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Rassegna Stampa, martedì 3 maggio 2016

di Redazione

IL SOLE 24 ORE martedì 3 maggio 2016

Credito. Siglato l’accordo con i sindacati – In Ubi assunzioni dal fondo esuberi

Nei giorni in cui si è tornati a parlare di esuberi tra i bancari, il gruppo Ubi ha siglato con i sindacati un accordo con cui vengono esaudite tutte le richieste di uscita volontaria (un numero molto superiore a quello previsto dall’accordo del dicembre 2015) e che costituisce un precedente politico molto positivo e importante per i lavoratori che sono entrati nella sezione emergenziale del Fondo di solidarietà. Si tratta di un’intesa che dà seguito alle previsioni dell’ultimo contratto collettivo nazionale ma che, per il sindacato, segna un importante passo avanti: «Questo accordo offre opportunità di ricollocazione ai lavoratori bancari, che hanno perso il posto a causa di crisi aziendali. Rappresenta un precedente importante per il settore ed è la dimostrazione che, ancora una volta, il gruppo e le organizzazioni sindacali hanno saputo trovare soluzioni solidali e innovative a sostegno dell’occupazione, non lasciando indietro nessuno», commenta Paolo Citterio, coordinatore Fabi del gruppo Ubi.

Nel merito, l’intesa prevede che vengano accolte ulteriori domande di prepensionamento volontario e incentivato da parte dei lavoratori, aggiuntive rispetto alle 70 autorizzate dal precedente piano d’esodi. In base a quanto concordato con i sindacati, contestualmente alle uscite, l’azienda potrà assumere nuovo personale pescando, dunque, anche dal bacino di coloro che sono transitati sulla sezione emergenziale del Fondo di solidarietà. Naturalmente vi saranno valutazioni di merito. Il Fondo emergenziale è stato costituto attraverso un accordo sindacale nel 2009 e ad oggi ha garantito un assegno di sostegno al reddito e servizi di outplacement a oltre mille lavoratori bancari di aziende in liquidazione, che non avevano i requisiti anagrafici per accedere al Fondo di solidarietà.

L’intesa siglata dal gruppo Ubi e dai sindacati segue il piano di razionalizzazione che è stato avviato dopo l’accordo del dicembre del 2015 e che ha previsto l’uscita su base volontaria di circa 410 bancari a livello di gruppo con accesso al Fondo di sostegno al reddito di settore. L’accordo ha riguardato in primis le 339 domande di adesione al precedente piano attuato con l’accordo quadro del 26 novembre 2014 e risultate superiori rispetto alle 500 accolte in base all’accordo. Per le ulteriori 70 posizioni, che potevano aderire sempre su base volontaria, era prevista la cessazione dal servizio entro il 31 marzo di quest’anno, dando precedenza alle risorse in grave stato di salute. A fronte delle uscite quest’anno e il prossimo il gruppo aveva previsto l’inserimento di 130 risorse (più un massimo di 30 risorse proporzionalmente all’esodo delle ulteriori 70 posizioni), sia mediante nuovi inserimenti che mediante la stabilizzazione di rapporti di lavoro temporaneo. Tra questi, secondo le compatibilità che si verranno a creare con le esigenze dell’azienda, ci saranno anche i lavoratori che sono finiti all’interno della sezione emergenziale del Fondo di solidarietà. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cristina Casadei

GIORNALE DI VICENZA martedì 3 maggio 2016

COLPO DI SCENA. La Borsa ha respinto lo sbarco a piazza Affari – BpVi non suonerà la campanella – Niente quotazione – Troppo bassa l’adesione all’aumento di capitale Ora la banca diventa al 99,33% del fondo Atlante che sottoscriverà 15 miliardi di azioni a 0,10 euro

non suonerà la campanella di Piazza Affari. Domani non ci sarà alcuna cerimonia di avvio delle contrattazioni. Tutti a casa. Borsa Italiana ieri con l’avviso ufficiale numero 8588 delle 15.46 ha bocciato la quotazione: «Non sussistono i presupposti per garantire il regolare funzionamento del mercato». Pertanto, il provvedimento di ammissione delle azioni in Borsa «è da considerarsi decaduto». È fi- così l’attesa durata tre giorni – accompagnata per tutta la mattinata di ieri dal ribasso dei titoli bancari – dopo la scadenza venerdì alle 13 del periodo di offerta delle azioni (il risultato dell’offerta era stato comunicato dalla banca alle 23.58 di sabato 30 aprile), dopo che era stato posticipato di 24 ore per andare incontro ai soci, il cui apporto è risultato però, come si è visto, insignificante. Così come quello dei soci istituzionali. Nel giro di pochi minuti dopo la comunicazione della Borsa i nuovi proprietari della banca (Quaestio Capital Management Sgr Spa tramite il fondo Atlante) hanno confermato che sottoscriveranno 15 miliardi di azioni ordinarie al prezzo unitario di 0,10 euro per un controvalore di 1,5 miliardi. Ed entreranno così nel capitale sociale di BpVi al 99,33% Sono i nuovi padroni. Agli attuali azionisti lo 0,67% Ai sottoscrittori (extra Atlante) verrà cancellato l’ordine delle nuove azioni. NIENTEBORSA. Il «no» di Borsa italiana è arrivato in seguito all’esame dei risultati dell’offerta In particolare – come si legge nell’avviso – la Popolare di Vicenza ha avuto un unico soggetto (Atlante, appunto) in possesso del 91,72% del capitale sociale; ha avuto poi 10 investitori istituzionali col 5,07% di cui il 4,97% da un unico investitore (Mediobanca), indicato come «non computabile ai fini del flottante» il residuo 0,1 dai restanti investitori. Il «pubblico indistinto», la gente comune nuovi soci, avrebbe detenuto lo 0,36% e gli azionisti preesistenti (vecchi soci) appena il 2,86% del capitale sociale post offerta globale. La Borsa ha detto «no». Era uno dei rischi: la banca in pratica non ha raggiunto il 25% di flottante, cioè troppo poco l'” diffuso”, troppo lontano dall’asticella del 25% messa come limite. nessuna deroga come era apparso profilarsi in un primo tempo. «Non c’erano le condizioni – ha detto Raffaele Jerusalmi, ad di Borsa Italiana -. Sostanzialmente non era garantita la correttezza degli scambi per lo scarso flottante». Per effetto del «no», l’offerta quindi decade e Atlante si accollerà l’intero importo dell’operazione 1,5 miliardi di euro appunto. Cosa farà ora? INTERESSI. «Il fondo “Atlante” – si legge nella nota di Quaestio -, quale anchor investor (azionista di riferimento), intende sostenere la ristrutturazione, il rilancio e la valorizzazione della banca, avendo come obiettivo prioritario l’interesse dei propri investitori». Una conferma del resto di quanto aveva detto Alessandro Penati, presidente di Quaestio Sgr, venerdì alla presentazione del fondo, avanzando già i possibili piani B, C ecc, ancor prima della chiusura dell’offerta se il piano A della quotazione non fosse andato a buon fine. Per Penati le possibili alternative sono tante: «Potremmo decidere di vendere la banca – aveva ipotizzato – oppure fonderla con un altro istituto, ancora spezzettarla. al limite, una volta ristrutturata, posso immaginare di fare un’altra Ipo ad un prezzo più alto». Parola d’ordine business. SINDACATI. Fatto sta che ieri pomeriggio i sindacati non avevano parole. «Non so quali potranno essere le conseguenze di tutto ciò – afferma a caldo Giuliano Xausa, segretario nazionale della Fabi, sindacato più rappresentativo dei bancari, dipendente della BpVi – l’impatto è piuttosto preoccupante. Si apre uno scenario del tutto nuovo perché non ci sono ordini di paragone: ci risulta il primo piano di tentata quotazione di una banca che non va in porto». Da un lato certo nessuna negoziazione delle azioni, ma d’altro la preoccupazione sul futuro dei 5.500 dipendenti già coinvolti in un piano esuberi da 575 persone. «Uno ” spezzatino ” – sostiene Xausa – speriamo proprio di no. Qualsiasi scelta verrà fatta – prosegue – è ne che si operi nell’ambito del contratto nazionale di lavoro, non pensare cioè ad alcuna deroga, licenziamento, demansionamento, governare le necessità nell’ambito del contratto. Domenica avevamo chiesto un incontro alla direzione sul futuro». Da ieri l’interlocutore è cambiato. ? © RIPRODUZIONE RISERVATA Roberta Bassan

GAZZETTINO (TUTTE LE EDIZIONI) martedì 3 maggio 2016

VICENZA Messaggio alla clientela: «Niente rischi, tutti garantiti» – Iorio: «Mercato negativo e tempi troppo stretti – Ma ora si può ripartire – L’amministratore delegato cerca di rassicurare soci e correntisti: «Andiamo avanti con fiducia»

Primo: rassicurare la clientela. Il tam tam di Popolare Vicenza dopo la bocciatura della quotazione in Borsa è stato deciso: «Depositanti e obbligazionisti sono garantiti, la banca non è a rischio». Un concetto che ribadisce anche in serata il consigliere delegato Francesco Iorio, il supermanager da 1,8 milioni di bonus d’entrata e stipendio d’oro «La cosa più importante era l’aumento di capitale per poter riprendere a lavorare in modo ordinato e ordinario. Questo è stato fatto, il mattoncino principale è stato messo, andiamo avanti con grande fiducia e determinazione». Quanto alla mancata ammissione a Piazza Affari, Iorio nota che la banca ha scontato «il momento di mercato molto negativo e un limite temporale molto stretto che ci ha imposto di procedere comunque». I sindacati non sono così tranquilli come il loro capo operativo: «Abbiamo chiesto un incontro urgente con il consigliere delegato per discutere la situazione – commenta Giuliano Xausa, della segreteria nazionale della Fabi – c’è l’estrema necessità di far riprendere l’attività normale della banca e garantire un futuro agli oltre 5500 dipendenti. Noi non vogliamo nessuna vendita, il gruppo può rilanciarsi solo se rimarrà unito». Ennio Doris, patron di Mediolanum e socio storico di Silvio Berlusconi, promuove il “fondone”: «Ha fatto tutto quello che doveva fare per mettere in bonis Bpvi. Abbiamo messo 50 milioni, siamo stati I primi a partecipare dando il buon esempio per il bene del Paese. Bisognava farlo e io lo rifarei». Resta un’operazione nata con le stimmate del salvataggio e finita senza una quotazione salvifica. Un mezzo flop che getta un’ombra su tutto il settore a poche settimane dall’aumento di capitale da 1 miliardo che deve varare Veneto Banca. Atlante ha le spalle abbastanza larghe per coprire interamente l’operazione In favore dell’operazione di Veneto Banca, inoltre, c’è la presenza di un vero e proprio consorzio di garanzia guidato da Banca Imi e non una sola banca, Unicredit, che si era assunta l’intero rischio scaricandolo poi su Atlante. Al momento però contatti ufficiali tra Quaestio e Banca Imi (Intesa Sanpaolo), cui spetta in prima battuta la garanzia insieme ad altre nove banche (tra cui Ubs, SocGen Credit Suisse e Citi), non ce ne sono stati. Per avviarli si attende che l’operazione entri nel vivo la settimana prossima, dopo l’assemblea dei soci di giovedì. Ieri si è notata comunque una prima apertura verso Atlante da parte di Intesa Sanpaolo dopo che il Ceo di Veneto Banca, Cristiano Carrus, aveva anticipato che non sarebbe servito. Carlo Messina ha detto che l’eventuale intervento «si vedrà fra qualche giorno» ma comunque «so- sempre fiducioso». Tutti attendono quindi che parta la fase di pre- per sondare gli investitori (tra l’ e il 12 maggio). Atteso un taglio deciso rispetto all’attuale prezzo di recesso di 7,3 euro. Maurizio Crema © riproduzione riservata

 

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