Città – Quotidiano di Teramo e Provincia, mercoledì 14 settembre 2016
Carichieti, trattativa in extremis – Carichieti, trattativa in extremis per BpBari – …
ROMA – Si profila una cessione ‘in zona Cesarini’ o ‘ai supplementari’ per le quattro “good bank” nate dalle ceneri di Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara, a cavallo così del termine ultimo del 30 settembre fissato dal commissario straordinario Roberto Nicastro, che nei giorni scorsi ha definito la vendita ormai agli sgoccioli come “un affare”. Il nodo resta sempre la determinazione del prezzo di vendita delle quattro banche, dopo il fallimento della trattativa di vendita in blocco unico di tutte e quattro le banche a dei fondi internazionali. Dalla fine di agosto la trattativa è cambiata: il commissario ha dato il via libera anche alle vendite delle singole banche agli istituti che all’inizio dell’anno avevano dimostrato interess, candidandosi ufficialmente. Oltre alla questione del prezzo, resta l’altro nodo sul trattamento dei crediti inesigibili in bilancio. Le divergenze su questi due punti, secondo diverse fonti, hanno bloccato nelle ultime ore l’operazione di cessione dove Ubi resterebbe la principale candidata mentre la Popolare Bari sarebbe interessata alla sola Carichieti. L’istituto bresciano bergamasco infatti non sarebbe disposto a mettere sul piatto più di 300 milioni (mentre da parte della Bari l’esborso massimo sarebbe di 5060 milioni) anche perchè la Bce potrebbe chiedere un successivo rafforzamento del patrimonio come già avvisano diversi analisti. Insomma valori che appaiono inferiori non solo agli 1,8 miliardi del finanziamento erogato a novembre dal complesso degli istituti italiani ma anche da quei 4-500 milioni delle ultime stime. A far scendere verso il basso i prezzi sarebbero i timori che gli acquirenti debbano poi fare fronte a nuove rettifiche sui crediti. Nel semestre i 4 istituti hanno comunicato di aver riportato perdite per 133,9 milioni di euro dopo rettifiche per 109,6 milioni. Nel comunicato di Nicastro si sottolinea comunque come l’emorragia di depositi e clienti si sia arrestata e siano stati rinnovati finanziamenti mentre il patrimonio Cetl si è mantenuto al 10%. Dopo la mancata cessione ai fondi esteri durante l’estate, ora in lizza, secondo quanto si legge nel comunicato ufficiale, vi sono “gruppi italiani e stranieri” e il presidente Roberto Nicastro spiega che si novità arriveranno “nelle prossime settimane”. Tuttavia in lizza sarebbe rimasta solo Ubi e la Bari e, forse, la Bper nel caso si procedesse a una vendita ‘spezzatino’. C’è poi il tema di come rilanciare gli istituti senza sottoporli a una sola cura ‘lacrime e sangue’. Per il segretario Fabi Lando Sileoni una “soluzione italiana è auspicabile” perchè è la sola che può dare garanzie sul mantenimento dei 5000 dipendenti. “Per raggiungere questo obiettivo, siamo disponibili, nel rispetto del contratto nazionale, a trovare soluzioni adeguate” aggiunge spiegando che non tollererà licenziamenti per far pagare la ristrutturazione ai soli lavoratori. ***
Corriere della Sera, mercoledì 14 settembre 2016
Mps, arriva Morelli. Oggi il consiglio Ieri il passaggio in Bce, ora il piano – Massaro Fabrizio
MILANO Oggi pomeriggio il consiglio del Monte paschi, riunito a Milano, coopterà Marco Morelli e lo nominerà amministratore delegato al posto di Fabrizio Viola. Comincia così l’era del 54enne banchiere romano — attuale capo italiano di Bofa Merrill Lynch nonché ex vicedirettore generale dello stesso Mps fra il 2006 e il 201 0 — alla guida dell’istituto senese alle prese con il terzo salvataggio. Proprio del piano di salvataggio, della tempistica e dei possibili cambiamenti, ieri Morelli avrebbe discusso con i vertici della Vigilanza Unica della Bce, nel corso di un incontro a Francoforte, dove è volato in mattinata insieme con il presidente di Mps, Massimo Tononi, e con il presidente del comitato nomine del cda, Alessandro Falciai (che di Siena è anche il primo azionista privato con l’1,8%). Fonti vicine alla banca ieri hanno specificato che da Francoforte non è arrivato un via libera informale; il procedimento verrà concluso una volta che la nomina sarà stata effettuata dal board e le carte verranno inviate a Francoforte. Ma è chiaro che prima l’incontro di Tononi e Falciai con la Vigilanza, e poi separatamente, del solo Morelli (una mossa irrituale visto che il banchiere non è ancora in carica) mostrano che Francoforte segue molto da vicino le vicende senesi. Se appare ormai scontato sul mercato, anche sulla base delle indicazioni arrivate dallo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che l’aumento da 5 miliardi slitterà a febbraio 2017 superando così l’incertezza legata al referendum costituzionale , Morelli dovrà convincere il mercato ad investire nella «good bank Mps», cioè nelle prospettive reddituali della banca una volta ceduta la totalità dei crediti in sofferenza (circa 28 miliardi). I dubbi degli investitori si starebbero focalizzando sui crediti deteriorati: quanto ancora Mps potrebbe dover pulire i bilanci dagli «incagli», che non sono ancora sofferenze ma potrebbero diventarlo? Il piano approvato a fine luglio prevede comunque che la copertura sui deteriorati salga al 40%, un valore già ai massimi del sistema bancario, dunque anche questo fronte dovrebbe essere coperto. Si tratterà di spiegarlo bene al mercato. In contemporanea si sta definendo la partita della cessione delle quattro good banks, cioè le «nuove» Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. E anche per esse i potenziali soggetti interessati, cioè Ubi, Bper, Pop.Bari e i fondi Apollo, Lone Star e Barents avrebbero posto il tema dei rischi di perdite legati ai crediti deteriorati non ancora in sofferenza. Tutti i soggetti interessati vorrebbero — fra le altre cose — garanzie che almeno oltre una certa soglia sia il fondo di risoluzione a coprire i maggiori accantonamenti. C’è poi l’aspetto reddituale delle quattro banche a pesare sul valore, insieme ai dipendenti in esubero. Nel semestre — i conti sono stati presentati ieri sera — le quattro banche hanno perso 133,9 milioni di euro (da – 153 milioni di fine anno), un livello inferiore a quanto atteso dai vertici delle banche. Le rettifiche nette di valore sono state pari a 109,6 milioni. Questi aspetti critici hanno fatto temere ieri in Borsa per Ubi — qualora dovesse lanciare un’offerta per l’intero complesso — la necessità di un aumento di capitale, e per questo il titolo ha perso l’1,6%. Entro il weekend si potrebbe arrivare a un a stretta sui possibili pretendenti. Ma le cessioni, ha detto ieri il presidente Roberto Nicastro, arriveranno «in zona cesarini o anche ai tempi supplementari». Si tratterà comunque solo di allungamenti tecnici di qualche giorno, non certo della riapertura della procedura, che la Commissione Europea non concederebbe. Intanto il segretario del sindacato dei bancari, Fabi, Lando Sileoni, è tornato a chiedere una soluzione italiana per le 4 banche. Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
Eco di Bergamo, mercoledì 14 settembre 2016
Ubi studia i numeri delle Good bank Restano i nodi sofferenze ed esuberi – S.g
Nel consiglio di gestione di Ubi di martedì (e ieri c’era consiglio di sorveglianza) si è parlato del dossier «Good bank», ovvero le quattro banche salvate a novembre 2015 con l’intervento finanziario del sistema bancario e di Banca d’Italia che ora, attraverso l’Unità di risoluzione, ne è proprietaria. Si tratta di Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara, in cerca di acquirente. I termini sarebbero in scadenza il 30 settembre, anche se c’è chi non esclude del tutto una proroga. Ubi è in data room, ovvero sta guardando i dati. Come ha detto qualche giorno fa il consigliere delegato Victor Massiah, «siamo stati invitati a farlo». Bper sarebbe in corsa per Etruria e Marche. La Popolare di Bari sembrava interessata a Chieti. Ma tra tutte Ubi (data per interessata alla sola Ferrara, a due banche su quattro o addirittura a tutte) potrebbe avere il pallino in mano, se non altro per dettare le condizioni. Il prezzo, innanzitutto. Si sono lette cifre che vanno da 300 a 500 milioni In meno di un anno, inoltre le quattro banche hanno già accumulato sofferenze, che i compratori non vorranno accollarsi. Secondo gli analisti di Equita, fra l’altro, Ubi potrebbe aver bisogno di un aumento di capitale se comprasse le quattro banche. C’è poi il tema esuberi di personale, anche se il segretario generale della Fabi nazionale, Lando Maria Sileoni, ha messo le mani avanti: una «soluzione italiana è auspicabile», ha detto, perchè è la sola che può dare garanzie sul mantenimento dei 5 mila dipendenti.«Per raggiungere questo obiettivo, siamo disponibili, nel rispetto del contratto nazionale, a trovare soluzioni adeguate», ha aggiunto, spiegando che non tollererà licenziamenti per far pagare la ristrutturazione ai soli lavoratori. Ieri, infine, sulle pagine del Messaggero è spuntata l’ipotesi di un intervento di garanzia della Cassa depositi e prestiti. E difficile capire però come si potrebbe configurare. Di certo il tempo stringe. Nel semestre i quattro istituti hanno comunicato di aver riportato perdite per 133,9 milioni di euro dopo rettifiche per 109,6 milioni. Nel comunicato si sottolinea comunque come l’emorragia di depositi e clienti si sia arrestata e siano stati rinnovati finanziamenti, mentre il patrimonio Cet1 si è mantenuto al 10%. Dopo la mancata cessione ai fondi esteri durante l’estate, ora in lizza, secondo quanto si legge nel comunicato ufficiale, vi sono «gruppi italiani e stranieri» e il presidente Roberto Nicastro spiega che novità arriveranno «nelle prossime settimane». Dovrebbero essere ancora in gioco i fondi Apollo e Lone Star. La Bper pare correrebbe solo nel caso di una vendita «spezzatino». Molta carne al fuoco, a un mese esatto ormai dall’assemblea straordinaria che Ubi riunirà il 14 ottobre di pomeriggio nella sede di Brescia per varare le banca unica, con la fusione in una sola società di tutte le sette banche reti. S. G. ***
Giorno – Carlino – Nazione, mercoledì 14 settembre 2016
Il punto – Le quattro good bank chiudono il semestre: perdite contenute – …
Le quattro ‘good bank’ nate dalle ceneri di Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti chiudono il semestre con una perdita complessiva di «133,9 milioni, inferiore quella inizialmente prevista e che si confronta con una perdita nei 40 giorni a fine 2015 pari a 153 milioni di euro». Il livello di patrimonializzazione aggregato (Cet1), a fine semestre, resta sugli stessi livelli di dicembre 2015, posizionandosi al 9,88%. Ieri intanto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, ha ribadito che «una soluzione italiana» per le quattro banche «è l’unica che può garantire stabilità al settore» ***
Italia Oggi, mercoledì 14 settembre 2016
Good banks ai supplementari – …
Si avvicina la data del 30 settembre, scadenza dei termini di vendita di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti, e, per usare le parole del presidente delle quattro banche salvate, Roberto Nicastro, non sono esclusi tempi supplementari. «Per la vendita delle quattro Good banks stiamo lavorando, nelle prossime settimane si saprà qualcosa, chiuderemo in zona Cesarini o ai tempi supplementari», ha affermato Roberto Nicastro, presidente dei quattro istituti salvati. In merito alle indiscrezioni di stampa, secondo cui Ubi B. starebbe accelerando sul negoziato, Nicastro ha risposto che «la procedura richiede riservatezza». «Prosegue a tappe serrate il processo di vendita dei quattro istituti posti in risoluzione lo scorso 22 novembre. A seguito della ricezione di concreti interessi sono ora in corso trattative con private equity e con gruppi bancari, italiani ed esteri». Lo si legge in una nota delle quattro Good banks, Nuova Banca delle Marche, Nuova Banca dell’Etruria, Nuova Carichieti e Nuova Carife, emessa al termine del consiglio di amministrazione. «L’interesse dei potenziali acquirenti è diversificato», continua il documento, «in alcuni casi l’oggetto è infatti il complesso delle quattro banche (Nuova Cassa di Risparmio di Chieti spa, Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara spa, Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio spa – Nuova Banca delle Marche spa), in altri casi l’interesse è invece per i singoli istituti o perimetri parziali». «Una soluzione italiana è l’unica che può garantire stabilità al settore», ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari. «La priorità», ha aggiunto, «è la salvaguardia dei livelli occupazionali, perché eventuali disoccupati sarebbero cittadini italiani e non di altri paesi europei. Per raggiungere questo obiettivo», ha concluso, «siamo disponibili, nel rispetto del contratto nazionale, a trovare soluzioni adeguate». Intanto, le quattro Good banks hanno chiuso il semestre con una perdita di 133,9 milioni, inferiore a quella inizialmente prevista e che si confronta con una perdita nei 40 giorni a fine 2015 pari a 153 milioni di euro». Il livello di patrimonializzazione aggregato, a fine semestre, resta sugli stessi livelli di dicembre 2015, posizionandosi al 9,88% (9,86% a dicembre). «Nel corso del semestre le banche hanno proseguito nella stabilizzazione della gestione e nel recupero dell’equilibrio economico», ha affermato il presidente delle Good banks, Roberto Nicastro, «il ritorno a una gestione profittevole richiede ancora tempo e ulteriore impegno. Le banche sono molto vive, la strada è quella giusta e i clienti hanno continuato a mostrarci fiducia. La nuova proprietà che subentrerà nella gestione potrà trovare condizioni favorevoli per un’ulteriore accelerazione verso il completo riequilibrio economico». «Pur in un contesto economico ancora caratterizzato da una crescita contenuta dell’economia e da tassi d’interesse a breve negativi, le quattro banche hanno proseguito nel percorso di recupero del loro ruolo di riferimento nelle economie locali e di maggiore equilibrio nella gestione economico-patrimoniale», si legge nella nota. Nel secondo trimestre «sono stati rinsaldati i rapporti con gli operatori economici dei propri territori, in particolare famiglie e piccole e medie imprese ed è proseguita, con varie iniziative, l’opera di rilancio delle Good banks. Il numero dei clienti rimane in linea con i dati di fine anno (oltre 1 milione), così come quello dei conti correnti (oltre 770 mila); questi ultimi nei mesi più recenti mostrano segni di positivo recupero». Le masse di raccolta sono ormai stabilizzate da gennaio e il loro costo, pur ovviamente superiore alle medie di sistema, è sceso di 26 punti base dalla data di risoluzione a testimonianza della rinnovata fiducia della clientela. Questa situazione consente alle nuove banche «di procedere sia con il rinnovo di finanziamenti che con l’offerta di nuovo credito; infatti nel periodo che va dalla nascita e fino all’inizio di luglio i rinnovi-nuovi finanziamenti hanno interessato quasi 40 mila clienti per 4.670 milioni di euro». Riproduzione riservata ***
Libero Quotidiano, mercoledì 14 settembre 2016
Solo uno sbancato su 20 ha chiesto il rimborso – De Dominicis Francesco
C’è tempo fino al 31 dicembre per presentare le «istanze» di rimborso. Per ora, tuttavia, la complessa macchina per gli indennizzi ai cosiddetti sbancati è partita col freno a mano. Ieri il Fondo di tutela dei depositi – l’organismo chiamato a gestire i risarcimenti agli obbligazionisti di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara – ha reso noti i primi numeri della procedura. Numeri che provano come la questione sia stata gestita nel peggiore dei modi. Il solito pasticcio all’italiana. Finora sono solo 500 i clienti di quei quattro istituti, rimasti fregati con il salvataggio dello scorso novembre (col quale sono stati azzerati i bond subordinati), ad aver presentato la domanda di ristoro. Pochi, se si pensa che la faccenda riguarda 10.559 persone. Di questi, tuttavia, circa 8.000 dovranno scegliere strade diverse: l’arbitrato (ma mancano ancora i decreti per consentire all’Autorità anticorruzione di avviare l’iter) oppure l’ordinaria causa in tribunale. Gli indennizzi, secondo il decreto del governo di Matteo Renzi, non sono accessibili a tutti. Solo chi ha redditi fino a 30mila euro e aveva investito quasi tutti i suoi risparmi nei titoli di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara diventati carta straccia, quasi un anno fa. Renzi continua a scaricare la responsabilità: secondo il premier gli sbancati «anno dovuto pagare un prezzo per le regole europee, che io personalmente non condivido». Colpa di Bruxelles, dice. Sta di fatto che lo stesso presidente del consiglio aveva promesso di risolvere il caso in tempi rapidi, assicurando che il percorso dei risarcimenti sarebbe stato completato in pochissimo tempo. E invece nessuno, fra i risparmiatori traditi, ha visto un centesimo. Quanto agli indennizzi (che arriveranno fino all’80% della somma investita), il Fondo interbancario ha precisato, tra altro, che «molte delle richieste» ricevute sono incomplete: di qui la richiesta di «integrazione» della documentazione che rende senza dubbio più ingarbugliata la questione. Anche perché nelle prossime settimane potrebbero arrivare le altre istanze (in teoria ne mancano circa 2mila). Una mole di carta che corre il rischio di rallentare le verifiche documentali. Frattanto, non è chiaro il destino delle quattro banche salvate col «fallimento pilotato» imposto da governo e Banca d’Italia. E ancora aperta la «gara» per la presentazione delle offerte. Le proposte economiche arrivate a via Nazionale a luglio – messe sul tavolo da fondi e avvoltoi internazionali – non erano adeguate (meno di 400 milioni su circa 1,5 miliardi di valore stimato) e la stessa autorità di vigilanza ha riaperto i termini. L’opzione che a palazzo Koch è più caldeggiata è quella di un solo acquirente per l’intero pacchetto. Oltre al destino dei correntisti, c’è anche il futuro dei lavoratori. Tant’è che il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ieri ha detto che «la priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali: eventuali disoccupati sarebbero cittadini italiani e non di altri paesi europei». I movimenti e i contatti fra autorità e banchieri sono diventati più frenetici in questi giorni. Del resto, la nuova scadenza per le offerte è vicina: il 30 settembre. Anche se il presidente dei quattro istituti, Roberto Nicastro, ha dichiarato che «non sono esclusi tempi supplementari». E mentre le good bank riducono le perdite a 134 milioni nel primo semestre, i negoziati proseguono con player stranieri e anche italiani: in questo senso, si parla di Ubibanca come possibile cavaliere bianco. Secondo gli esperti di Equita, l’acquisto delle quattro good bank, costringerebbe il top management di Ubi a chiedere un sacrificio ai soci, con un aumento di capitale che si agirebbe attorno al mezzo miliardo di euro. Ma se questo fosse il prezzo finale, sarebbero dolori per Intesa, Uni-credit e lo stesso istituto guidato da Victor Massiah che lo scorso anno avevano anticipato, con un finanziamento ponte, ben 1,6 miliardi a Etruria, Chieti, Ferrara e Marche per evitare l’interruzione delle attività. Un saldo pesantemente negativo per l’operazione che si trasformerebbe in un’altra mazzata per il sistema bancario italiano. Francesco De Dominicis
Messaggero 14/09/2016
Good bank, a giugno si riduce la perdita – …
MILANO La vendita delle quattro good bank avverrà «in zona Cesarini o ai supplementari». Ieri il presidente delle nuove Cassa Ferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Cassa Chieti, Roberto Nicastro, in margine all’Euromoney Conference ha ammesso «stiamo lavorando» per chiudere entro la scadenza del 30 settembre. C’è un negoziato avanzato con Ubi su tutte e quattro («la procedura richiede riservatezza») che sta affrontando i nodi cruciali su personale e sofferenze. «La priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali, perché eventuali disoccupati sarebbero cittadini italiani e non di altri paesi europei» rimarca Lando Sileoni, leader del sindacato Fabi. «Per raggiungere questo obiettivo, siamo disponibili a trovare soluzioni adeguate. Una soluzione italiana è l’unica che può garantire stabilità al settore». L’accelerazione di Ubi Banca – rivelata ieri dal Messaggero – sarebbe conseguenza del pressing del governo per dare una sistemazione alle banche in difficoltà. Il ceo Victor Massiah avrebbe posto come condizione alcune garanzie. Tra queste sarebbe necessario un backstop pubblico mediante l’intervento della Cdp sulle perdite legate ai crediti. Intanto i dati del primo semestre delle banche-ponte rivelano un recupero di posizioni: i clienti superano 1 milione, i conto correnti i 77 mila con un indice patrimoniale al 9,88%. Dalla nascita fino ai primi di luglio sono stati erogati nuovi prestiti per 4,6 miliardi. La redditività dei sei mesi è stata negativa per 133 milioni che si confronta, però, con il rosso dei primi 40 giorni di 153 milioni.
Mf 14/09/2016
Bper accelera su Etruria e Marche – Good bank, domani offerta Bper – Gualtieri Luca
La Banca popolare dell’Emilia Romagna è pronta a rompere gli indugi sulle good bank presiedute da Roberto Nicastro e messe in vendita dall’unità di risoluzione. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, domani il consiglio di amministrazione dell’istituto modenese guidato da Alessandro Vandelli dovrebbe dare luce verde all’offerta dopo l’attento lavoro di analisi svolto nelle ultime settimane. Per oggi invece è prevista una riunione preliminare che, sotto la guida del presidente Ettore Caselli, dovrebbe definire i dettagli della proposta e scogliere gli ultimi nodi. Lo scoglio degli esuberi sarebbe stato praticamente aggirato grazie a un meccanismo concordato con l’autorità di vigilanza e il governo, mentre resta ancora aperto il cantiere sulla gestione delle sofferenze. È tuttavia possibile che di gran parte dei nuovi flussi maturati nel corso del 2016 si faccia carico la Rev, cioè la bad bank creata alla fine dello scorso proprio per gestire i crediti problematici della quattro banche. L’ipotesi comunque sarebbe ancora allo studio e nuovi dettagli potrebbe emergere tra domani e giovedì. L’alternativa potrebbe essere un meccanismo di garanzia pubblica da parte di Cdp, ipotizzato ieri dal Messaggero. Bper, che già nei mesi scorsi si era fatta avanti per la Cassa di risparmio di Ferrara, è rientrata in lizza subito dopo il flop del primo round di offerte, quelle cioè presentate a prezzi da saldo dai fondi di investimento Lone Star, Apollo e Apax. L’altro istituto in lizza per le quattro good bank sarebbe Ubi Banca, che lunedì ha discusso nuovamente la proposta. Sembra comunque che le condizioni poste dal groppo lombardo guidato da Victor Massiah siano più stringenti di quelle poste da Bper. In ogni caso, caduta la precondizione della vendita in blocco, in poche settimane le banche italiane sono tornate in pista per le quattro good bank. La partita del resto interessa non poco al sistema. Basti ricordare che i proventi della cessione serviranno per rimborsare il prestito da 1,6 miliardi ancora in essere con Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi Banca, mentre la cifra mancante dovrà essere sborsata dal sistema. Il rischio però non è solo la minusvalenza in bilancio. Valutazioni più basse del previsto per istituti del tutto liberi dalle sofferenze potrebbero influenzare il mercato ed essere considerati un severo benchmark per il settore bancario italiano. Ieri intanto Nicastro è tomato a commentare il delicato processo di vendita e la tempistica prevista: l’iter verrà chiuso «in zona Cesarini o ai tempi supplementari» rispetto alla scadenza prevista del 30 settembre, ha spiegato il banchiere a margine della Italy Conference. «Si saprà qualcosa nelle prossime settimane, vediamo, in zona Cesarini o ai supplementari, noi stiamo lavorando», ha concluso Nicastro. Anche la Fabi è tornata sulla vicenda ribadendo che «una soluzione italiana è l’unica che può garantire stabilità al settore. La priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali, perché eventuali disoccupati sarebbero cittadini italiani e non di altri paesi europei», conclude la nota del sindacato guidato da Lando Sileoni. (riproduzione riservata) Luca Gualtieri ***
Resto del Carlino Pesaro 14/09/2016
«La vendita di Banca Marche? Solo in zona Cesarini» – Nicastro punta alla zona Cesarini Si attende la proposta della Bper – …
«O SI CHIUDERÀ in zona Cesarini o ai tempi supplementari». Così si è espresso ieri mattina, il presidente, Roberto Nicastro a margine dell’Euromoney Conference. Nicastro ha sostenuto «che si saprà qualcosa nelle prossime settimane». Espressione lapalissiana visto che il termine fissato per la chiusura è il 30 settembre. Ma, nell’insieme la performance di Nicastro fa capire che probabilmente si andrà oltre, cercando di aggirare ancora il termine ultimo indicato dall’Unione Europea. A Nicastro i cronisti hanno anche chiesto informazioni sui rumors di una offerta da parte di Ubi Banca. Ottenendo la scontata risposta di prammatica: «La procedura richiede riservatezza». ECCO subito arrivare l’anticipazione milanofinanza.it: «Giovedì il consiglio di amministrazione di Bper, guidato da Alessandro Vandelli dovrebbe dare luce verde all’offerta dopo l’attento lavoro di analisi svolto nelle ultime settimane». Oggi sarebbe prevista una riunione preliminare che, sotto la guida del presidente Ettore Caselli, dovrebbe definire i dettagli della proposta. «Lo scoglio degli esuberi sarebbe stato praticamente aggirato — prosegue milanofinanza.it — grazie a un meccanismo concordato con l’autorità di vigilanza e il governo, mentre resta ancora aperto il cantiere sulla gestione delle sofferenze. Tuttavia appare possibile che di gran parte dei nuovi flussi maturati nel corso del 2016 si faccia carico la bad bank creata alla fine dello scorso proprio per gestire i crediti problematici». L’ipotesi comunque sarebbe ancora allo studio. L’alternativa potrebbe essere un meccanismo di garanzia pubblica da parte di Cassa Depositi e Prestiti. L’altro istituto in lizza per le quattro good bank sarebbe Ubi Banca, che ieri avrebbe discusso nuovamente la proposta. Peraltro Ubi, insieme a Unicredit e Banca Intesa, ha anticipato i fondi per la ricapitalizzazione delle 4 good bank, rischiando in qualche maniera di pagare pegno in caso di svendita. Sembra comunque che le condizioni poste dal gruppo lombardo siano più stringenti di quelle poste da Bper, anche se l’istituto guidato da Victor Massiah non commenta. D’ALTRA PARTE come sanno tutti coloro che devono vendere qualcosa, essere obbligati alla cessione non produce quasi mai buoni affari per chi vende. Così Roberto Nicastro, l’uomo a cui Bankitalia ha affidato le 4 good bank (tra cui Nuova Banca Marche) da vendere, ha, di recente, messo anche le mani avanti: «Le regioni di interesse di potenziali compratori esteri nei confronti delle 4 good bank sono due: la prima è che si tratta di territori ricchi, che sono passati attraverso fasi complicate, ma per chi guarda in prospettiva si capisce che è il momento buono per investire; la seconda che trattandosi di una vendita — ha concluso Nicastro — forzata ed in tempi brevi si può fare un affare». Ma proprio le offerte americane, quelle dei fondi da 4-500 milioni di euro, hanno tradito gli auspici del presidente dei 4 istituti di credito. Così Bankitalia ha dovuto fare appello alla «solidarietà di sistema», visto che il salvataggio di Stato non è più contemplato. Con rischio che i dipendenti delle 4 banche siano i prossimi pagare pegno. ***
Resto del Carlino Pesaro 14/09/2016
«Una soluzione tutta italiana» – …
«Si avvicina la data del 30 settembre, scadenza dei termini di vendita di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti, e, per usare le parole del presidente Nicastro, ‘non sono esclusi tempi supplementari’. Chiediamo al governo di continuare a farsi rispettare, come fatto finora, nei confronti dell’Unione europea. I diktat che contrastano l’interesse di questo Paese sono inaccettabili». Lo dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. «La priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali. Una soluzione italiana è l’unica che può garantire stabilità al settore». ***
Secolo XIX 14/09/2016
“Good bank”, trattativa in extremis – …
MILANO. Una cessione “in zona Cesarini” o “ai supplementari” per le 4 good bank nate dalle ceneri di Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara, a cavallo così del termine ultimo del 30 settembre. Ma il nodo resta sempre la determinazione del loro prezzo di vendita e il trattamento dei crediti inesigibili in bilancio. Le divergenze su questi due punti, secondo diverse fonti, hanno bloccato nelle ultime ore l’operazione di cessione: Ubi resterebbe la principale candidata mentre la Popolare Bari sarebbe interessata alla sola Carichieti. L’istituto bresciano-bergamasco non sarebbe disposto a mettere sul piatto più di 300 milioni (mentre da parte della Bari l’esborso massimo sarebbe di 50-60 milioni) anche perché la Bce potrebbe chiedere un successivo rafforzamento del patrimonio come già avvisano diversi analisti. Insomma, valori che appaiono inferiori non solo agli 1,8 miliardi del finanziamento erogato a novembre dal complesso degli istituti italiani ma anche da quei 4-500 milioni delle ultime stime. A far scendere verso il basso i prezzi sarebbero i timori che gli acquirenti debbano poi fare fronte a nuove rettifiche sui crediti. Nel semestre i 4 istituti hanno comunicato di aver riportato perdite per 133,9 milioni di euro dopo rettifiche per 109,6 milioni. Nella nota si sottolinea comunque come l’emorragia di depositi e clienti si sia arrestata e siano stati rinnovati finanziamenti men-tre il patrimonio Ceti si è mantenuto al 1 0%. Dopo la mancata cessione ai fondi esteri durante l’estate, ora in lizza, secondo quanto si legge nel comunicato, vi sono «gruppi italiani e stranieri» e il presidente Roberto Nicastro spiega che si novità arriveranno «nelle prossime settimane». Tuttavia in lizza sarebbe rimasta solo Ubi e la Bari e, forse, la Bper nel caso si procedesse a una vendita “spezzatino”. C’è poi il tema di come rilanciare gli istituti senza sottoporli a una sola cura “lacrime e sangue”. Per il segretario Fabi Lando Sileoni una «soluzione italiana è auspicabile» perché è la sola che può dare garanzie sul mantenimento dei 5.000 dipendenti. «Per raggiungere questo obiettivo, siamo disponibili, nel rispetto del contratto nazionale, a trovare soluzioni adeguate» aggiunge, spiegando che non tollererà licenziamenti.
Sole 24 Ore 14/09/2016
Nicastro: cessione in «zona Cesarini» o ai supplementari – Cessione delle 4 «good bank» ai supplementari – Davi Luca
La cessione delle quattro good banks arriverà «in zona Cesarini o ai tempi supplementari». A indicarlo è stato ieri Roberto Nicastro, presidente dei quattro istituti nati dalla risoluzione di Banca Marche, Etruria, Cariferrara e Carichieti, a margine della Euromoney Italy Conference di Milano. Se è vero che il termine per arrivare alla vendita è stato fissato al 30 settembre, non è escluso che si vada anche oltre per il closing finale. Nicastro sta lavorando per un allentamento delle scadenze, e alcuni incontri istituzionali avuti a livello europeo nei giorni scorsi andrebbero in questa direzione. Resta il fatto che occorre stringere per arrivare a definire il soggetto bancario (o i soggetti) che assorbirà le nuove Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti. In questo ambito, va registrato l’interessamento crescente da parte di Ubi al dossier. Lunedì il consigliere delegato Victor Massiah avrebbe informato il Cda sugli sviluppi del processo di vendita. Come anticipato ieri dal Messaggero, Ubi sarebbe disposta all’acquisto di tutte le quattro banche per una cifra che si aggirerebbe sui 500 milioni. Nessun commento dalla banca, che peraltro tra un mese esatto convocherà l’assemblea dei soci per la fusione delle banche federate. Ma è realistico che la banca, su invito dei palazzi romani, stia verificando la fattibilità dell’acquisto, che sarebbe però subordinato a una serie di condizionalità, dall’assorbimento del personale in esubero alle garanzie su incagli e sofferenze, su cui potrebbe essere coinvolta la Cdp. I “caveat” non sono dissimili da quelli posti anche da altre banche interessate all’acquisto, da Bper a Popolare Bari, che allo stato attuale sono in due diligence. Si vedrà nelle prossime settimane. Lo stesso Nicastro non ha voluto commentare il possibile coinvolgimento di Ubi Banca («È una procedura che richiede riservatezza», ha commentato). Resta da capire l’eventuale impatto dell’operazione su Ubi come sul resto del sistema. Secondo le stime di Equita, l’acquisto delle quattro good banks potrebbe costringere l’istituto guidato da Victor Massiah a varare un aumento di capitale per riportare i ratio patrimoniali a livelli adeguati. A perimetro invariato e con un deal da 500 milioni, il Cet1 di Ubi «scenderebbe da 11,4% a 9,1 % livello che renderebbe difficilmente evitabile un aumento di capitale». Altro fronte da monitorare è quello del Fondo di risoluzione compartecipato dalle banche italiane sane, che saranno chiamate a rimborsare la differenza tra il prestito di 1,6 miliardi a favore del fondo di risoluzione effettuato da Intesa, UniCredit e la stessa Ubi e l’incasso derivante dai proventi della vendita delle 4 banche. Ieri intanto le 4 good banks hanno alzato il velo sui conti del semestre, in cui hanno registrato «rettifiche di valore nette a 109,6 milioni di euro». Un dato che viene da loro giudicato «nettamente inferiore alle attese». La perdita nel semestre risulta essere di 133,9 milioni, «inferiore a quella inizialmente prevista», e che si confronta con una perdita nei 40 giorni a fine 2015 pari a 153 milioni di euro, mentre «le masse di raccolta sono ormai stabilizzate da gennaio e il loro costo». Sul tema occupazionale ieri si è espresso Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, che per le quattro banche ha auspicato «una soluzione italiana, l’unica che può garantire stabilità al settore», mentre «la priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali». Per raggiungere questo obiettivo, conclude Sileoni, «siamo disponibili, nel rispetto del contratto nazionale, a trovare soluzioni adeguate». © RIPRODUZIONE RISERVATA Luca Davi