Home Rassegna Stampa CRISI SISTEMA BANCARIO E RISPARMIATORI / LAVORATORI "BEFFATI": LA DICHIARAZIONE DI SILEONI SU STAMPA E WEB

CRISI SISTEMA BANCARIO E RISPARMIATORI / LAVORATORI "BEFFATI": LA DICHIARAZIONE DI SILEONI SU STAMPA E WEB

di Redazione

IL SOLE 24 ORE, giovedì 10 dicembre 2015

Nicastro ai clienti: impegno a tutto campo

«Il sacrificio più grande è toccato ai possessori degli strumenti di investimento più rischiosi: le azioni e le obbligazioni subordinate. Il nostro impegno su tutti i tavoli, territoriali e nazionali, è quello di contribuire a trovare soluzioni compatibili con la rigorosissima normativa europea». È quanto Roberto Nicastro, presidente delle 4 “Good Bank” ha scritto in una lettera indirizzata ai clienti e pubblicata sui quotidiani dei territori in cui operano la Nuova Banca Marche, Nuova CassaFerrara, Nuova Banca Etruria, e Nuova CariChieti.

Nicastro ha ricordato che «sono stati tutelati i conti correnti, i depositi e le obbligazioni ordinarie delle famiglie e delle imprese – si legge nella lettera – e, conseguentemente, anche tantissimi soggetti finanziati» mentre «purtroppo, il sacrificio più grande» è toccato appunto a chi ha investito negli strumenti più a rischio. Ma, afferma il presidente, i clienti devono sapere che «prima di tutto noi ci siamo, e siamo pronti a rinnovare il nostro sostegno con la consueta cordialità e professionalità». «Siamo pronti a stare al vostro fianco quando avrete la necessità di finanziare i vostri progetti e condividere le vostre scelte finanziarie». Ma il presidente Nicastro ha evidenziato che gli istituti si sono «trasformati in Good Bank: ovvero la “banca buona” ha assunto i diritti, le attività e le passività della vecchia banca. La soluzione adottata dalla Banca d’Italia e dal Governo ci assicura risanamento e continuità operativa».

Nicastro ha evidenziato il «rinforzato spirito di fiducia» presente negli istituti e ha aggiunto in conclusione un’esortazione ai clienti stessi: «Anche in un anno non semplice come questo, il numero dei clienti è rimasto stabile, a riprova di una relazione forte, intensa e duratura nel tempo. Ora si apre un nuovo capitolo: facciamo insieme questo cammino!».

Sul caso delle azioni e bond subordinati “azzerati” – condizione questa che si è resa necessaria per varare il salvataggio delle banche – ieri sono intervenuti anche i sindacati. Che hanno messo in evidenza come tra gli stessi dipendenti degli istituti ci siano persone che hanno investito su bond e azioni ora finiti in fumo. «Oltre il 70% dei dipendenti di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara avevano investito i loro risparmi in azioni o obbligazioni delle banche stesse. Questo la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti», ha detto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. «Nello specifico – prosegue Sileoni -, nel Gruppo Banca Marche i lavoratori in possesso di azioni od obbligazioni subordinate sono 2.210 su 2800 dipendenti totali, in Carife sono oltre 500 su un totale di mille addetti, in Banca Etruria su 1700 dipendenti, 1200 sono titolari di azioni, mentre 100 hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare per un controvalore di 3,8 milioni di euro». © RIPRODUZIONE RISERVATA 

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IL SOLE 24 ORE, giovedì 10 dicembre 2015

Salvabanche, «pagano» pure i lavoratori

In Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti a perdere gli investimenti ci sono anche 4mila lavoratori che hanno investito i loro risparmi in azioni e/o obbligazioni delle banche stesse. Si tratta di quasi il 70% dei dipendenti.

Secondo la Fabi questi sarebbero i dettagli. Nel Gruppo Banca Marche i lavoratori in possesso di azioni od obbligazioni subordinate sono 2.210 su 2.800 dipendenti totali, in Carife sono oltre 500 su un totale di mille addetti, in Banca Etruria su 1.700 dipendenti, 1.200 sono titolari di azioni, mentre 100 hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare per un controvalore di 3,8 milioni di euro. Nel Gruppo Banca Marche e Carife, azioni ed obbligazioni subordinate sono in diversi casi possedute anche dalle famiglie dei lavoratori. Infine solo in Carichieti si va in controtendenza: su 700 dipendenti circa 25 hanno sottoscritto obbligazioni subordinate dell’istituto.

Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, ricorda che da anni le organizzazioni sindacali del credito si battono contro le pressioni commerciali fatte dai vertici delle banche ai loro dipendenti. Talvolta siamo dovuti intervenire per scongiurare sanzioni disciplinari a danno di quei lavoratori che manifestavano perplessità rispetto alla vendita di prodotti finanziari “a rischio”». Senza tralasciare che «più volte siamo intervenuti duramente contro le politiche spregiudicate di alcuni istituti di credito che, pur di incassare commissioni e guadagni di rilievo, pressavano quotidianamente i lavoratori bancari a contatto con la clientela per far collocare quanti più prodotti possibili», continua Sileoni. La via d’uscita in questa situazione, però ci sarebbe, per il sindacalista: «Sarebbe sufficiente per le banche spostare, invece che sul breve termine, sul medio e lungo termine tutti i ricavi provenienti dalla vendita dei prodotti finanziari. Ma da questo orecchio i vertici delle banche non sentono!». Dalle segreterie Fisac Cgil delle Nuova Banca Carife, CariChieti, Banca Marche e Banca Etruria, intanto, è arrivata una richiesta di incontro al presidente della Camera Laura Boldrini «per rappresentarle le proposte e le richieste che, in questi mesi di profondo disagio, abbiamo, tempo per tempo, condiviso con le lavoratrici e i lavoratori che rappresentiamo. Contestualmente chiediamo di essere ascoltati dalle Commissioni Bilancio, Finanze e Lavoro». © RIPRODUZIONE RISERVATA C.Cas.

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LA REPUBBLICA (NAZIONALE), giovedì 10 dicembre 2015

Rurale Rovereto taglia i salari Sacrificio di 540.000 euro – Fabi: «In futuro toccherà a Primiero». Chiesto il cambio di governance

TRENTO In arrivo un piano molto pesante per i dipendenti della Cassa rurale di Rovereto: dopo l’approvazione sindacale dell’accordo quadro nei giorni scorsi, oggi è prevista la firma definitiva. Per il 2016, 2017 e forse anche per il 2018 è prevista una riduzione delle retribuzioni pari a circa 540.000 euro. Lo stesso capiterà, probabilmente con effetti anche più pesanti, alla Cassa rurale del Primiero. La Fabi, sindacato maggioritario, fronte di questi sacrifici chiede il cambio di governance in queste banche. Nei giorni scorsi l’assemblea dei lavoratori della Cr Rovereto ha votato sì «all’accordo di solidarietà», pur con molti voti contrari e tensione fra alcune sigle sindacali. L’accordo («delicatissimo», come dice la nota della Fabi) che arriva oggi alla firma prevede la riduzione complessiva di oltre mezzo milione di euro di stipendi, con una proporzionalità a seconda della cifra percepita. tagli maggiori sono in capo alle figure apicali, in prims il direttore. Fra le altre misure: il blocco degli straordinari oltre una soglia minima di ore; formazione fuori dell’orario di lavoro; niente indennità per riunioni fuori dell’orario di lavoro; smaltimento ferie e rinuncia a un giorno di ferie all’anno niente premi di risultato o promozioni/ non contrattuali. Le condizioni per il sì all’accordo da parte di tutte le sigle sindacali, arriva a patto che: si confermi la ricapitalizzazione da parte del Movimento per 13 milioni di euro; vengano confermate le previsioni del piano strategico e la Vigilanza non chieda il commissariamento o altre misure di discontinuità. La Fabi è molto dura con la banca, infatti l’accordo viene definito una «necessità inevitabile, vista la situazione della Cassa», «caldamente raccomandato dai colleghi in assemblea». Ma a fronte di tanti sacrifici «la tutela del posto di lavoro di tutti i colleghi (150 circa, ndr) per la Fabi non potrà essere messa in discussione». l’affondo «È incomprensibile la sottovalutazione, fino a poche settimane fa, della gravità della situazione. Comportamento aziendale non comprensibile né giustificabile». Perciò «la Fabi ritiene doveroso invitare l’attuale governance a cedere il passo ad altri soggetti per facilitare un rilancio aziendale». Il problema è che, in una fase in cui il decreto di riforma del credito cooperativo stenta ad arrivare, comincia a ingrandirsi il gruppo di Rurali in difficoltà. «Altra procedura similare a quella appena conclusa a Rovereto è in corso alla Cassa rurale del Primiero, a Confidimpresa, altre potrebbero presentarsi all’orizzonte sul nostro territorio nel breve periodo». Se Cr Rovereto chiede 540.000 euro di risparmi annui a 150 dipendenti, Cr Primero con 63 lavoratori rischia di dover rinunciare a circa 400.000 euro. Sul fronte Confidimpresa, dopo l’approvazione della fusione in Cooperativa artigiana di garanzia, si parla di forti esuberi, ma in questa fase si sta cercando di lanciare una controproposta puntando anche qui sulla riduzione di stipendio, per evitare licenziamenti. Il momento è molto incerto. Fabi chiede che da gennaio siano riavviate le trattative sindacali, primis riguardo all’operatività del Fondo trentino occupazione. Il tutto con uno sguardo analitico su quanto uscirà dal decreto. Enrico Orfano

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IL TEMPO (EDIZIONE NAZIONALE), giovedì 10 dicembre 2015

Un provvedimento da banca rotta Risparmiatori furiosi per le perdite. Il crac di 4 istituti diventa caso politico Bankitalia contro Bruxelles. Ai nuovi commissari compensi di 2,4 milioni

Filippo Caleri

La bomba del salvataggio delle quattro banche italiane in default (Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara) esplode in tutta la sua potenza. Ed è un tutti contro tutti. 728 milioni di euro di obbligazioni subordinate vendute ai risparmiatori e andate in fumo con la procedura avviata dal governo rischiano di aprire una crisi tra le istituzioni italiane ed europee. mentre il sistema bancario mette in chiaro di aver già pagato abbastanza per risolvere la crisi, consumatori affilano le armi per consentire ai correntisti di riottenere le somme perdute. Così ieri la Banca d’Italia ha respinto tutte le accuse a proposito dei danni provocati ai risparmiatori che avevano investito in azioni e obbligazioni Carichieti, Cariferrara, Banca Marche e Banca Popolare dell’Etruria Casomai, la responsabilità ricade sull’Ue che ha impedito ogni alternativa. La soluzione proposta era un’altra ma l’intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei depositi «non è stato possibile per la preclusione manifestata da uffici della Commissione Europea, da noi non condivisa» ha detto il capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, in audizione alla Commissione Finanze. Insomma per via Nazionale la colpa delle perdite sarebbe da addebitare solo all’Europa Ma a stretto giro però Bruxelles ha rinviato le accuse al mittente. Un portavoce ha infatti citato un documento della Commissione che ha rivelato che all’Italia a metà novembre furono prospettate tre possibili soluzioni, due delle quali sarebbero comunque andate a colpire le tasche di chi possedeva obbligazioni subordinate, alla fine, secondo un portavoce della stessa Commissione, furono comunque le autorità italiane a optare per l’uso del Fondo di risoluzione e non del fondo Interbancario che avrebbe evitato il conto ai piccoli risparmiatori. La critica è arrivata anche dall’Associazione bancaria italiana. Per il direttore generale Giovanni Sabatini il Fondo di tutela sarebbe potuto intervenire. il presidente Antonio Patuelli ha rassicurato gli obbligazionisti dei 4 istituti facendo loro sapere che potranno in ultima istanza ricorre al giudice. Se i consumatori sono un subbuglio e le associazioni annunciano class action si muove anche la politica. Non solo le opposizioni con Renato Brunetta (Fi) che ha chiesto una commissione d’inchiesta sugli organi di vigilanza ma anche dal governo con Zanetti dei Scelta Civica che ha chiesto una commissione sulla Banca d’Italia.

A protestare sono anche i dipendenti. «Oltre il 70% di quelli di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara avevano investito i loro risparmi in azioni o obbligazioni delle banche stesse» ha spiegato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. E intanto si è scoperto che i vertici delle nuove banche costano 2,4 milioni di euro. Ammonterebbero in media a 600.000 euro i compensi di un anno per i Cda e i collegi sindacali dei 4 istituti salvati dal decreto del governo. Nel conto ci sarebbero anche i 400 mila del presidente Roberto Nicastro.

(cliccare sull’immagine per ingrandire)

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LA REPUBBLICA (NAZIONALE), giovedì 10 dicembre 2015

“La Ue ha bloccato il fondo di tutela” – Banca d’Italia svela l’altolà di Bruxelles che replica: “Non è vero, offerte tre strade”. Opposizione e Scelta Civica propongono una commissione di inchiesta su come si è vigilato sui quattro istituti in crisi – Il sindacato dei bancari denuncia: il 70% dei dipendenti ha comprato i bond incriminati

ELENA POLIDORI

ROMA. Nella storia delle quattro banche “salvate”- Marche, Etruria, Carife e Carichieti – s’apprende che la Banca d’Italia sarebbe stata favorevole all’intervento del Fondo di garanzia ma la Ue ha detto no. Come dice Carmelo Barbagallo, capo dipartimento vigilanza bancaria, il Fondo non s’è attivato «per la preclusione manifestata da uffici della Commissione Ue, da noi non condivisa». E’ dunque per via delle norme imposte da Bruxelles che migliaia di risparmiatori si sono ritrovati coinvolti in quest’affare -un pensionato si anche è suicidato- perdendo tutto, se azionisti o sottoscrittori di obbligazioni subordinate. poteva pure andare peggio: senza il decreto salva-banche che ha attutito i costi, avrebbero pagato anche i depositanti oltre i 100 mila euro e gli obbligazionisti ordinari. «Saremmo cioè andati dopo il 1 gennaio 2016 inevitabilmente verso il bail- che coinvolge appunto pure queste altre categorie di risparmiatori, ammette Barbagallo. Perciò, «l’intervento adottato è stato il meno cruento». Sulla stessa linea l’Abi l’associazione bancaria italiana. Secondo il direttore Sabatini «Non si ravvisavano gli estremi degli aiuti di Stato» e dunque il Fondo poteva intervenire. Aggiunge anche che non c’è un stato uno stop formale della Ue. Il presidente Patuelli ricorda che il Fondo era pronto a scattare «fin da inizio estate»; che il salvataggio «sarebbe costato meno di oggi, anche perché ripartito nei bilanci su 10 anni»; che i risparmiatori possono andare dai giudici se ritengono lesi i propri diritti. Ma la Ue non ci sta. Bruxelles replica per iscritto rivelando che all’Italia, a metà novembre, furono prospettate tre possibili strade per salvare le banche in questione: una con risorse private, una con il Fondo di tutela dei depositi che comunque avrebbe fatto scattare le perdite per gli obbligazionisti subordinati, la terza, poi percorsa, usando il salva-banche. Questa scelta è stata effettuata dalle autorità italiane. «Se vengono usati fondi di Stato per sostenere le banche, indipendentemente da dove essi provengano, si applicano le norme Ue compresa la ‘condivisione degli oneri’», spiegano . Sul caso delle quattro banche divampa la polemica politica. Forza Italia e 5 stelle, ma anche il sottosegretario all’economia Zanetti di Scelta civica vogliono istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla vigilanza. leader della Lega Nord Salvini chiede al governatore Visco di «pagare di tasca sua». La Fi- Cgil sollecita un incontro con il presidente della Camera Boldrini sul salvataggio. La Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, denuncia che il 70% dei dipendenti aveva investito i risparmi in azioni e obbligazioni degli istituti. «Padoan e il governo sono in un mare di guai», sintetizza l’ex ministro Brunetta. Così, mentre i risparmiatori colpiti creano un «comitato vittime del salva- livello politico circolano ipotesi di una possibile, parziale restituzione dei risparmi a chi li ha persi, il presidente delle quattro «goood bank» scrive ai clienti . Vuole rassicurare: «Il nostro impegno è quello di contribuire a trovare soluzioni compatibili con la rigorosissima normativa europea». Si apprende anche che i vertici delle nuove Banca Marche, Carife e Carichieti costano circa 2,4 milioni di euro. Ammontano infatti in media a 600.000 euro i compensi di un anno per i Cda e i collegi sindacali dei 4 istituti salvati dal decreto del governo. Nella somma è compreso anche lo ‘stipendio’ da 400.000 euro complessivi dello stesso Nicastro. Sul quale il Codacons ha presentato un esposto alla Corte dei Conti. Barbagallo assicura che con i provvedimenti adottati, nonostante tutto, è stata garantita « la continuità operativa delle banche in crisi» e sono appunto stati tutelati «i risparmi raccolti in forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, è stata preservata l’occupazione e non sono state utilizzate risorse pubbliche». Ovviamente se il Fondo fosse intervenuto si sarebbe fatto carico, con un apporto dell’ordine di due miliardi, dell’intero intervento e «noi non avremmo avuto gli effetti che adesso vediamo sui portatori di obbligazioni subordinate e sugli azionisti». Ma «ciò non è stato possibile» perchè la Ue ha bloccato tutto. «Data l’impossibilità di ricorrere a questo usuale meccanismo di salvataggio, fronte del rapido degenerare delle situazioni aziendali, l’unità di risoluzione della Banca d’Italia ha attivato, in tempi assai contenuti, poteri introdotti dal nuovo quadro normativo europeo in materia di gestione delle crisi». In gergo, il burden sharing, che coinvolge appunto i sottoscrittori di azioni e obbligazioni subordinate in essere. Barbagallo assicura che la vigilanza della Banca d’Italia sui quattro istituti in crisi «è stata continua, di intensità crescente al peggioramento della situazione aziendale, ha utilizzato l’intero spettro degli strumenti disponibili». ,, Le banche in crisi ,, LA BANCA D’ITALIA ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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CORRIERE DELLA SERA, giovedì 10 dicembre 2015

La guida – Nuove regole, come difendersi – Lo scudo Mai investire senza capire bene che cosa si compra

Che cosa deve fare un risparmiatore? Per prevenire situazioni complicate — come quelle in cui si trovano i clienti e, secondo il sindacato dei bancari Fabi, anche 4 mila dipendenti delle banche in difficoltà — occorre aumentare il grado di vigilanza e di consapevolezza personali. Cambiare banca se la solidità di quella di cui si è correntisti non è più da prima della classe è un passo da valutare più che in passato. Chi acquista prodotti finanziari in banca deve rispondere ad un questionario (Mifid) che serve a stabilire il suo profilo di rischio e la conoscenza dei mercati finanziari. Negli ultimi anni la progressiva discesa dei tassi di interesse ha spinto i risparmiatori ad accettare più rischio per guadagnare. Il punto di approdo, però, non può essere il destino di chi oggi perde soldi e non sa perché. Oltre alla possibilità di un aiuto pubblico, restano le vie legali. Secondo Vanna Pizzi, avvocato di Federconsumatori che segue la vicenda, se i contratti non permettono l’individuazione della natura «subordinata» dei titoli o se le persone a cui sono stati venduti sono chiaramente «incompatibili» con l’investimento si può valutare il ricorso alla giustizia. Giuditta Marvelli © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL CORRIERE FIORENTINO, giovedì 10 dicembre 2015

I dannati di Etruria: li denunciamo – La tragedia dei piccoli azionisti, mille riuniti: abbiamo perso tutto. E a Civitavecchia un pensionato si uccide

AREZZO Prima che l’assemblea dei risparmiatori di Banca Etruria inizi, la dipendente della Borsa Merci è costretta ad affiggere all’entrata un cartello: «Capienza massima raggiunta». Si sono presentati in 1.000 nell’auditorium della Camera di Commercio, da tutta la provincia e da Firenze, Livorno, Pistoia, Viareggio, Lucca e Grosseto. Tra loro c’è chi, nel volgere di una notte, ha perso 10.000 euro, chi 50.000 e chi si è «giocato» 250.000 euro- Quasi tutti pensionati, commercianti, artigiani, impiegati. In sala si urla, qualcuno bestemmia, alcune donne piangono e si disperano perché non hanno più nulla. Le loro storie sono tutte uguali, e secondo Federconsumatori (che ha organizzato la riunione) «la “rapina” messa in atto da Banca Etruria» riguarda più di 36.000 toscani: «In soli cinque giorni ci hanno chiesto aiuto 850 persone, la maggioranza ultra ottantenni» racconta Chiara Rubbioni, Cgil. E riguarda anche gli stessi lavoratori di Banca Etruria: secondo il sindacato dei bancari Fabi, su 1.700 dipendenti sono 1.200 quelli che avrebbero investito i loro risparmi in azioni e obligazioni. Mentre sul maxi schermo della Borsa Merci passano le slide che riassumono in pochi punti i documenti da portare al sindacato, Domenico Salvatore, di Foiano, irrompe in sala paonazzo per la rabbia: mia madre, che ha 89 anni, il direttore della banca le ha fatto vendere i Btp per comprare questa merda. Sapeva che quei 70.000 euro sarebbero serviti per curare mio fratello disabile al 100%. In tutti questi anni quella donna non ha mangiato neanche un gelato per mettere da parte quei denari. Quando ha saputo che aveva perso tutto ha avuto un collasso, è arrivato il 118. Ma uno che deve fare? Mettere una bomba?». La signora ha avuto un malore, Civitavecchia invece un pensionato non ha retto al colpo e lo scorso 28 novembre (solo ieri la morte è stata collegata al caso Banca Etruria) si è suicidato: aveva perso centomila euro. Alcuni correntisti si scagliano contro il governo Renzi, contro la ministra Boschi e il suo babbo, vicepresidente di Banca Etruria prima del commissariamento: «Da quando è scoppiato il caso Boschi ad Arezzo non si è più fatta vedere — ripetono — Il Pd qui non prenderà più un voto». A Roma il Pd si muove per restituire almeno una parte dei soldi ai risparmiatori, da Firenze il governatore Enrico Rossi spiega che «la Regione non può mettere soldi» ma anche «che c’è bisogno di trovare il modo di intervenire (per salvaguardare i piccoli risparmiatori, ndr) anche tirando qualche cazzotto sui tavoli in Europa». Intanto si pensa ai prossimi passi: Pietro Ferrari, presidente di Federconsumatori Arezzo, anticipa che saranno presentate tre denunce, alla Procure di Arezzo, Milano e Roma contro il Cda, i sindaci revisori e la società che ha certificato i bilanci di Banca Etruria, poi contro Consob e Banca d’Italia «Chiederemo un incontro con i parlamentari toscani per capire se si possa ottenere il risarcimento totale delle perdite e vogliamo una Commissione d’inchiesta che accerti se chi aveva il compito di vigilare lo ha fatto». Prima che l’assemblea termini, tanti chiedono di poter raccontare la propria storia: «Siamo risparmiatori e non investitori», ripetono tutti. Massimo e Piero, una coppia di Arezzo, hanno perso quel che avevano: «Mio padre — dice il primo — ci aveva lasciato 250.000 euro, i risparmi di una vita. Ci dicevano che andava tutto bene, poi, una mattina, quella maledetta telefonata: il nostro conto si era prosciugato». Susanna, 79 anni e una licenza di terza elementare, era andata in banca per un prelievo e ne è uscita con obbligazioni per 35.000 euro: «L’impiegato mi diceva di non aver paura. Io sono ignorante e mi sono fidata». «Non c’è rischio, non c’è rischio», ripeteva il direttore della filiale secondo il racconto di Anna, 67 anni e gravi problemi di salute, ma poi lei ha perso 15 mila euro, denaro che le serviva per sostenere una delicata operazione: «Quel… mi ha chiamata a casa: “Guarda Anna c’è una cosa molto buona e tranquilla che voglio farti sottoscrivere”. Il resto lo sapete». Alle 17 di oggi, sempre ad Arezzo, è prevista un’altra assemblea. Titolo: Banca Etruria ultimo atto. Non facciamoci derubare. Antonio Passanese © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL RESTO DEL CARLINO, giovedì 10 dicembre 2015

A BALLARO’ Rabbia in tv «Cancellati per decreto»

«CANCELLATI per decreto». In diretta su Rai Tre a «Ballarò» martedì sera, sono approdati azionisti e obbligazionisti da Jesi e dalle Marche. C’era anche il presidente degli azionisti privati Bruno Stronati, accanto ad alcuni risparmiatori che hanno perso tutto oltre all’avvocato Corrado Canafoglia che porta avanti le azioni legali. Faccia a faccia con il sottosegretario al Ministero dell’Economia Enrico Zanetti che ha evidenziato come per effetto della partecipazione al rischio i primi a rispondere sono azionisti ed obbligazionisti. Acceso il botta e risposta con il combattivo giornalista Marco Travaglio (foto). Gli azionisti, margine, hanno chiesto un incontro con il sottosegretario a Roma. Intanto anche per placare il clima ancora infuocato dentro e fuori le filiali, Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari fornisce le cifre: «Ben 2.210 su 2.800 cioè quasi l’ per cento dei dipendenti Banca Marche avevano investito i loro risparmi in azioni o obbligazioni delle banche stesse. Questo – aggiunge – la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti. Nel Gruppo Banca Marche e Carife inoltre azioni ed obbligazioni subordinate sono in diversi casi possedute anche dalle famiglie dei lavoratori»La mobilitazione tuttavia prosegue: il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle Marche ha organizzato un incontro per domani (ore 17,3 all’auditorium Federico II per «fare chiarezza sulla vicenda Banca Marche e sulle iniziative che porteremo in Regione». Anche qui saranno presenti le associazioni degli azionisti, obbligazionisti e dipendenti e sindacati. Interverranno anche i parlamentari pentastellati.

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GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO, giovedì 10 dicembre 2015

Salvataggio banche Bankitalia contro Ue

Sulla procedura adottata dall’Italia per salvare le quattro banche sull’orlo del fallimento è stato ieri duello a distanza tra Banca d’Italia e Commissione europea. Dopo l’ondata di polemiche suscitate dal provvedimento adottato per salvare Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti, Via Nazionale è intervenuta per spiegare che il progetto di far scendere in campo il Fondo Interbancario di Tutela dei depositi, che avrebbe evitato il sacrificio di molti risparmiatori, fu stoppato dalla Commissione Ue contro il suo volere. Ma da Bruxelles un documento della Commissione ha invece rivelato che all’Italia a metà novembre furono prospettate tre possibili soluzioni, due delle quali sarebbero comunque andate a colpire le tasche di chi possedeva obbligazioni subordinate; alla fine, secondo un portavoce della stessa Commissione, furono comunque le autorità italiane a optare per l’uso del Fondo di risoluzione. L’intervento del Fondo Interbancario, ha messo in chiaro il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo davanti a una gremita commissione Finanze della Camera, “non è stato possibile per la preclusione manifestata da uffici della Commissione Europea, da noi non condivisa”. Non condivisa perchè la Banca d’Italia era convinta che “l’intervento del Fondo, insieme alle risorse di altre banche, avrebbe consentito di porre i presupposti per il superamento delle crisi senza alcun sacrificio per i creditori delle quattro banche”. Tuttavia, ha tenuto a precisare Barbagallo, “ciò non è stato possibile” dunque si è fatta “la scelta meno cruenta” anche perchè se si fosse arrivati al primo gennaio 2016 sarebbe scattato il bail-in e la situazione sarebbe stata “devastante”. Ma a poche ore dall’intervento del capo della Vigilanza di Bankitalia, un documento di Bruxelles riporta nero su bianco che per la Ue c’erano tre possibili strade per salvare le 4 banche italiane: una con fondi privati, una usando il fondo di tutela dei depositi, che comunque avrebbe fatto scattare la risoluzione e le perdite per gli obbligazionisti subordinati, la terza (poi percorsa) usando il fondo salva-banche. Gli uffici comunitari tengono a sottolineare che delle tre possibili strade prospettate la Commissione “non ne favorisce nessuna, fintanto che le regole Ue sono rispettate”. Per altro, per ulteriore precisazione, il portavoce della Commissione fa sapere che “la decisione di far scattare la risoluzione delle 4 banche usando il fondo nazionale di risoluzione è stata presa dalle autorità italiane. Se vengono usati fondi di Stato per sostenere le banche, indipendentemente da dove essi provengano, si applicano le norme Ue compresa la condivisione degli oneri”. Una indiretta critica alla decisione delle autorità italiane è arrivata anche dall’Abi. Non solo dal direttore generale Giovanni Sabatini secondo il quale in base alle valutazioni giurisprudenziali dell’associazione il Fondo di tutela sarebbe potuto intervenire, ma anche dal presidente Antonio Patuelli che ha rassicurato gli obbligazionisti dei 4 istituti facendo loro sapere che potranno in ultima istanza ricorrere al giudice per far valere i loro diritti. In Italia intanto la polemica intorno al salvataggio delle 4 banche sembra destinata a farsi ancora più accesa. È infatti di ieri anche la notizia che i vertici delle nuove Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti costano 2,4 milioni di euro. Secondo alcune fonti infatti ammontano in media a 600.000 euro i compensi di un anno per i Cda e i collegi sindacali dei 4 istituti salvati dal decreto del governo. Nella somma è compreso lo «stipendio» da 400.000 euro complessivi del presidente Roberto Nicastro.

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LA NAZIONE (AREZZO), giovedì 10 dicembre 2015

«Quattro milioni perduti dai dipendenti – La Fabi: 1200 su 1700 erano azionisti, in 500 con bond in proprio o di famiglia

SONO OLTRE quattromila lavoratori di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e CariChieti vale a dire piu’ del 70% dei dipendenti dei quattro istituti, ad essere titolari di azioni o obbligazioni subordinate delle banche stesse e che hanno quindi perso il loro investimento. Il calcolo è della Fabi, che sottolinea come questo «La dica lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti». Nello specifico, spiega il sindacato, nel gruppo Banca Marche 2.210 lavoratori su 2.800 sono in possesso di azioni o bond subordinati e in Carife sono oltre 500 su un totale di mille addetti; dei 1.700 dipendenti di Banca Etruria, invece, 1.200 sono titolari di azioni, cento hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare, per un controvalore di 3,8 milioni di euro. In controtendenza solo CariChieti con solo 25 dipendenti su 700 ad avere sottoscritto i titoli «a rischio». SEMPRE IERI le segreterie Fisac Cgil delle Nuova Banca Carife, CariChieti Banca Marche e Banca Etruria hanno chiesto un incontro al presidente della Camera Laura Boldrini. «Le chiediamo di essere ricevuti – scrivono – per rappresentarle le proposte e le richieste che, in questi mesi di profondo disagio, abbiamo, tempo per tempo, condiviso con le lavoratrici e i lavoratori che rappresentiamo. Contestualmente chiediamo di essere ascoltati dalle Commissioni Bilancio, Finanze e Lavoro». SULL’ARGOMENTO è tornato a parlare anche Antonio Patuelli il presidente dell’Abi che si era battutto per l’intervento del fondo interbancario per il salvataggio dei 4 istitui in crisi. Il presidente dell’Abi si era battuto contro l’interpretazione secondo lui errata, che l’intervento del fondo avrebbe avuto natura pubblicistica. Tale era la linea mantenuta dai vertici di Bruxellese. «Gli obbligazionisti subordinati dei quattro istituti oggetto del Dl salvabanche, come Banca Etruria, sono liberi di protestare: se sentono di essere stati non rispettati da qualcuno nei loro diritti, ci sono le autorità giudiziarie competenti della Repubblica, le autorità di vigilanza competenti sul mondo bancario, e quindi ci sono giudici in grado di dare risposte» ha affermato Antonio Patuelli.

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CORRIERE DI AREZZO, giovedì 10 dicembre 2015

I dati della Fabi – Azioni e bond anche nel portafoglio del 70% dei dipendenti delle banche

AREZZO. Dei 1.700 dipendenti di Banca Etruria, 1.200 sono titolari di azioni, cento hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare, per un controvalore di 3,8 milioni di euro. Sono i “conti” stilati dalla Fabi nazionale per mostrare come anche gli stessi dipendenti siano stati colpiti dal decreto salvabanche. In totale sono oltre quattromila i lavoratori di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara – vale a dire più del 70% dei dipendenti dei quattro istituti – che, titolari di azioni o obbligazioni subordinate, hanno perso il loro investimento. Un calcolo che, sottolineano dalla Fabi, “la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che a alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti”.

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MILANOFINANZA.it, mercoledì 09 dicembre 2015 15.50

Banche, Abi: colpa della recessione i crediti deteriorati

di Francesco Nardini

L’alto livello dei crediti deteriorati presenti nei conti del sistema bancario italiano non è una patologia ma la naturale conseguenza di un ciclo economico estremamente pesante durato 7 anni. E’ la lettura del direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, emersa nel corso di un’audizione presso la Commissione Finanze della camera.

Il dg ha infatti ricordato come nel lungo periodo di crisi ci sia stata una “caduta del pil che ancora oggi vede una distanza del 9% rispetto al livello antecedente alla crisi, una caduta degli investimenti fissi e una contrazione della produzione industriale del 25%”. Questa situazione, secondo Sabatini, non poteva non avere riflessi sul settore bancario e in particolar modo sulla qualità dell’attivo di banche così votate al finanziamento dell’economia reale.

Prima della crisi, infatti, i crediti deteriorati delle banche italiane erano leggermente superiori alla media Ue, ma oggi sono arrivati al 19,3% contro una media del 7,3%. Comunque, secondo Sabatini, ci sono segnali di miglioramento della qualità del credito.

“Noi riteniamo che il nostro modello, focalizzato sul finanziamento a imprese e cittadini, sia a basso rischio e in effetti nella prima parte della crisi abbiamo retto molto meglio delle banche anglosassoni e delle altre banche europee, ma abbiamo risentito fortemente del ciclo economico. Quando la crisi si è trasferita sull’economia reale questo ha avuto un impatto maggiore sulle banche commerciali europee ed italiane”, ha aggiunto.

“La tipicità della banca italiana è che il 55% dell’attivo è rappresentato da finanziamenti erogati a imprese, famiglie e alla pubblica amministrazione, contro una media europea del 46%. L’altra faccia della medaglia”, ha proseguito Sabatini, “è che gli attivi finanziari delle banche italiane sono molto modesti, pari al 34% contro una media Ue del 38%”.

Tuttavia, per il dg dell’Abi, è importante analizzare se e quante sono le attività finanziarie più rischiose. “La quota nelle banche italiane è minima, solo il 14%”, ha reso noto Sabatini, evidenziando come in altri settori bancari, come in Germania, questi attivi rappresentino oltre il 52% del capitale di prima qualità a fronte di una media europea pari al 23%.

In merito al tema del salvataggio delle quattro banche commissariate: Banca delle Marche, Banca Popolare dell’Etruria , Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, Sabatini ha fatto presente che anche prima che fossero recepite le direttive europee, quindi anche con il precedente quadro normativo, in caso di liquidazione coatta amministrativa di una banca gli unici tutelati erano i depositanti fino a 100 mila euro. “Sarebbero stati sacrificati gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati, gli obbligazionisti semplici e i depositanti oltre i 100 mila euro”, ha precisato.

Proprio a riguardo, il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha reso noto che oltre il 70% dei dipendenti di Banca Marche, Banca Etruria e Cassa di risparmio di Ferrara avevano investito i loro risparmi in azioni e/o in obbligazioni delle banche stesse. “Questo la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti”, ha sottolintao Sileoni.

Nello specifico, ha aggiunto,”nel gruppo Banca delle Marche i lavoratori in possesso di azioni od obbligazioni subordinate sono 2.210 su 2.800, in Cassa di risparmio di Ferrara oltre 500 su un totale di mille addetti, in Banca dell’Etruria su 1.700, 1.200 sono titolari di azioni mentre 100 hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare per un controvalore di 3,8 milioni”.

Il rappresentante sindacale ha infine voluto ricordare che da anni le organizzazioni sindacali del credito si battono contro le pressioni commerciali fatte dai vertici delle banche ai loro dipendenti. “Talvolta siamo dovuti intervenire per scongiurare sanzioni disciplinari a danno di quei lavoratori che manifestavano perplessità rispetto alla vendita di prodotti finanziari a rischio”, ha dichiarato Sileoni. “Il rimedio a questa situazione”, ha concluso, “c’e’: sarebbe sufficiente per le banche spostare sul medio e lungo termine, invece che sul breve, tutti i ricavi provenienti dalla vendita dei prodotti finanziari”.

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da (MF-DJ) via CORRIERE DELLA SERA FLASH NEWS 24, mercoledì 9 dicembre 2015 14:48

Banche: Fabi, 4.000 lavoratori bancari hanno perso investimenti

ROMA (MF-DJ)–“Oltre il 70% dei dipendenti di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara avevano investito i loro risparmi in azioni e o obbligazioni delle banche stesse. Questo la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti”. Lo dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari. In particolare, spiega Sileoni, “nel gruppo Banca Marche i lavoratori in possesso di azioni od obbligazioni subordinate sono 2.210 su 2.800 dipendenti totali, in Carife sono oltre 500 su un totale di mille addetti, in Banca Etruria su 1.700 dipendenti 1.200 sono titolari di azioni, mentre 100 hanno in portafoglio obbligazioni subordinate in proprio e circa 400 nel nucleo familiare per un controvalore di 3,8 milioni di euro. Nel gruppo Banca Marche e Carife, azioni ed obbligazioni subordinate sono in diversi casi possedute anche dalle famiglie dei lavoratori.Infine solo in Carichieti si va in controtendenza: su 700 dipendenti circa 25 hanno sottoscritto obbligazioni subordinate dell’istituto”. Sileoni ricorda poi che “da anni le organizzazioni sindacali del credito si battono contro le pressioni commerciali fatte dai vertici delle banche ai loro dipendenti. Talvolta siamo dovuti intervenire per scongiurare sanzioni disciplinari a danno di quei lavoratori che manifestavano perplessita’ rispetto alla vendita di prodotti finanziari “a rischio. Piu’ volte siamo intervenuti duramente contro le politiche spregiudicate di alcuni istituti di credito che, pur di incassare commissioni e guadagni di rilievo, pressavano quotidianamente i lavoratori bancari a contatto con la clientela per far collocare quanti piu’ prodotti possibili. Il rimedio a questa situazione c’e’ – conclude – sarebbe sufficiente per le banche spostare, invece che sul breve termine, sul medio e lungo termine tutti i ricavi provenienti dalla vendita dei prodotti finanziari. Ma da questo orecchio i vertici delle banche non sentono!”. com/rov (fine) MF-DJ NEWS 0914:48 dic 2015

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ANSA, mercoledì 9 dicembre 14:48

Banche:Fabi, anche dipendenti vittime – Oltre 70% aveva investito risparmi in titoli 4 istituti

ROMA, 9 DIC – “Oltre il 70% dei dipendenti di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara avevano investito i loro risparmi in azioni e/o obbligazioni delle banche stesse. Questo la dice lunga rispetto alle accuse, assolutamente infondate, che da alcuni ambienti sono state indirizzate ai lavoratori dei quattro istituti”. Lo dichiara Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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