Il leader della FABI apre i lavori del Consiglio lanciando un monito ad ABI e Federcasse: “Chiediamo un contributo per uscire da una situazione che, se gestita male, comprometterà il buon lavoro di tanti anni”
“Chiediamo oggi ad ABI e Federcasse un contributo per uscire da una situazione che, se gestita male, comprometterà il buon lavoro di tanti anni. Se così non sarà e se le aziende del credito proveranno a dare il via alla stagione dei licenziamenti, reagiremo con forza, così come abbiamo già fatto durante l’ultima vertenza del Contratto Nazionale, con scioperi e mobilitazioni”.
Ha esordito così Lando Maria Sileoni, Segretario Generale della FABI, dal palco del 122° Consiglio Nazionale dell’organizzazione e X° Conferenza di Organizzazione della FABI, in corso da oggi fino al primo luglio, che ha portato a Roma oltre 1500 dirigenti sindacali e i principali banchieri per discutere del futuro del settore bancario, all’indomani delle fusioni, del ciclone Brexit e dei recenti scandali di risparmio tradito.
“Il sindacato è disponibile, come ha fatto fino ad oggi, a trovare soluzioni che partano, però, dal presupposto che l’attuale fase di emergenza è solo responsabilità di chi ci ha governato”, ha detto Sileoni, ricordando che “i 200 miliardi di euro di sofferenze bancarie non sono figli soltanto della crisi e che dalle banche italiane negli ultimi dieci anni sono usciti oltre 48mila lavoratori”.
“Risponderemo con durezza alla prima semplice percezione di eventuali licenziamenti. Vale per ABI, per Federcasse, per gli integralisti dell’ultima ora, per tutti quelli che guadagnano milioni di euro senza produrre risultati. Vale, soprattutto, per i compratori delle quattro banche e vale per “il messia”, Alessandro Penati, Presidente del Fondo Atlante”, ha concluso Sileoni.
Numerosi e di peso gli ospiti intervenuti nella giornata di apertura dei lavori, che è stata inaugurata con la relazione del Segretario Nazionale Mauro Morelli e ha visto gli interventi del Direttore generale di ABI, Giovanni Sabatini e del Vicedirettore del Giornale Nicola Porro, oltre agli ultimi tre Presidenti del Comitato Affari Sindacali e del Lavoro di ABI Francesco Micheli e Alessandro Profumo, l’attuale Presidente Eliano Omar Lodesani, invitati a discutere sul futuro delle relazioni sindacali di settore.
La tavola rotonda. Un fronte comune banche sindacati per gestire il cambiamento. Questa l’urgenza che è emersa dalla tavola rotonda “Chi ha salvato la contrattazione? Una storia di relazioni: punti di vista, aneddoti e retroscena di dieci anni di attività sindacale”, alla quale hanno partecipato gli ultimi tre Presidenti del Comitato Affari Sindacali e del Lavoro di ABI Francesco Micheli, Alessandro Profumo, l’attuale Presidente Eliano Omar Lodesani, e Lando Maria Sileoni, Segretario Generale FABI, con i giornalisti: Nicola Capodanno (Ansa), Anna Messia (Milano Finanza) e Nicola Porro, in veste di moderatore. Gli ospiti si sono confrontati sul tema dell’evoluzione delle relazioni sindacali di settore, dopo le pesanti ristrutturazioni degli ultimi anni.
Diversi i punti di vista e le ricette suggerite, ma comune l’obiettivo: quello di rimettere in piedi il settore bancario, alle prese con sofferenze e tassi ai minimi.
Al centro del dibattito: il Fondo di solidarietà, portato da 5 a 7 anni con il decreto governativo su cui oggi il Governo ha posto la fiducia alla Camera, il nuovo codice etico sul risparmio promosso dai sindacati e l’impatto del digitale sul settore.
Sileoni ha messo in chiaro che il sindacato non accetterà il tentativo delle banche di far pagare ai lavoratori la crisi di settore. “Non tollereremo che vengano messe le mani nelle tasche dei lavoratori”, ha chiarito Sileoni, ricordando come il settore, grazie alla concertazione col sindacato, si sia già dotato d’importanti strumenti per gestire le riorganizzazioni. “Con il Contratto Nazionale firmato a lo scorso anno ci siamo inventati strumenti come il Fondo per la nuova Occupazione e i meccanismi di solidarietà espansiva e difensiva. Stiamo studiando la possibilità di creare un ente bilaterale, ma oltre non possiamo andare, perché significherebbe avallare i licenziamenti. I Gruppi bancari utilizzano solo il 50% degli strumenti che abbiamo messo a disposizione”, ha sottolineato.
Sileoni ha poi chiarito che fino al 2020 il bacino dei lavoratori prepensionabili è esaurito, con piani industriali che al netto delle fusioni già prevedono oltre 23mila uscite.
Quanto al Fondo di Solidarietà, che il Decreto del Governo rende ancora più oneroso per le banche con la durata aumentata da 5 a 7 anni, Sileoni ha detto che “l’ABI ha ragione quando chiede al Governo di poter utilizzare a favore del Fondo le risorse ad oggi spese per la Naspi, di cui il settore non ha mai beneficiato”, proprio per poter gestire le prossime ristrutturazioni, che si annunciano imponenti anche a seguito delle fusioni.
Si è infine parlato dell’online e del codice etico.
Sul primo argomento il leader della FABI ha denunciato che ad oggi “il sindacato ha più volte chiesto un confronto in ABI e nelle aziende” anche nell’ottica di creare nuovi mestieri e professionalità. Il presidente del CASL ABI, Lodesani, ha risposto che “il digitale ha oggi un grande vantaggio competitivo, essendo legittimato a fare quello che vuole. Un tavolo in ABI dovrà aiutare ad affrontare questo problema, ma poi ogni azienda farà a modo proprio. Certamente riqualificare è una strada molto più complessa che licenziare. Noi in Intesa, con le nostre oltre 4mila riqualificazioni lo abbiamo fatto”.
Si è, infine, parlato del codice etico per la vendita dei prodotti finanziari. I sindacati hanno da poco avviato con ABI un confronto per arrivare a un accordo sul tema. Secondo Sileoni il Codice dovrà prevedere sanzioni alle banche inadempienti. Più cauto Lodesani, “non sono un grande fan delle sanzioni. Vorrei lavorare a monte sui comportamenti e non a valle”.
Roma 27/06/2016