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SILEONI A TUTTO CAMPO SU MILANO FINANZA

di Redazione

Intervistato dal quotidiano, il Segretario generale FABI risponde punto per punto sulla situazione del settore e le possibili vie d’uscita.  Articolo di Bernardo Soave

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MF-MILANO FINANZA, giovedì 21 aprile 2016
Parla Sileoni (fabi) fusioni necessarie per salvare le piccole banche
Va bene l’m&a, se non fa macelleria
di Bernardo Soave 

L’aggregazione con gruppi più forti è il solo modo di tirare fuori dalle difficoltà le banche più piccole, facendo tra l’altro leva sulla riduzione dei costi di struttura, anche attraverso i consorzi di servizi, e utilizzando le nuove tecnologie per creare valore e non per tagliare posti di lavoro.
Così la pensa Lando Sileoni, Segretario nazionale della Fabi.
– Domanda. Prima lo scandalo delle quattro banche, poi la Popolare di Vicenza e Veneto banca. C’è chi dice che 309mila bancari sono troppi. Cosa risponde?
– Risposta. Sono troppi quelli che, come in un juke box, sparano contro la categoria. E sono troppo alti i compensi di alcuni manager rispetto ai risultati ottenuti. In nome delle nuove tecnologie e della modernità, non accetteremo mai di mandare a casa i lavoratori. Servirebbe una ristrutturazione del settore condivisa da aziende e sindacati. Ma non ci fidiamo di controparti che si ostinano su un modello di banca superato. Bisogna confrontarsi su nuove professionalità e attività: via libera quindi alla specializzazione dei lavoratori, investendo su consulenze fiscali, commerciali, legali, recupero crediti e informatica. Per arginare i costi le banche devono far leva sull’innovazione, aprendosi ad altre attività e uscire dai confini tradizionali. L’aggregazione sarà l’unico modo di salvare le banche in crisi, perché è bene ricordare che fino a poco tempo fa Bankitalia poteva commissariare, mentre oggi si deve applicare il bail in con tutte le conseguenze del caso. Anche le piccole banche, se ben gestite, hanno diritto a vivere in autonomia e vanno messe in condizione di ridurre i costi di struttura, a partire da quelli informatici. Sotto questo aspetto i Consorzi dei servizi bancari vanno nella giusta direzione.
– D. L’Abi preme sul governo per ottenere vantaggi fiscali o nuovi strumenti per gestire gli esuberi in vista delle fusioni.
– R. Ben vengano tutte le iniziative o provvedimenti che consentano alle banche un trattamento fiscale in linea con gli standard europei, ma va chiarita una cosa: non accetteremo mai provvedimenti radicali che potrebbero agevolare licenziamenti di massa. Renzi sa bene come la pensiamo e i lavoratori bancari sapranno valutare l’operato di chi difende i posti di lavoro. Se così non fosse, il governo se ne assumerà le responsabilità, anche sul piano del consenso. Se la proposta è chiedere alle banche di aumentare i rimborsi agli obbligazionisti dei quattro istituti in cambio di una migliore fiscalità, noi ci stiamo. Sempre che non si tocchino i posti di lavoro.
– D. L’Abi sbaglia a far l’interesse delle banche?
– R. Fino a prova contraria io mi fido di quanto detto ai sindacati dal presidente Patuelli, dal presidente del Casl Lodesani e dal dg Sabatini. Hanno sempre detto che gli esuberi vanno gestiti a livello di gruppi e non di sistema. Voglio anche ricordare che nessuno si può lamentare, perché il personale è sempre uscito su base volontaria. E tale deve restare la flessibilità in uscita. Condividiamo i timori del presidente Inps, Tito Boeri, sulla disoccupazione giovanile, ma nel nostro settore negli ultimi 15 anni sono state assunte, con differenti tipologie contrattuali, migliaia di persone. Voglio ribadire che ai primi eventuali licenziamenti collettivi faremo le barricate, con scioperi e manifestazioni di piazza.
– D. Come andrebbero gestite dalle banche le nuove tecnologie?
– R. Se ben gestite saranno opportunità e non mezzi o alibi per tagliare posti di lavoro. Occorre prima la condivisione di un nuovo modello di banca e poi l’individuazione, anche contrattuale, di tutte le nuove attività riconducibili alla banca online. In alcuni Paesi nordeuropei le banche hanno cambiato pelle, in termini di modelli distributivi e organizzazione interna, puntando su una radicale riqualificazione del personale, riconoscendo anche economicamente meriti e professionalità. Il cambiamento organizzativo che la banca online richiede non può essere a costo zero. La verità, secondo me, è che le banche non hanno poi così voglia di mettersi in gioco, preferendo vivere alla giornata. E le prossime fusioni non aiuteranno certo, almeno all’inizio, a investire con decisione sulle nuove tecnologie.
– D. All’Abi avete chiesto di condividere un codice etico sulla vendita di prodotti finanziari.
– R. Il codice etico sarà utile se eliminerà le pressioni commerciali sui dipendenti, altrimenti non servirà a nulla. Patuelli ha dichiarato la disponibilità sua e di Abi ad approfondire l’argomento. Verificheremo nei fatti se ci sarà la reale volontà dei banchieri di ripristinare la fiducia dei cittadini verso gli istituti, dopo gli ultimi scandali. Chiaro che, sul piano mediatico, la disponibilità di Abi risponde soprattutto a questa esigenza, ma è altrettanto vero che con Patuelli l’Abi ha cambiato atteggiamento, mostrando cambiamenti veri e non solo mediatici rispetto alle esigenze dei clienti. Ma, ripeto, è inutile un codice etico che non preveda conseguenze per chi non lo rispetta.
– D. Avete denunciato le troppe cause penali di clienti verso bancari.
– R. Non solo denunciato. Ci siamo subito attivati con Abi e le stesse banche per la certezza della copertura, da parte degli istituti, delle spese legali per i dipendenti coinvolti. Sul sito della Fabi i nostri legali rispondono in tempo reale ai quesiti dei lavoratori. Mai li lasceremo soli. (riproduzione riservata)

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