bisogno di parlarsi. Non che le occasioni siano mancate: ci sono i cantieri del precedente contratto, c’è stato l’accordo sulle pressioni commerciali, c’è stato il lavoro di diplomazia per la dote di 648 milioni prevista dalla legge di Bilancio per aiutare il settore nella sua fase di forte riorganizzazione e agevolare quasi 25mila uscite con il fondo. Ma come spiega il presidente del Casl di Abi e coo di Intesa Sanpaolo, Eliano Omar Lodesani, «il dialogo deve essere continuo per stemperare le tensioni che sono frutto del tempo compresso». Quando si parte allora? «Ci sono ancora alcune cose da mettere a punto del precedente contratto e poi si può partire», dice Lodesani. Quindi a breve. Ma chi parte? Per ora è la Fabi a portarsi avanti pubblicamente ma nelle diverse sigle il dibattito c’è. E c’è perché, spiega Sileoni, «non ce la facciamo più a rincorrere le aziende che hanno necessità di riorganizzarsi per stare sul mercato». E dall’altro lato, aggiunge, «non vogliamo fare accordi in deroga al contratto nazionale». Gli ultimi mesi per i sindacati bancari sono stati caratterizzati più che da stabilità e quadro certo, da profondi scossoni. Secondo i dati racc lti dalla Fabi dal 2013 al 2015 sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti 32.096 dipendenti, ma sono stati assunti 21.574 giovani, di cui più della metà, 11.240, attraverso il Fondo perla nuova occupazione. II bilancio è negativa «I bancari diventeranno prima 29omila, poi 280mila poi 270mila e così via se non si inverte la rotta», avverte Sileoni. Le due strade percorse finora sono state le uscite volontarie con il fondo di solidarietà di cui Sileoni difende il valore politico e le riqualificazioni che, a conti fatti, se si esclude il grande piano di Intesa Sanpaolo che ha riqualificato oltre 5mila lavoratori, non sono state una scelta prioritaria E invece il sindacato chiede di riportare o tenere all’interno le attività il recupero crediti è un esempio. O di guardare ad accordo come quello sul contratto ibrido, introdotto in via sperimentale da Intesa Sanpaolo. «Pensate al valore aggiunto che porta un contratto che permette a chi lo vuole di provare a mettersi in gioco con un’attività nuova essendo dipendente della banca ma anche promotore finanziario. E poi valorizziamo anche il fatto che è un accordo che porta occupazione», dice Lodesani. In mezzo a tutti gli accordi difensivi del credito, ci sono degli esempi che mostrano che si può anche creare occupazione con accordi innovativi e ragionando sui nuovi mestieri. Per farlo a livello di sistema bisogna però rimettersi attorno al tavolo nazionale. Non per parlare di ammortizzatori che per Lodesani «sono un aspetto patologico», ma «per iniziare a fare un’analisi dei bisogni delle aziende e dei lavoratori».

 

 

Sole 24 Ore 02/03/2017

Mustier: «UniCredit sarà indipendente». Dai fondi maxi-investimenti – Mustier: UniCredit sarà indipendente – Mustier: «UniCredit sarà indipendente» – Ferrando Marco

Marco Ferrando A due giorni dall’ultimo atto dell’aumento di capitale, concluso lunedì con il collocamento delIe briciole dell’inoptato, si cominciano a fare i conti sul nuovo azionariato di UniCredit. La fotografia si avrà solo a metà aprile con l’assemblea, ma intanto spuntano le prime posizioni forti come Capital Research, che secondo le indiscrezioni di La Stampa avrebbe arrotondato all’8%; accanto, secondo quanto risulta a E Sole, avrebbero significativamente incrementato la propria esposizione anche BlackRock, Wellington asset management e Marshall Wace: la taglia dell’operazione, d’altronde, era da grandi istituzionali, più che da Fondazioni (diluite intorno al 6-7%) o da risparmiatori, con la quota in mano al retail che verosimilmente si troverà assottigliata al2osb. Sempre più mercato, dunque, un’evoluzione che – ovviamente – piace al mercato stesso dove ieri il titolo ha guadagnato un altro 4,27% a 13,19 euro. II tutto basta e avanza al ceo, Jean Pierre Mustier, per dichiarare che «Unicredit rimarrà indipendente», che «non c’è alcuna volontà di evolverci verso un dna francese» (leggi SocGen, dato per possibile approdo (male da alcuni osservatori). Anzi, «il futuro del gruppo è molto luminoso per i suoi clienti, per i suoi azionisti e per i suoi dipendenti», ha dichiarato ancora il manager francese. Messaggi solo apparentemente di forma, i suoi. Mustier parla poco e non ama la retorica, dunque se ieri ha deciso di presenziare alla convention della Fabi perla sua prima uscita dopo il successo dell’aumento, più di un motivo c’era Incassati i 13 miliardi, orala Borsa si chiede quali siano le prossime mosse di una banca che capitalizza quasi 3o miliardi e ha nei fatti scardinato il mercato italiano degli Npl, vista l’operazione da 17,7 miliardi in corso; per ora, ha fatto intendere ieri Mustier, in Piazza Gae Aulenti ci si limiterà ad applicare il piano industriale: «L’unica pressione che ho da me stesso, dopo l’aumento di capitale, è che ora bisogna fare l’esecuzione operativa». Nel giorno in cui Alessandro Profumo, ai microfoni di Radio 24, ha detto che oggi non rifarebbe l’acquisizione di Capitalia «perché ha portato nel gruppo certamente una serie di problemi», davati alla platea della Fabi Mustier ha potuto dichiarare che «la banca ha voltato pagina» e che «ha chiaramente un futuro italiano». E va forse letta in quest’ottica anche la battuta su Generali, dopo la rinuncia di Intesa Sanpaolo a procedere con un’offerta «L’esito penso sia il migliore per il Paese». In effetti, «prima che tutto iniziasse – ha fatto notare – avevo già detto che per l’Italia è molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale»; comprensibile che lo status quo, con Uni-Credit primo azionista di Medio-banca, che a sua volta è primo socio di Generali, vad a più che bene a Piazza Gae Aulenti, dove in futuro si potrebbe studiare qualche possibile progetto comune, almeno a livello industriale. E a proposito di combinazioni industriali, ieri nel ripercorrere quanto fatto finora Mustier ha parlato anche di Pioneer e della cessione ad Amundi. «È stata vista come esternazionalizzazione ai francesi, però non è proprio così», osserva spiegando che «Pioneer è un grande asset e la sua gestione è ottima, ma non ha la giusta dimensione: è troppo grande per i clienti individuali ed è troppo piccola per gli istituzionali. La combinazione di Pioneer con Amundi da quella massa critica su cui lavorare». Tra l’altro, ha ricordato Mustier, «Pioneer Amundi è il primo esempio positivo (e per ora forse l’unico, ndr) delle conseguenze per l’Italia della Brexit» con «300 posti di lavoro in più a Milano per la gestione dell’asset management». RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

Sole 24 Ore 02/03/2017

«Il rilancio di Mps ha bisogno di un percorso chiaro» – Morelli: «Il rilancio di Mps ha bisogno di un percorso chiaro» – Davi Luca

ALLA GUIDA «Resto a Siena anche con uno stipendio minore, ma è giusto rimettere il mandato quando arriva un nuovo socio» Le interlocuzioni tra Bce e Bruxelles sono in corso, e il punto (male sul salvataggio di Mps deve ancora essere scritto. «Ci attende un periodo lungo, perché per riappropriarsi di una presenza commerciale ci vorrà qualche anno, è un percorso molto lento». Così l’amministratore delegato di Mps, Marco Morelli, vede le prospettive della banca senese. Intervenendo a un convegno della Fabi a Milano, il manager ha sottolineato che il suo «obiettivo» non è solo chiudere le «formalità sulle negoziazioni del piano con la Vigilanza», ma avere anche un «chiaro percorso di lavoro» da condividere con l’intera banca Anche perc hè negli ultimi 11 mesi la banca ha perso «miliardi di masse commerciali». A proposito di road map, Morelli ha confermato che il cda di Mps approverà il piano industriale solo «alla fine del confronto fra le autorità europee». Il dibattito tra Bce e Dg Competition come noto è serrato, ma Morelli si tira fuori dalle polemiche: «Non sono assolutamente al corrente di dissapori fra Commissione europea e Bce». Parole in linea con quanto dichiarato sempre ieri dalla responsabile della concorrenza europea Margrethe Vestager, secondo cui la collaborazione tra Commissione e Bce sul piano di ristrutturazione di Montepaschi «è molto buona», anche se le due istituzioni «hanno compiti differenti». D’altra parte è chiaro che il processo Mps coinvolga più attori. Da una parte la Vigilanza, che ha a cuore il tema patrimoniale e vede di buon occhio un rafforzamento più sostanzioso, dall’altro la Dg Comp che deve tutelare la concorrenza, e chiede il minore contributo statale. Infime c’è lo Stato, che in qualità di socio-contribuente, è osservatore partecipante della vicenda. In questo quadro la banca guidata da Morelli deve rimettersi in carreggiata. Per questo il manager ricorda che «i paletti» che verranno imposti dalle autorità europee non dovranno togliere a Mps «la possibilità di camminare». Le attese sono per un rafforzamento dello Stato fino al 70% del capitale, qualora venisse confermato l’aumento da 8,8 miliardi, di cui 6,6 iniettati dal Mef. Se lo Stato «è un azionista lungimirante – dice Morelli – e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole». Fra i temi sul tavolo ci sono i crediti deteriorati. Un dossier, per cui «stiamo valutando quale meccanismo sia migliore per fare in modo che la banca si liberi in temi ragionevoli degli stock di npl». Con un’indicazione anche sul suo futuro. «Io resto» a Siena -dice Morelli – «indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto». «Allo stesso tempo, il giorno in cui abbiamo chiuso operazione» di ricapitalizzazione, aggiunge, «ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio». II «mandato di un ad è sempre a disposizione dei soci e del consiglio». L. D.

 

Stampa 02/03/2017

Il fondo Capital Research scommette un miliardo sull’aumento di Unicredit – Paolucci Gianluca

GIANLUCA PAOLUCCI II gestore americano Capital Research and Management scommette un miliardo sull’aumento di capitale Uni-credit e si rafforza come primo azionista dell’istituto. Secondo quanto risulta a La Stampa, la quota del gestore di fondi Usa sarebbe adesso superiore all’8% del capitale contro il 6,75% che deteneva prima dell’aumento. Il titolo ieri, in una seduta molto brillante per Piazza Affari, è salito del 4,27% con una accelerazione nel finale dopo la pubblicazione delle anticipazioni sul nuovo assetto azionario. Ai prezzi di ieri la quota di Capital Research vale oltre 2,3 miliardi di euro. Capital Research fa parte di Capital Group, uno dei gestori di fondi più grandi del mondo con asset per circa 1000 miliardi di dollari. Secondo quanto ricostruito questo sarebbe il movimento più sensibile nell’azionariato dell’istituto, che pre aumento vedeva dietro a Capital Research il fondo sovrano del Qatar, Aabar con il 5% e Blackrock con il 4,8%. «Non sappiamo ancora» di nuovi ingressi, ha detto l’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier, sottolineando che per saperlo occorre aspettare «un mese e mezzo». I soci attuali, ha detto ancora Mustier, «hanno tutti sottoscritto». Anche se accanto al rafforzamento dei grandi fondi d’investimento si registra la diluizione delle fondazioni, che hanno partecipato ma non hanno sottoscritto tutto il proprio pro-quota. Anche alla luce dei risultati dell’aumento, Unicredit sarà indipendente e nel suo «futuro luminoso» sarà italiano e non avrà dna francese, ha detto ancora Mustier, ieri a Milano per un convegno organizzato dal sindacato dei bancari Fabi. Mustier ha anche negato di essere stato oggetto di pressioni. «L’unica pressione – ha detto il manager – è da me stesso» perché «dopo l’aumento ora bisogna fare l’esecuzione operativa». Il lavoro in atto nella sostanza è fare quello che «pensiamo sia giusto nell’interesse della banca». Secondo alcune indiscrezioni già circolate nei giorni scorsi, con la chiusura dell’aumento di capitale potrebbe riaprirsi il tavolo sulla governance dell’istituto, per riflettere più fedelmente anche in consiglio i nuovi equilibri nell’azionariato. Il cda attuale scade il prossimo anno, ma Mustier ha già annunciato che il prossimo cda avrà quindici membri invece di 17 e un solo vicepresidente contro i tre attuali. Improbabile che ci sia un ribaltone nei prossimi mesi, spiegano alcune fonti. Ma non è escluso che qualche consigliere possa decidere di dimettersi facendo spazio in cda per altri consiglieri indipendenti, espressione dei fondi d’investimento. II numero uno di Unicredit- che è primo azionista di Mediobanca, a sua volta primo azionista di Generali – è anche tornato sulla vicenda di Intesa-Generali, conclusa con un nulla di fatto. «L’esito delle discussioni penso sia il migliore per il paese», ha detto Mustier, ricordando come «Prima che tutto iniziasse – ha aggiunto – avevo già detto che per l’Italia è molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale».

 

BORSAITALIANA.IT 01/03/2017

MPS: MORELLI, CERCHERO’ DI EVITARE BLOCCO INCENTIVI A PERSONALE –

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – “La cosa che cercherò di evitare e’ che il piano industriale, che stiamo discutendo con i vari organi e autorità di vigilanza europee, non ponga poi una serie di limiti forti e importanti ai meccanismi di incentivo che si possono mettere a disposizione di tutto il personale, quindi non solo della prima linea di management”. Lo ha dichiarato l’a.d. di Mps, Marco Morelli, intervenendo al convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “Il funzionamento di un’azienda – ha spiegato infatti Morelli – passa anche dal poter dare dei meccanismi di incentivazione al personale per il lavoro che fanno e questo prescinde dal tipo di azienda”. Ppa-

 

BORSAITALIANA.IT 01/03/2017

MPS: MORELLI, SPERO CHE LO STATO SARA’ AZIONISTA LUNGIMIRANTE –

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager di quali sono gli obiettivi, anche perchè vorrà rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha dichiarato l’a.d. di Mps, Marco Morelli, intervenendo al convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”, ha aggiunto. Morelli ha poi ammesso che in Mps “la politica avra’ per forza un ruolo, almeno per un periodo limitato di tempo, visto che avremo un azionista pubblico. Lo Stato mette dei soldi dei contribuenti e saremo chiamati a risponderne”, ha concluso.

 

BRESCIAOGGI.IT 01/03/2017

Unicredit: Mustier, tutti soci in aumento – …

(ANSA) – MILANO, 01 MAR – Unicredit ha voltato pagina, i soci hanno confermato la loro fiducia ma solo fra un mese e mezzo (a metà aprile è in programma l’assemblea della banca) si potrà sapere se l’aumento di capitale ha aperto la strada a nuovi investitori. Lo ha detto l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, arrivando a un appuntamento di Fabi a Milano. “Abbiamo voltato pagina rispetto al passato – ha aggiunto – Il futuro di Unicredit dopo l’aumento di capitale è molto luminoso per i suoi clienti, per i suoi azionisti e per i suoi dipendenti”.

 

BRESCIAOGGI.IT 01/03/2017

Mps: Morelli, spero Stato lungimirante – …

(ANSA) – MILANO, 01 MAR – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha detto l’A.d Mps Marco Morelli a un convegno Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”. Dallo Stato “mi aspetto qualcosa di diverso, perché c’è anche un contorno politico – ha detto -. La politica avrà indubbiamente un ruolo, almeno per un periodo di tempo, abbiamo un azionista pubblico e verremo chiamati a tenere conto”. “Mps si rilancia nella misura in cui, pur nell’ambito di un disegno industriale da condividere con Commissione europea e vigilanza, e quindi con una serie di paletti, deve avere la possibilità di camminare”. Quanto al manager, “io resto” a Siena, “indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto”. Circa il futuro, “ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio”.

 

CORRIERE.IT 01/03/2017

Banche: Fabi, in 4 anni persi 7mila posti in Mps, Intesa assume – …

11:26 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – Nei quattro anni dalla fine del 2012 al 31 dicembre 2016 le prime cinque banche italiane, che impiegano oltre la meta’ dei lavoratori del comparto, hanno “bruciato” 12.217 posti di lavoro, solo in parte compensati dalle 6.383 assunzioni concordate con i sindacati. E’ quanto emerge da un rapporto presentato dalla Fabi in occasione del convegno “Behind the lines” organizzato dal sindacato. Nel dettaglio, il saldo negativo più consistente è quello di Mps, che ha tagliato 7mila posti senza effettuare alcuna assunzione. Altre 2.195 uscite sono avvenute in UniCredit, che nello stesso periodo ha pero’ fatto 1.300 assunzioni. Sono 1.554 i tagli di Ubi Banca (1.394 le assunzioni) e 1.878 quelli del Banco Popolare (693), mentre va in controtendenza Intesa Sanpaolo, che a fronte di sole 90 uscite ha effettuato circa 3mila assunzioni.

 

CORRIERE.IT 01/03/2017

UniCredit: Mustier, dopo aumento futuro luminoso, voltata pagina – …

11:51 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – Dopo il maxi aumento di capitale da 13 miliardi, chiuso con successo negli ultimi giorni, “il futuro per UniCredit e’ molto luminoso, per i suoi clienti, per i suoi azionisti e per i suoi dipendenti”. Lo ha dichiarato l’a.d. dell’istituto, Jean Pierre Mustier, a margine del convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “Abbiamo voltato pagina sul passato con la ricapitalizzazione e stiamo costruendo un futuro nel quale saremo in grado di offrire prodotti e servizi ancora migliori ai nostri clienti e di dare ai nostri dipendenti un ottimo contesto per sviluppare le loro carriere”, ha aggiunto.

 

 

CORRIERE.IT 01/03/2017

UniCredit: Mustier, nessuno mi fa pressioni, lavoro per bene banca – …

12:58 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – “Non subisco pressioni. Quello che pensiamo sia giusto lo sottoponiamo al consiglio che finora ha accettato le nostre proposte”. Lo ha dichiarato l’a.d. di UniCredit, Jean Pierre Mustier, intervenendo al convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “L’unica pressione che ho da me stesso, dopo l’aumento di capitale, e’ che ora bisogna fare l’esecuzione operativa – ha aggiunto – Nessuno mi pone pressioni o mi dice “lavora con questo cliente e con quello no”. Facciamo quello che e’ nell’interesse della banca”, ha concluso.

 

ECONOMIA.DIARIODELWEB.IT 01/03/2017

UniCredit, Mustier: «Il futuro della banca è luminoso. E resterà italiana» – …

MILANO – I grandi azionisti attuali di UniCredit hanno «tutti» sottoscritto l’aumento di capitale da 13 miliardi di euro terminato nei giorni scorsi con pieno successo. Lo ha affermato il group Ceo di UniCredit, Jean Pierre Mustier, a margine di una giornata evento organizzato dalla Fabi a San Donato (Milano). Leggi anche: “Unicredit, la fine delle fondazioni bancarie e i guai dei comuni italiani” Mustier: L’aumento di capitale? Un successo Alla domanda se si aspetti che con l’aumento abbiano fatto ingresso nuovi azionisti con quote consistenti, Mustier ha replicato: «Non lo sappiamo ancora, lo sapremo tra un mese e mezzo». Il riferimento è all’assemblea di bilancio in programma il 20 aprile prossimo, che sarà l’occasione per conoscere il nuovo quadro azionario post aumento di capitale. UniCredit ha reso noto che nel corso della prima seduta di Borsa risultano venduti, per un ammontare complessivo pari a 15.063.861,25 euro tutti i 1.469.645 diritti di opzione non esercitati nel periodo di offerta relativi alla sottoscrizione. Leggi anche: “Gli italiani spaventano le banche, ma con Mps e Unicredit siamo sull’orlo di una crisi sistemica” “Il futuro di Unicredit è luminoso” Pertanto, l’esercizio dei diritti inoptati acquistati nell’ambito dell’offerta in Borsa e conseguentemente la sottoscrizione delle nuove azioni dovranno essere effettuati, a pena di decadenza, entro e non oltre il terzo giorno di Borsa aperta successivo a quello di comunicazione della chiusura anticipata e quindi entro il 2 marzo 2017. Mustier è orgoglioso del risultato e ha dichiarato con slancio che «dopo l’aumento di capitale, il futuro di UniCredit è molto luminoso. Per i suoi clienti, per i suoi azionisti e per i suoi dipendenti». “La banca resterà italiana” Mustier ha sottolineato di essere riuscito a «voltare pagina rispetto al passato con la ricapitalizzazione» e ora Unicredit può guardare al futuro. Un futuro, come ha sottolineato ancora Mustier, «nel quale noi saremo in grado di offrire prodotti e servizi migliori ai nostri clienti e di dare ai nostri dipendenti un ottimo contesto per poter sviluppare le loro carriere». Il ceo di Unicredit ha inoltre voluto rassicurare gli animi dei presenti sull’identità del gruppo di piazza Gae Aulenti: «Non abbiamo nessun piano di evolverci verso un’identità francese. La banca ha un futuro italiano».

 

ECONOMIA.ILMESSAGGERO.IT 01/03/2017

Banche, allarme del sindacato FABI sui 6 mila posti – …

(Teleborsa) – Quasi 6 mila posti di lavoro bruciati in 4 anni. E’ questo il triste risultato della crisi bancaria, indotta dai minori profitti realizzati dagli Istituti di credito per effetto dei bassi tassi di interesse, e dall’enorme consistenza delle sofferenze per crediti deteriorati, divenuta un problema per la vigilanza europea che ha chiesto a molte banche di adeguare i livelli di patrimonializzazione. Secondo il sindacato dei bancari FABI, dal 2012 al 2016, nei primi cinque gruppi bancari (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca MPS, UBI Banca e Banco Popolare) -sono stati persi 12.717 posti di lavoro e sono state recuperate 6.383 assunzioni per effetto degli accordi siglati con i sindacati di categoria. Il bilancio sintetico della crisi occupazionale è stato tracciato dal leader del sindacato Lando Maria Sileoni, in occasione dell’evento “Behind the lines – La tempesta perfetta: le prospettive del settore bancario tra onde giganti e raffiche di vento”. Nel dettaglio, Unicredit ha mandato a casa quasi 2 mila e 200 bancari al netto di 1.300 assunzioni, Intesa Sanpaolo ha licenziato 90 persone al netto di circa 3 mila assunzioni, MPS ha mandato a casa 3 mila dipendenti senza effettuare assunzioni, UBI ha licenziato oltre 1.500 persone al netto di quasi mille e 400 assunzioni e Banco Popolare oltre mille e 800 persone al netto di quasi 700 assunzioni. 693 assunzioni).

 

 

ECONOMIA.ILMESSAGGERO.IT 01/03/2017

Banche, in tre anni persi oltre 12 mila posti di lavoro – …

In tre anni, dal 2013 al 2015, il sistema bancario italiano ha perso oltre 12 mila posti di lavoro. Gli istituti di credito, secondo i dati diffusi dalla Fabi, hanno inoltre tagliato quasi 17 mila sportelli ridimensionando fortemente la presenza sul territorio. In tre anni sono usciti attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati 32.096 dipendenti a fronte di 21.574 assunzioni di giovani. Di questi, più della metà (12.240) sono stati assunti attraverso il Fondo per la nuova occupazione. Tra il 2012 e il 2016, nei primi cinque gruppi bancari, che impiegano oltre la metà dei lavoratori del settore (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare) sono stati persi 12.217 posti. Le assunzioni sono state 6.383.

 

ECONOMIA.ILMESSAGGERO.IT 01/03/2017

Morelli: “Ci vorrà tempo per riconquistare la fiducia di cui godeva MPS” – …

(Teleborsa) – “Per riappropriarci della rete commerciale del Monte dei Paschi di Siena ci vorrà tempo”. E’ così che Marco Morelli, Amministratore delegato della banca senese parla dal palco allestito dal sindacato dei banchieri FABI. Il numero uno di Rocca Salimbeni spiega che il rilancio di MPS non sarà semplice. “Ci vorranno forse anni, ma l’obiettivo è riconquistare la fiducia della rete commerciale che il Monte aveva. E’ necessario un piano industriale condiviso ma libero”, aggiunge Morelli. Per quanto riguarda l’eventuale aggregazione della banca senese con altri istituti, Morelli si è limitato a dire che “non è un tema affrontabile in questo momento. MPS adesso deve riprendere un percorso normale”, ha affermato. “Quando la banca avrà ritrovato un percorso di normalità, l’azionista in primis – ha aggiunto riferendosi all’imminente ingresso dello Stato – si porrà una serie di valutazioni strategiche che fanno tutti gli azionisti quando si trovano davanti un’azienda che funziona in modo normale”. Vale la pena di ricordare che MPS è impegnata in un piano di risanamento dopo il flop dell’aumento di capitale che ha portato il Governo a varare il decreto salva risparmio.

 

ECONOMIASICILIA.COM 01/03/2017

Banche, Fabi: in 4 anni persi 12.717 posti in primi 5 gruppi

Postato da Economia Sicilia il 1/03/17 (Askanews). In 4 anni, dal 2012 al 2016, nei primi cinque gruppi bancari italiani, che impiegano oltre la metà dei lavoratori bancari in Italia, sono stati “bruciati” 12.717 posti di lavoro, mentre le assunzioni si sono attestate a quota 6.383, grazie agli accordi raggiunti con le organizzazioni sindacali di categoria. E’ il quadro tracciato da Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il principale sindacato dei bancari, in apertura di “Behind the lines La tempesta perfetta: le prospettive del settore bancario tra onde giganti e raffiche di vento”, l’evento organizzato dalla sigla sindacale oggi a San Donato (Milano) che prevede la presenza tra gli altri di Antonio Patuelli, (presidente dell’Abi), Jean Pierre Mustier (amministratore delegato di UniCredit), Marco Morelli (amministratore delegato di Mps), Eliano Omar Lodesani (presidente del Casl Abi e Coo di Intesa Sanpaolo) e Giovanni Sabatini (direttore generale Abi). In particolare, secondo i dati riportati dalla Fabi, tra il 2012 e il 2016 sono stati persi 2.195 posti di lavoro in UniCredit (al netto di 1.300 assunzioni), 90 in Intesa Sanpaolo (al netto di circa 3mila assunzioni), 7.000 in Mps (zero assunzioni), 1.554 in Ubi (al netto di 1.390 assunzioni) e 1.878 al Banco Popolare (693 assunzioni).

 

FINANZA.COM 01/03/2017

Finanza.com – Mustier: UniCredit banca italiana con spirito paneuropeo – …

L’identità di UniCredit è e rimarrà italiana. Parola di Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di UniCredit, nel corso del convegno Fabi organizzato questa mattina a San Donato Milanese. “L’istituto è il secondo prestatore europeo e dunque pur rimanendo italiana deve riflettere lo spirito paneuropeo che i clienti richiedono”, ha affermato il numero uno di Piazza Gae Aulenti.

 

FINANZA.REPUBBLICA.IT 01/03/2017

Morelli: “Ci vorrà tempo per riconquistare la fiducia di cui godeva MPS” – Economia e Finanza con Bloomberg – Repubblica.it – …

Morelli: “Ci vorrà tempo per riconquistare la fiducia di cui godeva MPS” 01/03/2017 16.42.55 (Teleborsa) – “Per riappropriarci della rete commerciale del Monte dei Paschi di Siena ci vorrà tempo”. E’ così che Marco Morelli, Amministratore delegato della banca senese parla dal palco allestito dal sindacato dei banchieri FABI.Il numero uno di Rocca Salimbeni spiega che il rilancio di MPS non sarà semplice. “Ci vorranno forse anni, ma l’obiettivo è riconquistare la fiducia della rete commerciale che il Monte aveva. E’ necessario un piano industriale condiviso ma libero”, aggiunge Morelli.Per quanto riguarda l’eventuale aggregazione della banca senese con altri istituti, Morelli si è limitato a dire che “non è un tema affrontabile in questo momento. MPS adesso deve riprendere un percorso normale”, ha affermato. “Quando la banca avrà ritrovato un percorso di normalità, l’azionista in primis – ha aggiunto riferendosi all’imminente ingresso dello Stato – si porrà una serie di valutazioni strategiche che fanno tutti gli azionisti quando si trovano davanti un’azienda che funziona in modo normale “.Vale la pena di ricordare che MPS è impegnata in un piano di risanamento dopo il flop dell’aumento di capitale che ha portato il Governo a varare il decreto salva risparmio.

 

FINANZA.REPUBBLICA.IT 01/03/2017

Generali, per Mustier il ritiro di Intesa è stata la soluzione migliore – Economia e Finanza con Bloomberg – Repubblica.it – …

MILANO – “L’esito delle discussioni” per una possibile combinazione industriale tra Generali e Intesa Sanpaolo, concluse con un nulla di fatto, “penso sia il migliore per il paese”. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, a margine del convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “Prima che tutto iniziasse – ha aggiunto – avevo già detto che per l’Italia è molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale”. Unicredit è primo azionista di Mediobanca, che a sua volta è primo azionista di Generali. E sul suo gruppo Mustier ha detto che rimarrà indipendente: “Non abbiamo nessuna idea di evolverci verso un’identità francese”. “Unicredit – ha concluso Mustier – ha chiaramente un futuro italiano”. Mustier ha parlato anche dei salvataggi delle banche. “L’alternativa a non sostenere queste banche sarebbe stata una catastrofe per i dipendenti e i clienti del sistema bancario. Quindi penso che sia stata una buona decisione sia dal punto di vista economico che sociale”, ha dichiarato in merito al sostengo assicurato dallo stato italiano alle banche in crisi. “Penso che l’Italia sia un paese che ha società piccole e medie che non hanno alternative a finanziarsi dalle banche, visto che non possono farlo sul mercato dei capitali – ha spiegato Mustier – quindi abbiamo bisogno, per sostenere l’economia e le piccole imprese, di essere sicuri di avere banche forti e un forte sistema bancario. Per questa ragione l’azione del governo a sostegno del sistema bancario è molto importante per dare supporto all’economia”. E ancora. “Non subisco pressioni. Quello che pensiamo sia giusto lo sottoponiamo al consiglio che finora ha accettato le nostre proposte”. “L’unica pressione che ho da me stesso, dopo l’aumento di capitale, è che ora bisogna fare l’esecuzione operativa – ha aggiunto – nessuno mi pone pressioni o mi dice “lavora con questo cliente e con quello no”. Facciamo quello che è nell’interesse della banca”, ha concluso.

 

FINANZA.REPUBBLICA.IT 01/03/2017

Banche, allarme del sindacato FABI sui 6 mila posti “bruciati” in 4 anni – Economia e Finanza con Bloomberg – Repubblica.it – …

(Teleborsa) – Quasi 6 mila posti di lavoro bruciati in 4 anni. E’ questo il triste risultato della crisi bancaria, indotta dai minori profitti realizzati dagli Istituti di credito per effetto dei bassi tassi di interesse, e dall’enorme consistenza delle sofferenze per crediti deteriorati, divenuta un problema per la vigilanza europea che ha chiesto a molte banche di adeguare i livelli di patrimonializzazione. Secondo il sindacato dei bancari FABI, dal 2012 al 2016, nei primi cinque gruppi bancari (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca MPS, UBI Banca e Banco Popolare) -sono stati persi 12.717 posti di lavoro e sono state recuperate 6.383 assunzioni per effetto degli accordi siglati con i sindacati di categoria. Il bilancio sintetico della crisi occupazionale è stato tracciato dal leader del sindacato Lando Maria Sileoni, in occasione dell’evento “Behind the lines – La tempesta perfetta: le prospettive del settore bancario tra onde giganti e raffiche di vento”. Nel dettaglio, Unicredit ha mandato a casa quasi 2 mila e 200 bancari al netto di 1.300 assunzioni, Intesa Sanpaolo ha licenziato 90 persone al netto di circa 3 mila assunzioni, MPS ha mandato a casa 3 mila dipendenti senza effettuare assunzioni, UBI ha licenziato oltre 1.500 persone al netto di quasi mille e 400 assunzioni e Banco Popolare oltre mille e 800 persone al netto di quasi 700 assunzioni. 693 assunzioni).

 

 

FINANZA.REPUBBLICA.IT 01/03/2017

Banche, in tre anni persi oltre 12mila posti di lavoro. I sindacati: nuovo contratto – Economia e Finanza con Bloomberg – Repubblica.it – …

ROMA – La crisi del settore, le nuove tecnologie, le concentrazioni e le ristrutturazioni, hanno ridimensionato uno dei lavori più redditizi per gli italiani, il posto in banca. In tre anni, dal 2013 al 2015, il sistema bancario ha perso 12mila lavoratori. A denunciare quanto già si intuiva è la Fabi, il sindacato di settore. Accusate di avere troppe filiali, sparse sul territorio, le banche ne hanno chiuse un po’ ovunque, tagliando così quasi 17mila sportelli. Un’altra grossa parte l’hanno fatto le tecnologie. Nelle filiali ormai ci sono più terminali, che gli operatori alle casse. E’ il fai da te della banca, dove ognuno versa, incassa, compra e vende. E per molti italiani ormai la banca viaggia solo su smartphone e computer. In tre anni sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati, 32.096 dipendenti, e, nello stesso periodo, sono stati assunti 21.574 giovani, di cui più della metà, 12.240, attraverso il Fondo per la nuova occupazione. Ma c’è di più: su un periodo di quattro anni, dal 2012 al 2016, nei primi cinque gruppi bancari italiani, che impiegano oltre la metà dei lavoratori bancari in Italia – Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare – sono stati persi 12.217 posti di lavoro, mentre le assunzioni si sono attestate a quota 6.383. In particolare Unicredit conta 2.195 posti di lavoro persi e 1.300 assunzioni, Intesa Sanpaolo 90 uscite e circa 3mila nuovi posti e Mps 7mila uscite e nessuna assunzione, visto lo stato di crisi in cui ancora versa. La più virtuosa? Intesa SanPaolo. La peggiore? Mps. Un’emorragia che non piace alla Fabi, che contrattacca e chiama in causa l’Abi, l’associazione delle banche italiane. “E necessario riaprire subito il dibattito sul contratto nazionale dei 311mila lavoratori bancari. Quello attuale, in scadenza il 2018, rischia di essere superato dai tempi”. A dirlo e a scriverlo nero su bianco è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, in occasione dell’evento ‘Behind the lines: la tempesta perfetta’ organizzato dal sindacato a Milano. “Riteniamo si debba cominciare a valutare l’ipotesi di un contratto unico per i lavoratori del comparto finanziario assicurativo, con una rete di garanzie estesa ai lavoratori bancari di Abi, delle Bcc, delle assicurazioni e degli stessi promotori finanziari. L’obiettivo è quello di assicurare in prospettiva al settore il mantenimento dei livelli occupazionali e tutelare efficacemente gli stessi lavoratori”, sottolinea Sileoni. Il punto è che lo stesso concetto di banca è cambiato e dunque, aggiunge, “serve un contratto che sappia gestire il cambiamento in atto definendo nuove professionalità e nuovi mestieri, in coerenza con un nuovo modello di banca al servizio del Paese. Una bana che ponga le condizioni per un aumento dei ricavi e dell’occupazione”. Il pericolo all’orizzone è la concorrenza delle fintech e dei giganti dell’Information technology, che mirano a togliere clienti agli istituti di credito. “Per fronteggiare la concorrenza le banche devono puntare sulla consulenza fiscale, previdenziale, tecnologica, finanziaria, commerciale a famiglie e imprese, riportare all’interno del proprio perimetro attività in precedenza esternalizzate” perché solo “con questi presupposti ci saranno le condizioni per mantenere i livelli occupazionali e ritornare a guadagnare. Se si vogliono aumentare i ricavi, le banche dovranno cominciare a considerare il lavoro come una risorsa e non più come un costo da tagliare, ricetta che fino a oggi non ha prodotto alcun risultato”, conclude Sileoni. E l’Abi, al momento, non si sottrae al confronto. “Non ho alcun pregiudizio a iniziare da subito un confronto costruttivo in prospettiva di un nuovo contratto, che non sia solo l’aggiornamento del contratto nazionale dei bancari, ma che può allargare lo sguardo”, è la risposta di Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, che si spinge anche oltre. “Se le banche cooperative lo chiederanno aggiunge il numero uno di Palazzo Altieri – non avrò difficoltà ad approfondire un unico contratto nazionale di tutti i bancari”, anche prima della scadenza naturale. Patuelli ha poi aggiunto che “ci sono i settori parabancari, esterni al mondo bancario in termini stretti, come le assicurazioni e il mondo finanziario. Io coniugo il mondo finanziario in termini plurali”. Precisa però il presidente Abi che “non c’è un unico modello, ce ne sono tanti, diversi e in concorrenza. Questa è la base di pluralismo che rende competitivo il nostro mondo bancario”. In platea anche Jean Pierre Mustier, ad di Unicredit, Marco Morelli, ad di Mps, Eliano Omar Lodesani, Presidente del Casl ABI e Coo di Intesa Sanpaolo, e Giovanni Sabatini, direttore generale Abi.

 

 

FINANZA-MERCATI.ILSOLE24ORE.COM 01/03/2017

Generali: Mustier, esito vicenda Intesa e’ il migliore per il Paese (RCOP) – Quotazioni di borsa – Notizie – Il Sole 24 Ore – …

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – “L’esito delle discussioni” per una possibile combinazione industriale tra Generali e Intesa Sanpaolo, concluse con un nulla di fatto, “penso sia il migliore per il Paese”. Lo ha dichiarato l’a.d. di UniCredit, Jean Pierre Mustier, a margine del convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “Prima che tutto iniziasse – ha aggiunto – avevo gia’ detto che per l’Italia e’ molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale”. UniCredit e’ primo azionista di Mediobanca, che a sua volta e’ primo azionista di Generali. Ppa-

 

FINANZA-MERCATI.ILSOLE24ORE.COM 01/03/2017

UniCredit: Mustier, rimarra’ indipendente, non avra’ identita’ francese – Quotazioni di borsa – Notizie – Il Sole 24 Ore – …

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – San Donato Milanese, 01 mar – “Unicredit rimarra’ indipendente, non abbiamo nessuna idea di evolverci verso un’identita’ francese”. Lo ha dichiarato l’a.d. dell’istituto, Jean Pierre Mustier, intervenendo al convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. UniCredit, ha concluso Mustier, “chiaramente ha un futuro italiano”. Ppa-

 

FIRENZEPOST.IT 01/03/2017

Banche: Monte Paschi è quella che ha perso più dipendenti in Italia negli ultimi 5 anni – …

MILANO – Un altro record poco lusinghiero per l’antica banca senese. Mps è la banca che ha perso più posti di lavoro, tra i primi 5 gruppi italiani, tra il 2012 e il 2016. Rocca Salimbeni ha contabilizzato 7 mila uscite, perdendo il 22% dei dipendenti. Il dato emerge da una tabella diffusa dalla Fabi al convegno in corso a Milano Behind The Lines, Sfidando la grande onda. Stabile Intesa Sanpaolo con solo 90 uscite (a fine 2016 i dipendenti sono oltre 62.500). Unicredit, invece, che sta conducendo in porto l’aumento da 13 miliardi, segna un -3,5% di posti (poco piu’ di 49 mila in Italia al 31 dicembre dello scorso anno). Piu’ ampia la percentuale delle uscite in Ubi (7,9%) e nel Banco Popolare (10%).

 

 

FIRENZEPOST.IT 01/03/2017

Mps: ha perso il 22% di posti di lavoro fra il 2012 e il 2016. Stabile Intesa – …

MILANO – Record negativo. Sarebbe la maglia nera fra le banche, almeno per quanto riguarda i posti di lavoro. Mps, tra i primi 5 gruppi italiani, ha perso piu’ posti di lavoro tra il 2012 e il 2016. Rocca Salimbeni ha contabilizzato 7 mila uscite, perdendo il 22% dei dipendenti. Il dato emerge da una tabella diffusa dalla Fabi al convegno in corso a Milano ‘Behind The Lines, Sfidando la grande onda. Stabile Intesa Sanpaolo con solo 90 uscite (a fine 2016 i dipendenti sono oltre 62.500). Unicredit, invece, che sta conducendo in porto l’aumento da 13 miliardi, segna un -3,5% di posti (poco piu’ di 49 mila in Italia al 31 dicembre dello scorso anno). Piu’ ampia la percentuale delle uscite in Ubi (7,9%) e nel Banco Popolare (10%).

 

 

ILGIORNALEDIVICENZA.IT 01/03/2017

Mps: Morelli, spero Stato lungimirante – …

(ANSA) – MILANO, 01 MAR – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha detto l’A.d Mps Marco Morelli a un convegno Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”. Dallo Stato “mi aspetto qualcosa di diverso, perché c’è anche un contorno politico – ha detto -. La politica avrà indubbiamente un ruolo, almeno per un periodo di tempo, abbiamo un azionista pubblico e verremo chiamati a tenere conto”. “Mps si rilancia nella misura in cui, pur nell’ambito di un disegno industriale da condividere con Commissione europea e vigilanza, e quindi con una serie di paletti, deve avere la possibilità di camminare”. Quanto al manager, “io resto” a Siena, “indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto”. Circa il futuro, “ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio”. RS-PEG

 

 

ITALIAOGGI.IT 01/03/2017

L’intervento dello Stato nelle banche italiane in difficoltá ha evitato la catastrofe. – News – Italiaoggi – …

L’intervento dello Stato nelle banche italiane in difficoltá ha evitato la catastrofe. E’ questa l’opinione dell’a.d. di Unicredit, Jean Pierre Mustier, intervenuto al convegno organizzato dalla Fabi a Milano. “Se il Governo non fosse intervenuto in queste banche, l’alternativa sarebbe stata una catastrofe per i dipendenti e i clienti del sistema bancario”, ha dettoMustier, “Quindi penso che sia stata una buona decisione sia dal punto di vista economico che sociale”. “Penso che l’Italia sia un paese che ha societá piccole e medie che nonhanno alternative a finanziarsi dalle banche, visto che non possono farlo sul mercato dei capitali” ha spiegato il banchiere, “Quindi abbiamo bisogno, per sostenere l’economia e le piccole imprese, di essere sicuri di avere banche forti e un forte sistema bancario. Per questa ragione l’azione del governo a sostegno del sistema bancario è molto importanteper dare supporto all’economia” ha concluso.

 

LAGAZZETTADELMEZZOGIORNO.IT 01/03/2017

Unicredit:Mustier,tutti soci in aumento – …

MILANO, 01 MAR – Unicredit ha voltato pagina, i soci hanno confermato la loro fiducia ma solo fra un mese e mezzo (a metà aprile è in programma l’assemblea della banca) si potrà sapere se l’aumento di capitale ha aperto la strada a nuovi investitori. Lo ha detto l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, arrivando a un appuntamento di Fabi a Milano. “Abbiamo voltato pagina rispetto al passato – ha aggiunto – Il futuro di Unicredit dopo l’aumento di capitale è molto luminoso per i suoi clienti, per i suoi azionisti e per i suoi dipendenti”.

 

 

LAGAZZETTADELMEZZOGIORNO.IT 01/03/2017

Mps: Morelli, spero Stato lungimirante – …

MILANO, 01 MAR – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha detto l’A.d Mps Marco Morelli a un convegno Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”. Dallo Stato “mi aspetto qualcosa di diverso, perché c’è anche un contorno politico – ha detto -. La politica avrà indubbiamente un ruolo, almeno per un periodo di tempo, abbiamo un azionista pubblico e verremo chiamati a tenere conto”. “Mps si rilancia nella misura in cui, pur nell’ambito di un disegno industriale da condividere con Commissione europea e vigilanza, e quindi con una serie di paletti, deve avere la possibilità di camminare”. Quanto al manager, “io resto” a Siena, “indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto”. Circa il futuro, “ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio”.

 

LAPROVINCIADILECCO.IT 01/03/2017

Mps: Morelli, spero Stato lungimirante

(ANSA) – MILANO, 01 MAR – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha detto l’A.d Mps Marco Morelli a un convegno Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”. Dallo Stato “mi aspetto qualcosa di diverso, perché c’è anche un contorno politico – ha detto -. La politica avrà indubbiamente un ruolo, almeno per un periodo di tempo, abbiamo un azionista pubblico e verremo chiamati a tenere conto”. “Mps si rilancia nella misura in cui, pur nell’ambito di un disegno industriale da condividere con Commissione europea e vigilanza, e quindi con una serie di paletti, deve avere la possibilità di camminare”. Quanto al manager, “io resto” a Siena, “indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto”. Circa il futuro, “ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

LAREPUBBLICA.IT 01/03/2017

Banche, in tre anni persi oltre 12mila posti di lavoro. I sindacati: nuovo contratto – …

ROMA – La crisi del settore, le nuove tecnologie, le concentrazioni e le ristrutturazioni, hanno ridimensionato uno dei lavori più redditizi per gli italiani, il posto in banca. In tre anni, dal 2013 al 2015, il sistema bancario ha perso 12mila lavoratori. A denunciare quanto già si intuiva è la Fabi, il sindacato di settore. Accusate di avere troppe filiali, sparse sul territorio, le banche ne hanno chiuse un po’ ovunque, tagliando così quasi 17mila sportelli. Un’altra grossa parte l’hanno fatto le tecnologie. Nelle filiali ormai ci sono più terminali, che gli operatori alle casse. E’ il fai da te della banca, dove ognuno versa, incassa, compra e vende. E per molti italiani ormai la banca viaggia solo su smartphone e computer. In tre anni sono usciti, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati, 32.096 dipendenti, e, nello stesso periodo, sono stati assunti 21.574 giovani, di cui più della metà, 12.240, attraverso il Fondo per la nuova occupazione. Ma c’è di più: su un periodo di quattro anni, dal 2012 al 2016, nei primi cinque gruppi bancari italiani, che impiegano oltre la metà dei lavoratori bancari in Italia – Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi e Banco Popolare – sono stati persi 12.217 posti di lavoro, mentre le assunzioni si sono attestate a quota 6.383. In particolare Unicredit conta 2.195 posti di lavoro persi e 1.300 assunzioni, Intesa Sanpaolo 90 uscite e circa 3mila nuovi posti e Mps 7mila uscite e nessuna assunzione, visto lo stato di crisi in cui ancora versa. La più virtuosa? Intesa SanPaolo. La peggiore? Mps. Un’emorragia che non piace alla Fabi, che contrattacca e chiama in causa l’Abi, l’associazione delle banche italiane. “E necessario riaprire subito il dibattito sul contratto nazionale dei 311mila lavoratori bancari. Quello attuale, in scadenza il 2018, rischia di essere superato dai tempi”. A dirlo e a scriverlo nero su bianco è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, in occasione dell’evento ‘Behind the lines: la tempesta perfetta’ organizzato dal sindacato a Milano. “Riteniamo si debba cominciare a valutare l’ipotesi di un contratto unico per i lavoratori del comparto finanziario assicurativo, con una rete di garanzie estesa ai lavoratori bancari di Abi, delle Bcc, delle assicurazioni e degli stessi promotori finanziari. L’obiettivo è quello di assicurare in prospettiva al settore il mantenimento dei livelli occupazionali e tutelare efficacemente gli stessi lavoratori”, sottolinea Sileoni. Il punto è che lo stesso concetto di banca è cambiato e dunque, aggiunge, “serve un contratto che sappia gestire il cambiamento in atto definendo nuove professionalità e nuovi mestieri, in coerenza con un nuovo modello di banca al servizio del Paese. Una bana che ponga le condizioni per un aumento dei ricavi e dell’occupazione”. Il pericolo all’orizzone è la concorrenza delle fintech e dei giganti dell’Information technology, che mirano a togliere clienti agli istituti di credito. “Per fronteggiare la concorrenza le banche devono puntare sulla consulenza fiscale, previdenziale, tecnologica, finanziaria, commerciale a famiglie e imprese, riportare all’interno del proprio perimetro attività in precedenza esternalizzate” perché solo “con questi presupposti ci saranno le condizioni per mantenere i livelli occupazionali e ritornare a guadagnare. Se si vogliono aumentare i ricavi, le banche dovranno cominciare a considerare il lavoro come una risorsa e non più come un costo da tagliare, ricetta che fino a oggi non ha prodotto alcun risultato”, conclude Sileoni.   E l’Abi, al momento, non si sottrae al confronto. “Non ho alcun pregiudizio a iniziare da subito un confronto costruttivo in prospettiva di un nuovo contratto, che non sia solo l’aggiornamento del contratto nazionale dei bancari, ma che può allargare lo sguardo”, è la risposta di Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, che si spinge anche oltre. “Se le banche cooperative lo chiederanno aggiunge il numero uno di Palazzo Altieri – non avrò difficoltà ad approfondire un unico contratto nazionale di tutti i bancari”, anche prima della scadenza naturale. Patuelli ha poi aggiunto che “ci sono i settori parabancari, esterni al mondo bancario in termini stretti, come le assicurazioni e il mondo finanziario. Io coniugo il mondo finanziario in termini plurali”. Precisa però il presidente Abi che “non c’è un unico modello, ce ne sono tanti, diversi e in concorrenza. Questa è la base di pluralismo che rende competitivo il nostro mondo bancario”. In platea anche Jean Pierre Mustier, ad di Unicredit, Marco Morelli, ad di Mps, Eliano Omar Lodesani, Presidente del Casl ABI e Coo di Intesa Sanpaolo, e Giovanni Sabatini, direttore generale Abi.

 

 

LAREPUBBLICA.IT 01/03/2017

Generali, per Mustier il ritiro di Intesa è stata la soluzione migliore – …

MILANO – “L’esito delle discussioni” per una possibile combinazione industriale tra Generali e Intesa Sanpaolo, concluse con un nulla di fatto, “penso sia il migliore per il paese”. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, a margine del convegno “Behind the lines” organizzato dalla Fabi. “Prima che tutto iniziasse – ha aggiunto – avevo già detto che per l’Italia è molto importante avere una compagnia assicurativa quotata indipendente e internazionale”. Unicredit è primo azionista di Mediobanca, che a sua volta è primo azionista di Generali. E sul suo gruppo Mustier ha detto che rimarrà indipendente: “Non abbiamo nessuna idea di evolverci verso un’identità francese”. “Unicredit – ha concluso Mustier – ha chiaramente un futuro italiano”. Mustier ha parlato anche dei salvataggi delle banche. “L’alternativa a non sostenere queste banche sarebbe stata una catastrofe per i dipendenti e i clienti del sistema bancario. Quindi penso che sia stata una buona decisione sia dal punto di vista economico che sociale”, ha dichiarato in merito al sostengo assicurato dallo stato italiano alle banche in crisi. “Penso che l’Italia sia un paese che ha società piccole e medie che non hanno alternative a finanziarsi dalle banche, visto che non possono farlo sul mercato dei capitali – ha spiegato Mustier – quindi abbiamo bisogno, per sostenere l’economia e le piccole imprese, di essere sicuri di avere banche forti e un forte sistema bancario. Per questa ragione l’azione del governo a sostegno del sistema bancario è molto importante per dare supporto all’economia”. E ancora. “Non subisco pressioni. Quello che pensiamo sia giusto lo sottoponiamo al consiglio che finora ha accettato le nostre proposte”. “L’unica pressione che ho da me stesso, dopo l’aumento di capitale, è che ora bisogna fare l’esecuzione operativa – ha aggiunto – nessuno mi pone pressioni o mi dice “lavora con questo cliente e con quello no”. Facciamo quello che è nell’interesse della banca”, ha concluso.

 

 

LETTERA43.IT 01/03/2017

Mps: Morelli, spero Stato lungimirante – …

(ANSA) – MILANO, 01 MAR – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha detto l’A.d Mps Marco Morelli a un convegno Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”. Dallo Stato “mi aspetto qualcosa di diverso, perché c’è anche un contorno politico – ha detto -. La politica avrà indubbiamente un ruolo, almeno per un periodo di tempo, abbiamo un azionista pubblico e verremo chiamati a tenere conto”. “Mps si rilancia nella misura in cui, pur nell’ambito di un disegno industriale da condividere con Commissione europea e vigilanza, e quindi con una serie di paletti, deve avere la possibilità di camminare”. Quanto al manager, “io resto” a Siena, “indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto”. Circa il futuro, “ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio

 

QUIFINANZA.IT 01/03/2017

Morelli: “Ci vorrà tempo per riconquistare la fiducia di cui godeva MPS” – …

01 marzo 2017 – (Teleborsa) – “Per riappropriarci della rete commerciale del Monte dei Paschi di Siena ci vorrà tempo”. E’ così che Marco Morelli, Amministratore delegato della banca senese parla dal palco allestito dal sindacato dei banchieri FABI. Il numero uno di Rocca Salimbeni spiega che il rilancio di MPS non sarà semplice. “Ci vorranno forse anni, ma l’obiettivo è riconquistare la fiducia della rete commerciale che il Monte aveva. E’ necessario un piano industriale condiviso ma libero”, aggiunge Morelli. Per quanto riguarda l’eventuale aggregazione della banca senese con altri istituti, Morelli si è limitato a dire che “non è un tema affrontabile in questo momento. MPS adesso deve riprendere un percorso normale”, ha affermato. “Quando la banca avrà ritrovato un percorso di normalità, l’azionista in primis – ha aggiunto riferendosi all’imminente ingresso dello Stato – si porrà una serie di valutazioni strategiche che fanno tutti gli azionisti quando si trovano davanti un’azienda che funziona in modo normale”. Vale la pena di ricordare che MPS è impegnata in un piano di risanamento dopo il flop dell’aumento di capitale che ha portato il Governo a varare il decreto salva risparmio. Morelli: “Ci vorrà tempo per riconquistare la fiducia di cui godeva MPS”

 

 

QUOTIDIANO.NET 01/03/2017

Mps: Morelli, spero Stato lungimirante – …

(ANSA) – MILANO, 01 MAR – Se lo Stato “è un azionista lungimirante, e spero che lo sia, deve discutere con i manager quali sono gli obiettivi, per rivedere quello che ha investito in un arco di tempo ragionevole”. Lo ha detto l’A.d Mps Marco Morelli a un convegno Fabi. “Poi se gli obiettivi vengono raggiunti bene, sennò prenderà i provvedimenti che qualunque azionista deve prendere”. Dallo Stato “mi aspetto qualcosa di diverso, perché c’è anche un contorno politico – ha detto -. La politica avrà indubbiamente un ruolo, almeno per un periodo di tempo, abbiamo un azionista pubblico e verremo chiamati a tenere conto”. “Mps si rilancia nella misura in cui, pur nell’ambito di un disegno industriale da condividere con Commissione europea e vigilanza, e quindi con una serie di paletti, deve avere la possibilità di camminare”. Quanto al manager, “io resto” a Siena, “indipendentemente. Anche con uno stipendio ridotto”. Circa il futuro, “ho messo a disposizione il mio mandato ed è giusto farlo nel momento in cui entra un nuovo socio”.

 

RAI.IT 01/03/2017

Banche: 2012-2015 persi 12mila posti – …

11.55 Dal 31 dicembre 2012 alla fine del 2015 il sistema bancario italiano ha perso 12mila posti di lavoro, con un numero totale di occupati sceso a 311.400 da 323.400. E’ quanto emerge da uno studio presentato dalla Fabi in occasione del convegno “Behind the lines -La tempesta perfetta” organizzato dal sindacato. Gli istituti hanno diminuito pure la presenza sul territorio, tagliando quasi 1.700 sportelli. In tre anni sono usciti dal comparto tra pensionamenti e prepensionamenti volontari e incentivati, 32.096 dipendenti .Assunti 21574 giovani

 

 

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