CORRIERE DELLA SERA domenica 15 maggio 2016
Bpm-Banco meno filiali, uscite volontarie – Domani il piano, possibili 1.800 esuberi (500 già previsti) sportelli ridotti del 10%
MILANO Sarà una banca più leggera, la nascitura Bpm-Popolare, con meno dipendenti e meno sportelli. Le sinergie e gli efficientamenti previsti dal piano industriale al 2019 che verrà presentato domani dovrebbero prevedere, secondo indiscrezioni della vigilia, esuberi per 1.800 dipendenti, da gestire con uscite volontarie. Di questi circa 500 erano già previsti dal piano di uscite del Banco Popolare. Analogamente la banca ridurrà la presenza fisica sul territorio, con un taglio di circa il 10% delle filiali. Si parla di 250 su 2.500 totali, in gran parte a causa delle sovrapposizioni: «Niente licenziamenti, accetteremo solo uscite volontarie», mette le mani avanti il segretario della Fabi Lando Maria Sileoni. Non dovrebbero invece per il momento essere coinvolte nei piani di riorganizzazione le fabbriche prodotto, come le assicurazioni o il risparmio gestito (Anima e Gestielle), soprattutto perché i due capiazienda, Giuseppe Castagna (Bpm) e Pierfrancesco Saviotti (Banco) hanno deciso di portare a scadenza le partnership esistenti. Dopo, potrà discutersi di eventuali fusioni. Il piano sarà anche un passaggio chiave per spiegare ai mercati la portata della fusione che prevede un concambio già fissato al 54% Banco e 46% Bpm. Oggi Bpm e Banco insieme in Borsa valgono circa 4 miliardi. Dall’annuncio della fusione la capitalizzazione totale delle due banche è calata di circa 1,5 miliardi trascinata al ribasso in particolare dall’istituto veneto che deve affrontare un aumento di capitale da 1 miliardo per alzare la copertura dei crediti deteriorati, come chiesto dalla Bce. Lunedì sarà una giornata importante anche per la lista dei 19 amministratori che comporranno il primo board della futura banca post- La lista va definita entro il 23 maggio, quando la fusione sarà presentata e portata in Bce per l’avvio ufficiale dell’iter di autorizzazione. Sicuri sono finora i tre posti di vertice: il presidente Carlo Fratta Pasini (ora numero uno del Banco), Saviotti e Castagna. Della compagine, 9 saranno di nomina Banco, 7 Bpm, più tre indipendenti tra i quali c’è Castagna – che sarà ceo due indipendenti assegnati alle quote rosa. Le donne in cda saranno sette. Ci sono poi da assegnare 5 posti nel collegio sindacale: 4 spettano al Banco, ma con la presidenza alla Bpm. E resta infine da sciogliere il nodo della controllata Bpm spa: Castagna all’ultima assemblea aveva detto che il progetto avrebbe potuto essere accantonato. È anche possibile che venga comunque creata una banca- leggera. In quel caso il posto di presidente potrebbe andare all’attuale presidente del consiglio di sorveglianza, Nicola Rossi. Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA STAMPA (TUTTE LE EDIZIONI) domenica 15 maggio 2016
Bpm-Banco, gli esuberi sono 1800 – In arrivo uscite volontarie: saranno chiusi 250 sportelli, la maggior parte in Lombardia
FRANCESCO SPINI
MILANO. Si alza il sipario sulla fusione bancaria dell’anno tra la Popolare di Milano e il Banco Popolare. Domattina si riuniranno i consigli delle due banche (a Milano formalmente si riunirà quello di gestione, ma vi parteciperanno anche i consiglieri di sorveglianza) per approvare il piano strategico triennale della nuova superbanca, che sarà la terza più grande nel panorama italiano. Già alla vigilia dell’appuntamento trapelano le prime cifre. Quella che ha tenuto col fiato sospeso per mesi i lavoratori, relativa agli esuberi di personale, appare nelle indiscrezioni, tutto sommato limitata: si tratterebbe di 1800 persone su 25 mila lavoratori totali. In sostanza il 7,2 Quanto agli sportelli, invece, ne sono destinati alla chiusura 250, prevalentemente in Lombardia per via delle sovrapposizioni che ci sarebbero. Va ricordato che nel Banco Popolare era confluita la Popolare di Lodi, con le ex popolari di Crema e Cremona. Tornando ai 1800 esuberi (numero che col tempo, secondo qualche voce interna potrebbe essere destinato a salire), verranno gestiti fino al 2019 su base volontaria e con il ricorso agli strumenti di incentivazione del settore. Circa 500 sarebbero frutto dei vecchi accordi all’intero del Banco Popolare. Grazie al ricorso al fondo esuberi alimentato dal settore, ai lavoratori sarà garantita l’uscita anziché al 60-70% fino a circa l’80% dell’ultima retribuzione percepita.
I sindacati, però, restano vigili. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, a scanso di equivoci avverte i manager delle due banche: «Vogliamo prepensionamenti volontari, non uscite obbligatorie». In queste ore all’interno della banca si stanno limando i dettagli del piano che domani pomeriggio sarà presentato agli analisti e alla stampa, mentre martedì sarà posto all’esame dei sindacati. Gli analisti attendono di conoscere i numeri della nuova banca che, secondo alcune voci interne agli istituti, vedrebbero un utile, nel 2017, nella forchetta 6 milioni per andare verso il miliardo verso fine piano. Si vedrà. Milano, che avrà la sede legale della banca, comparirà in qualche modo nell’acronimo del nome della nuova banca. Potrebbe rimanere anche una banca rete con il nome Bpm, ma non la Spa che all’inizio i soci avevano richiesto. Complessa anche la gestione delle controllate delle due banche: Aletti e Akros, almeno in un primo tempo, potrebbero restare separate, contando che svolgono attività differenti, mentre sul fronte del credito al consumo, la ProFamily sarebbe favorita, con il 40% detenuto in Agos dal Banco Popolare che in un prossimo futuro potrebbe finire in vendita.
IL GIORNALE domenica 15 maggio 2016
Pronto il piano di nozze Banco-Bpm – Attesi 1.800 esuberi e la chiusura di 250 filiali. Nuovo diktat Bce, l’idea «Bipiemme spa» verso il naufragio
Massimo Restelli
Passa da 1.800 esuberi e dalla chiusura di 250 sportelli entro il 2019 il progetto di fusione tra il Banco Popolare e Bipiemme da cui nascerà il terzo polo del credito del Paese. I capi azienda Pier Francesco Saviotti e Giuseppe Castagna, che prenderà le redini dell’aggregato stanno limando i dettagli in vista della presentazione del piano in agenda domani, dopo l’approvazione dei rispettivi cda, ma stando a quanto trapela dagli advisor, l’obiettivo è raggiungere a fine periodo 800 milioni di profitti. Si profila però un’importante novità: a differenza di quanto annunciato un mese fa, la sopravvivenza di Bpm sotto alla nuova holding subirà infatti quasi certamente un forte ridimensionamento. Per espresso ordine della Bce, che non accetta moltiplicazioni di poltrone, la Milano dovrebbe ora assumere non più la veste di «Spa», ma solo quella più modesta di «banca rete». La «nuova Bpm» manterrà tuttavia un proprio vertice (molto snello) una (limitata) autonomia. In ogni caso questa catena di controllo avrà vita breve: tre anni al massimo, poi ci sarà, come vuole la Vigilanza, solamente la holding. Dove la Milano peserà post fusione per il 46% e il Banco per il 54 per cento. Le filiali che saranno chiuse sono invece concentrate, per un’evidente sovrapposizione delle reti distributive, in Lombardia, cui si aggiungerebbe qualche sacrificio in Piemonte e nel Lazio. Dovrebbero comunque essere mantenute le insegne di «territorio» più radicate come. Chi si attende già domani un progetto potrebbe tuttavia restare spiazzato; l’impostazione scelta da Saviotti e Castagna sarebbe infatti quella di tracciare il macro- lasciando ai successivi cantieri il resto. Per quanto riguarda le controllate, per il momento Banca Akros e Banca Aletti resterebbero due realtà distinte, con l’idea però di accentuarne le rispettive specializzazioni «core»: l’investment banking per la prima e il private per la seconda, il conseguente reciproco travaso di clientela. Più complessa la partita nel credito al consumo dove si sovrappongono Profamily e Agos. Il progetto di nozze non sembra prevedere misure immediate, ma secondo gli osservatori la prima è in vantaggio, sebbene il marchio della seconda sia molto forte, perché è interamente controllata. Agos, jont venture di cui il Banco possiede il 39%, se arrivasse una proposta alettante potrebbe quindi a tendere uscire dal perimetro. Tornando agli esuberi: al prepensionamento, su base volontaria, di 1.800 addetti concorrono i 500 tagli già previsti dal Banco dagli accordi in essere. «Accetteremo unicamente uscite volontarie», ha subito avvertito ieri il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni. Banco dovrà ora licenziare l’aumento di capitale da un miliardo: l’operazione meno di sorprese, scatterà per fine mese.
IL RESTO DEL CARLINO – LA NAZIONE – IL GIORNO e IL GIORNO (TUTTE LE EDIZIONI)
domenica 15 maggio 2016
Bpm-Banco conti con gli esuberi E 250 sportelli chiuderanno i battenti – I tagli previsti sono 1.800 Domani si alzerà il velo sul piano industriale
Claudia Cervini
MILANO. DOMANI verrà alzato il velo sul piano industriale del progetto di fusione tra Banca Popolare di Milano e Banco Popolare, più grande operazione di consolidamento nel settore bancario in Italia dal 2007. Sulla tabella di marcia dei due istituti è già trapelato qualche dettaglio: esuberi saranno circa 1.800 (di cui 500 frutto di un accordo già in essere) verranno gestiti, secondo indiscrezioni, fino al 2019 su base volontaria e col ricorso agli strumenti di incentivazione del comparto. Gli sportelli chiusi (causa sovrapposizioni) saranno circa 250, per grandissima parte in Lombardia. GLI ESUBERI sono uno dei temi caldi del momento visto che il comparto è alle prese con un vero e proprio ridimensionamento dato da un contesto in evoluzione, dall’irruzione delle nuove tecnologie e da una politica che insiste con forza sul necessario snellimento del settore. Secondo i dati First- aggiornati al 1° gennaio 2016 le uscite previste nei principali gruppi italiani, per i piani industriali in essere, sono 21mila di cui 13mila già realizzate. Se questo è il contesto non è difficile comprendere perché ci sia particolare attesa per il piano di Milano e Verona che, dopo la presentazione al mercato, verrà illustrato e discusso coi sindacati. aprirà una trattiva. Se la banca accetterà di gestire gli esuberi attraverso il nostro ammortizzatore sociale di categoria e su base assolutamente volontaria, le uscite verranno gestite senza traumi», spiega Lando Sileoni, segretario generale Fabi. «Per dare un giudizio dobbiamo capire come queste uscite verranno inserite nel programma, l’uso che verrà fatto del Fondo esuberi, il ricambio generazionale previsto e il tempo di accompagnamento per l’uscita vera e propria», commenta Giulio Romani, segretario generale First- SEMPRE secondo i rumors, grazie al ricorso al fondo esuberi alimentato dal settore, ai lavoratori del nuovo gruppo bancario lombardoveneto sarà garantita l’uscita fino a circa l’ dell’ultima retribuzione percepita. Proprio il fondo esuberi è oggi al centro di una discussione accesa tra sindacati, governo e Abi. Nell’ultimo decreto il governo ha modificato in senso più favorevole i termini dei fondi di solidarietà. Attualmente possono aderire ai piani di riduzione del personale le risorse a cui mancano cinque anni dal raggiungimento della pensione. Con le nuove norme potranno aderire anche le risorse che devono maturare sette anni. La norma dovrebbe, dunque, favorire il taglio dei costi. NON MANCANO però problemi. «Il ricorso al fondo ha un costo per le banche – spiega Romani -. Motivo per cui le recenti operazioni, ricordo per esempio quella di Unicredit, hanno previsto la possibilità di accedere al fondo esuberi per 36 mesi e solo dopo un’importante trattiva». La risposta, secondo i sindacati, sta nel permettere alle banche di contribuire in misura minore all’ammortizzatore sociale nazionale per poter gestire al meglio, in un momento difficile per il settore, le importanti uscite. Secondo Sileoni, l’estensione da cinque a sette anni prevista dal governo è invece positiva, ma bisognerà capire quante risorse le banche potranno effettivamente mettere a disposizione del fondo esuberi. DI TREND rialzisti non se ne vede l’ombra Epperò del Toro si intravvedono le corna. Anzi, sembra che ci sia un gigante che un giorno compra questa azione e il giorno dopo compra quell’altra come se volesse nascondere agli occhi del pubblico la sua bulimia. Sul mercato passano quantitativi mostruosi, il prezzo si impenna per un giorno, e poi la quiete regna sul campo di battaglia. Ecco allora che il gigante ricompra un altro titolo, che vola al +10% con controvalori fuori dalla norma, e poi di nuovo silenzio. L’elemento più affascinante è che so- oggetto di accumulazione le azioni più redditizie: Astaldi, Brembo, Campari, Interpump, De Longhi, Moleskine, Prysmian, Retelit, Saras. Epperò le azioni non sono state in grado di sviluppare un trend al rialzo consistente, perché non possiamo certo dire che ci siano in giro delle azioni che sono al rialzo in maniera conclamata, tranne forse Moleskine. È EVIDENTE che se queste esplosioni di prezzo fanno la felicità del trader intraday, al risparmiatore non dicono nulla perché o detiene già quei titoli o non li dovrebbe in ogni caso comprare perché sarebbe falso raccontare che hanno imboccato un trend al rialzo. Quindi per il momento godiamoci Moleskine, che ha ancora molta strada da fare, anzi sta entrando in quella fase per cui in molti si mordono le dita per non averla comprata e si affrettano a correggere l’errore per cui forse tra un qualche per cento sarà più il momento di vendere che di comprare. ringraziamo sentitamente anche Brembo perché se non fosse per questi titoli, il risparmiatore dovrebbe lanciarsi in giaculatorie contro la Borsa. La speranza è che la quiete in Borsa possa precedere la tempesta, questa volta al rialzo e non invece al ribasso come sempre nell’ultimo anno.