di Gian Maria De Francesco – 27 giugno 2012, 08:00
Il mistero sulla ripatrimonializzazione del Monte dei Paschi si svela nel pomeriggio di un afoso martedì di fine giugno. Dal cilindro del Consiglio dei ministri spuntano fuori 3,9 miliardi di Tremonti-bond, dei quali 1,9 miliardi sostituiranno quelli già emessi nel 2009 per evitare di incorrere nello step-up, ovvero l’incremento su base biennale della cedola. Il comunicato di Palazzo Chigi svela contorni drammatici: «Bankitalia – si legge – ha comunicato che il fabbisogno per raggiungere entro le scadenze previste dall’Eba, il target di Core Tier 1 al 9% rientrerebbe in un range tra 1,3 e 1,7 miliardi».
L’intervento del governo si è reso necessario a causa «dell’impossibilità, comunicata da Mps, e di cui la Banca d’Italia ha preso atto, di ricorrere, per una parte dell’importo, a soluzioni private di rafforzamento del patrimonio a causa delle attuali condizioni di mercato altamente volatili». La cessione ormai conclusa del 60% di Biverbanca a CrAsti e quelle annunciate di alcuni sportelli e di Consum.it – oltre alle misure di capital management già intraprese con la conversione dei Fresh – non avrebbero pertanto consentito alla banca presieduta da Alessandro Profumo e guidata da Fabrizio Viola di ottenere l’ok della Vigilanza europea entro la fine del mese. E così il cda di ieri – convocato per approvare il nuovo piano (oggi la presentazione) – si è potuto instradare secondo un percorso meno accidentato di quello che si prefigurava in una vigilia non delle più tranquille.
Il ragionamento da svolgere – al di là dei contenuti che oggi saranno resi noti al mercato – è tuttavia un altro. Dopo la maxiperdita da 4,9 miliardi del 2011 generata dalla svalutazione degli avviamenti, un intervento di messa in sicurezza del patrimonio era da considerarsi più che scontato. Tuttavia, se già i «vecchi» Tremonti- bond con il loro 8,5% di interesse annuo pesavano per circa 160 milioni sulla capacità del Monte di produrre utili, questi «nuovi» 2 miliardi incideranno sulla redditività.
Un interrogativo che gli analisti hanno già iniziato a porsi senza però dare un responso definitivo. Ad esempio, Equita Sim (quando ancora l’entità non era nota e si stimava che il range sarebbe rimasto attorno ai 3 miliardi complessivi, ndr) ha considerato non negativamente la scelta evidenziando che i «Coco bond» avrebbero comportato un tasso di interesse sostanzialmente doppio rispetto a quello dei T-bond. Mediobanca ha confermato il giudizio neutral con target price a 0,27 euro (sempre nell’ipotesi 3 miliardi) pur sottolineando che 240 milioni di interessi si sarebbero mangiati il 60% dell’utile atteso per il 2013. Ma con un perimetro destinato a restringersi per via delle dismissioni (ieri il segretario Fabi Sileoni è tornato a scagliarsi contro le prevedibili riduzioni del personale) e con una cedola secca da garantire allo Stato per la sua «sovvenzione», come farà il tandem Profumo-Viola a ottenere l’ok del mercato? La Borsa infatti è rimasta molto scettica e dopo il tracollo di lunedì ieri Mps ha ceduto un altro 5,27% scendendo a quota 0,19 euro. «Dovranno fornire spiegazioni convincenti perch ́ la capacità di generare utili verrà messa a dura prova», commenta l’analista di una primaria casa d’affari. In questi frangenti si ripropone infatti un antico adagio: «Le iniezioni di capitale sono sempre migliori se effettuate per via diretta». Ma è chiaro che con una capitalizzazione da 2,4 miliardi, un aumento da 2 sarebbe stato fortemente diluitivo per la Fondazione che avrebbe visto ridursi il suo 37,5% al 19% circa con lo Stato azionista di maggioranza.