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ROTTURA CONTRATTO NAZIONALE, TUTTA LA STAMPA

di Redazione
MILANO FINANZA, mercoledì 26 novembre 2014
 
Bancari, è rottura sul contratto – Categoria pronta allo sciopero. Palazzo Altieri ha posto la pregiudiziale su scatti e Tfr per evitare adeguamenti automatici della retribuzione in un periodo di crisi. Sileoni (Fabi): ora mobilitazione
 
di Luca Gualtieri e Antonio Satta   
Lo strappo alla fine è arrivato. Ieri mattina i sindacati del credito hanno rotto le trattative con Abi per il rinnovo del contratto nazionale, aprendo così la strada allo sciopero della categoria. Troppo distanti si sono infatti rivelate le posizioni al tavolo del negoziato: da un lato le banche chiedono una politica di austerità che riveda la struttura del contratto, dall’altra parte le parti sociali non sono disponibili a rinunciare ai meccanismi di adeguamento automatico dei salari. Per adesso quindi la trattativa non può proseguire e uno sciopero a gennaio sembra assai probabile. «Ora si apre una fase di organizzazione interna tra i sindacati», ha spiegato ieri Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, che ha aggiunto con sarcasmo: «L’Abi ha ragione: siamo anacronistici perché difendiamo i diritti dei lavoratori. Loro invece sono moderni, prova ne sono i 68 mila posti di lavoro in meno dal 2000 al 2020».
La rottura comunque era nell’aria e l’Abi l’aveva già messa in conto. La posta in gioco del resto è di quelle grosse e le banche sono determinate addirittura ad andare avanti anche senza il rinnovo del contratto, con tutte le conseguenze del caso. Alla riunione dell’esecutivo della scorsa settimana non c’è stata infatti alcuna colomba che sia intervenuta per chiedere una linea più morbida. Anzi, a detta di chi era presente, semmai le uniche critiche avanzate al capodelegazione Alessandro Profumo siano state quelle di chi avrebbe preferito una posizione ancora più dura. In sintesi quello che Abi propone ai sindacati è un patto complessivo che salvi il meccanismo del contratto nazionale, ma come insieme di regole che disciplinino soprattutto la contrattazione aziendale. Abi è disposta a mettere nella cornice del documento anche il nuovo sistema degli inquadramenti e la tenuta dell’area contrattuale, così come è disposta a garantire il mantenimento dell’attuale potere d’acquisto attraverso il recupero dell’inflazione (anche oltre la percentuale proposta dell’1,85%). Quello che le banche non vogliono più garantire sono invece gli adeguamenti automatici della retribuzione che non tengono conto della crisi, ma anche della realtà in continuo mutamento, ossia non vogliono più gli scatti automatici di anzianità e il meccanismo di revisione della base di calcolo del tfr. Le banche, infatti, hanno rifiutato anche la proposta informale dei sindacati, mai ufficialmente posta sul tappeto: mantenere i meccanismi automatici, ma sterilizzarli per tutta la durata del triennio contrattuale, aspettando per riattivarli che la crisi sia alle spalle. La replica delle banche è che il mercato è cambiato e che quindi non è più possibile garantire un trattamento economico uguale per tutti gli istituti. Dure le reazioni dei sindacati. «Ci batteremo unitariamente, per conquistare il rinnovo del contratto», ha attaccato Agostino Megale (Fisac-Cgil), a cui ha fatto eco Giulio Romani (Fiba-Cisl) «Riteniamo impraticabile un confronto incardinato esclusivamente sull’ulteriore riduzione dei costi del personale e sulla destrutturazione di fatto del contratto». La Uilca di Massimo Masi infine considera «del tutto irresponsabile l’atteggiamento di chiusura della controparte». (riproduzione riservata)
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IL SOLE 24 ORE, mercoledì 26 novembre 2014
 
Bancari. Il 15 dicembre l’assemblea dei lavoratori – A gennaio mobilitazione – Abi, salta la trattativa sul rinnovo del contratto – Nodi irrisolti gli aumenti e gli scatti di anzianità
 
Non c’è nella storia del lavoro un cambiamento che non sia passato attraverso una mobilitazione. E il contratto “epocale” dei bancari, con tutte le trasformazioni che si porterà dietro, non sarà un’eccezione. L’incontro clou della prima fase della trattativa tra Abi e i sindacati, ieri, ha portato a una rottura tra le parti . Le assemblee dei lavoratori dei prossimi giorni decideranno se trasformarla in uno sciopero oppure no.
 Tutti hanno la consapevolezza che bisogna fare dei cambiamenti profondi, in una situazione molto più difficile dei rinnovi precedenti. E fare digerire ai bancari, ancora abituati ai contratti dei tempi andati dell’opulenza, un contratto che lascia sul terreno automatismi come gli scatti di anzianità o dimezzi gli inqudramenti, non è facile. Certamente il sindacato, messaggero di queste pene, è più in difficoltà dei banchieri e all’interno del sindacato c’è chi più di altri ha bisogno di dimostrare una negoziazione dura e frontale. Nella plenaria, ieri, ha parlato il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale per il quale «è stata registrata da parte di Abi la conferma delle sue posizioni, senza quel cambiamento radicale che avevamo richiesto, a partire dal superamento della pregiudiziale d’intervento sul costo del lavoro, ovvero scatti di anzianità e Tfr. Proprio per questo nel riconfermare le priorità della nostra piattaforma, abbiamo detto che il permanere di questo atteggiamento pregiudiziale impedisce una trattativa e un negoziato fondato sulla pari dignità».
Un segnale, forte, che però non lo è tanto quanto la proclamazione immediata di uno sciopero. Più che in passato, questa volta la volontà dovrà venire dal basso: saranno i lavoratori a decidere nelle assemblee dei prossimi giorni. «L’orientamento è andare verso uno sciopero a metà gennaio, riuniremo i lavoratori in assemblea dal 15 dicembre», dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. La prima mossa dei sindacati però sarà «interrompere le relazioni industriali in tutti i gruppi, a partire dalla data dello sciopero».
Per il segretario generale della Fiba Cisl, Giulio Romani, la via proposta da Abi è «impraticabile e peraltro un simile intervento comporterebbe una riduzione a regime del costo del lavoro totalmente ininfluente rispetto ai problemi strutturali del settore a partire dalla dimensione dei crediti deteriorati e dei limiti strategici dimostrati dalle imprese e dal loro management». «Laddove Abi non ravveda la sua posizione – aggiunge Massimo Masi, segretario generale della Uilca – sarà indispensabile avviare un processo di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori».
Nel frattempo, però, c’è una data che incombe: il 31 dicembre è infatti la scadenza della proroga della disdetta del contratto di Abi. I banchieri potranno disdettare il contratto nazionale, incassando, automaticamente, dal primo gennaio l’azzeramento degli scatti di anzianità, dell’area contrattuale e dell’indennità di cassa. A quel punto però «si assumeranno una responsabilità enorme di fronte al paese», dice Sileoni. Una formula più soft sarebbe invece concedere tempo. Potrebbe rispuntare fuori la data del 31 marzo che, però, sarebbe davvero ultimativa.
 Per l’ennesima volta, ieri, il presidente del Casl di Abi, Alessandro Profumo, ha ripercorso i cambiamenti strutturali che il settore sta attraversando e ha ribadito la volontà di discutere di salvaguardia del potere d’acquisto e trovare soluzioni innovative che diano prospettive di sostenibilità alle banche ed ai lavoratori. La riduzione strutturale delle dinamiche del costo del lavoro a livello nazionale, potrà però aprire spazi di contrattazione aziendale: dove ci sono aziende che performano meglio c’è disponibilità a discutere di come condividere questo valore. E poi c’è anche da ridurre gli inquadramenti e da rivedere l’area contrattuale. Non è per mancanza di volontà che i banchieri non vogliono fare concessioni, ma è perché non riescono a sostenerle economicamente. La categoria però sceglie la via della mobilitazione e i banchieri di fronte a questa scelta arrivano a parlare di «anacronistica indisponibilità dei sindacati a valutare positivamente» le loro aperture che ha portato «all’attuale situazione di stallo». Sileoni ironizza: «L’Abi ha perfettamente ragione: siamo anacronistici perché difendiamo i diritti dei lavoratori. Siamo anacronistici perché chiediamo una riduzione del 30% del compenso dei manager, che guadagnano una media di un milione e 900mila euro all’anno. L’Abi ha ragione: loro sono moderni ed attuali, prova ne sono i 177 miliardi di sofferenze bancarie, e i 68mila posti di lavoro tagliati dal 2000 al 2020». Per Abi, la verità è che il ciclo economico con la prolungata contrazione del Pil, i profondi cambiamenti normativi e di supervisione, le significative variazioni dei comportamenti dei clienti e l’evoluzione della componente tecnologica pongono le banche di fronte ad un cambiamento strutturale che caratterizzerà il breve, il medio e il lungo periodo riflettendosi sui modelli organizzativi e di business.
 I fili comunque non si spezzano.Abi dal canto suo ha confermato la volontà di continuare a confrontarsi a tutto campo con i sindacati senza alcun intento strumentale ma con l’esigenza di adeguare il settore a scenari nuovi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cristina Casadei
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CORRIERE DELLA SERA, mercoledì 26 novembre 2014
 
Contratto  bancari,  sul  tavolo  la  disdetta  –  Verso  lo  sciopero  a  gennaio.  Stop  alle  trattative  con  l’Abi  Abi  sul  rinnovo  degli  accordi  –  Rottura  su  anzianità  e  Tfr.  I  banchieri:  sindacato  anacronistico.  Fabi:  pericolo  di  licenziamenti
 
MILANO  Si  è  consumata  ieri  la  rottura  tra  le  sette  sigle  dei  bancari  e  l’Abi  Abi  sul  contratto  della  categoria.  Si  va  verso  una  giornata  con  gli  sportelli  chiusi  a  fine  gennaio  (si  parla  del  23,  del  26  o  del  30).  L’ultimo  ultimo  sciopero  della  categoria  è  stato  il  31  ottobre  2013.  Più  di  un  anno  è  trascorso  da  allora  ma  la  trattativa  sul  contratto  non  ha  fatto  un  passo  avanti.  Anche  questo  è  un  segno  di  relazioni  industriali  che  sempre  più  difficili  in  tutti  i  settori.  Non  fanno  eccezione  le  banche  che  in  passato  avevano  goduto  di  un  lungo  periodo  di  pax  sindacale:  per  risalire  allo  sciopero  che  precede  quello  del  2013  è  necessario  andare  indietro  di  13  anni.  Riduzione  strutturale  del  costo  del  lavoro  tramite  il  ridimensionamento  di  anzianità  e  tfr:  su  questo  si  è  consumata  la  rottura.  In  sostanza  l’Abi  Abi  rivendica  l’insostenibilità insostenibilità  del  costo  del  lavoro  in  una  fase  del  ciclo  economico  a  tassi  di  interesse  bassi  e  con  una  rivoluzione  organizzativa  in  atto  dovuta  alle  tecnologie:  più  transazioni  online  uguale  meno  lavoro  allo  sportello.  L’Abi  Abi  sarebbe  disposta  a  restituire  con  il  contratto  la  perdita  di  potere  d’acquisto  acquisto  dovuta  all’inflazione  inflazione  (si  parla  di  una  cinquantina  di  euro  lordi  in  busta  paga)  ma  punta  i  piedi  su  due  questioni.  La  prima:  basta  scatti  di  anzianità,  che  adesso  sono  otto  e  valgono  circa  50  euro  lordi  ciascuno.  La  seconda:  riduzione  della  base  di  calcolo  del  tfr  in  modo  da  pagare  liquidazioni  meno  ricche.  A  corollario  di  questa  visione  sta  il  fatto  che,  se  aumenti  ci  devono  essere,  allora  sarà  la  contrattazione  aziendale  a  garantirli  là  dove  possibile.  Ieri  le  sigle  sindacali  della  categoria  pretendevano  che  Abi  togliesse  dal  tavolo  le  istanze  legate  a  scatti  di  anzianità  e  tfr.  O  quantomeno  smettesse  di  considerarle  una  pregiudiziale  alla  base  del  confronto.  Di  questo  si  è  parlato  durante  una  riunione  ristretta  dalle  9  alle  11  nella  sede  milanese  dell’Abi  Abi.  Tutto  inutile.  L’incontro  incontro  ufficiale  è  iniziato  alle  11.30  30.  Mezz’ora  ora  è  bastata  per  mettere  nero  su  bianco  la  rottura.  A  questo  punto  la  posta  in  gioco  è  anche  la  disdetta  del  contratto,  in  vigore  fino  al  31  dicembre  grazie  a  una  proroga.  Due  gli  scenari  possibili.  Se  in  questo  mese  di  assemblee  nelle  filiali  le  diplomazie  sui  due  fronti  individueranno  uno  spiraglio  di  trattativa,  allora  le  parti  potrebbero  accordarsi  per  una  ulteriore  proroga  del  contratto  fino  alla  primavera.  Se,  invece,  mancassero  punti  di  convergenza  adeguati,  si  potrebbe  verificare  lo  scenario  più  temuto.  Con  la  disdetta  del  contratto  già  da  gennaio.  La  durezza  del  confronto  è  ben  rappresentata  dai  toni  di  dichiarazioni  e  comunicati.  Per  l’Abi  Abi  la  situazione  di  stallo  che  si  è  creata  è  dovuta  «all’anacronistica  anacronistica  indisponibilità  dei  sindacati  a  valutare  le  nostre  aperture».  «Se  essere  anacronistici  significa  fare  di  tutto  per  assicurare  un  contratto  degno  di  questo  nome  e  difendere  i  posti  di  lavoro  allora  sì,  siamo  anacronistici»,  risponde  Lando  Maria  Sileoni,  a  capo  della  Fabi.  Il  sindacalista  chiude  con  un  «avvertimento»:  «Se  l’Abi  Abi  arrivasse  alla  disdetta  del  contratto  verrebbe  meno  la  governabilità  del  settore.  Scenario  che  non  serve  a  nessuno».  Rita  Querzé  @rquerze 
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L’ECO DI BERGAMO, mercoledì 26 novembre 2014

Bancari,  è  rottura  sul  contratto  Sciopero  in  gennaio  «L’Abi  Abi  scarica  sui  lavoratori  il  costo  della  crisi»  La  replica:  «Posizione  anacronistica  dei  sindacati»  Granelli  (Fabi):  senza  scatti,  50- 100  euro  in  meno

Le posizioni erano troppo  distanti  e  così  ieri  mattina  a  Milano nella sede dell’Abi  Abi( l’Associazione bancaria italiana che raggruppa  gli  istituti  di  credito),  si  è  consumata  la  rottura  tra  aziende  esindacaticherappresentano309  309  mila  bancari  in  Italia  (7.500  500  nella  Bergamasca).  I sindacati  sono  già  sul  piede  di  guerra:  dopo  le  assemblee  dei  lavoratori di dicembre, sarà sciopero( subito dopo l’Epifania  Epifania). Secondo Fabi  Fabi, Fiba- Cisl, Fisac- Cgil, Uilca e Dircredito, è la posizione rigida  dell’Abi  Abi,  rappresentata  alle  trattative da Alessandro Profumo  Alessandro  Profumo,  ad avere provocato la rottura. Una  Una  posizione  mai  cambiata  nelle  varie  fasi  del  negoziato.  L’Abi  Abi  aveva  disdettato il contratto in scadenza  a  metà  giugno  di  quest’anno  anno  a  settembre  del  2013,  portando  così  i  sindacati  in  piazza  nell’  ottobre  2013. Il confronto si era poi riaperto lo scorso maggio, con la proroga  del  contratto  nazionale  fino  al  prossimo  31  dicembre.  Ora  però  il  dialogo  si  è  bruscamente  interrotto.  Per  i  sindacati  la  proposta  formulata  dall’Abi  Abi  contiene  delle  «pregiudiziali inaccettabili». Il riferimento  è  in  particolare  alla  ristrutturazione del sistema dis catti  delle  anzianità  e  alla  revisione  del  calcolo  del  Tfr.  Si  aggiungono  poi le proposte in area contrattuale, sull’inflazione e sugli inquadramenti. Da qui la rottura e la conseguente  inflazione e sugli inquadramenti. Da qui la rottura e la conseguente  mobilitazione.  Da  parte  sua,  invece,  l’Abi  Abi  ha  definito  «anacronistica»  l’indisponibilità indisponibilità« dei sindacati a valutare  le  aperture  messe  sul  tavolo».  È  colpa  dei  sindacati  quindi,  secondo l’associazione dei banchieri,  se  la  trattativa  è  finita  «nell’attuale  attuale  situazione  di  stallo».  Nonostante ciò, l’Abi ha confermato  « la  volontà  di  continuare  a  confrontarsi a tuttocampo con i sindacati  senza  alcun  intento  strumentale  ma  con  l’esigenza  esigenza  di  adeguare  il  settore  a  scenari  nuovi  e  profondamente  diversi»,  ha  ricordato  inoltre  alle  parti  «i  cambiamenti  strutturali  che  il  settore  sta  attraversando  e  ha  ribadito  la  volontà  di  discutere  di  salvaguardia  del  potere  d’acquisto  acquisto  e  trovare  soluzioni  innovative  che  diano  prospettive  di  sostenibilità  alle  banche  ed  ai  lavoratori».  Ma  per  il  segretario  della  FibaCisl  Cisl, Giulio Romani  Romani, la propostadi  contratto dell’Abi comporterebbe dal  prossimo  anni  tagli  sul  costo  del  lavoro  per  500- 600  milioni:  per chi entra in banca oggi significherebbe  il  20%  di  stipendio  in  meno  all’anno  anno  (3.200  200  euro)  e  il  10%  in  meno  per  la  pensione.  Il  sistema  bancario  – ha  concluso  – pensa  di  scaricare  sui  lavoratori  il  costo  della  crisi  quando  il  vero  problema  è  l’attivo  attivo  deteriorato  delle  banche».  E il bergamasco Attilio Granelli  Attilio  Granelli,  della  segreteria  nazionale  Fabi,  precisa  in  merito  agli  scatti  d’anzianità anzianità:  «Abolirli  come  vorrebbe  l’Abi  Abi  significherebbe  togliere  un  aumentodi50  50- 100euro  euro( a seconda  delle  qualifiche)  al  mese  per  13  mensilità  ogni  quattro  anni,  così  come  avvenuto  finora.  La  misura  riguarda  il  75%  dei  lavoratori.  E  l’idea  idea  di  esternalizzare  determinati  lavori, dal  leasing  al  factoring  dal  back  office  al  centro  servizi,  applicando  i  contratti  complementari, comporta una riduzione  del  20%  dello  stipendio  e  ciò  riguarda  una  platea  vasta  almeno  un  terzo  dei  bancari.  Noi  invece  siamo  per  riportare  all’interno  interno  della  banca  lavori  oggi  esterni  coLa  La  protesta  dei  bancari  ieri  davanti  alla  Borsa  di  Milano  contro  la  posizione  di  chiusura  dell’Abi  Abi  sul  rinnovo  del  contratto Bancari,  è  rottura  sul  contratto  Sciopero  in  gennaio  «L’Abi  Abi  scarica  sui  lavoratori  il  costo  della  crisi»  La  replica:  «Posizione  anacronistica  dei  sindacati»  Granelli  (Fabi):  senza  scatti,  50- 100  euro  in  meno  me  il  recupero  crediti.  Vogliono  anche  abbattere  da  13  a  6  i  livelli  di inquadramento. Seinfine  Se infine, come  si dice, entro la fine dell’anno l’Abi  dovesse  arrivare  alla  disdetta  del  contratto  nazionale  allora  la  situazione diventerebbe ancora più  grave».  Per  il  segretario  della  Uilca,  Massimo  Masi,  la  proposta  dall’Abi  Abi  è  «del  tutto  irresponsabile»  e,  secondo  Agostino  Megale  della  Fisac- Cgil,« Profumo a nome dell’Abi ha rappresentato ancora una    volta la stessa posizione delle precedenti».  E  il  leader  della  Fabi,  Lando  Sileoni  ha  replicato  ironicamente  alle  banche:  «L’Abi  Abi  ha  perfettamente  ragione:  siamo  anacronistici  perché  difendiamo  i  diritti  dei  lavoratori.  Onore  al  riformismo  dei  banchieri».  
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LA STAMPA, mercoledì 26 novembre 2014

SALTA  IL  TAVOLO  PER  IL  NUOVO  CONTRATTO,  LA  MOBILITAZIONE  A  GENNAIO  È  rottura  tra  Abi  e  sindacati  Bancari  verso  lo  sciopero
FRANCESCO  SPINI 
MILANO – Ci  risiamo:  salta  il  tavolo  per  il  rinnovo  del  contratto  nazionale,  e  i  309  mila  bancari  italiani  si  avviano  allo  sciopero  che  – salvo  miracoli  – si  terrà  entro  metà  gennaio.  A  poco  più  di  un  anno  dalla  mobilitazione  che  il  31  ottobre  del  2013  aveva  interrotto  12  anni  di  pax  sindacale,  i  colletti  bianchi  tornano  sul  piede  di  guerra:  da  metà  dicembre  si  terranno  assemblee  a  tappeto.  Poi,  la  piazza.  La  rottura  delle  trattative  si  è  consumata  a  mezzogiorno,  a  Milano,  al  termine  di  tre  ore  – due  di  riunioni  ristrette  e  una  di  plenaria  – di  incontro- scontro  all’Abi  Abi.  L’epilogo  epilogo  è  giunto  quando  Agostino  Megale,  leader  della  Fisac- Cgil,  a  nome  di  tutte  le  sette  sigle,  ha  chiesto  ad  Alessandro  Profumo,  presidente  del  comitato  affari  sindacali  e  del  lavoro  dell’Abi  Abi,  di  ritirare  le  «inaccettabili  pregiudiziali»,  a  partire  dal  blocco  strutturale  (per  sempre,  quindi)  degli  automatismi,  come  gli  scatti  di  anzianità,  oltre  a  interventi  sul  Tfr.  Profumo  al  tavolo  si  è  detto  disponibile  a  discutere  di  salvaguardia  del  potere  d’acquisto  acquisto,  ma  ricordando  i  profondi  cambiamenti  di  scenario  del  settore  tali  da  non  permettere  andamenti  non  controllati  del  costo  del  lavoro,  all’aut  aut  aut  sindacale  ha  risposto  picche.  L’Abi  Abi,  in  una  nota,  ha  stigmatizzato  «l’anacronistica  anacronistica  indisponibilità»  delle  sigle  a  «valutare  positivamente»  le  aperture  offerte  dai  banchieri.  «Sì,  siamo  “anacronistici”  – ha  ribattuto  a  muso  duro  Lando  Maria  Sileoni,  segretario  generale  della  Fabi  – perché  difendiamo  i  diritti  dei  lavoratori,  non  accettiamo  l’eliminazione  eliminazione  del  pagamento  del  Tfr  e  degli  scatti  d’anzianità anzianità,  siamo  anacronistici  perché  vogliamo  rafforzare  l’area  area  contrattuale  per  impedire  migliaia  di  licenziamenti  nel  caso  di  nuove  aggregazioni  dopo  gli  stress  test».  Con  le  proposte  fin  qui  avanzate  dai  banchieri  «rischiano  di  uscire  dal  contratto  tra  i  60  e  i  70  mila  lavoratori»,  avverte  Megale,  leader  della  Fisac- Cgil,  il  quale  chiede  ai  banchieri  un  «ravvedimento  operoso  su  tutti  i  fronti:  non  possono  chiederci  di  riguadagnare  nei  contratti  di  secondo  livello  quanto  ci  vogliono  sfilare  in  quello  nazionale».  Oltre  a  queste  e  altre  questioni  (inquadramenti,  inflazione…)  c’è è  un’ulteriore  ulteriore  spada  di  Damocle,  il  rischio  disdetta  dell’attuale  attuale  contratto,  prorogato  fino  al  31  dicembre.  Nel  caso,  avvisa  Megale  «la  nostra  risposta  sarà  ancora  più  dura».  Dalla  Uilca  guidata  da  Massimo  Masi  arriva  disponibilità  a  trattare  «ma  senza  nessuna  pregiudiziale».  Del  resto,  osserva  Sileoni,  «un  accordo  conviene  anche  all’Abi  Abi:  a  cosa  servirebbe  l’associazione  associazione  senza  un  contratto?». 
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IL GIORNALE, mercoledì 26 novembre 2014
 
Salta la Trattativa, bancari in piazza a gennaio
 
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LIBERTÀ, mercoledì 26 novembre 2014

È rottura  tra  Abi  e  sindacati  Strappo  sul  contratto.  Annunciato  uno  sciopero  generale  a  gennaio
MILANO  – È  rottura  tra  sindacati  e  Abi  per  il  rinnovo  del  contratto  dei  bancari.  La  distanza  tra  le  parti  era  nota  da  tempo,  quello  che  non  si  sapeva  era  quanto  profondo  sarebbe  stato  la  strappo.  La  risposta  è  arrivata  ieri  in  mattinata,  a  meno  di  un’ora  ora  dalla  ripresa  della  trattativa  – che  sarebbe  potuta  durare  fino  a  48  ore  – al  tavolo  del  presidente  del  comitato  sindacale  e  del  lavoro,  Alessandro  Profumo.  Stop  alla  trattative  e  sciopero  generale  a  gennaio.  A  determinare  la  frattura,  accusano  i  segretari  generali  di  Fabi,  Fiba  Cisl,  Fisac  Cgil  e  Uilca,  è  la  posizione  di  Palazzo  Altieri,  mai  cambiata  nei  vari  round  del  negoziato.  L’Abi  Abi  aveva  disdettato  il  contratto  in  scadenza  a  metà  giugno  di  quest’anno  anno  a  settembre  del  2013,  portando  così  i  sindacati  in  piazza  a  ottobre  dello  stesso  anno.  Il  confronto  si  era  poi  riaperto  lo  scorso  maggio  tra  alti  e  bassi,  che  hanno  anche  registrato  la  proroga  del  Ccnl  fino  al  prossimo  31  dicembre.  Adesso  però  le  resa  dei  conti.  Per  i  sindacati  la  proposta  formulata  dall’Abi  Abi  conteneva  delle  «pregiudiziali  inaccettabili».  Il  riferimento  è,  in  primis,  alla  ristrutturazione  del  sistema  di  scatti  delle  anzianità  e  alla  revisione  del  calcolo  del  Tfr.  Si  aggiungono  poi  le  proposte  del  Casl  in  area  contrattuale,  sull’inflazione  inflazione  e  sugli  inquadramenti.  Una  sommatoria  di  richieste  che  le  sigle  hanno  interpretato  come  un  diktat  e  per  questo  hanno  deciso  di  alzarsi  dal  tavolo  e  scegliere  la  mobilitazione.  È  previsto  infatti  un  vasto  programma  di  assemblee  tra  dicembre  e  gennaio  con  l’indicazione  indicazione  di  uno  sciopero  generale  dopo  l’Epifania  Epifania.  Da  parte  sua,  invece,  l’Abi  Abi  ha  definito  «anacronistica»  l’indisponibilità indisponibilità  «dei  sindacati  a  valutare»  le  «aperture»  messe  sul  tavolo.  È  colpa  dei  sindacati  quindi,  secondo  l’associazione  associazione,  se  la  trattativa  è  finita  «nell’attuale  attuale  situazione  di  stallo».  Palazzo  Altieri,  che  ha  confermato  «la  volontà  di  continuare  a  confrontarsi  a  tutto  campo  con  i  sindacati»,  ha  ricordato  inoltre  alle  parti  «i  cambiamenti  strutturali  che  il  settore  sta  attraversando  e  ha  ribadito  la  volontà  di  discutere  di  salvaguardia  del  potere  d’acquisto  acquisto  e  trovare  soluzioni  innovative  che  diano  prospettive  di  sostenibilità  alle  banche  ed  ai  lavoratori».  Ma  per  i  sindacati  il  film  è  diverso.  Numeri  alla  mano,  ha  spiegato  il  segretario  della  Fiba,  Giulio  Romani,  la  proposta  di  contratto  avrebbe  comportato  dal  prossimo  anni  tagli  sul  costo  del  lavoro  per  500- 600  milioni:  per  chi  entra  in  banca  oggi  significherebbe  il  20%  di  stipendio  in  meno  all’anno  anno  (3.200  200  euro)  e  il  10%  in  meno  per  la  pensione. 
 
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IL GIORNO, mercoledì 26 novembre 2014

LO  PROTESTA  IL  LEADER  LODIGIANO  DI  FABI  A  PIAZZA  AFFARI  Sindacalista- pirata  contro  le  banche
 
LODI – IL  SINDACATO  Fabi  di  Lodi  protesta:  «No  al  depauperamento  del  contratto  nazionale  dei  bancari».  Ettore  Necchi,  lodigiano,  dirigente  della  Federazione  autonoma  bancari,  ieri  mattina  con  altri  iscritti,  bandiere  e  cartelli,  si  è  vestito  da  pirata  in  Piazza  Affari,  a  Milano.  «Simboleggiavo  un  pirata  che  saccheggiava  le  vittime  – accusa  Necchi  – perché  ormai  sono  le  stesse  banche  a  farlo  nei  confronti  dei  dipendenti,  nonostante  i  dirigenti  prendano  ancora  fior  di  stipendi  e  all’opinione  opinione  pubblica  si  dica  che  le  banche  si  stanno  riprendendo.  Invece,  il  personale  sta  rischiando  di  avere  un  contratto  molto  più  povero  e  con  meno  tutele  rispetto  a  oggi.  Vogliono  diminuire  stipendi  e  gli  inquadramenti  da  12  a  6,  bloccare  il  Tfr,  togliere  scatti  di  anzianità  e  automatismi  di  carriera:  a  noi  non  va  bene»  incalza  Necchi.  La  Fabi  di  Lodi  due  giorni  fa  è  stata  anche  a  Roma  per  partecipare  al  consiglio  nazionale  cui  erano  invitati  tutti  gli  esponenti  delle  banche  italiane.  In  serata,  dopo  l’incontro  incontro  con  Abi  (Associazione  bancaria  italiana),  i  sindacati  hanno  annunciato  la  rottura  delle  trattative:  «Non  svendiamo  nulla  perché  peggiorare  il  contratto  sarebbe  viatico  per  la  riduzione  di  migliaia  di  posti  di  lavoro».  Dal  3  dicembre  partiranno  le  consultazioni  dei  lavoratori  in  vista  della  mobilitazione  generale.  Paola  Arensi 
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AVVENIRE, mercoledì 26 novembre 2014
 
È rottura sul contratto banche verso lo sciopero
 
(Cliccare sull’immagine per ingrandire) 

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