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Rassegna Stampa, mercoledì 1 giugno 2016

di Redazione

QN – IL GIORNO, IL RESTO DEL CARLINO, LA NAZIONE – mercoledì 1 giugno 2016

QNsileoni-QN

IL SOLE 24 ORE mercoledì 1° giugno 2016
Aggregazioni ed efficienze per trovare sprint
ROMA. Più efficienza e meno costi, diversificazione dei ricavi e aggregazioni, con le possibili sinergie. Solo così le banche potranno riconquistare la redditività perduta, ha scandito ieri il Governatore: negli ultimi cinque anni, tra il 2012 e il 2015, i profitti sono stati soffocati da 120 miliardi di rettifiche sui crediti, e ora che il costo del rischio si sta ridimensionando ecco profilarsi nuovi spettri, cioè i tassi negativi con «i bassi margini di interessi, il calo dei prezzi di alcuni servizi connesso con le innovazioni tecnologiche e la maggiore concorrenza», mette in guardia Visco.

Da sempre il governatore tocca il tasto della redditività. Ma ieri l’ha fatto con particolare enfasi, ricordando che senza di essa può venire meno il sostegno all’economia reale nonché la necessaria dotazione di capitale: in pratica, senza una giusta dose di profitti le banche rischiano di non essere utili agli occhi dei propri clienti nè solide a quelle dei regolatori. Un incubo.

Il sistema è in bilico, e dal sismografo arrivano segnali non incoraggianti. Perché se è vero, come si legge nella relazione annuale di Via Nazionale, che la redditività dei primi cinque gruppi bancari italiani in termini di Roe è tornata lo scorso anno al livello del 2009, al 4,6%, rimane inferiore a quella delle banche europee. Il Roe dei gruppi italiani inclusi in un campione di grandi banche europee, si legge nella Relazione, è stato di 1,6 punti più basso di quello medio del campione lo scorso anno. E il 2016 è iniziato nel peggiore dei modi: i tassi sotto zero hanno compresso il margine d’interesse, mentre l’alta volatilità dei mercati ha penalizzato le commissioni, dimezzando così l’utile trimestrale dei primi dieci gruppi (si veda l’altro articolo in pagina).

E pensare che la strada, per certi aspetti, è segnata. L’hanno imboccata gli istituti più virtuosi, è scritta nei piani industriali degli altri. E gli ingredienti sono quelli indicati dal governatore stesso:?un recupero della redditività «passa necessariamente attraverso un aumento dell’efficienza, un contenimento dei costi, un ampliamento delle fonti di ricavo». E là dove non può arrivarci una banca con le proprie gambe, può valere la pena di pensare all’m&a:? «Mirate operazioni di aggregazione, condotte secondo logiche strettamente industriali, possono stimolare e favorire questo processo», ha detto Visco. Ricordando poi che sul fronte del cost/income lo spazio di manovra non manca: anche se al netto dei contributi straordinari versati al Fondo nazionale di risoluzione, nel 2015 i costi operativi delle banche sono rimasti stabili, con un peso sui ricavi, pari al 64%, superiore a quello osservato in media per i gruppi europei e (ma inferiore a quello delle principali banche tedesche e francesi). E dunque??«Per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale, agendo su qualità e quantità degli organici in maniera coerente con gli sviluppi del mercato e della tecnologia», ha detto il governatore, ricordando tra le iniziative necessarie una riduzione degli sportelli, il cui numero è sceso lo scorso anno a circa 30mila, l’11% in meno rispetto al 2008.

Un punto, questo, su cui la reazione dei sindacati è stata immediata. «Visco chiede di intervenire sui costi, inclusi quelli sul personale, dimenticando che il settore ha rinnovato un contratto nazionale a costo zero», ha replicato Lando Sileoni, segretario generale Fabi. Per Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, «non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali», mentre dalla Uilca Massimo Masi ricorda l’«esodo volontario di 70mila colleghi negli ultimi 10 anni». Secondo Giulio Romani, segretario generale First/Cisl «stride l’assenza di una presa di posizione circa le responsabilità dei recenti dissesti bancari». © RIPRODUZIONE RISERVATA Ma.Fe.

 

————————AVVENIRE mercoledì 1° giugno 2016
Aggregazioni ed efficienze per trovare sprint
ROMA. Più efficienza e meno costi, diversificazione dei ricavi e aggregazioni, con le possibili sinergie. Solo così le banche potranno riconquistare la redditività perduta, ha scandito ieri il Governatore: negli ultimi cinque anni, tra il 2012 e il 2015, i profitti sono stati soffocati da 120 miliardi di rettifiche sui crediti, e ora che il costo del rischio si sta ridimensionando ecco profilarsi nuovi spettri, cioè i tassi negativi con «i bassi margini di interessi, il calo dei prezzi di alcuni servizi connesso con le innovazioni tecnologiche e la maggiore concorrenza», mette in guardia Visco.

Da sempre il governatore tocca il tasto della redditività. Ma ieri l’ha fatto con particolare enfasi, ricordando che senza di essa può venire meno il sostegno all’economia reale nonché la necessaria dotazione di capitale: in pratica, senza una giusta dose di profitti le banche rischiano di non essere utili agli occhi dei propri clienti nè solide a quelle dei regolatori. Un incubo.

Il sistema è in bilico, e dal sismografo arrivano segnali non incoraggianti. Perché se è vero, come si legge nella relazione annuale di Via Nazionale, che la redditività dei primi cinque gruppi bancari italiani in termini di Roe è tornata lo scorso anno al livello del 2009, al 4,6%, rimane inferiore a quella delle banche europee. Il Roe dei gruppi italiani inclusi in un campione di grandi banche europee, si legge nella Relazione, è stato di 1,6 punti più basso di quello medio del campione lo scorso anno. E il 2016 è iniziato nel peggiore dei modi: i tassi sotto zero hanno compresso il margine d’interesse, mentre l’alta volatilità dei mercati ha penalizzato le commissioni, dimezzando così l’utile trimestrale dei primi dieci gruppi (si veda l’altro articolo in pagina).

E pensare che la strada, per certi aspetti, è segnata. L’hanno imboccata gli istituti più virtuosi, è scritta nei piani industriali degli altri. E gli ingredienti sono quelli indicati dal governatore stesso:?un recupero della redditività «passa necessariamente attraverso un aumento dell’efficienza, un contenimento dei costi, un ampliamento delle fonti di ricavo». E là dove non può arrivarci una banca con le proprie gambe, può valere la pena di pensare all’m&a:? «Mirate operazioni di aggregazione, condotte secondo logiche strettamente industriali, possono stimolare e favorire questo processo», ha detto Visco. Ricordando poi che sul fronte del cost/income lo spazio di manovra non manca: anche se al netto dei contributi straordinari versati al Fondo nazionale di risoluzione, nel 2015 i costi operativi delle banche sono rimasti stabili, con un peso sui ricavi, pari al 64%, superiore a quello osservato in media per i gruppi europei e (ma inferiore a quello delle principali banche tedesche e francesi). E dunque??«Per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale, agendo su qualità e quantità degli organici in maniera coerente con gli sviluppi del mercato e della tecnologia», ha detto il governatore, ricordando tra le iniziative necessarie una riduzione degli sportelli, il cui numero è sceso lo scorso anno a circa 30mila, l’11% in meno rispetto al 2008.

Un punto, questo, su cui la reazione dei sindacati è stata immediata. «Visco chiede di intervenire sui costi, inclusi quelli sul personale, dimenticando che il settore ha rinnovato un contratto nazionale a costo zero», ha replicato Lando Sileoni, segretario generale Fabi. Per Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, «non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali», mentre dalla Uilca Massimo Masi ricorda l’«esodo volontario di 70mila colleghi negli ultimi 10 anni». Secondo Giulio Romani, segretario generale First/Cisl «stride l’assenza di una presa di posizione circa le responsabilità dei recenti dissesti bancari». © RIPRODUZIONE RISERVATA Ma.Fe.

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LIBERO mercoledì 1° giugno 2016
La ricetta salva istituti Visco: più fusioni Salvini: vai in galera – Il governatore di Bankitalia chiede più risiko tra sportelli e critica le norme Ue. Zero autocritica su Etruria. La Lega invoca il carcere

FRANCESCO DE DOMINICIS
Secondo Ignazio Visco, buona parte dei guasti del sistema bancario italiano è riconducibile alla crisi e in particolare al 2013, anno nel quale sarebbero iniziate le prime grane serie allo sportello. Insomma, nessuna responsabilità della vigilanza se oggi gli istituti di credito attraversano una delle fasi più delicate della storia: la Banca d’Italia ha le armi spuntate e più di tanto non può fare per evitare la violazione delle norme da parte dei banchieri. Per difendersi, il governatore , ieri, leggendo le sue quinte «considerazioni finali» ha giocato sulla quantità e ha strumentalmente citato «200 ispezioni» annue nelle banche. Eppure, qualche falla nel sistema dei controlli deve pur esistere, se oggi si fanno i conti con una realtà durissima: sia alcuni big sia le realtà più piccole del credito cooperativo se la passano maluccio. E probabilmente, al contrario di quanto sostiene il governatore, bufera finanziaria internazionale e recessione non hanno cagionato la crisi dell’industria creditizia italiana, ma hanno semplicemente portato alla luce le magagne che il ciclo economico positivo contribuiva a tenere nascoste in bilanci chiusi – più o meno agevolmente – col segno «più»: al Monte dei paschi di Siena, tanto per fare un esempio, le perdite dei derivati Alexandria e Santorini non sono state «notate» per anni. Nessun atto d’accusa del numero uno di Bankitalia, nemmeno a quel pernicioso sistema relazionale che più dei parametri di Basilea ha regolato per decenni la concessione di finanziamenti: è soprattutto quel meccanismo ad aver creato la montagna di sofferenze ovvero quei 196 miliardi di euro di finanziamenti non rimborsati; poi, non c’è dubbio, in caduta libera ha giocato un ruolo non indifferente e i prestiti sono diventati «incagli». La soluzione per rimettere in piedi le banche del Paese, tuttavia, non può essere quella, forse un po’ troppo semplicistica, proposta ieri nel lussuoso salone dei partecipanti di palazzo Koch, ossia tagliare i costi e ridurre il personale con licenziamenti (ipotesi di fronte alla quale il segretario generale della Fabi che i lavoratori sono pronti ad alzare le «barricate»). In ogni caso, la linea dell’inquilino di via Nazionale, non è nuova: vigilanza perfetta, colpa della crisi, tagli agli sportelli, fusioni e meno lavoratori per rilanciare il settore. La novità di ieri, semmai, va cercata nella definitiva contestazione all’Unione europea. Un attacco ad alzo zero che prende le mosse dal disastro provocato da Etruria, Marche, Chieti e Ferrara. È il novembre del 2015: governo e Bankitalia decidono di anticipare l’uso del bail in per evitare il crac di quei quattro istituti, ma un istante dopo si accorgono che le nuove regole Ue hannominatolafiducia dicorrentisti e risparmiatori. Visco, che vorrebbe più Europa ieri ha criticato la gestione delle norme bancarie da parte di Bruxelles ed è arrivato a invocare l’uso di denaro pubblico per salvare le banche. Per ora c’è Atlante (che usa anche i soldi della Cassa depositi e prestiti, la spa del Tesoro): per Visco, il fondo di salvataggio- in buona sostanza per aggirare le regole europee – sarà un «successo». Sul fronte bancario, sembra coperta da una sorta di velo autoassolutorio la relazione di Visco. Il quale ha anche affrontato, come al solito, temi di politica economica, suggerendo al governo di Matteo Renzi di agire sul cuneo fiscale (da ridurre) sugli investimenti pubblici (da aumentare). Ma sull’azione dell’esecutivo il governatore è stato meno sferzante rispetto al passato e anche rispetto ai predecessori. Sopra le righe, il commento di Matteo Salvini: giudizio del segretario della Lega, il governatore «invece di pontificare dovrebbe essere in galera». Una sparata offerta ai media da parte di chi è a caccia di voti in vista della tornata amministrativa di domenica. Visco resta legittimamente in via Nazionale. Abbia però il coraggio di avviare, come suggerito da Luigi Zingales sul Fatto Quotidiano «un’indagine interna per accertare le responsabilità». twitter@ © RIPRODUZIONE

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IL GIORNALE mercoledì 1° giugno 2016
L’autodifesa del governatore «Pochi poteri sulle banche» «I comportamenti fraudolenti dei banchieri hanno aggravato le crisi ma Bankitalia non ha gli stessi strumenti di contrasto delle Procure
Forse qualcuno penserà che abbiamo parlato poco di banche, dei problemi che ci sono», ma di quei fatti è stato dato conto «in più occasioni, da ultimo con la testimonianza che ho reso in Senato lo scorso 19 aprile, dove vengono a fondo trattati i recenti casi di crisi di banche italiane». Excusatio non petita, accusatio manifesta: mettendo le mani avanti sul tema crisi bancarie, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha voluto allontanare da sé eventuali e ulteriori critiche al suo operato. La strategia dell’arrocco proprio nell’audizione di circa un mese e mezzo fa, aveva il suo fulcro. Non è compito facile, infatti, passare alla storia come il primo governatore che nell’arco del proprio mandato ha dovuto sperimentare norme che hanno penalizzato i risparmiatori mandando in fumo 330 milioni di obbligazioni subordinate. Ciampi, Fazio e Draghi, suoi predecessori, erano riusciti sempre a risolvere le grane in casa. E così ieri Visco ha ricordato per sommi capi i punti fondanti della tesi difensiva di Palazzo Koch. In primo luogo, agli effetti della recessione si sono aggiunti i «comportamenti imprudenti e a volte fraudolenti da parte di amministratori e dirigenti». La Vigilanza di Bankitalia «svolge un difficile lavoro di indagine, ma non dispone degli strumenti riservati all’Autorità giudiziaria come sequestri perquisizioni». In secondo luogo, «quando rileviamo ipotesi di reato informiamo subito le competenti Procure»: l’opinione pubblica non ne viene in generale a conoscenza sia in virtù del segreto d’ufficio sia per non creare «effetti destabilizzanti». Ultimo ma non meno importante, «prima dei recenti cambiamenti normativi, le crisi bancarie sono state risolte in Italia senza oneri per i depositanti e gli obbligazionisti». Insomma, la colpa non è di Bankitalia se il nostro Paese non è riuscito a farsi valere in sede europea e, soprattutto, non è riuscito a ottenere non solo luce verde all’intervento pubblico nei salvataggi bancari, ma nemmeno la creazione di un Fondo che mitigasse il problema delle sofferenze bancarie, attualmente poco sotto i 200 miliardi di euro. «L’esperienza internazionale mostra che, a fronte di un fallimento del mercato, un intervento pubblico tempestivo può evitare una distruzione di ricchezza, senza necessariamente generare perdite per lo Stato, anzi spesso producendo guadagni», ha concluso. La normativa europea sul bail in andrebbe, perciò, rivisitata perché il nostro Paese paga anche la scelta di non sostenere il sistema bancario fintantoché gli Stati potevano farlo, cioè fino ad agosto 2013. Il messaggio che Visco voleva far passare è sostanzialmente questo. non è necessariamente detto che sia autoassolutorio. Il governatore ha, inoltre, auspicato un’attuazione «celere» delle riforme delle Popolari e delle Bcc. Infine, «per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale». Secondo il governatore, «il modello di attività, basato su una diffusa presenza territoriale, va ancora adeguato, proseguendo nella riduzione degli sportelli». Le Considerazioni finali hanno provocato l’immediata reazione deli sindacati. «Al primo licenziamento faremo le barricate», ha replicato il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni.

 

————————LA STAMPA mercoledì 1° giugno 2016
I SINDACATI PRONTI AD ALZARE LE BARRICATE – “AL PRIMO LICENZIAMENTO BLOCCHIAMO TUTTO

PAOLO BARONI
ROMA. Altri tagli agli organici? Per i sindacati proprio non se ne parla. Dopo i 70 mila posti sacrificati sull’altare della crisi dal 2000 ad oggi è l’ora di finirla. «Quando parla di riduzione di costi – spiega il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni – Visco non sa di cosa parla. Tutti gli accordi che abbiamo fatto negli ultimi tempi, compreso l’ultimo contratto di categoria che abbiamo rinnovato a costo zero, non si occupano d’altro che del contenimento dei costi». Per questo, ora, «se qualcuno, compresi i gestori del Fondo Atlante, ha in mente di iniziare la stagione dei licenziamenti troverà pane per i suoi denti. Al primo licenziamento alzeremo le barricate e bloccheremo il settore». Sulla stessa linea anche Cgil, Cisl e Uil che come la Fabi lamentano il silenzio di Visco sulle malefatte dei manager che hanno portato sei banche italiane al dissesto. Basta con la «caccia selvaggia alla riduzione del costo del lavoro, un refrain troppo spesso usato come alibi dai nostri banchieri» dice Massimo Masi (Uilca). Niente tagli, insiste la Cisl. «Anche il sistema bancario deve fare oggi di più per lo sviluppo del Paese, con un nuovo modello di servizio e maggiore trasparenza – commenta Anna Il conto più grosso lo ha presentato Unicredit che solo in Italia intende tagliare circa 5700 dipendenti. Poi ci sono 4500 riconversioni professionali di Intesa Sanpaolo che se non andranno a buon fine si trasformeranno in esuberi, 8 mila uscite previste dal Montepaschi, 1300 da Bnl, 600 da Bper, oltre 700 da Popolare di Vicenza, 900 dal Banco Popolare e 500 da Ubi, 430 da Veneto Banca, 250 da Creval e 600 da Carige. Difendere Ovviamente i sindacati chiedono alle controparti di evitare tagli traumatici. «Non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali, anche per quelle banche in difficoltà – sostiene il segretario generale della FisacCgil Agostino Megale – Perché la difesa dell’occupazione del settore, non ricorrendo mai ai licenziamenti e prevedendo un parziale ingresso dei giovani, è stata e continuerà ad essere la nostra priorità». c BY Altri tagli agli organici? Per i sindacati proprio non se ne parla. Dopo i 70 mila posti sacrificati sull’altare della crisi dal 2000 ad oggi è l’ora di finirla. «Quando parla di riduzione di costi – spiega il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni – Visco non sa di cosa parla. Tutti gli accordi che abbiamo fatto negli ultimi tempi, compreso l’ultimo contratto di categoria che abbiamo rinnovato a costo zero, non si occupano d’altro che del contenimento dei costi». Per questo, ora, «se qualcuno, compresi i gestori del Fondo Atlante, ha in mente di PAOLO ROMA Maria Furlan -. Ma senza ridurre organici e sportelli». Sedici Dal 2000 ad oggi sono stati ben 68 mila i posti tagliati nel settore bancario, 48 mila solo negli ultimi 8 anni, ovvero dalla crisi del 2008 ad oggi, mentre in parallelo il numero delle filiali è sceso da 32.818 a 30.198 Attualmente il comparto occupa circa 307 mila persone, compresi 38 mila addetti delle Bcc che di qui a breve saranno a loro volta investiti dalla riforma che interesserà il loro comparto. Secondo le stime della Fabi entro il 2020 tra gruppi in crisi e piani di efficientamento si possono prevedere altri 23 mila esuberi. conto più grosso lo ha presentato Unicredit che solo in Italia intende tagliare circa 5700 dipendenti. Poi ci sono 4500 riconversioni professionali di Intesa Sanpaolo che se non andranno a buon fine si trasformeranno in esuberi, 8 mila uscite previste dal Montepaschi, 1300 da Bnl, 600 da Bper, oltre 700 da Popolare di Vicenza, 900 dal Banco Popolare e 500 da Ubi, 430 da Veneto Banca, 250 da Creval e 600 da Carige. Difendere Ovviamente i sindacati chiedono alle controparti di evitare tagli traumatici. «Non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali, anche per quelle banche in difficoltà – sostiene il segretario generale della FisacCgil Agostino Megale – Perché la difesa dell’occupazione del settore, non ricorrendo mai ai licenziamenti e prevedendo un parziale ingresso dei giovani, è stata e continuerà ad essere la nostra priorità».

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MF-MILANO FINANZA mercoledì 1° giugno 2016
Il governatore: intervenire sugli organici per cambiare modelli e razionalizzare le reti. La Fabi: siamo pronti alle barricate L’invito a tagliare i costi agita il tavolo sindacale

di Antonio Satta
Come il Convitato di pietra del Don Giovanni di Molière, quando tra una ventina di giorni l’Abi e i sindacati dei bancari si siederanno intorno ad un tavolo per riprendere il confronto a tutto campo, seduto con loro ci sarà anche un ospite silente che la sua opinione l’ha già espressa ieri. Ed è un’opinione pesante come un macigno, tanto che quel tavolo rischia seriamente di rovinare a terra. Si tratta del governatore della Banca d’Italia che ha ricordato come la crisi abbia trascinato ai minimi la redditività delle banche, mentre l’intero sistema ha bisogno di banche stabili, ben capitalizzate e redditive. In questo quadro, la manovra che Visco sollecita è complessa, da una parte va ricercata una maggiore redditività, cambiando il modello di banca, riducendo gli sportelli e concentrando la presenza sul territorio ed evitando le sovrapposizioni. Parallelamente va spinto l’acceleratore sui servizi on line di homebanking e ricercate tutte le possibili aggregazioni che producano efficienza e contenimento dei costi. Obiettivo, quest’ultimo ancora più pressante per le banche in difficoltà, che dovranno intraprendere «azioni ancora più determinate e tempestive di contenimento dei costi». Ma tutte queste mosse, indispensabili, secondo Visco, anche per reggere la sfida con un sistema in cui «i canali di finanziamento dell’economia alternativi a quello bancario svolgono un ruolo crescente», avranno un impatto inevitabile sull’occupazione che l’ultimo contratto nazionale dei bancari è riuscito ancora a proteggere. Ora Visco dice che le «ripercussioni sui dipendenti coinvolti potranno essere attenuate anche grazie al recente ampliamento della possibilità di accedere alle prestazioni del fondo di solidarietà di settore», ma questo passaggio, insieme alle altre esortazioni a tagliare i costi hanno fatto insorgere i sindacati. Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi non ha usato perifrasi: «Il Governatore dimentica che negli ultimi anni sono usciti su base volontaria, attraverso i prepensionamenti, 48mila lavoratori bancari e se qualcuno ha in mente, compresi i gestori del Fondo Atlante, di iniziare la stagione dei licenziamenti, troverà pane per i suoi denti. Al primo licenziamento alzeremo le barricate e bloccheremo il settore, come già fatto per rinnovare il nostro contratto nazionale. Siamo stufi delle chiacchiere a senso unico. Aspettiamo ancora di vedere puniti quei banchieri che hanno distrutto sei banche italiane e portato sul lastrico i risparmiatori». (riproduzione riservata)

 

————————ITALIA OGGI mercoledì 1° giugno 2016
Visco a Renzi, si può fare di più – Amministrative, nomi dei 14 impresentabili per l’Antimafia

FRANCO ADRIANO E EMILIO GIOVENTU’
Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nelle sue considerazioni finali all’assemblea si è ricavato il ruolo di grillo parlante. Sia nei confronti della maggioranza di governo («Sono deludenti le valutazioni sul potenziale di crescita della nostra economia. Si deve, si può, fare di più»). Sia nei confronti delle opposizioni che cavalcano le crisi bancarie oltre i dati reali («Il valore dei crediti deteriorati è di poco inferiore a 200 miliardi. Più della metà si riferisce a situazioni in cui la difficoltà dei debitori è temporanea. Se ci si concentra sulle sole sofferenze, il valore netto è pari a meno di 90 miliardi»). Dunque, i crediti deteriorati sono un «problema serio», ma «non va sovrastimato». Una posizione che suscita poca simpatia, per esempio, nel leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che lo vorrebbe in galera per mancata vigilanza preventiva nei recenti casi di bancarotta. Sia nei confronti dell’Europa verso la quale Visco lancia una sfida postuma sul bail in. Fatto sta che le sensibili antenne di palazzo Koch «indicano per l’Italia il ritorno ai livelli di reddito precedenti la crisi in un tempo non breve». per sostenere una ripresa «più rapida e duratura», ha spiegato Visco, sono necessarie tre gambe: «è necessario il rilancio di investimenti pubblici mirati, anche in infrastrutture immateriali, lungo differiti; sono importanti un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale gravante sul lavoro, il rafforzamento di incentivi per l’innovazione il sostegno ai redditi dei meno abbienti, «particolarmente colpiti dalla crisi». Facile dirsi ma occorre trovare le risorse? margini oggi disponibili nel bilancio sono limitati», ha sottolineato Visco, «è comunque possibile programmare l’attuazione di questi interventi su un orizzonte temporale più ampio». E, poi, il Jobs Act sarà pure stata una buona carta da giocarsi in Europa portando risultati «più alti del previsto» ma «la disoccupazione resta troppo alta», ha sottolineato il governatore che, come già sottolineato, si è dimostrato più indulgente sia nei confronti di Bankitalia, verso la quale ha amministrato una sorta di autoassoluzione sia con le banche stesse: il peso dei crediti deteriorati sarà pure «un peso rilevante», ma «in larga parte esso è coperto da garanzie reali il cui valore è stato accuratamente esaminato nel corso dell’esercizio di valutazione approfondita dei bilanci delle maggiori banche dell’area dell’euro condotto nel 2014; a queste si aggiungono le garanzie personali». c’è di più: «La moderata ripresa economica in atto dallo scorso anno si sta riflettendo in un calo significativo del flusso di nuovi crediti deteriorati; nel 2015 essi sono stati pari al 3,7 del totale dei prestiti, contro il 4,9 del 2014; per il settore delle famiglie il flusso è ridisceso sui livelli pre- La tendenza alla normalizzazione sta proseguendo». Bankitalia vuol licenziare un bel po’ di bancari. Insorgono i sindacati Un ottimismo che si è infranto sulle banche più piccole, che a causa di questo problema devono aggregarsi subito, licenziando il personale superfluo. Sì, perché per le banche di dimensioni minori i problemi derivanti dall’elevato ammontare di esposizioni deteriorate, «dalla scarsa diversificazione delle fonti di ricavo» e «dalla necessità di adeguarsi agli sviluppi della tecnologia» potranno essere «acuti». In più casi andranno affrontati impostando per tempo operazioni di aggregazione che sfruttino «economie di scala e di scopo, la cui entità può essere rilevante». Visco ha poi spiegando che è necessario procedere speditamente in questa direzione, superando vecchie logiche di mero presidio del territorio che hanno sovente contribuito a» acuire, anziché attenuare, le difficoltà dell’economia reale e delle stesse banche». Insomma, le banche devono tagliare i costi, anche sul personale. molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale, agendo su qualità e quantità degli or- in maniera coerente con gli sviluppi del mercato e della tecnologia». Per Visco il modello di attività, basato su una diffusa presenza territoriale, va ancora adeguato, proseguendo nella riduzione degli sportelli, il cui numero è già sceso lo scorso anno «a circa 30mila 11% in meno rispetto al 2008». Secca la replica di Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi: «Il governatore parla di ulteriori sacrifici, ma non spende una parola per stigmatizzare gli alti e ingiustificati stipendi di alcuni manager bancari, proprio in un momento di crisi come quello attuale» «di- che negli ultimi anni sono usciti su base volontaria, attraverso i prepensionamenti, 48mila lavoratori bancari». «Aspettiamo ancora di vedere puniti quei banchieri che hanno distrutto sei banche italiane e portato sul lastrico i risparmiatori», è la conclusione del sindacalista. Sulla stessa linea anche le altre organizzazioni sindacali del settore. Tuttavia, se la svolta sui bancari di Visco non piace ai sindacati, è stata ben accolta dalle imprese. Cna, per esempio, giudica le considerazioni del governatore «mirate a trasmettere fiducia sulla capacità del Paese a uscire dalla crisi e sulla salute delle banche, oggetto di profonde trasformazioni». Lo ha dichiarato il presidente, Daniele Vaccarino che ha sottolineato anche il richiamo alle misure per lo sviluppo: «Misure che possono essere sintetizzate in più investimenti, più innovazione, meno tasse». Purtroppo, ha concluso Vaccarino le parole di Visco «non allontanano le nostre preoccupazioni sulla capacità delle banche di erogare il credito necessario alle piccole imprese, ancora una volta additate come fattore di fragilità. Amministrative, per l’Antimafia sono 14 i candidati impresentabili Sono stati scovati tutti di liste civiche. Sono 14 i nomi dei candidati «impresentabili» in- nella relazione della Commissione Antimafia, presentata ieri. Otto si riferiscono all’incandidabilità in base alla legge Severino («avendo certificato il falso su condanne gravi», ha spigato la presidente della Commissione, Rosi Bindi); tre sono casi di ineleggibilità («potevano essere candidati ma se eletti sarebbero stati sospesi dalle Prefetture»); mentre altri 3 casi riguardano il Codice di autoregolamentazione delle candidature. Gli otto incandidabili ai sensi della legge Severino, dovuti a condanne definitive, sono stati riscontrati in sei casi a Battipaglia (Salerno), uno al comune di Scalea (Cosenza) uno al VI Municipio di Roma. I sei di Battipaglia sono Carmine Fasano condannato in via definitiva per cessione illecita di stupefacenti; Daniela Minniti condannata per bancarotta fraudolenta a 2 anni di reclusione; Lucio Carrara condannato per bancarotta fraudolenta continuata e aggravata a 2 anni di reclusione; Francesco Procida condannato per riciclaggio; Bartolomeo D` (lista «Battipaglia a testa alta») che dopo un precedente patteggiamento per rapina è stato condannato per cessione illecita di stupefacenti; Demetrio Landi (lista «Moderati per Battipaglia») condannato per cessione illecita di stupefacenti e per violazione di domicilio, lesioni dolose e violenza privata tentata. Scalea l’incandidabilità riguarda Carmelo Bagnato dal cui certificato del casellario giudiziale risulta una sentenza di condanna a due anni di reclusione emessa dalla Corte di appello di Perugia il 3 dicembre 2010, irrevocabile il 19 aprile 2011 per il reato di bancarotta fraudolenta). Tra gli incandidabili nel VI Municipio di Roma c’è Antonio Carone (lista «Viva l’Italia con Tiziana Meloni»): tra le 8 condanne definitive, ne ha riportato una per ricettazione ed è pertanto incandidabile ai sensi della legge Severino. Per la commissione Antimafia «se tali situazioni fossero state rilevate tempestivamente, non avrebbero potuto partecipare alla competizione elettorale». tre candidati ineleggibili (potenziale sospensione, legati a condanne non definitive, ai sensi della legge Severino) sono stati riscontrati al comune di Battipaglia, al comune di San Sostene (Catanzaro) e uno tra i candidati al VI municipio di Roma Capitale. Battipaglia Giuseppe Del Percio (lista «Battipaglia- città che verrà») è stato condannato in primo grado per violazione delle norme sugli stupefacenti; sulla condanna pende appello. Se eletto, andrebbe sospeso. Al comune di San Sostene (Catanzaro) Alessandro Codispoti, candidato nella lista civica «Legalità e libertà» è attualmente sottoposto a procedimento penale. Roma invece ineleggibile è Domenico Schioppa (lista «Iorio sindaco»), prima arrestato in flagranza e poi condannato, in primo grado, con il rito abbreviato, 2 anni e 4 mesi di reclusione e 400 euro di multa per detenzione di armi (l` di appello è prevista per il prossimo 12 ottobre 2017). © Riproduzione riservata

 

———————IL RESTO DEL CARLINO – LA NAZIONE – IL GIORNO – LA CITTA’ (TUTTE LE EDIZIONI) mercoledì 1° giugno 2016
Un settore fermo da 20 anni «Se si chiudono gli sportelli inevitabile parlare di esuberi Riportiamo servizi in banca» – Lando Sileoni, segretario generale della Fabi- contesta gli allarmi sui troppi dipendenti nel credito. «Facciamo tornare nelle banche gli uffici legali e il recupero crediti».

Claudia Cervini
MILANO. PRIMA lo scandalo delle quattro banche, poi la Popolare di Vicenza e Veneto banca. E ora, mentre si attendono le prime aggregazioni tra istituti, c’è chi dice che 309mila bancari sono troppi. Lando Sileoni, da segretario generale della Fabi, che cosa risponde? «Dico che il settore, sotto il profilo del rinnovamento, è fermo da oltre 20 anni. livello di relazioni sindacali abbiamo gli strumenti per gestire la solidarietà espansiva, le uscite su base volontaria, parttime. Abbiamo anticipato di seisette anni alcune misure del governo, ma le banche, causa di una struttura elefantiaca, non riescono a utilizzarli». Sono troppi anche per lei o è solo un’ossessione del governo? «I 309 mila bancari sono troppi solo se le banche continueranno a chiudere gli sportelli. Bisogna invece coltivare la relazione col cliente. Il neo- di Confindustria Vincenzo Boccia sostiene che gli istituti, oltre a verificare i bilanci, dovrebbero andare nei capannoni. Serve una maggiore elasticità in questo senso». La tecnologia è però una realtà. Come va ripensata la banca? «Siamo per la specializzazione dei lavoratori bancari, per riportare, all’interno delle aziende, gli uffici legali e il recupero crediti, aree che oggi vengono esternalizzate. Lo stesso vale per le consulenze fiscali, previdenziali e specialistiche. Il settore copia modelli americani che negli Usa sono presenti da decenni e ormai superati». Le banche si stanno adoperando per rinnovare gli sportelli e gli spazi fisici. È la strada giusta? «La ristrutturazione degli spazi con la promozione degli open- equivale a sottrarre la privacy al cliente. Per i clienti di alto profilo e le imprese si stanno inaugurando filiali ad hoc e si sta personalizzando il servizio; la clientela media invece viene servita in un unico luogo e sottoposta a un’offerta smisurata di prodotti. Col risultato che, da un lato ha meno privacy, dall’altro non riesce a scegliere». Così mi costringe a fare l’avvocato del diavolo. Alcune misure sono state prese. L’Abi per esempio, ha dato la sua disponibilità a condividere un codice etico per la vendita dei prodotti finanziari. «Vero, ma si tratta di atti unilaterali. Se non sono previste sanzioni il codice etico, di per sé, è un deterrente debole». L’esecutivo ha modificato in senso più favorevole i termini dei fondi di solidarietà. Attualmente possono aderire ai piani di riduzione del personale le risorse a cui mancano 5 anni dal raggiungimento della pensione. Con le nuove norme potranno aderire anche le risorse che devono maturare 7 anni. che punto siamo e cosa ne pensa. «La soluzione non è lontana e penso che lasciare la scelta al lavoratore sia saggio e positivo».

 

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IL GAZZETTINO mercoledì 1° giugno 2016
Veneto Banca a 0,10euro doccia gelata su 88mila soci – Dopo una seduta fiume e un giorno di trattative, il Cda fissa la forchetta di prezzo tra 0,1 e 0,5 euro «Così limitiamo l’impatto sul territorio». vertici puntano a piazzare il 20-25% sul mercato

Mattia Zanardo
TREVISO. La doccia gelata per i quasi 88mila soci di Veneto Banca arriva alle ore piccole. È passata la mezzanotte di lunedì quando, dopo quasi 10 ore di riunione, il cda di Veneto Banca emette la “sentenza”: la forchetta di prezzo a cui saranno emesse nuove azioni, per l’aumento di capitale da un miliardo di euro complessivo, va da 10 a 50 centesimi. Una decisione sofferta quella che azzera i capitali investiti, come testimonia il fatto che il comunicato ufficiale si è fatto attendere fino alla tarda serata di ieri. Dopo che Banca Imi e il fondo Atlante avevano firmato l’accordo di sub- (garanzia): in questo modo il fondo salva- si farà carico – al prezzo minimo – della parte non sottoscritta dell’aumento di capitale da 1 miliardo. Ma a una condizione: quella di raggiungere almeno il 50,1 la maggioranza assoluta. Per Montebelluna l’operazione – che decollerà con l’offerta l’ giugno – risponde «al precipuo fine di evitare un possibile rischio sistemico e di limitare al massimo l’impatto per le economie dei territori nei quali opera l’istituto Gran parte della seduta fiume, iniziata intorno alle 15 del pomeriggio precedente è stata dedicata all’illustrazione dei riscontri ottenuti nel cosiddetto premarketing, sondaggi con circa 250 grandi operatori professionali, dei metodi per convertire tali indicazioni in cifre. Formule tecnico- che poco cambiano la sostanza dei fatti: la risposta dei potenziali investitori è stata fredda. Tanto da obbligare a fissare il «pavimento» dell’offerta al minimo di 0,1 euro, confermando le indiscrezioni dei giorni scorsi e i timori dei soci. Il livello superiore, stabilito a mezzo euro, rischia di rimanere del tutto virtuale. Nell’incontro con i sindacati dei bancari, avvenuto prima della riunione del consiglio, lo stesso presidente del gruppo montebellunese Stefano Ambrosini avrebbe ammesso un’operazione tutta in salita: «Nessuno vuole Veneto Banca». Con i confederali, Ambrosini, che ieri ha invece seguito a Roma la relazione del governatore di Banca d’Italia ha ribadito che si procederà lungo il percorso già tracciato dai precedenti vertici, con la ricapitalizzazione da chiudere entro giugno. Il presidente però non è riuscito a fugare i dubbi dei rappresentanti dei lavoratori sul rispetto degli accordi sul mantenimento dei livelli occupazionali e sul contenimento delle retribuzioni del cda (avrebbe aperto solo ad un contributo volontario da parte dei singoli componenti). Tanto che Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin hanno diramato una nota, intitolata «Se vuoi la pace prepara la guerra», in cui ammoniscono che «ogni decisione sulle politiche strategiche che direttamente o indirettamente dovesse mettere in secondo piano gli interessi dei lavoratori, troverà in queste organizzazioni il massimo del contrasto». Sull’aumento di capitale peserebbero anche le prescrizioni della Consob, che, come già per BpV avrebbe imposto all’istituto trevigiano, nel collocamento dei titoli, di attenersi scrupolosamente al profilo di rischio dei clienti e di informare in modo inequivocabile sui pericoli dell’investimento Dopo che le banche di cui si vociferava un interessamento si sono chiamate fuori (ieri è stato l’amministratore delegato di Bper, Alessandro Vandelli, ribadire che «in questo momento non c’è nulla»), palla è di nuovo in mano agli azionisti. Nella speranza che il mercato possa opzionare almeno un 20- ed ottenere il via libera alla quotazione. Per evitare che l’ex popolare venga fagocitata per intero da Atlante, alla stregua della vicina berica. Certo, difficilmente potranno partecipare i piccoli soci che hanno visto polverizzarsi oltre il 99% del patrimonio. loro tutela il Movimento Consumatori ritiene «urgente» una «seria procedura di riconciliazione, per evitare il Vietnam». «Ci chiediamo quale sia la strategia di Veneto Banca: se voglia continuare a resistere ad oltranza nelle cause intentate dagli azionisti – afferma il segretario generale Alessandro Mostaccio – oppure se voglia dare seguito ai propri proclami sulla costituzione di un tavolo di risoluzione stragiudiziale di questo enorme contenzioso». © riproduzione riservata

 

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IL TEMPO mercoledì 1° giugno 2016
Riorganizzare le banche – Meno sportelli e dipendenti – Ma il sindacato prepara le barricate

Per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale». Il passaggio, contenuto nelle «Considerazioni finali» del governatore della Banca d’Italia Vincenzo Visco, ha provocato l’immediata reazione delle organizzazioni sindacali. Secondo Visco, «il modello di attività, basato su una diffusa presenza territoriale, va ancora adeguato, proseguendo nella riduzione degli sportelli, il cui numero è sceso lo scorso anno da circa 30.000 l’ per cento in meno rispetto al 2008». «Lo sfruttamento più intenso della tecnologia – ha fatto notare partire da un maggiore sviluppo della digitalizzazione, consentirebbe significativi risparmi di costo nell’offerta di servizi tradizionali e standardizzabili». Visco ha osservato anche che «per le banche in difficoltà saranno indispensabili azioni ancora più determinate e tempestive di contenimento dei costi. Le ripercussioni sui dipendenti coinvolti potranno essere attenuate anche grazie al recente ampliamento della possibilità di accedere alle prestazioni del fondo di solidarieta’ di settore». Secca la replica di Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi: «Al primo licenziamento alzeremo le barricate e bloccheremo il settore, come già fatto per rinnovare il nostro contratto nazionale. Siamo stufi delle chiacchiere a senso unico».

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L’ECO DI BERGAMO mercoledì 1° giugno 2016
«Utili delle banche in calo, tagliare sportelli e dipendenti»
E’ necessaria una robusta cura fatta di tagli a sportelli e dipendenti per le banche italiane, che vedono i loro utili erosi sia dalla mole di sofferenze lascito della crisi sia delle nuove sfide della tecnologia e dai bassi margini di interesse. Nelle considerazioni finali il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco torna a richiamare il settore a contenere e ridurre i costi, ma usa toni decisamente più diretti rispetto al passato e chiede l’abbandono di un certo modello di «presidio del territorio» che ha fatto danni all’economia e alle stesse banche. auspica aggregazioni condotte con «logiche industriali». Sulle sofferenze il governatore invita ad andare avanti sfruttando le nuove norme sul recupero crediti, elogia il Fondo Atlante e sottolinea come il problema è serio ma non bisogna «sovrastimarlo» con un flusso che si sta normalizzando. Va in pratica ridimensionata la maglia fitta di sportelli su tutta l’Italia una delle caratteristiche del nostro sistema, spingendo sull’acceleratore dell’uso della tecnologia dove l’Italia è ancora indietro in Europa (23esimo posto in ebanking). realtà già l’ delle filiali negli ultimi dieci anni sono state chiuse e ora sono 30mila con un calo di oltre 13mila dipendenti ma spazi ce ne sono ancora specie per le piccole banche e poter avere così forti risparmi. Insomma sul territorio ci si può rimanere ma con pochi punti fisici di servizi dedicati a famiglie e imprese. Certo gli istituti italiani – riconosce Visco – hanno visto i loro costi operativi stabili e inferiori a quelli francesi e tedeschi ma le difficoltà di molti impone seguire la strada di intervenire su «qualità e quantità degli organici» attenuando le ripercussioni sui dipendenti «attraverso l’ampliamento delle possibilità di accedere alle prestazioni del fondo di solidarietà». Dai sindacati ar- subito delle perplessità. Il segretario Fabi Sileoni avvisa che in caso di licenziamenti ci saranno «le barricate». Il governatore invita poi le banche a cogliere «rapidamente e appieno» tutte le nuove iniziative in un momento in cui «si è a un punto di svolta» e il flusso di nuovi crediti deteriorati si sta «normalizzando»

 

————————LA PROVINCIA mercoledì 1° giugno 2016
«Utili delle banche in calo, tagliare sportelli e dipendenti»
E’ necessaria una robusta cura fatta di tagli a sportelli e dipendenti per le banche italiane, che vedono i loro utili erosi sia dalla mole di sofferenze lascito della crisi sia delle nuove sfide della tecnologia e dai bassi margini di interesse. Nelle considerazioni finali il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco torna a richiamare il settore a contenere e ridurre i costi, ma usa toni decisamente più diretti rispetto al passato e chiede l’abbandono di un certo modello di «presidio del territorio» che ha fatto danni all’economia e alle stesse banche. auspica aggregazioni condotte con «logiche industriali». Sulle sofferenze il governatore invita ad andare avanti sfruttando le nuove norme sul recupero crediti, elogia il Fondo Atlante e sottolinea come il problema è serio ma non bisogna «sovrastimarlo» con un flusso che si sta normalizzando. Va in pratica ridimensionata la maglia fitta di sportelli su tutta l’Italia una delle caratteristiche del nostro sistema, spingendo sull’acceleratore dell’uso della tecnologia dove l’Italia è ancora indietro in Europa (23esimo posto in ebanking). realtà già l’ delle filiali negli ultimi dieci anni sono state chiuse e ora sono 30mila con un calo di oltre 13mila dipendenti ma spazi ce ne sono ancora specie per le piccole banche e poter avere così forti risparmi. Insomma sul territorio ci si può rimanere ma con pochi punti fisici di servizi dedicati a famiglie e imprese. Certo gli istituti italiani – riconosce Visco – hanno visto i loro costi operativi stabili e inferiori a quelli francesi e tedeschi ma le difficoltà di molti impone seguire la strada di intervenire su «qualità e quantità degli organici» attenuando le ripercussioni sui dipendenti «attraverso l’ampliamento delle possibilità di accedere alle prestazioni del fondo di solidarietà». Dai sindacati ar- subito delle perplessità. Il segretario Fabi Sileoni avvisa che in caso di licenziamenti ci saranno «le barricate». Il governatore invita poi le banche a cogliere «rapidamente e appieno» tutte le nuove iniziative in un momento in cui «si è a un punto di svolta» e il flusso di nuovi crediti deteriorati si sta «normalizzando».

 

————————IL MATTINO DI PADOVA – LA TROBUNA DI TREVISO – IL MATTINO SDI PADOVA – CORRIERE DELLE ALPI – LA NUOVA VENEZIA E MESTRE – CORRIERE DELLE ALPI mercoledì 1° giugno 2016
Dipendenti, si apre lo scontro sui tagli – «Pronti a contrastare in tutte le forme ogni decisione che metta in secondo piano i posti di lavoro»
Pronti alla guerra. Se ci saranno tagli al personale, i sindacati sono pronti a mettersi di traverso. Nella nota congiunta, le sigle sindacali lo dicono alla latina: si vis pacem, para bellum. «Abbiamo nel tempo mantenuto un atteggiamento responsabile e collaborativo dal momento che l’azienda aveva tra le priorità strategiche e industriali la tutela del lavoro e dei lavoratori», si legge nel comunicato, «È evidente che ogni decisione sulle politiche strategiche che direttamente o indirettamente dovesse mettere in secondo piano gli interessi dei lavoratori troverà in queste organizzazioni il massimo del contrasto, in tutte le forme che risulteranno necessarie». Una presa di posizione ferma, che arriva dopo l’incontro di lunedì tra i sindacati e il presidente di Veneto Banca, Stefano Ambrosini, prima del cda- che ha fissato la forchetta di prezzo (10- centesimi) per l’aumento di capitale: risposte – del presidente, ndr, scrivono i sindacati – hanno purtroppo accresciuto il sentimento di preoccupazione: nessun impegno cogente al mantenimento dei livelli occupazionali, nessuna prospettiva certa sul futuro della nostra banca». I sindacati, prima dell’assemblea del 5 maggio scorso, si erano apertamente schierati a favore del cda uscente. Dopo quell’endorsement ora con il nuovo corso siamo già al muro contro muro: la via strada forzata intrapresa dalla banca, ovvero quella che porterà nelle fauci del fondo Atlante e poi chissà a quale piano di fusione e abbattimento dei costi, fa temere conseguenze da lacrime e sangue per gli oltre 4.200 lavoratori dell’ex popolare di Asolo e Montebelluna. Il clima è teso su tutto il tavolo nazionale. Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, ieri ha detto che «il governatore di Bankitalia Visco chiede di intervenire sui costi delle banche, inclusi quelli sul personale, agendo su quantità e qualità degli organici, dimenticando che il settore ha rinnovato un contratto nazionale a costo zero. Il governatore parla di ulteriori sacrifici, ma non spende una parola per stigmatizzare gli alti e ingiustificati stipendi di alcuni manager bancari, proprio in un momento di crisi come quello attuale. Il governatore – aggiunge infine – dimentica che negli ultimi anni sono usciti su base volontaria, attraverso i prepensionamenti, 48 mila lavoratori bancari e se qualcuno ha in mente, compresi i gestori del Fondo Atlante, di iniziare la stagione dei licenziamenti, troverà pane per i suoi denti. Al primo licenziamento alzeremo le barricate e bloccheremo il settore». (f.p )

 

————————LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO mercoledì 1° giugno 2016
Visco «vede» la ripresa ma chiede meno tasse – Bankitalia: segnali positivi, ma occorrono più investimenti
ROMA. L’Italia sta uscendo lentamente e con un po’ di esitazione da una lunga crisi. L’economia inizia a dare segnali di miglioramento, ma la ripresa è comunque deludente: «si deve, si può fare di più». Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco non lascia dubbi sulla necessità e sulla possibilità di intervenire ancora per far recuperare all’Italia il terreno perduto, superando così il gap che ci separa dai nostri partner europei. La sua ricetta passa per alcuni punti cardinali: dal rilancio degli investimenti pubblici a un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale. Senza tuttavia tralasciare il nodo della disoccupazione, quello del debito pubblico, e ribadendo i passi essenziali ancora da compiere per riportare anche le banche al loro tradizionale ruolo di motori primari della ripresa economica. Ma al di là dei confini nazionali, in un’Europa alle prese con problemi della portata dell’immigrazione Visco invoca un comune «salto di qualità» per non erigere bar- dannose che ostacolino l’Unione Inaugurando la nuova era delle Considerazioni Finali, non più pronunciate in concomitanza con l’assemblea dell’istituto il numero uno di Bankitalia ha ricordato quanta parte nella ripresa abbia giocato l’operato della politica monetaria. Ma non ha tuttavia mancato di riconoscere il valore positivo delle misure e delle riforme messe in campo dal governo. «Vi sono chiari segnali positivi, soprattutto per la domanda interna», ha detto osservando però che «l’attività economica rimane lontana dai livelli precedenti la crisi». La ripresa quindi «è ancora da consolidare». Alla luce di questa situazione «per sostenere una ripresa più rapida e duratura – dice il governatore – è necessario il rilancio di investimenti pubblici mirati», ma anche «un’ulteriore ri- del cuneo fiscale gravante sul lavoro», così come il rafforzamento di incentivi per l’innovazione e il sostegno ai redditi dei meno abbienti. Al governo Visco suggerisce che, se per queste misure oggi ci sono margini di bilancio limitati, è comunque possibile programmarne l’attuazione «su un orizzonte temporale più ampio». Effettivamente nell’immediato gli spazi di azione sono bastanza risicati: avverte infatti che l’evoluzione del contesto macroeconomico rischia di ostacolare il conseguimento della riduzione del rapporto debito/ nel 2016. Dovrebbero venire dunque in soccorso uno stretto controllo dei conti pubblici e la realizzazione del programma di privatizzazioni per permettere di avvicinare il più possibile tale rapporto a quanto programmato e garantirne una riduzione significativa nel 2017. Nella sua descrizione di uno scenario in chiaro scuro Visco cita poi i passi avanti del Mezzogiorno, ricordando che però «i divari rispetto al Paese hanno continuato ad ampliarsi», e parla della ripresa dell’occupazione a cui fa tuttavia da corollario una disoccupazione che «resta troppo alta». C’è anche il problema della aziende, che mostrano sì segnali di maggior vitalità, ma che nel complesso restano sempre deboli anche perché troppo piccole e frammentate. Inevitabile inoltre un richiamo alla legalità, tema da sempre caro a Visco, ritenuta la “condizione cruciale per lo sviluppo». Per le banche, il governatore predica una maggiore snellezza nella struttura e l’aggregazione tra realtà più piccole. infine, preoccupato per la deriva opportunistica che sembra rischiare l’Europa alle prese con vari problemi, a partire dell’immigrazione ROMA.

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GIORNALE DI SICILIA mercoledì 1° giugno 2016
Slitta dal 7 al 23 luglio la scadenza per il «730»
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha firmato un dpcm che proroga di due settimane, dal 7 al 23 luglio la scadenza per il «730». Lo si è appreso ieri a tarda sera da fonti governative. Intanto, sul fronte del credito, per il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco, è necessaria una robusta cura fatta di tagli a sportelli e dipendenti per le banche italiane, che vedono i loro utili erosi sia dalla mole di sofferenze lascito della crisi sia delle nuove sfide della tecnologia e dai bassi margini di interesse. Nelle considerazioni finali Visco torna a richiamare il settore a contenere e ridurre i costi, ma usa toni decisamente più diretti rispetto al passato e chiede l’abbandono di un certo modello di «presidio del territorio» che ha fatto danni all’economia e alle stesse banche. auspica aggregazioni condotte con «logiche industriali». Sulle sofferenze il governatore invita ad andare avanti sfruttando le nuove norme sul recupero crediti, elogia Atlante e sottolinea come il problema è serio ma non bisogna «sovrastimarlo» con un flusso che si sta normalizzando. Va ridimensionata la maglia fitta di sportelli usando la tecnologia. In realtà già l’ delle filiali negli ultimi dieci anni sono state chiuse. La difficoltà di molti impone di intervenire su «qualità e quantità degli organici» atte- le ripercussioni sui dipendenti «attraverso l’ampliamento delle possibilità di accedere alle prestazioni del fondo di solidarietà». Dai sindacati arrivano subito delle perplessità. Il segretario Fabi Sileoni avvisa che in caso di licenziamenti ci saranno «le barricate». Il governatore invita le banche a cogliere «rapidamente e appieno» tutte le nuove iniziative in un momento in cui «si è a un punto di svolta».

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CORRIERE DI AREZZO mercoledì 1° giugno 2016

Banca Etruria – Oggi i sindacati dall’ad Bertola

Marco Antonucci
AREZZO – L’appuntamento è per oggi pomeriggio: l’amministratore delegato di Nuova Banca Etruria e le sigle sindacali torneranno a sedersi attorno allo stesso tavolo. In agenda non ci sono questioni urgenti, semmai l’esigenza di fare il punto di una situazione, quella di Via Calamandrei e delle altre tre good bank, che è in continua evoluzione. Le Nuove Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara viaggiano verso la vendita – con il traguardo fissato per il 30 settembre gli istituti sono impegnati in un percorso di rilancio che, dati alla mano, sembra iniziare a dare i suoi frutti. Ma sul tavolo ci saranno aspetti di natura squisitamente tecnica, legati al personale, all’attività dell’istituto Un confronto che vedrà al tavolo con l’ad Roberto Bertola le sigle sindacali presenti in Banca Etruria e cioè Fabi, Uilca, First Cisl e Fisac Cgil. Di carattere ben diverso sarà invece l’altro confronto sindacale, quello in agenda per giovedì 9 giugno. Quel giorno i rappresentanti dei sindacati nazionali dei bancari incontreranno a Roma il presidente Roberto Nicastro. Un summit convocato nella sede di Banca Marche, quartier generale di Nicastro quando si trova nella capitale. Non si tratta del primo confronto e anche questo vertice appare come uno step lungo quel percorso che sta caratterizzando le quattro banche da quando è entrato in vigore il decreto, lo scorso 22 novembre. Un vertice che affronterà tematiche diverse rispetto a quello in programma oggi in Via Calamandrei, argomenti che abbracciano presente e soprattutto futuro delle quattro banche. tornando al presente di Nuova Banca Etruria, va avanti il progetto “Alternanza Scuola- “Un progetto – spiegano da Via Calamandrei – che nasce con l’obiettivo di integrare la formazione con l’istruzione tecnica, realizzando momenti di alternanza tra studio e lavoro, nell’ambito dei processi formativi al fine di agevolare le scelte professionali dei giovani”. Dopo lo stage che ha interessato alcuni studenti del Liceo Città di Piero presso le filiali di Sansepolcro e Anghiari, giugno prenderanno il via due progetti formativi sia con l’Istituto Fossombroni di Grosseto che con l’Istituto Marsilio Ficino di Figline e Incisa Valdarno. Le filiali interessate al progetto ospiteranno gli studenti per due, tre settimane con orario 8.30 “al fine di far provare con mano le dinamiche lavorative e di supporto a famiglie e imprese che quotidianamente ricevono dai dipendenti consulenza e servizi”.

 

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