LA VOCE DI ROVIGO, venerdì 20 maggio 2016
BANCADRIA I punti oscuri del licenziamento e dei soldi spariti alla filiale di Scardovari – “La procura ora faccia chiarezza” – Cgil: “Accuse pesantissime, deve essere fatta piena luce”. Fabi: “Gli atti facciano il loro corso”
Alberto Garbellini
ROVIGO – E adesso potrebbe mettersi in moto la procura di Rovigo per fare chiarezza su quanto avvenuto alla filiale Bancadria di Scardovari. meglio, a sentire i sindacati, dovrebbe mettersi in moto. Sono infatti troppi, mano a mano che si racconta la storia e vengono a galla i particolari, punti oscuri della vicenda legata al licenziamento di due dipendenti, per procedure irregolari che, si era detto, avrebbero portato all’ammanco di soldi da alcuni conti interni alla Bcc. A scatenare tutto, come noto, è stata mercoledì scorso la lettera autografa di una ex cassiera (uno dei due dipendenti licenziati), che ha sollevato pesanti ombre sulla vicenda. che poi si è scoperto non essere stata licenziata per gli ammanchi, solo per “vizi di procedura”, come ha spiegato il suo legale, l’avvocato Antongiulio Colonna. E la vicenda non poteva passare sotto silenzio. credo – spiega Riccardo Gresele della Cgil bancari – che quando ci sono cose così delicate si debba fare chiarezza al più presto. credo che si muoverà anche la procura perché le accuse, da una parte e dall’altra sono pesantissime. Io non so e non posso sapere cosa sia successo a Scardovari, ma seguo il mondo delle Bcc da anni e i punti da chiarire sono davvero molti. Parlo da esterno, ma so che quelle procedure sui conti viaggianti, che si fanno per far quadrare i conti in relazione ai prestiti, sono super controllate. Per questo mi sembra improbabile che un errore venga scoperto solo dopo mesi, così pure un ammanco di denaro. Per non parlare del fatto che ci sono organismi di controllo interni ed esterni. Possibile che l’ispezione della Banca d’Italia non avesse rilevato niente?”. “Eppure – continua Gresele – mi pare di aver capito che nella lettera della dipendente licenziata si faccia riferimento, diciamo così, ad una sorta di banca nella banca, una specie di struttura parallela in grado di gestire prestiti in maniera ‘coperta’. Sarebbe incredibile che una cosa del genere possa essere sfuggita ai controlli e alle ispezioni”. Eppure la dipendente licenziata, atto detto per inciso impugnato davanti al giudice del lavoro, ha fatto pesanti denunce nella sua lettera- facendo capire che le procedure che lei faceva non erano frutto di una sua autonoma iniziativa. Accuse che, secondo qualcuno, sarebbero suffragate anche da prove e riscontri. Il legale della donna, su questo punto, non proferisce parola: no comment su tutta la linea. “Sono accuse durissime – commenta ancora Gresele – ed appunto per accertarne la veridicità credo che dovrà entrare in campo la magistratura, forse addirittura tirata in ballo dagli stessi vertici della banca perché nel caso quelle accuse si rivelassero infondate non mancheranno le conseguenze. Anche gravi”. Insomma la vicenda sembra assumere i contorni del giallo. Se la donna non ha sottratto i fondi (come pare di intuire dalla lettera di licenziamento in cui viene accusata di altro), quei soldi – dichiarati ma non presenti in cassa al momento del controllo – dove erano andati a finire? Loredano Zuin, di Fabi, sindacato che segue tantissimi lavoratori bancari, preferisce star fuori da ogni commento, limitandosi a dire che “se ci sono degli atti, lasciamo che facciano il loro corso per capire dove sta la ragione”. Insomma molta prudenza per una situazione che sta creando molta preoccupazione, antenne più dritte che mai, nel mondo Bcc di Adria e del Basso Polesine. Era stato l’avvocato Antongiulio Colonna, l’altroieri a specificare che “la mia assistita è stata licenziata per errori procedurali. Non si fa alcun cenno ad ammanchi di denaro. Noi riteniamo sia un licenziamento illegittimo e per questo lo abbiamo impugnato”. Ora però il caso rischia di traslocare dal solo tribunale del lavoro anche alla procura della Repubblica. Ci sono un paio di passaggi, nella lettera della donna, del resto, che hanno acceso i riflettori su qualcosa che potrebbe essere diverso da un semplice ammanco di cassa. Non resta dunque che vedere quali saranno gli sviluppi della vicenda. © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MATTINO DI PADOVA – LA TRIBUNA DI TREVISO – CORRIERE DELLE ALPI – LA NUOVA VENEZIA E MESTRE, venerdì 20 maggio 2016
I sindacati BpVi manager superpagati, personale senza incentivi
L’incremento della “buonuscita” per il top management e la non attivazione del sistema incentivante 2016 finiscono al centro delle critiche dei sindacati della Popolare di Vicenza. questo si aggiunge la situazione in cui sono costretti a lavorare i bancari, come odierni Mr. Wolf (citazione dal film Pulp Fiction, che di professione «risolve problemi»). «Il cda nel maggio 2015 ha deciso di pagare più che “adeguatamente” con 2,675 milioni di euro di gettoni di ingresso, più emolumenti, benefit vari e buonuscite raddoppiate il nuovo management con l’obiettivo di dare una scossa ed un segnale di discontinuità dal passato», denunciano Fabi, First- Fisac- e Unisin. rappresentanti dei lavoratori criticano inoltre aspramente quello che è accaduto «nel corso dell’assemblea con la mancata azione di responsabilità siamo diventati una vergogna nazionale». La spending review della banca, altro punto dolente, è solo per i dipendenti: 5 anni senza premio aziendale, 7 anni senza sistema incentivante, ma non certo per i manager. «Nel frattempo la raccolta si è drammaticamente ridimensionata, la credibilità del brand svanita, la reputazione dei dipendenti calpestata, la fiducia nella banca evaporata e i colleghi in rete che sempre più spesso ricevono lettere di reclami – proseguono Fabi, First- Fisac- e Unisin – Ci rincresce constatare che è mancato il coraggio di fare davvero piazza pulita del passato, mantenendo in posizioni di comando molti di quelli che sono stati corresponsabili della passata discutibile gestione». (n.br.)
IL GIORNALE, venerdì 20 maggio 2016
E Padoan si accorge solo adesso che in Italia ci sono troppe banche
Gian Maria De Francesco
Roma «Il governo lavora da più di due anni a riforme strutturali del settore bancario. Il nostro lavoro è ispirato da una filosofia di fondo: favorire le aggregazioni». Così parlò alla Stampa il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Senza batter ciglio, il titolare del Tesoro ha ribadito la linea interventista dell’esecutivo in materia bancaria, con buona pace dei sostenitori del libero mercato. «Il processo deve andare avanti, perché in Italia ci sono ancora troppe banche», ha specificato. Tali affermazioni allungano l’ombra di Palazzo Chigi, che già si stagliava su Bpm- Popolare, sui merger futuri. La materia è delicata. Da un lato, le banche sono le migliori sottoscrittrici del debito pubblico e la Germania in Europa vorrebbe disinnescare questo circolo vizioso. Dall’altro lato, le integrazioni bancarie portano inequivocabilmente a un ridimensionamento del numero di sportelli bancari e soprattutto di dipendenti. Non a caso Confesercenti ha sottolineato che «le fusioni riducono i costi ma non aumentano i ricavi», mentre Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari, ha ricordato «non ci sono troppe banche, ma troppi sportelli» che «poche grosse banche portano a situazioni oligopolistiche» Non è un cambiamento facilmente gestibile: Se le fusioni consentono di gestire meglio il problema dei 200 miliardi di sofferenze lorde (cui si aggiungono altri 150 miliardi di incagli), dall’altro lato l’impatto sociale è non trascurabile. Ecco, quindi, che nell’ambito della redistribuzione delle deleghe in seno a Via XX Settembre (frutto anche di una volontà di rinsaldare politicamente la maggioranza premiando Scelta Civica), Padoan potrà contare su un esperto alleato: il viceministro Pier Paolo Baretta (Pd). A quest’ultimo andranno le deleghe sulle banche, di recente creata e detenuta dal ministro, e quella sul federalismo fiscale. Baretta «cederà» la delega al demanio (del patrimonio immobiliare pubblico) al viceministro Enrico Zanetti (Sc) che otterrà anche quella sui piani di rientro delle Regioni dal deficit sanitario. Baretta, ex sindacalista Cisl, è un profondo conoscitore del mondo bancario nel quale l’organizzazione di Via Po è sempre stata forte (insieme alla Fabi), soprattutto nell’universo delle Popolari. È stato Baretta a sbrogliare la matassa che si era creata sulle Bcc, sebbene gli istituti toscani abbiano comunque intrapreso la strada dell’autonomia. Ed è stato Baretta a stemperare le tensioni in commissione rimediando ai decreti pasticciati dal premier. La partita del consolidamento è troppo importante per Palazzo Chigi. Ecco perché Renzi e Padoan hanno scelto un personaggio al di sopra di ogni sospetto.