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LA FABI AVVERTE UNICREDIT E RISPONDE A PIETRO ICHINO

di Redazione

MF-MILANO FINANZA venerdì 13 novembre

Il segretario sileoni: in italia potremo accettare solo prepensionamenti volontari – Esuberi, la Fabi avverte Ghizzoni – Il capo del sindacato molto duro sul piano Unicredit: sembra la confessione di un ridimensionamento politico, organizzativo e finanziario. Ai primi licenziamenti scenderemo in piazza: lo scontro sarà frontale

di Alessandro Carollo  

Unicredit ha dichiarato oltre 18.200 esuberi in Europa nel triennio 2015-2018. Inclusi anche i 7 mila lavoratori che usciranno dal gruppo, attraverso cessioni di asset come la banca in Ucraina, la controllata del risparmio gestito Pioneer e la Uccmb (crediti problematici) già venduta a Prelios e Fortress.

La maggioranza dei tagli si concentra in Austria e Germania, dove saranno accompagnati all’uscita 2.300 e 2.050 dipendenti. In Italia le eccedenze di personale ammontano a 540, che si aggiungono alle 5.100 già dichiarate nel precedente piano industriale e al migliaio di posti di lavoro persi con le cessioni annunciate. Infine, altri 1.100 esuberi saranno smaltiti nei Paesi europei dove il gruppo è presente. Per certi versi un piano più aggressivo del previsto in materia di risorse umane. È così? MF-Milano Finanza lo ha chiesto a Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, l’organizzazione sindacale di maggior rilievo in Italia,

Domanda. Passato il primo effetto annuncio, cosa pensa del piano?

Risposta. Più che un piano industriale e di rilancio, sembra la confessione di un ridimensionamento politico, organizzativo e finanziario del gruppo. Spero non sia così. Ghizzoni gioca in difesa, mentre servirebbe da parte dei principali gruppi bancari un salto di qualità, un’innovazione, insomma un nuovo modello di banca al servizio del Paese. Le nostre articolate proposte per un modello di banca realmente innovativo le faremo a Milano il 5 febbraio, davanti a oltre mille dirigenti sindacali, in occasione della presentazione del volume sulla storia della Fabi.

D. Unicredit in Austria e Germania ha deciso di licenziare oltre 4.300 lavoratori. In Italia come saranno gestiti gli esuberi?

R. Tutte le organizzazioni sindacali del settore hanno più volte dichiarato che non si andrà oltre i prepensionamenti volontari. Si mettano l’anima in pace, perché ai primi licenziamenti scenderemo di nuovo in piazza, come abbiamo fatto in occasione dello sciopero nazionale dello scorso 30 gennaio per il rinnovo del contratto. Lo scontro, insomma, sarà frontale. Stesso discorso varrà per quei dirigenti di banca interessati dal piano, che da luglio, dopo la sottoscrizione in Abi del nuovo contratto, potremo tutelare al meglio.

D. Ghizzoni ha accusato il sindacato di metter la testa sotto la sabbia. Cosa risponde?

R. In questo settore nessuno ha mai messo la testa sotto la sabbia. Tutta la fase di mutazione genetica del sistema bancario italiano, iniziata attorno alla metà degli anni 90, la più dirompente a partire dalla crisi degli anni 30, è stata gestita attraverso un grande patto sociale e concertativo tra sindacati del credito, da un lato, e Abi e Federcasse, dall’altro, sotto l’egida del primo governo Prodi. Sto parlando del protocollo di riposizionamento strategico del settore del 4 giugno 1997, dell’accordo quadro del 28 febbraio del 1998, del contratto nazionale dell’11 luglio del 1999. In quegli accordi sono stati gestiti i problemi del momento, anche con la costituzione del Fondo di solidarietà del settore, negoziato con i sindacati e interamente finanziato dalle banche, con l’obiettivo di evitare i licenziamenti collettivi. Lo stesso fondo fino a oggi ha consentito di gestire gli esuberi attraverso prepensionamenti volontari e la riconversione e riqualificazione del personale, senza aggravi alcuni per il bilancio pubblico.

D. Quindi Unicredit ha la memoria corta?

R. Sto dicendo che in ogni settore del nostro Paese la superficialità e approssimazione dell’establishment è un fatto noto che lentamente si sta cercando di superare. Noi vogliamo continuare concretamente a evitare licenziamenti, attraverso l’utilizzo dei prepensionamenti volontari. Agli altri lasciamo le chiacchiere.

D. Pietro Ichino ha dichiarato ieri che «i sindacati italiani perlopiù non sono attrezzati a gestire le innovazioni, con il risultato che tendono a difendere l’esistente»…

R. Il professor Ichino è troppo impegnato a raccogliere consulenze e assistenze giudiziali dalle banche per dedicare il suo tempo ad attività certamente meno remunerative quali la conoscenza della storia delle relazioni sindacali del settore. Ricordo al professore che il Fondo esuberi dei bancari precede di 12 anni la riforma Fornero, che prevede di estendere questo modello a tutti i settori produttivi non coperti dalla cassa integrazione. Gli ricordo inoltre che il 19 gennaio del 2012 il contratto collettivo nazionale dei bancari ha istituito il Fondo per l’occupazione giovanile finanziato con la solidarietà dei lavoratori, che concede agevolazioni economiche alle banche sulle assunzioni di giovani a tempo indeterminato o sulla trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, anticipando di tre anni la legge di Stabilità del 2015 che adotta lo stesso principio. Gli ricordo le centinaia di accordi, nelle aziende e nei gruppi bancari, attraverso cui sono state gestite le ricadute dei piani industriali del settore, che hanno evitato i licenziamenti, prodotto nuova occupazione e risanato il settore. Forse un giorno avremo la fortuna di ascoltare una critica dell’evangelizzatore neo liberal Ichino agli stipendi milionari dei manager e di chi ha prodotto 200 miliardi di sofferenze bancarie, l’80% delle quali frutto di prestiti deliberati dai consigli d’amministrazione e dai vertici degli istituti. Chissà se avremo mai il piacere di assistere a tale evento. (riproduzione riservata)

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