Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, sul Sole24Ore ferma i dribbling delle newco tecnologiche sul contratto nazionale delle banche.
Dall’articolo di Cristina Casadei.
Secondo il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, «chi vuole avventurarsi nel territorio dei servizi bancari deve avere la licenza bancaria, applicare il contratto dei bancari e metterci la faccia. Quando si entra in banca ci si confronta con bancari in carne ed ossa che ci mettono la faccia: le banche italiane sono oggi un mondo molto regolamentato che garantisce chi ci lavora ei clienti. Dimensioni poco o non regolamentate non garantiscono nè gli uni nè gli altri. E l’innovazione? Ben venga l’innovazione, ma questa è anarchia, non innovazione». L’interpretazione di Sileoni prende in considerazione diversi aspetti. «Se guardiamo alla questione dal punto di vista dei lavoratori va detto che i bancari, come prevede anche il contratto, fanno formazione e hanno percorsi di carriera più legati alle specifiche competenze acquisite. Altri contratti non danno le stesse tutele e garanzie e gli stessi livelli retributivi del contratto bancario. Se invece ci mettiamo dal punto di vista del cliente non potrà trovare le stesse competenze e garanzie che trova in banca. Dietro il concetto di libero mercato non si può giustificare tutto, il libero mercato non è una garanzia nè per chi lavora né per l’utente in generale. Chi fa attività bancaria deve avere il contratto dei bancari. Da questo punto di vista io ho un giudizio molto positivo di Illimity che applica il contratto dei bancari. Le banche, però, dobbiamo constatare che si prestano a una vera e propria mistificazione delle professionalità bancarie: ci sono infatti importanti gruppi bancari che danno la possibilità alle Poste di vendere servizi bancari in tema di carte di credito e di affidamenti».