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COVID E FUSIONI, CONFRONTO TRA SILEONI E PATUELLI

di Redazione

Nel nuovo dibattito pubblico del ciclo “La primavera nelle banche”, trasmesso in diretta online, Fabi e Abi si sono incontrate per approfondire il tema dei cambiamenti nel settore del credito nell’era del Covid e delle fusioni bancarie. Al dibattito, condotto da De Filippi (Tg5) hanno partecipato Capolino (Milano Finanza), Paolucci (La Stampa), Serafini (Sole24Ore), Saldutti (Corriere della Sera)

Le fusioni bancarie, la trasformazione del settore, la sopravvivenza delle medie e piccole banche, le pressioni commerciali, il ruolo e il peso politico dell’Abi. Questi gli argomenti principali al centro del faccia a faccia tra il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, e il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Un dibattito ricco di spunti e riflessioni, condotto dal vicedirettore del Tg5, Giuseppe De Filippi, al quale hanno partecipato i giornalisti Gabriele Capolino (Direttore di Milano Finanza), Gianluca Paolucci (La Stampa), Nicola Saldutti (Corriere della Sera) e Laura Serafini (Il Sole 24 Ore).

De Filippi, ricordando gli ottimi numeri che il ciclo di dibattiti “Primavera nelle banche” sta registrando (90mila persone che hanno seguito le conferenze, con una media di 20mila persone per evento), accende subito i riflettori su un tema: il ruolo della BCE, che spinge così tanto sulle fusioni, una spinta così forte da essere, a volte, anche divergente rispetto ad altri obiettivi europei. Quale è il senso di questa forte spinta? chiede ai presenti il vicedirettore del Tg5.

Questa la presentazione della situazione generale da parte di Sileoni: «Da qui alla fine dell’anno stiamo assistendo e assisteremo a numerose novità fondamentali: almeno 5 grandi gruppi bancari nasceranno da qui a dicembre con relativa competizione sfrenata, si parlerà ancora e molto di norme Eba sui conti in rosso e crediti deteriorati, la posizione della Bce su aggregazioni in Italia e Europa, saldi negativi su conti correnti attivi, il mondo del credito cooperativo in ansia anche per la probabile nascita di un gruppo unico, il contratto nazionale da rinnovare, la trasformazione delle banche in negozi finanziari e assicurazioni; l’arrivo di Orcel al posto di Mustier in Unicredit, la sopravvivenza delle piccole e medie banche: sopravvivranno solo quelle che operano in territori economici importanti; la concorrenza delle poste, le esternalizzazioni, lo smart working solo per tagliare posti di lavoro, la difesa del nostro ammortizzatore sociale, l’occupazione giovanile.
Tutti argomenti regolamentati dalle leggi, ma per non assistere all’anarchia del settore già iniziata, serve una Abi molto forte a livello politico. Un’Abi granitica, non condizionata dai grandi gruppi bancari, un’Abi che continui a difendere piccole e medie banche, a difendere la clientela e che si faccia sentire dalla classe politica.

Dobbiamo controllare le pressioni commerciali, quegli obiettivi commerciali esasperati che i dirigenti vogliono raggiungere a discapito dei lavoratori. Migliaia di lavoratori stanno infatti, oggi, soffrendo seri problemi di salute a causa delle pessime maniere che le sfere dirigenziali hanno su di loro. Ci sono ancora gruppi bancari in cui non viene applicato l’accordo sulle pressioni commerciali, anche a causa di responsabili sindacali che, in alcuni gruppi, se ne sono sempre fregati. Faremo e stiamo già facendo nomi e cognomi, interessando il parlamento italiano e quello europeo, perché sono a rischio lavoratori, clientela, risparmiatori.
Certe pressioni e certi personaggi arrecano danni ai lavoratori e alle stesse aziende. Non tollereremo più certi ricatti economici che stanno verificandosi anche in questo momento».
La ferma presa di posizione del segretario generale Fabi prosegue con un “invito” rivolto alla controparte: «O l’Abi con convinzione interviene per far rispettare quanto concordato con il sindacato o reagiremo molto pesantemente.
Anche per la gestione del Covid abbiamo firmato importanti accordi, ma non tutti i gruppi si sono comportati bene. Il sindacato sarà sempre fermo sulle proprie posizioni e se l’Abi sarà debole il risultato negativo ricadrà su tutti: su economia, società, lavoratrici e lavoratori bancari, sulle stesse banche. Se Abi rimarrà ferma noi reagiremo e lo faremo a modo nostro».

Risponde Patuelli, presidente Abi: «Nel settore del credito, il cambiamento è stato accompagnato dalla contendibilità, le banche dovevano diventare contendibili: ma se i cambiamenti avvengono in maniera non uniforme nel mercato europeo, poi nascono problemi nel mercato unico. Mi baso su ciò che è scritto perché la Bce parla attraverso atti pubblici, il bisbiglio non serve a niente. Negli ultimi anni, l’Italia è stato il Paese che ha subito più cambiamenti rispetto a tutti gli altri, non solo in termini di aggregazioni, ma anche in outsourcing, innovazioni, cambiamento delle leggi nazionali che riguardano le forme societarie. Io sostengo all’interno del settore bancario un sistema di regole identiche, di testi unici bancari all’interno dei paesi europei. Si deve andare avanti per testi unici, non per singoli segmenti». Il presidente Abi riconosce la presenza di contraddizioni, all’interno del settore del credito: «Quello bancario non è un sistema: il termine “sistema” significa insieme che viene veicolato e connesso. Non è più così, specie dall’Unione bancaria europea, le banche non sono più un sistema ma sono tutte in competizione e contraddizione tra di loro. Sono le autorità di vigilanza a dover fissare le regole ma queste autorità sono composte da molti componenti, per esempio Eba da 27 componenti, la maggior parte dei quali parte fa parte dell’euro, ma non tutti. L’iter decisionale dell’Eba è difficilissimo e lungo, non arriva mai ad una conclusione. Anche con la pandemia si sono rivelati i tanti problemi di questa situazione». Patuelli conclude tuttavia con una considerazione propositiva: «Le banche vogliono sostenere questo piano nazionale di resistenza e ripresa che deve rappresentare un grande sviluppo dell’Italia. Abbiamo delle complessità ma siamo determinati a risolvere man mano tutti i problemi che si affacciano, in un momento così pieno di cambiamenti».

Capolino prende come spunto il monologo di apertura dell’evento, con l’attore Riccardo Pieretti che espone il punto di vista del cliente e le esperienze nuove e complicate che si trova ad affrontare in questo momento di cambiamenti: secondo il direttore di Milano Finanza, però, è per la banca che sta cambiando tutto, più che per il cliente: il cliente può passare ad un’altra banca quando vuole, quindi in teoria dovrebbe essere trattato meglio perché le leve saranno sempre più in mano del cliente. «La banca non sa più che mestiere fare, come ha sottolineato Sileoni: un po’ assicurazione, un po’ gestore del risparmio… ma va bene per un Paese composto per lo più da anziani? – si chiede Capolino – La banca non fa più il suo mestiere, che è quello di prestare denaro. Oggi manca il bancario di una volta, che conosceva vita e miracoli del cliente e sapeva quale fosse il credito giusto da erogare. Il passaggio all’algoritmo, che tramite calcoli dovrebbe individuare la stessa risposta, non dà garanzie.
Le fusioni sono, forse, una risposta alla crisi di identità delle banche».

Sileoni non crede in questa palesata “crisi di identità”: «Sono convinto che chi gestisce le banche sa perfettamente che modello di banca vuole in questo contesto storico». E fa l’esempio di Intesa: «gruppo forte, autonomo e organizzato, che ha acquisito le attività di Ubi, non l’ha incorporata. Ed è esattamente quello a cui puntava». E riguardo Unicredit: «Se andasse in porto l’acquisizione di MPS con i soldi dello stato, Orcel recupererà tutto ciò che aveva perduto e/o ceduto. Accordo che permetterebbe ad Orcel di partire con il piede giusto e metterebbe le basi per un grande rilancio del gruppo».
Secondo Sileoni, il cliente ha perciò poche possibilità, di fronte a questi scenari: le situazioni che fanno crescere i gruppi bancari nascono dalle decisioni che vengono prese nei consigli di amministrazione.
Secondo il segretario generale Fabi: «Troveremo a breve 3-4 gruppi bancari con gli stessi obiettivi: vendere prodotti finanziari e, soprattutto assicurativi – perché con grandi ritorni – e una politica che verrà fatta esclusivamente dagli amministratori delegati».

L’intervento di Laura Serafini, del Sole 24 Ore: «Chi detta le regole è il comitato di Basilea: ci sono, oggi, meccanismi che hanno irrigidito molto il modello di banche. Il cambiamento nel settore bancario dovrà passare per una grande sfida: la transizione energetica, che porterà una serie di nuovi settori ad emergere e settori più vecchi che saranno costretti a cambiare e a chiudere. Ecco che anche le banche dovranno intercettare i giusti clienti, le giuste imprese a cui concedere credito. Sarà fondamentale, come diceva Sileoni, la lungimiranza di chi amministra le banche».

La risposta di Patuelli: “Non esiste un modello unico di business, ce n’è uno per ogni banca: la concorrenza tra le banche è stata, a mio avviso, molto utile, ha portato ad esempio ad una corsa al ribasso sui tassi dei mutui che non si era mai verificata finora. Le banche devono differenziare il loro business”.

Queste le considerazioni di Saldutti, del Corriere della Sera: «In banca va recuperata la capacità di gestire le situazioni di crisi. Queste, non si risolvono con gli algoritmi ma con regole certe, la necessità a cui faceva riferimento Patuelli» e la domanda che pone al presidente Abi: «Riguardo il tema delle piccole e grandi banche, quale è la differenza tra i due modelli, e questo sistema ibrido porterà risultati positivi al Paese? E come rafforzare il meccanismo di rappresentanza?»

Anche Paolucci de La Stampa pone una domanda sia a Sileoni che a Patuelli: «Dopo la stagione degli scandali finanziari, che hanno minato il risparmio degli italiani e la credibilità del settore stesso, è normale che nel 2021 dobbiamo ancora parlare delle pressioni sulla rete per la vendita di prodotti finanziari e assicurativi?»

La risposta di Patuelli: «Rispetto a vari anni fa le regole sono molto più stringenti e vincolanti, i divieti sono infiniti e la Mifid assicura un grado di consapevolezza e responsabilità elevato».
E riguardo a quali siano le condizioni fondamentali affinché una banca abbia senso di esistere, la risposta del presidente Abi è netta: «Solidità patrimoniale e coesione dell’azionariato, nelle precondizioni di trasparenza e correttezza».

Sileoni conferma le parole di Patuelli: «Rispetto al passato, le banche non vendono prodotti a rischio, vendono prodotti che facciano, sì, guadagnare la banca ma la cosiddetta “fregatura al cliente” non c’è. Si è verificato recentemente però un nuovo fenomeno: la pandemia ha allontanato fisicamente gli amministratori delegati dalle banche per oltre un anno; la comunicazione interna è perciò cambiata, e ha oggi sviluppato una sorta di “scimmiottamento” da parte di dirigenti di medio livello nei confronti dell’amministratore delegato: video lunghi e inutili rivolti ai lavoratori subalterni che spingono sulla vendita di prodotti che hanno ritorni importanti. Ecco che torniamo alle pressioni commerciali, in contrasto delle quali è mancato l’intervento di alcuni responsabili sindacali.
Riguardo il tema della rappresentanza, è sempre stato per noi un tema molto sentito: se firmo un accordo a livello nazionale e poi lo tradisco nel mio gruppo di appartenenza, chiaro che l’accordo diventa carta straccia».
Nette le considerazioni finali di Sileoni: «Ciò di cui abbiamo bisogno è meno competizione sfrenata tra le banche, maggiore attenzione verso le piccole e medie banche, più attenzione al sociale, maggiore rispetto verso le lavoratrici e i lavoratori bancari e un settore bancario che dia risposte concrete alle imprese e che dia loro la possibilità di affrontare nei prossimi mesi la vera crisi economica che toccherà il settore».

L’evento, trasmesso in diretta streaming su www.fabi.it e sul profilo Facebook della Federazione autonoma bancari italiani, andrà in onda su Class Cnbc (canale 507 di Sky) domenica 2 maggio alle ore 21.00.

Roma, 29 aprile 2021

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