Il segretario generale della Fabi intervistato in diretta da Gualtiero Lugli: «Non sono sorpreso del passo indietro dell’amministratore delegato» di Piazza Gae Aulenti
Il passo indietro di Jean Pierre Mustier «non è stata una sorpresa: l’amministratore delegato di Unicredit non ha mai brillato per la soddisfazione sulla sua presenza in Italia, ha dato sempre l’impressione di stare alla guida del secondo gruppo bancario italiano senza molto entusiasmo. Lo ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, intervistato da Gualtiero Lugli a Class Cnbc. «Dopo l’Opas di Intesa Sanpaolo su Ubi, il settore bancario non sarà più quello di un tempo, è stato introdotto un meccanismo che ha scompaginato lo status quo dello stesso settore negli ultimi 40 anni» ha aggiunto Sileoni. «Non giudico negativamente l’Opas di Intesa su Ubi perché il gruppo Intesa è gestito con grande lungimiranza da un amministratore delegato che ha una visione importante del settore, Intesa ha un gruppo dirigente di grande qualità e non so se Unicredit può dire la stessa cosa. Quello che è mancato a Unicredit è stato qualcuno che facesse ragionare in maniera più concreta e responsabile l’amministratore delegato: sono mancati gli anticorpi interni sia per il programma sia per gli aspetti politici. Unicredit si è disimpegnata fortemente rispetto al territorio italiani, riducendo le filiali, ha attuato una fortissima politica di riduzione dei costi, ma con una politica inesistente sui ricavi: Mustier rispetto al gruppo Intesa ha perso una partita decisiva. La banca di riferimento sociale del Paese è sempre stato Intesa. La qualità delle lavoratrici e dei lavoratori di Unicredit è altissima, ma il disimpegno del gruppo Unicredit e la vendita dei gioielli di famiglia perseguita con la gestione Mustier ha dato l’idea di un gruppo senza prospettiva nel medio e nel lungo termine. Di questo vuoto di progetto hanno approfittato altri gruppi bancari: Intesa ha investito molto e in maniera lungimirante sia per la formazione del personale sia per la vicinanza verso tutti i governi con una importante presenza sul territorio, senza lasciare terreno alle Poste» ha osservato ancora il segretario generale della Fabi. «Per Unicredit, mi aspetto una guida italiana con la quale saprà conquistare spazi lasciati ad altri e riprendere quel ruolo che aveva negli scorsi anni sia con Alessandro Profumo sia con Federico Ghizzoni». Lo spazio è il Monte dei Paschi di Siena? «Mps è una rogna che non vogliono né la Bce, che pretende stabilità, né lo stesso Ministero dell’Economia che vuole togliersi di torno la responsabilità di questo istituto. Mps è la banca più antica del nostro settore ed è un riferimento per i territori, a iniziare dalla Toscana. La posizione che il presidente della regione prenderà all’interno del Pd sarà determinante, così come sarà determinante il ruolo dei Cinque Stelle. Noi per evitare una macelleria sociale – che toccherebbe maggiormente le province di Siena e di Firenze – abbiamo proposto di mettere insieme le tre debolezze del settore bancario italiano: Popolare di Bari, Carige e Montepaschi. Se dovesse prospettarsi questo progetto, noi guarderemo con grande attenzione a questa iniziativa» ha detto Sileoni.
Quanto ancora su Mps e all’ipotesi di un piano “stand alone” Sileoni ha spiegato che «se qualcuno pensa che le organizzazioni sindacali affrontino oggi un piano industriale lacrime e sangue per poi attuare una cura dimagrante molto difficile per poi, a sacrifici fatti, regalare la banca a qualche altro gruppo, le idee sono molto sbagliate. Noi siamo pronti a prendere una posizione unitaria con le altre organizzazioni sindacali. Sappiamo che ci sono le condizioni per mantenere in vita un gruppo che sotto una gestione più attenta e oculata potrà avere un importante futuro. Questa è una partita che sta nelle mani della politica, non è una partita che si gioca con decisioni di mercato e della finanza. Se la politica decide di portare in sposa Unicredit a Mps deve sapere che deve affrontare il nodo importante della salvaguardia dell’occupazione e di una banca che ha sempre accompagnato la crescita di quelle famiglie e di quelle regioni. Se il governo prende un’altra strada avrà dalla sua le organizzazioni sindacali, con una strada più garantista. Questa è una partita politica e il governo deve assumersi le proprie responsabilità».
Roma, 1 dicembre 2020