Home Rassegna Stampa La riorganizzazione. Il grande piano varato un anno fa non ha ancora potuto trovare conclusione – Istituti stretti tra risparmi ed esodati – FONDO DI SOLIDARIETÀ – Manca la sua decretizzazione e quindi quegli strumenti innovativi che il settore aveva individuato per ammortizzare le uscite (da IL SOLE 24 ORE, giovedì 12 luglio 2012)

La riorganizzazione. Il grande piano varato un anno fa non ha ancora potuto trovare conclusione – Istituti stretti tra risparmi ed esodati – FONDO DI SOLIDARIETÀ – Manca la sua decretizzazione e quindi quegli strumenti innovativi che il settore aveva individuato per ammortizzare le uscite (da IL SOLE 24 ORE, giovedì 12 luglio 2012)

di Redazione

Cristina Casadei

Poco più di un anno fa sindacati e gruppi bancari si erano lasciati alle spalle piani di riorganizzazione con accordi su prepensionamenti e uscite incentivate che avevano consentito importanti risparmi, necessari alle banche, dato il loro andamento. Non era scontata la quiete per questa estate ma certo, né Abi, né i sindacati, si aspettavano di ritrovarsi a dover raccogliere i frutti che sono sotto gli occhi di tutti e che ieri il presidente di Abi, Giuseppe Mussari, ha riassunto parlando della necessità di una profonda ristrutturazione. Già perché se in luglio del 2011 è stato siglato l’accordo per la riforma del fondo di solidarietà, manca ancora la sua decretazione e quindi quegli strumenti innovativi – dalla solidarietà difensiva a quella espansiva – che il settore aveva individuato per ammortizzare le uscite e per creare nuova occupazione giovanile, non sono utilizzabili: non esistono che sulla carta. Ma la riforma del fondo di solidarietà non è che la prima delle questioni che per il settore si credevano chiuse appena un anno fa e si sono riaperte a poco a poco. Come scatole cinesi, perché ne apri una e se ne apre un’altra. Nel settore bancario c’è infatti un problema esodati perché con la riforma delle pensioni quei lavoratori che erano entrati nel fondo esuberi o stavano per entrarvi sulla base di accordi siglati prima del 4 dicembre 2011 oggi non hanno certezza sul mantenimento dei requisiti pensionistici previgenti. E restano senza copertura economica. Per questo le aziende stanno ridiscutendo al loro interno i piani. Non i risparmi però, che erano stati concordati e che restano validi. Per realizzarli si possono scegliere due vie. Quella della drammatizzazione perché la riforma delle pensioni ha travolto gli accordi fatti lo scorso anno e questo richiede da parte delle aziende iniziative più determinate – come l’annuncio di esuberi – per risolvere questioni che si pensavano risolte. Intesa Sanpaolo, per esempio, aveva trovato la quadra sulla questione dei costi con un accordo condiviso con il sindacato con cui il tema sembrava archiviato. E invece no perché adesso tutto torna in discussione e, come sosteneva una stima sindacale pubblicata da questo giornale, ci sono quasi 10mila posizioni che si trovano in una sorta di limbo. C’è però anche una seconda via che si può scegliere per uscire dall’impasse e cioè quella di mantenere i piedi per terra, confidando che il Governo da un momento all’altro faccia i decreti del nuovo fondo di solidarietà e consenta alle parti di usare tutti gli strumenti che prevede. Non solo una parte di essi. Francesco Micheli, che ieri è stato eletto vicepresidente di Abi, fa notare che «la proposta di Abi va presa nel suo complesso». E nella relazione del presidente Giuseppe Mussari gli spunti arrivati alla controparte sindacale sono stati molteplici. La partecipazione è uno di questi, quello che è stato sottolineato soprattutto dal segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, e da quello della Fisac Cgil, Agostino Megale. Ma la partecipazione, oltre ad essere fatta di tante fasi, che vanno al di là delle poltrone, ha bisogno anche di una terza gamba perché senza chi la regola per legge non si può fare. Poi certamente c’è lo stretto legame tra salario e risultati d’impresa perché i salari fissi difficilmente potranno crescere. Ci sarà spazio per i ragionamenti sull’aumento salariale, ma in termini di salario variabile, perché l’assetto attuale del costo del lavoro, per le banche, non è più sostenibile. E poi ancora la valorizzazione del secondo livello e della contrattazione di prossimità. Nel momento in cui, con i decreti, molto attesi dal settore, come ha voluto sottolineare ieri Mussari nella sua relazione, cogliendo anche l’occasione della presenza del premier Mario Monti, ci saranno gli strumenti del fondo di solidarietà riformato il settore confida di poter adottare la seconda via di cui si parlava – quella dei piedi per terra – e poter correggere la rotta già adottata in materia di organizzazione aziendale alla luce dei nuovi vincoli rappresentati dalla riforma delle pensioni e dagli esodati. I sindacati, all’unisono, dalla Fabi, alla Fiba, alla Fisac alla Uilca, hanno apprezzato la relazione del presidente di Abi e l’invito a dare un nuovo corso alle relazioni sindacali e si sono detti pronti ad accogliere la sfida. Nelle prossime settimane si vedrà, di certo per ora ci sono solo 2 scioperi che sono stati proclamati (oltre a quello di Intesa Sanpaolo già fatto), in UniCredit per il 27 luglio e in Mps dove manca ancora la data.

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