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LA GUERRA E IL FUTURO DELL’OCCIDENTE

di Redazione

Il giornalista di Rete 4 Nicola Porro presenta il dibattito dedicato alle conseguenze che, con il conflitto Russia – Ucraina, inevitabilmente ricadranno sul mondo occidentale. A salire sul palco, insieme al segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni, l’editorialista del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, il vicedirettore del Messaggero Osvaldo De Paolini, il direttore del Giornale Augusto Minzolini, il vicedirettore esecutivo di Radio 24 Sebastiano Barisoni.

Sulla situazione politica e la possibilità di una crisi di governo, incalzato da Nicola Porro, apre il dibattito Augusto Minzolini: «Che ci sia una crisi da qui alla scadenza della legislatura non credo. Motivi: aprire una crisi mentre è ancora in corso una guerra sarebbe una novità nella storia; secondo, di fatto, per quanto riguarda i due schieramenti – bisogna vedere se poi ce ne sarà un altro con Calenda – l’ipotesi del campo largo ha dimostrato di avere delle grandi difficoltà, Letta lo ha fatto con i 5stelle ma ha scoperto ieri che c’è ben poco da quella parte; il centrodestra deve trovare una sua fisionomia, perché il successo della Meloni creerà un dibattito, un confronto interno; poi, c’è questo centro che sta lì, in alcune situazioni ha avuto più spazio, in altre meno.

Parlo di fibrillazione perché chiaramente avremo un confronto più duro rispetto ai mesi scorsi. Contemporaneamente, è difficile, quando arrivi al punto, che qualcuno all’interno della maggioranza si prenda la responsabilità di mandare a casa questo governo. Io credo che non ci sarà nessuno a farlo. Chi potrebbe farlo? La Lega? La Lega è il partito che al momento ha più difficoltà, perché ha due anime, che diventano sempre più evidenti: quella di Salvini, che forse è scontento, e quella di Giorgetti e tutti i governatori, che ormai hanno scelto una strada diversa. Ecco perché mi sembra complicato che si crei un trauma che porti alla crisi. Ci si arriverà piano piano e, purtroppo, si ripercuoterà negativamente sull’azione del governo. Alla fine, rispetto a ciò che potrebbe fare, riuscirà a fare molto meno, anche rispetto alla larga maggioranza di cui dispone».

E riguardo Draghi, Minzolini dichiara: «Non credo che Draghi possa restare alla prossima legislatura, ma se alle prossime elezioni nessuno dei due schieramenti vince, può accadere di tutto». E ricorda come abbiamo già avuto due governi, uno opposto all’altro, di seguito. «La situazione è talmente confusa – continua – e le percentuali altrettanto confuse, che non è da escludere un’evenienza del genere. Però potrebbe esserci Draghi o qualcun altro. Ciò che abbiamo, sia in Europa che in Italia, è un deficit di politica. È evidente che i momenti vadano scelti, le operazioni non possono essere fatte in pandemia o in guerra. Altrimenti si creano, inevitabilmente, le occasioni per cui qualcuno può speculare: se decidi di entrare in governo, devi scegliere una strada e intraprenderla fino in fondo». Secondo Minzolini, in sintesi, i continui cambi di rotta di alcuni politici creano questo deficit della politica.

Alla domanda di Porro, se è cambiata la maggioranza all’interno della Bce, risponde
Osvaldo De Paolini: «Decisamente prevalgono i falchi, i paesi del nord, perché non c’è più la mediazione che prima la Merkel riusciva a garantire. I falchi stanno prevalendo, sono tornati a dominare in Bce, e lo capiamo anche dal rialzo dei tassi. Abbiamo una banca centrale non più amica, questa è la verità».

Poi l’opinione di Barisoni sui mercati: «L’Italia è l’unico Paese ancora in crescita, sono comunque più ottimista sulla tenuta del Pil, anche della stessa Confindustria. La produzione industriale non è andata male nel primo trimestre, il tema principale è però quello salariale, con questa inflazione prima o poi il reddito non regge più. Salario minimo e contrattazione di secondo livello è un tema delicatissimo che gli imprenditori, almeno quelli più illuminati, hanno ormai capito che devono porsi. A me gli imprenditori dicono che hanno tutte le prime file dei manager, sui 40 anni, che non hanno mai visto l’inflazione, che non sapevano che esistesse l’inflazione, e quando fanno i programmi di sviluppo a fine anno non tengono mai conto del fatto che i prezzi possano aumentare. Ecco, voglio dire, la classe politica se lo ricorda che c’era la scala mobile e che c’era la rincorsa a prezzi e salari, qualcuno vuole dare una proposta su questo? Detassiamo gli aumenti a zero, riduciamo il cuneo? Bisogna dare una risposta sulla politica dei redditi di questo Paese».

Sileoni interviene con una riflessione a tutto tondo sulla situazione complessiva sociale ed economica italiana. Secondo il leader Fabi, «la situazione italiana non viene rappresentata in maniera puntuale, basta girare un po’ il Paese per vedere come stanno le cose: molta gente arrabbiata, c’è conflittualità, nervosismo, non funzionano i servizi dello stato. Il problema dell’Italia è che tutto funziona male. Tutto è perciò precario e instabile. C’è l’assenza complessiva di una nazione vera. E la situazione per piccole e medie imprese è esplosiva: le banche cercheranno di dare sempre meno credito, le società di recupero crediti hanno comprato a due soldi i prestiti non pagati dai clienti alle banche. Il tutto, con una classe politica che sbanda, per la maggior parte inadeguata perché non esiste più una scuola di formazione politica. All’interno di certi partiti ci sono personaggi che sono veri analfabeti, e questi personaggi vanno poi a costituire le commissioni».

A Ferruccio De Bortoli, Nicola Porro chiede come si possa uscire da questa situazione difficile dell’economia e della politica italiana.
Secondo l’editorialista del Corriere della Sera, abbiamo un dibattito pubblico in cui il rigore appare come una bestemmia, e di austerità non parla più nessuno: «Mi sarei aspettato che il Presidente del consiglio intervenisse, ma ciò non è avvenuto. Alle forze politiche è convenuto eliminare dal dibattito pubblico i temi che facevano più rumore. Si è detto agli italiani “freghiamocene del debito pubblico, i conti non li facciamo noi”. Adesso invece ci troveremo a fare i conti, è cambiato velocemente il paradigma dell’economia, ma non ho visto emergere questo nel dibattito pubblico. Abbiamo un costo del debito superiore alla crescita, e questo porterà problemi inevitabili. Mi sarei aspettato un intervento da parte di Draghi, ma anche da parte del governatore della Banca d’Italia».

«Ma in tutto ciò, le banche reggono?», questa la domanda che Porro pone ai partecipanti al dibattito.

Secondo De Paolini, «il nostro sistema bancario non è poi così diverso dagli altri sistemi europei. In questi anni abbiamo visto di tutto, a volte la Bce è intervenuta con un rigore esasperato, togliendo spesso capacità all’impresa. Non credo comunque in un rischio particolare per le nostre banche. Certo, alcuni aspetti vanno sistemati: penso al rapporto tra prestiti e prodotti finanziari, a questi cambiamenti epocali, come le nuove transazioni, che vanno gestiti adeguatamente, ma non vedo pericoli particolari».

La tavola rotonda si chiude con una sintesi finale del segretario generale Fabi: «Sui salari, condivido la visione di Barisoni: ci sono contratti nazionali fermi da tempo, molti imprenditori non capiscono che, se non alzano i salari a chi li ha fermi da anni, l’economia non riparte. Riguardo la salute delle banche, concordo con De Paolini: in Italia c’è, però, un rischio, ossia la gestione del post Montepaschi. Dovremo gestire con la massima attenzione questa situazione».

Milano, 14 giugno 2022

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