“Per il gruppo ligure occorre un serio progetto di rilancio testimoniato con documenti scritti”. Le dichiarazioni del Segretario generale FABI riprese dai media.
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Carige: Sileoni, serve un piano industriale non chiacchiere (ANSA)
– ROMA, 15 MAG – Per Carige “serve un piano industriale e non le semplici chiacchiere. Non servono ne’promesse ne’ fumo negli occhi. In un mare di parolai, occorre un serio progetto di rilancio della banca, testimoniato con documenti scritti cosi’ come stabilito dalla legge. Non accetteremo altre soluzioni”. Lo afferma il segretario generale Fabi Lando Sileoni secondo cui “serve da parte di tutti una vera e concreta assunzione di responsabilita’, rispondente ai ruoli che ciascuno ricopre. Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio. Se qualcuno si azzardera’ a parlare di licenziamenti, lo scontro sara’ inevitabile. Per i recenti scandali, auspichiamo che al piu’ presto la magistratura si esprima condannando pesantemente i responsabili”. Per Sileoni in Italia, gli esuberi sono stati governati con pensionamenti e prepensionamenti su base volontaria, e con una gestione condivisa fra sindacati e banche, sono usciti e usciranno entro il 2022 60.000 lavoratori, mentre contemporaneamente sono stati assunti 20.000 giovani”. “Cio’ rappresenta un modello di relazioni che va stimolato e aiutato perche’ potrebbe essere imitato anche dall’Unione europea. Pure la vicenda Carige puo’ essere gestita sulla base di questi presupposti” conclude.(ANSA).
Carige: Fabi, serve piano industriale non chiacchiere = (AGI)
– Roma, 15 mag. – A Carige serve “un piano industriale e non le semplici chiacchiere. Non servono ne’ promesse ne’ fumo negli occhi. In un mare di parolai, occorre un serio progetto di rilancio della banca, testimoniato con documenti scritti cosi’ come stabilito dalla legge. Non accetteremo altre soluzioni”. Lo afferma in una nota il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “serve da parte di tutti una vera e concreta assunzione di responsabilita’, rispondente ai ruoli che ciascuno ricopre. Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio. Se qualcuno si azzardera’ a parlare di licenziamenti”, conclude, “lo scontro sara’ inevitabile”. (AGI)
BANCHE: SILEONI, ‘IN ITALIA SONO PIU’ SANE CHE IN GERMANIA’ = Segretario Fabi, ‘in Europa scandali peggiori dei nostri’
Roma, 15 mag. (AdnKronos) – “In Europa ci sono stati casi peggiori dei recenti scandali italiani (le quattro bridge bank e le due banche venete) e, sempre in Europa, negli ultimi sette anni sono stati persi 330.000 posti di lavoro, il 70% dei quali con licenziamenti. Ha ragione, quindi, chi sostiene che in Italia le banche sono più sane di quelle tedesche”. Così Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, in una nota. “In Italia – ricorda ancora il leader sindacale – gli esuberi sono stati governati con pensionamenti e prepensionamenti s base volontaria, e con una gestione condivisa fra sindacati e banche, sono usciti e usciranno entro il 2022 60.000 lavoratori, mentre contemporaneamente sono stati assunti 20.000 giovani”. “Ciò rappresenta un modello di relazioni che va stimolato e aiutato perché potrebbe essere imitato anche dall’Unione europea”, conclude Sileoni.
CARIGE: SILEONI, ‘BASTA CHIACCHIERE, SCONTRO INEVITABILE CON LICENZIAMENTI’ =Segretario Fabi, ‘auspichiamo rapidita’ magistratura e condanna per responsabili scandali’
Roma, 15 mag. (AdnKronos) – “Serve, perché previsto per legge, un piano industriale e non le semplici chiacchiere. Non servono né promesse né fumo negli occhi. In un mare di parolai, occorre un serio progetto di rilancio di Carige, testimoniato con documenti scritti così come stabilito dalla legge”. Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, in una nota. “Non accetteremo altre soluzioni. E serve da parte di tutti una vera e concreta assunzione di responsabilità, rispondente ai ruoli che ciascuno ricopre. Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio. Se qualcuno si azzarderà a parlare di licenziamenti – avverte quindi Sileoni – lo scontro sarà inevitabile. Per i recenti scandali, auspichiamo che al più presto la magistratura si esprima condannando pesantemente i responsabili”, conclude il segretario della Fabi. (Mat/AdnKronos)
Carige, Sileoni (Fabi): Se arrivano licenziamenti scontro inevitabile
Milano, 15 mag. (LaPresse) – “Per Carige serve, perché previsto per legge, un piano industriale e non le semplici chiacchiere. Non servono né promesse né fumo negli occhi. In un mare di parolai, occorre un serio progetto di rilancio della banca, testimoniato con documenti scritti così come stabilito dalla legge. Non accetteremo altre soluzioni”. Lo dichiara il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni che aggiunge: “Serve da parte di tutti una vera e concreta assunzione di responsabilità, rispondente ai ruoli che ciascuno ricopre. Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio. Se qualcuno si azzarderà a parlare di licenziamenti, lo scontro sarà inevitabile. Mentre per i recenti scandali, auspichiamo che al più presto la magistratura si esprima condannando pesantemente i responsabili”.(segue) Carige, Sileoni (Fabi): Se arrivano licenziamenti scontro inevitabile-2- Milano, 15 mag. (LaPresse) – Per Sileoni comunque “in Europa ci sono stati casi peggiori dei recenti scandali italiani (le quattro bridge bank e le due banche venete) e, sempre in Europa, negli ultimi sette anni sono stati persi 330.000 posti di lavoro, il 70% dei quali con licenziamenti. Ha ragione, quindi, chi sostiene che in Italia le banche sono più sane di quelle tedesche. In Italia, gli esuberi sono stati governati con pensionamenti e prepensionamenti su base volontaria, e con una gestione condivisa fra sindacati e banche, sono usciti e usciranno entro il 2022 60 mila lavoratori, mentre contemporaneamente sono stati assunti 20 mila giovani. Ciò rappresenta un modello di relazioni che va stimolato e aiutato perché potrebbe essere imitato anche dall’Unione europea”, conclude il segretario della Fabi che suggerisce di adottare questo modello anche per la vicenda Carige. ECO
FOCUS Carige, sindacati in allerta. E Messina chiude a nuovo intervento Fitd di Marco Valsecchi
Milano, 17 mag. (LaPresse) – La prossima data cerchiata sul calendario, nella complessa vicenda di Carige, è quella di venerdì 17 maggio. Nel giorno in cui la Bce potrebbe dover prorogare la scadenza per una eventuale offerta privata che porti al salvataggio dell’istituto di credito, a Genova i piccoli azionisti si riuniranno in una assemblea pubblica aperta a tutti: soci più o meno rilevanti, istituzioni e sindacati. A introdurre “ulteriori elementi di riflessione, incertezza e preoccupazione”, spiega il consiglio direttivo dell’associazione presieduta da Silvio De Fecondo attraverso la propria pagina Facebook, è “il susseguirsi di cifre sempre al rialzo per quanto riguarda l’aumento di capitale, il ridursi del numero dei soggetti interessati e infine la rinuncia di Blackrock”. Mentre l’obiettivo dichiarato è quello di condividere analisi e considerazioni in modo da “evitare che si attui un ennesimo esproprio ai danni di chi in questi anni ha già molto patito e contribuito alle sorti della banca”.Non sono solo i piccoli azionisti, però, a mostrarsi preoccupati per i possibili sviluppi della situazione. “Per Carige serve, perché previsto per legge, un piano industriale e non le semplici chiacchiere”, mette in chiaro Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, preoccupato prima di tutto di difendere l’occupazione. “Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio”, assicura il leader sindacale, anticipando che “se qualcuno si azzarderà a parlare di licenziamenti, lo scontro sarà inevitabile”. A margine di un incontro all’Università Bocconi, nelle stesse ore, ad auspicare per Carige “una governance chiara e un azionista di controllo che faccia gli interessi delle persone che lavorano in banca, dei clienti e della comunità” è l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, per cui la soluzione migliore, in quest’ottica, non è quella che passa da una assunzione di controllo da parte del Fondo interbancario per la tutela dei depositi. “Il loro interesse – spiega – è che si trovi una soluzione industriale, ovvero una soluzione che faccia funzionare l’azienda senza dover trovare soluzioni tampone a problemi che possono essere risolti con un azionista chiaro industriale, o privato o pubblico”. Motivo per cui la stessa Intesa Sanpaolo non parteciperebbe a una eventuale nuova richiesta di intervento attraverso il Fitd. “Per quanto mi riguarda, in modo volontario, escludo totalmente i contributi”, è la sintesi di Messina, che su questo punto assume una posizione differente da quella dell’altra big italiana del comparto bancario, Unicredit. Il ceo dell’istituto di piazza Gae Aulenti, Jean-Pierre Mustier, si era infatti mostrato aperto a un intervento di sistema “su base giusta e proporzionale”, se questo fosse necessario a sostenere il Paese. Perché una situazione del genere possa anche solo profilarsi, ha però ricordato nei giorni scorsi il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, occorrerà aspettare la “piena esecutività” della sentenza del Tribunale Ue su Tercas. Non che ci sia troppo da attendere, in realtà: la finestra per eventuali ricorsi si chiuderà a breve, a 60 giorni dalla sentenza stessa, datata 19 marzo. ECO
Carige:Malacalza, sostegno in una operazione di mercato Giorgetti, aiuto Stato? Serve Ue. Domani supervisory board Bce (di Sabina Rosset) (ANSA)
– GENOVA, 15 MAG – Malacalza esce allo scoperto su Carige e si dichiara disponibile a sostenere un’operazione di mercato dando un assist che potrebbe essere decisivo nel lavoro dei commissari per una soluzione ‘privata’ al salvataggio dell’istituto. I banchieri italiani intanto si muovono ancora in ordine sparso, tra chi ragiona su un ruolo in un intervento ‘di sistema’ se necessario, come il presidente Unicredit Fabrizio Saccomanni, e chi si chiama fuori, con il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina che invita a trovare “una soluzione industriale”, “senza dover trovare soluzioni tampone”. Rispetto all’ipotesi di un salvataggio pubblico il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti pero’ avverte: “non basta l’intervento del Governo ma serve un intervento europeo. Chi in Italia sta gestendo”, il ministero dell’Economia e Bankitalia, “lo sta facendo nei dovuti modi”. Domani intanto si riunira’ a Lisbona il supervisory board della Bce, il braccio per la supervisione bancaria dell’autorita’, ed e’ probabile che si occupi anche di Carige. La svolta di giornata resta tutta sul lato Malacalza Investimenti, primo azionista Carige con poco piu’ del 27% dopo un investimento che in tre anni ha raggiunto i 420 milioni di euro complessivi. Dopo aver bocciato a fine dicembre in assemblea la proposta di ricapitalizzare la banca per 400 milioni di euro e il successivo commissariamento, era da gennaio che la famiglia taceva. Ora, dopo il clamoroso passo indietro di Blackrock a un passo dalla firma e la ricerca ancora in corso di soluzioni di mercato, Malacalza chiarisce di avere una “posizione di orientamento favorevole al sostegno di Banca Carige nel quadro di piani e investitori che assicurino il realizzarsi di una operazione di mercato tutelando, al tempo stesso, il ruolo della banca sul territorio e tenendo nella dovuta considerazione l’impegno di tutti gli azionisti che la hanno sostenuta con ripetute iniezioni di capitale”. “Malacalza Investimenti – aggiunge – e’ da sempre disponibile ad un dialogo costruttivo con i commissari e con le istituzioni (Bce, Banca d’Italia, Mef, Consob) al fine di addivenire ad una soluzione positiva per il futuro dell’istituto”. Da registrare nel flusso di giornata delle dichiarazioni su Carige quella dell’a.d Bper Alessandro Vandelli, che ha escluso di lavorare a un intervento: “Non sto guardando quel dossier”. Mentre da Ubi l’a.d Victor Massiah ha chiarito che dopo la delibera della partecipazione al bond per 320 milioni dello Schema Volontario del Fondo interbancario “siamo fermi li'”. Sul fronte sindacale Lando Sileoni della Fabi ha chiesto nuovamente un piano industriale, “un serio progetto di rilancio della banca, testimoniato con documenti scritti cosi’ come stabilito dalla legge – ha detto -. Non accetteremo altre soluzioni”.
= IL PUNTO = Carige: Giorgetti, serve intervento Ue =(AGI)
– Milano, 15 mag. – Dopo il passo indietro di Blackrock il mondo bancario, il governo e le autorita’ di vigilanza continuano a cercare una soluzione al dossier Carige. La partita per il salvataggio dell’istituto ligure, pero’, non sembra destinata a una svolta a breve: i commissari continuano a lavorare a una soluzione privata, ma non si intravede ancora un cavaliere bianco che possa fungere da ancora attorno a cui costruire un’operazione ampia, che troverebbe anche il supporto del Fondo interbancario di tutela dei depositi. “Il loro interesse e’ che si trovi una soluzione industriale, ovvero una che faccia funzionare l’azienda senza soluzioni tampone a problemi che possono essere risolti con un’azionista chiaro industriale, o privato o pubblico”, ha detto oggi l’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, chiudendo a altri contributi volontari da parte della banca che guida. Un’opinione che sembra condivisa dalla Fabi, il principale sindacato del mondo bancario. Carige, per il segretario Lando Maria Sileoni, ha bisogno “di un piano industriale e non di semplici chiacchiere”: “in un mare di parolai, occorre un serio progetto di rilancio della banca, testimoniato con documenti scritti cosi’ come stabilito dalla legge”. Ad allargare ulteriormente il campo e’ il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, secondo cui “non basta l’intervento del governo ma serve anche un intervento a livello europeo. Chi sta gestendolo in Italia, Bankitalia e ministero dell’Economia, lo sta facendo nei modi dovuti”. “Serve da parte di tutti una vera e concreta assunzione di responsabilita’, rispondente ai ruoli che ciascuno ricopre. Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio. Se qualcuno si azzardera’ a parlare di licenziamenti lo scontro sara’ inevitabile”,ha aggiunto Sileoni. Di sicuro sembra sempre piu’ lontana l’ipotesi che il Fondo di tutela interbancario, attraverso lo Schema volontario che gia’ detiene un bond subordinato da 320 milioni di Carige, possa aumentare la propria esposizione. “Per quanto mi riguarda in modo volontario escludo totalmente i contributi”, ha chiosato Messina. “Il braccio volontario del Fitd non puo’ avere il controllo di banche. Quello che ha immaginato il fondo interbancario volontario (con la conversione del bond da 320 milioni, per ora in standby dopo l’addio di Blackrock) secondo me e’ gia’ quello che puo’ spesare il sistema bancario”, e’ la conclusione dell’ad di Intesa Sanpaolo, secondo cui non sarebbe “sano” ne’ un esempio di governance “eccellente” avere una banca che ha come principale azionista gli altri istituti di credito. (AGI)