Ospite del canale finanziario all news, il segretario generale della Fabi illustra ragioni politiche e dettagli della piattaforma sindacale, in vista del negoziato per rinnovare il Contratto nazionale di categoria
INTERVISTA DI JOLE SAGGESE SU CLASS CNBC AL SEGRETARIO GENERALE FABI, LANDO MARIA SILEONI
Il contratto di lavoro dei bancari è scaduto a dicembre ed è stato prorogato fino al prossimo 30 aprile. I sindacati hanno approvato la piattaforma rivendicativa, ovvero il documento ufficiale con cui si presentano le richieste in vista del rinnovo. Ne parliamo con il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.
Segretario, partiamo dalla parte economica: chiedete un aumento medio di 435 euro su base mensile. È una cifra importante.
Ma è una richiesta che sta in piedi politicamente e socialmente e che per essere smontata dall’Abi serviranno, se esistono, considerazioni concrete e consistenti. Non sarà sufficiente dire no perché ogni richiesta di questa piattaforma unitaria è costruita su argomenti che difficilmente potranno essere contrastati in quanto supportate dalla realtà e dalla situazione attuale del settore bancario e dell’economia italiana. La richiesta economica passa attraverso il recupero dell’inflazione e sul riconoscimento alle lavoratrici e ai lavoratori bancari di una quota di redditività dei bilanci delle banche garantita agli azionisti attraverso la distribuzione di alti dividendi. Ma anche tutte le altre voci, oltre a quella dello stipendio, dovranno essere adeguate. Abbiamo ritenuto necessario il ripristino del calcolo pieno del Tfr, perché il settore è molto diverso rispetto a quando questa decisione venne presa. Anche di questo aspetto le banche se ne devono fare una ragione. Le richieste unitarie dei sindacati sono ampie, inclusive, contengono proposte argomentate, basate sulla realtà dei fatti che, lo ripeto, per essere contrastate, hanno bisogno di argomentazioni vere, forti e soprattutto dimostrabili.
Mi spieghi un argomento, così facciamo chiarezza con i telespettatori: che cosa vuol dire allargare l’area contrattuale, come chiedete appunto con la piattaforma?
Allargare l’area contrattuale vuol dire ampliare la capacità politica del contratto per tutelare altre attività ed altre professioni, in un generale contesto in continuo cambiamento. Il contratto deve di fatto garantire tutele a quei lavoratori coinvolti nei cambiamenti organizzativi delle aziende, vuol dire comprendere all’interno dello stesso ogni prossima e futura attività che le banche vorranno intraprendere. Un esempio: la banca telefonica non può più stare nella lista delle attività complementare o appaltabili. Significa, poi, includere le nuove occupazioni che stanno emergendo nel settore, anche per via dell’innovazione tecnologica e, allo stesso tempo, ridurre gli spazi discrezionali di applicazione che hanno oggi le banche. Qui entriamo nel tallone d’Achille del sistema bancario: spesso manca una visione strategica di dove portare il proprio gruppo e la propria azienda. Si vive alla giornata marcandosi ad uomo l’uno con l’altro, perché c’è una eccessiva competizione fra banche all’interno del settore.
Quali sono, poi, le novità riguardanti l’orario di lavoro? Chiedete una riduzione, giusto?
La riduzione dell’orario di lavoro settimanale da 37 ore e mezza a 35 significa che non vogliamo che l’innovazione tecnologica sia soltanto un alibi per aumentare la produttività e tagliare – spesso senza reali dati a supporto – posti di lavoro. Le banche garantiscono dividendi sempre più importanti agli azionisti e le retribuzioni dei manager, in alcuni casi, sono ormai fuori da qualsiasi logica meritocratica. Quindi è chiaro che non esiste un problema di produttività. Esiste, invece, un problema di redistribuzione che si ottiene aumentando i salari di chi lavora e riducendo l’orario. Questo sarebbe un esempio virtuoso anche per altri settori. Non siamo mai stati contrari alla settimana corta perché tra l’altro è inserita nel contratto nazionale dal 1999. Così come non siamo contrari all’utilizzo dello smart working, a condizione che non sia l’anticamera, fra qualche anno, di esternalizzazioni selvagge, e a condizione che sia volontario e garantito in ogni singola attività del gruppo bancario. Vedremo poi nelle trattative come si svilupperà il confronto. La legge dello Stato stabilisce che lo smart working può essere organizzato per “cicli, fasi e obbiettivi” e anche se nel nostro settore non è così grazie al contratto nazionale che abbiamo firmato nel 2019, dobbiamo stare attenti. Questo risponde ovviamente alle necessità della categoria, ma anche della clientela. Perché prestazioni “a cottimo” rappresenterebbero un rischio per l’intera collettività.
Segretario, tra le vostre richieste c’è qualcosa anche sul fronte delle pressioni commerciali. È un argomento ancora molto importate dopo la vostra denuncia in Parlamento? È qui che pensate anche alla clientela?
Dopo che la commissione parlamentare di inchiesta sul settore bancario ha decretato, nei propri atti ufficiali, quello che noi dicevamo già da tempo, e cioè che le pressioni commerciali non sono più un problema solo sindacale, ma di natura sociale, riteniamo indispensabile rendere ancora più vincolante l’accordo nazionale del 2017. Le faccio qualche esempio: occorre vietare le tabelle e le analisi comparative riguardo ai risultati commerciali, è indispensabile vietare le richieste di previsionali di vendita, inoltre è fondamentale che la valutazione stress da lavoro correlato tenga conto proprio del problema delle pressioni commerciali e spesso oggi in molte banche non è così. Questa è una follia che deve essere sanata. Dare risposte su questi temi significa tutelare i bancari, ma anche l’intera collettività.
Ci spiega, infine, il senso politico delle vostre richieste per il nuovo contratto di 280.000 bancari?
Questa piattaforma unitaria di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin vuole:
- una banca trasparente che condivida le scelte organizzative e che non utilizzi gli algoritmi gestionali soltanto per tagliare i costi, aumentare i carichi di lavoro e peggiorare il servizio alla clientela
- una categoria libera dalle pressioni commerciali, che rappresentano una piaga sociale
- che i nuovi strumenti di lavoro e le nuove tecnologie rappresentino l’opportunità di ridurre l’orario di lavoro e non pericolosi strumenti per rendere le persone più precarie e mettere a rischio anche la clientela
- una banca che risponda alle esigenze della clientela, senza scaricare responsabilità e rischi professionali sulle lavoratrici e i lavoratori
- un contratto moderno che possa aggiornarsi, ma che al contempo non conceda spazi alle aziende per costruire accordi in deroga e snaturare la categoria, creando una competizione non corretta tra le banche e tra i lavoratori
- un contratto che valorizzi sia dal punto di vista economico che sociale il ruolo del bancario
- un contratto che contenga le disuguaglianze riducendo il potere discrezionale delle aziende e fornisca ulteriori e nuovi diritti certi alle persone che lavorano
- un contratto che sappia intercettare le nuove esigenze della società e tradurle in risposte e diritti per la categoria e per la clientela.
Mi rivolgo a tutti i lavoratori bancari con la consapevolezza che non sarà certamente una passeggiata raggiungere un accordo, ma che daremo il massimo, come sempre abbiamo fatto, per migliorare le condizioni professionali e anche personali di ogni singolo bancario. Deve essere chiaro che “il destino è nelle nostre mani” e che niente cadrà dal cielo per grazia divina, ma ce lo dovremo conquistare. Ai rappresentanti delle banche chiediamo professionalità, risposte non strumentali e demagogiche perché saranno spedite immediatamente al mittente, chiediamo rispetto e riconoscimenti economici per i lavoratori, ma soprattutto pretendiamo lealtà e concretezza perché esiste il serio rischio che si possa aprire una vertenza dura e determinata nel caso in cui arrivassero risposte e atteggiamenti di chiusura o tentativi di allungare strumentalmente i tempi della conclusione della trattativa.