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Rassegna Stampa, lunedì 18 aprile 2016

di Redazione

IL RESTO DEL CARLINO (ED. PESARO) lunedì 18 aprile 2016

Banca Marche, sindacato accusa i politici – «Per gli altri istituti c’è Atlante con fondi pubblici, non è ora che si facciano sentire?»

IL CRAC di Banca Marche torna d’attualità In giornata c’è l’udienza davanti al Tar del Lazio per il ricorso contro il decreto di risoluzione. Anzi, decreti visto che ce ne sono almeno 4 (le fondazioni di Jesi, Ferrara e Chieti insieme; la fondazione di Pesaro; quello dell’avvocato Bruno Brusciotti di Pesaro e quello dei grandi azionisti jesini). La Fondazione Carjesi in particolare ha depositato una contro memoria che attacca a testa bassa Bankitalia e l’accusa di «aver scippato 1,2 miliardi di euro ai soci di banca Marche». Proprio l’istituto di credito marchigiano con i suoi 27 mesi di commissariamento è quello che è stato più penalizzato da una mancata capacità decisionale di Bankitalia. C’è attesa per la decisione dei giudici amministrativi: ricorrenti sperano in un’eccezione di costituzionalità da sollevare alla Consulta.

NEL FRATTEMPO il governo sta cercando di correre ai ripari sia con i rimborsi agli obbligazionisti privati delle 4 banche, ma soprattutto con l’ormai famoso fondo Atlante che dovrebbe garantire la salvezza di altri istituti di credito (Popolare Vicenza, Banco Veneto, Carige e Mps) utilizzando i crediti inesigibili (Npl) come leva per la copertura degli aumenti di capitale per il salvataggio. «Da mesi andavamo dicendo – sottolinea il sindacato Fabi (federazione autonoma bancari italiani) di Banca Marche la storia delle Popolari venete e ancor più di Monte Paschi sarebbe finita diversamente dalla nostra. Guarda caso le popolari venete vennero indicate come possibili acquirenti (Banca Veneto doveva rilevare filiali e Carilo). Ora loro saranno salvate con il Fondo Atlante e la cospicua partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti». A tal proposito il sindacato Fabi si chiede: «Ma siamo davvero tutti uguali?». «Perché in questo intervento di Atlante non emergerebbe aiuto di Stato? Perché non sarebbe imbarazzante come l’intervento del Fondo tutela depositi interbancari che poteva salvare davvero le 4 banche? Perché solo oggi il governo e la politica sono pronti ad affrontare la commissione europea?». ancora: «Ma gli azionisti di Banca Marche non fanno parte dello Stato italiano come quelli di questi altri istituti?». LA FABI si dà anche una risposta: «Viene facile pensare che purtroppo in Italia si prospettano soluzioni differenti a seconda del peso politico dei singoli territori: la classe politica marchigiana da decenni è debole a livello nazionale e non riesce ad incidere». Il messaggio è rivolto a Ceriscioli e Ricci in particolare: «Le istituzioni locali dovrebbe meditare su quanto è accaduto ed alzare finalmente la voce». © RIPRODUZIONE RISERVATA

CORRIERE DI AREZZO lunedì 18 aprile 2016

Faltoni (Fabi) “Basta – lavoratori barricati nelle filiali Sono loro la vera good bank”

“Ora basta! Non ne possiamo più di vedere i nostri colleghi di Nuova Banca Etruria, anche alla Popolare di Vicenza, barricati dentro le filiali perché impauriti e minacciati da qualche manifestante; non ne possiamo più di chi continua a confondere banchiere con bancario, non ne possiamo più di pagare colpe non nostre”. Così l’intervento di Fabio Faltoni, dipendente e sindacalista in Nuova Banca Etruria e segretario provinciale della Fabi, Federazione Autonoma Bancari Italiani, il sindacato dei bancari più rappresentativo, per numero di iscritti, a livello nazionale. “Il Governo – spiega Faltoni – deve intervenire, innanzitutto trovando i soldi per il totale risarcimento agli obbligazionisti, e nel contempo esprimere forte e netta solidarietà ai lavoratori di Nuova Banca Etruria. Perché, salvo errori, questa voce non l’abbiamo ancora sentita, invece ci vorrebbe che anche membri del Governo dicessero insieme a noi: nessuno tocchi i lavoratori. E ci piacerebbe – prosegue il segretario provinciale della Fabi – che lo stesso venisse detto dalle varie associazioni dei consumatori. Infatti, qualche associazione (associazioni che negli anni si sono distinte per battaglie giuste e di successo) deve uscire dall’equivoco dove qualcuno vorrebbe incastrarla; non serve a nulla scatenare una ‘guerra fra poveri’, mettere contro clienti e dipendenti, anzi, serve solamente a distogliere l’attenzione dai veri responsabili, non penso che questo sia il loro intento. Evitiamo una ulteriore escalation della situazione, che è fin troppo bollente, non si fomenti l’odio contro i dipendenti, perché poi la situazione potrebbe sfuggire di mano anche a chi l’ha promossa. Tutti insieme, dipendenti, clienti, locali e associazioni – conclude Fabio Faltoni – dobbiamo lavorare nella stessa direzione, per uscire da questo tunnel e per dare un nuovo e positivo futuro alla nostra banca, all’economia del territorio e così a tutti i suoi lavoratori, lavoratori che non meritano tutto quello che stanno passando, ma che, continuo a sottolineare, sono la vera good bank”.

PLUS sabato 16 aprile 2016

Il piano di Icbpi allarma i sindacati

Nicola Borzi

«Se la metà di quanto indicato si dovesse concretizzare il quadro sarebbe preoccupante»: è la posizione espressa dai sindacati sul futuro del gruppo Icbpi dopo un incontro con la direzione sul futuro dell’azienda. Il 18 dicembre scorso, l’89% del capitale dell’Istituto centrale delle banche popolari italiane è passato da Creval, Banco Popolare, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Bper, Iccrea Holding, Popolare di Cividale, Ubi, Bpm, Banca Sella Holding, Carige e da soci minori a Mercury Italy, veicolo posseduto dai fondi di Bain Capital, Advent International e Clessidra Sgr.

Secondo una nota di Fabi, First/Cisl, Fisac/Cgil, Sinfub, Ugl Credito e Unisin l’acquisizione da parte di Icbpi del gruppo Bassilichi, ormai in fase finale, «dev’essere supportata fin da subito da un piano industriale adeguato e non tranquillizza l’ipotesi stand alone di Bassilichi». Secondo i sindacati sarebbe poi «in fase di studio l’ipotesi di scorporo di un presunto ramo d’azienda securities services di Icbpi, in cui sono impiegati circa 270 lavoratori, più un indotto difficile da stimare», come anche «la cessione della licenza bancaria per concentrarsi solo sul core business della monetica. Un’ipotesi solo allo studio, non ancora oggetto di report al Cda, ma centrale nelle voci che arrivano dai consulenti incaricati».

Per le rappresentanze aziendali, le ipotesi di scorporo di securities services e la cessione della licenza bancaria sono le ipotesi più allarmanti «siano esse a livello di report al Cda o di semplice studio. Sarebbero comunque presupposti di uno “spezzatino”, di cui non immaginiamo le conseguenze: il rischio è quello di trovarsi dinanzi a una destrutturazione che determinerebbe un aumento dei costi di raccolta attraverso la rinuncia agli strumenti finora garantiti dalla banca (ad esempio l’interbancario, la banca depositaria, l’assegno circolare), che potrebbe essere compensata solo attraverso una compressione dei costi dei servizi, costo del lavoro in primis. Inoltre alcuni business, anche nel settore della monetica, senza la licenza bancaria non si potrebbero più svolgere». Se Mercury Italy «dovesse rinunciare alla licenza bancaria, mostrerebbe di cercare semplificazioni bypassando norme che rappresentano precise disposizioni Ue», concludono i sindacati. nicola.borzi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

CORRIERE DELLA SERA sabato 16 aprile 2016

Quelle astensioni nella Vicenza che hanno salvato Zonin

(s. rig.) Sono stati pubblicati i verbali dell’assemblea della Popolare Vicenza del 26 marzo, quando venne votata l’azione di responsabilità verso i precedenti amministratori, che non raggiunse la maggioranza per i molti astenuti. Dalle risultanze appaiono decisive le astensioni di Cattolica (8,96 del capitale presente) Generali (3,61 che se avessero votato a favore avrebbero portato la quota dei sì (38,05 alla maggioranza. Astenuti anche Banca Ifis (1,69 e Fiamm (0,55 l’azienda di Stefano Dolcetta, presidente della Vicenza. L’istituto – che entro lunedì comunicherà il prezzo delle nuove azioni dell’aumento di capitale per la quotazione in Borsa il 3 maggio – registrò il voto favorevole di Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, della Fondazione Maria Teresa Mioni e del sindacalista della Fabi Giuliano Xausa. Contrari gli ex amministratori Gianni Zonin e Giuseppe Zigliotto (entrambi indagati), come l’imprenditore dei prosciutti Luca Ferrarini. © RIPRODUZIONE RISERVATA

IL GAZZETTINO (ED. TREVISO) sabato 16 aprile 2016

Zonin “salvato” dai grandi soci – Le astensioni di Cattolica e Generali hanno portato a bocciare l’azione di responsabilità verso gli ex vertici

VICENZA – Banca d’Italia e Bce hanno ancora in corso le valutazioni circa l’avvio di procedure sanzionatorie» carico della Popolare di Vicenza e dei soggetti coinvolti nei fatti riscontrati negli ultimi accertamenti ispettivi. Lo scrive la Banca d’Italia nelle risposte alla Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale del Veneto sia sulla vicenda della Popolare che di Veneto Banca. L’istituto ribadisce che solo con le ispezioni in loco si è potuto scoprire il fenomeno delle azioni finanziate, ossia i finanziamenti erogati ai clienti per l’acquisto di azioni della banca. “Ai fini civilistici – scrive via Nazionale finanziamenti eventualmente accordati da una banca a un cliente in coincidenza con l’acquisto da parte di quest’ultimo di azioni della banca stessa sono legittimi (alle condizioni previste dall’articolo 2358 del Codice Civile). A fini prudenziali, tuttavia, la normativa di settore prevede che le azioni acquistate grazie a un finanziamento della banca non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Cosa che invece avevano fatto sia Vicenza che Veneto Banca. I verbali dell’assemblea della Popolare di Vicenza dello scorso 26 marzo evidenziano i nomi che hanno “salvato” Gianni Zonin e i vertici delle passate gestioni dall’azione di responsabilità. Decisive sono state le astensioni di Cattolica (8,96 del capitale presente) e Generali (3,61) che se avessero votato a favore, avrebbero portato la quota di favorevoli all’azione di responsabilità (38,05) alla maggioranza. Tra le astensioni di peso si registrano quella di Banca Ifis (1,69) e della Fiamm (0,55) l’azienda di cui è Ad Stefano Dolcetta, presidente di Bpvi. Hanno votato contro l’azione di responsabilità Zonin e la sua famiglia, alcune delle sue tenute agricole, la Fondazione Roi (5,1) il cui patrimonio è stato polverizzato dall’investimento in Bpvi e di cui Gianni Zonin è ancora presidente. Per il no anche l’imprenditore dei prosciutti Luca Ferrarini (1,55) grande azionista di Veneto Banca. La Fondazione Cassa di Prato (3,55 del capitale in assemblea) ha votato per chiedere i danni alla vecchia gestione, così come la Fondazione Maria Teresa Mioni e altri 1.346 soci, moltissimi dei quali piccoli azionisti. Si va dal sindacalista Giuliano Xausa della Fabi, con le sue 677 azioni, Silvano Corazzin, proprietario di un mobilificio e di 208 mila azioni (quasi 13 milioni di euro polverizzati), all’ex sindaco di Vicenza Enrico Hullweck. Tra i no si registrano quelli della Zeta Sas (24 mila azioni) di Giuseppe Zigliotto, l’ex consigliere di Bpvi e attuale presidente di Confindustria Vicenza.

IL GIORNALE DI VICENZA sabato 16 aprile 2016

Richiesta dei danni Ecco come ha votato l’assemblea di BpVi – Dolcetta, Cattolica e Generali si sono astenuti, la famiglia Zonin per il no Cariprato vota a favore

Nei verbali dell’ultima assemblea della Banca Popolare di Vicenza, pubblicati sul sito della banca stessa (www.popolarevicenza.it) emerge lo spaccato del voto che ha “stoppato” l’ordine del giorno che proponeva l’azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente Gianni Zonin e degli altri amministratori. Decisive sono state le astensioni di Cattolica (8,96 del capitale presente) Generali (3,61) che se avessero votato a favore, avrebbero portato la quota di favorevoli all’azione di responsabilità (38,05) alla maggioranza. Tra le astensioni di peso si registrano quella di Banca Ifis (1,69) e della Fiamm (0,55) l’azienda di cui è amministratore delegato Stefano Dolcetta, il presidente di Bpvi che aveva anticipato la sua intenzione nel corso dell’assemblea. Hanno votato contro l’azione di responsabilità Zonin e la sua famiglia, anche con alcune tenute agricole, la Fondazione Roi (5,1) così come l’imprenditore dei prosciutti Luca Ferrarini. Non tutti gli istituzionali si sono astenuti, come peraltro accade spesso nel caso di proposte non previste dall’ordine del giorno. La Fondazione Cassa di Risparmio di Prato (3,55 del capitale in assemblea), ad esempio, ha votato per chiedere i danni alla vecchia gestione, così come la Fondazione Maria Teresa Mioni. A favore dell’azione dei responsabilità si sono espressi 1.346 soci: si va dal sindacalista Giuliano Xausa della Fabi a Silvano Corazzin, proprietario di un mobilificio, a società come Immobiliare Veneta e Due Mari srl al gruppo farmaceutico Fis. Per il sì si è espresso anche l’ex sindaco di Vicenza Enrico Hüllweck, l’unico (ex) politico presente all’assemblea Intanto il Pd di Vicenza si augura che «la magistratura agisca nei tempi più brevi possibili, perché le migliaia di famiglie coinvolte loro malgrado possano avere giustizia». vescovi del Triveneto sottolineano «l’importanza di un credito eticamente e socialmente responsabile ed ancorato all’economia reale».

 

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