CORRIERE DELLA SERA giovedì 12 novembre 2015
Unicredit, piano di tagli e cessioni «Nessun aumento di capitale» 1,5 miliardi di euro –
L’utile di Unicredit nei nove mesi dell’anno, in calo del 16% per le svalutazioni in Ucraina e il caso mutui in Croazia 5,3 miliardi di utile . Il risultato previsto dall’Unicredit al termine del piano approvato ieri, nel 2018. I tagli saranno circa 18 mila – Previsti 18 mila esuberi, in Italia salgono a 6.900. Ghizzoni: il caso Palenzona è chiuso
MILANO Con un piano industriale che prevede 18.200 esuberi e l’uscita dai business non profittevoli come l’Austria o il leasing in Italia (entrambe allo studio) per arrivare a fine 2018 a un utile di 5,3 miliardi e a un patrimonio congruo del 12,6%, Unicredit prova a ripartire promettendo ai soci un recupero di redditività (all’11%) e soprattutto «escludendo» il tanto temuto aumento di capitale.
Inizialmente accolto bene in Borsa, Unicredit ha chiuso ieri in parità a 5,9 euro. Nei prossimi giorni il ceo Federico Ghizzoni spiegherà la strategia agli investitori internazionali, che controllano gran parte del capitale dell’istituto. Il piano si basa su 1,6 miliardi di tagli ai costi (in buona parte in Germania con 2.300 esuberi e Austria, con 2.050), ma anche su investimenti «significativi» come gli 1,2 miliardi sul digitale. «E non ridurremo il credito all’economia», ha precisato Ghizzoni.
Nella ristrutturazione è compresa la cancellazione della sub-holding austriaca che finora ha gestito tutta l’area dell’Est Europa (Cee), strategica per un istituto che vuole essere una «grande banca commerciale pan- europea», ha rivendicato Ghizzoni smentendo i rumors sulle uscite dalla Polonia o anche — su un altro fronte — da Fineco. «Nonostante le difficoltà in Ucraina (da cedere con i 4 mila dipendenti), Russia e Turchia la redditività all’Est rimane alta». Una spinta ai ricavi dovrebbe arrivare anche dalla joint venture con Santander su Pioneer (2.000 dipendenti fuori dal perimetro) il cui accordo vincolante è stato siglato ieri.
I tagli toccheranno anche l’Italia: gli esuberi salgono dai 5.100 del vecchio piano ai 6.900 attuali, che comprendono circa 700 dipendenti della venduta Uccmb, il personale italiano all’estero e il blocco del turnover. Le filiali scenderanno a quota 3.300 dalle 4.500 di tre anni fa. In totale gli esuberi effettivi in più saranno 540 e, di questi, 301 sono dirigenti. I sindacati hanno già alzato le barricate per ottenere la volontarietà dei prepensionamenti: «È la confessione di un ridimensionamento politico, organizzativo e finanziario», ha detto Lando Maria Sileoni (Fabi). Agostino Megale (Fisac) ha chiesto in cambio «un piano giovani da assumere». «Non hanno letto bene il piano», ha replicato Ghizzoni, che per la prima volta ha parlato del caso Bulgarella-Palenzona: «La vicenda ha creato irritazione agli azionisti e anche a me, ho fatto partire subito un’indagine interna che ha chiarito che il piano di ristrutturazione non esisteva. Tutto è stato chiarito nella maniera migliore, ora voltiamo pagina».
Ieri si è dimesso «per dissenso personale con l’organo di governo» il sindaco Giovanni Alberti, sostituito con il supplente Federica Bonato, ma Ghizzoni non lo collega all’inchiesta: «Sono arrivate senza preavviso, sul caso Palenzona il collegio si è espresso all’unanimità». Nel frattempo i 9 mesi 2015 si sono chiusi con 1,5 miliardi di utile (507 milioni nel terzo trimestre e sopra il consensus), -16% per i 400 milioni di svalutazione dell’Ucraina e la conversione in euro dei mutui in franchi svizzeri in Croazia. Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL MESSAGGERO (TUTTE LE EDIZIONI) giovedì 12 novembre 2015
Piano Unicredit con 18.200 esuberi
R O M A – Unicredit ha deciso di usare la mano pesante, sicché nell’aggiornamento al piano industriale fino al 2018, approvato ieri dal cda, figura un taglio più ampio del previsto: 18.200 dipendenti dovranno lasciare (6.900 in Italia), ma una parte di essi non perderà il posto perché verrà assorbita nella vendita della controllata ucraina e nella joint venture alla pari con il Santander relativa alla controllata Pioneer per la quale ieri è stato firmato l’accordo quadro. Queste due ultime operazioni faranno uscire dal perimetro del gruppo 6 mila dipendenti. Gli altri 12.200 lasceranno per effetto di razionalizzazioni nei centri direzionali (calo del 17% rispetto alla forza lavoro 2014) e nella rete di banca commerciale in Germania, Austria e Italia e Centro Est Europa (- 9%), così da portare i dipendenti a 111 mila fra tre anni. FABI CRITICA Nel dettaglio, in Italia gli esuberi nuovi dovrebbero riguardare 540 persone, la maggior parte dirigenti. Nel marzo 2014, infatti, Unicredit concordò con le sigle sindacali un piano al 2018 che prevedeva 5.100 esuberi (di cui 2.400 già avvenuti, 2.700 da effettuare); mentre secondo fonti sindacali il nuovo documento, che traguarda la stessa scadenza triennale, comporta altre 540 uscite. Nella presentazione che Unicredit ha diffuso allegata al piano strategico si fa riferimento per l’Italia a 6.900 esuberi: nel numero sono compresi sia i vecchi accordi sia i dipendenti di società basate in Italia ma che operano in altri paesi dove la banca è presente. «Dichiariamo tutta la nostra contrarietà rispetto all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio di Unicredit, che di nuovo sceglie la strada del ridimensionamento in tutta Europa anziché quello dell’espansione ha commentato Mauro Morelli del sindacato Fabi. Anche per effetto delle riduzioni di personale (che comunque costerà 1 miliardo al lordo delle imposte), l’istituto otterrà un contenimento dei costi per 1,6 miliardi, e potrà in tal modo rilanciare la redditività con un obiettivo di utile netto a fine piano di 5,3 miliardi con un cet1 al 12,6 al 2018 e un roe pari al 11%. Nei prossimi tre anni la distribuzione dei dividendi sarà pari al 40% degli utili. Si ricorda che nell’esercizio 2014 Unicredit ha guadagnato 2 miliardi. VENDITE E CHIUSURE «Il piano prevede per il 2018 importanti obiettivi in termini di redditività e coefficienti patrimoniali, confermando la capacità del gruppo di generare capitale in modo organico e distribuire dividendi – ha detto Federico Ghizzoni in conference call – È un piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso. Ma è soprattutto realistico, perché si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali, ed è un piano totalmente autofinanziato». Il banchiere ha anticipato la distribuzione «di 4,8 miliardi di dividendi cash cumulati» nel periodo di piano, corrispondenti a un payout ratio medio del 40% circa. L’opzione di distribuire dividendi in azioni (scrip dividend) «consentirebbe un monte dividendi più elevato di oltre 9 miliardi». business plan sarà incentrato su cinque azioni chiave: accelerazione delle misure di taglio dei costi sia del personale sia delle altre spese operative; cessione o ristrutturazione dei business poco redditizi come la banca commerciale in Austria e il leasing in Italia; forte focus sull’evoluzione digitale, sostenuta da 1,2 miliardi di investimenti tra il 2016 e il 2018 (che permetterà di chiudere 500 sportelli in Italia); chiusura della sub- austriaca e trasferimento delle partecipazioni bancarie nei paesi del Centro Est Europa sotto il controllo della holding UniCredit con un passaggio da Vienna a Milano che permetterà di ridurre il personale rafforzando le funzioni di governo centrali e concentrandosi sulle sinergie commerciali; sfruttare i business in crescita nei paesi Cee e il risparmio gestito, aumentando e riequilibrando i ricavi da business a basso assorbimento di capitale. Che sono quelli con maggiore futuro nel settore bancario: e nel caso di Unicredit si parla di gestioni patrimoniali, attività nei paesi Cee e servizi di negoziazione e consulenza per le imprese. Rosario Dimito © RIPRODUZIONE RISERVATA
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L’UNITA’ giovedì 12 novembre 2015
La scure di Unicredit: «Nelle filiali italiane 6.900 esuberi entro il 2018 – Il nuovo piano del gruppo da oggi al 2018 prevede in totale 18.200 tagli in Europa
ROBERTO ARDUINI
I segnali più chiari vengono dalla Borsa. Piazza Affari il piano triennale di Federico Ghizzoni il segno positivo è durato finché non si è saputo delle dimissioni di Giovanni Alberti dal collegio sindacale «per dissenso personale con l’organo di governo». Il titolo Unicredit ha così azzerato i guadagni terminando quasi invariata, dopo essere salito nel pomeriggio del 3% oltre la soglia dei 6 euro, chiudendo infine a 5,91 euro (- 0,08 Eppure Unicredit aveva conferma le indiscrezioni degli ultimi giorni, svelando il nuovo piano strategico: 18.200 gli esuberi, con la chiusura di 800 filiali, di cui 400 sono già state tagliate dal 2014 a oggi, più la rimodulazione di altri 300 sportelli per orari e servizi offerti. In Italia, il personale dovrà scendere da 49mila e 43.200 unità, quasi seimila esuberi, mentre quello corporate scenderà da 7.600 a 6.500 (1.100 persone) un totale di 6900. Il resto è distribuito tra Austria, Germania e Paesi dell’Est «Dei 18.200 esuberi previsti – aveva precisato Ghizzoni – 6mila sono legati alle cessioni in Ucraina e di Pioneer. Dei 12.220 residui, 2.200 sono già stati effettuati in questi mesi del 2015. Tra questi ci sono 1.100 dirigenti, che erano il 3,3 dei nostri dipendenti nel 2010, e scenderanno all’ a fine 2018». «Abbiamo approvato
un piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso», ha detto l’ad di Unicredit. «È soprattutto realistico perché si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali ed è un piano totalmente autofinanziato». principali obiettivi del piano che guarda al 2018 sono: utile netto a 5,3 miliardi di euro, crediti verso la clientela a 503 miliardi, contenimento dei costi operativi per 1,6 miliardi. La banca di Federico Ghizzoni ha alzato il velo anche sui conti dei primi nove mesi nel 2015, che si sono chiusi con un utile netto in calo del 16,1 a 1,5 miliardi di euro e ricavi stabili a 10,2 miliardi. Unicredit potrà anche pagare 4,8 miliardi di dividendi cash che corrispondono a un payout medio del 40%. Se si considera lo script dividend si potrà arrivare a 9 miliardi. Ghizzoni ha cercato di difendersi dalle numerose domande, precisando che «un aumento di capitale non lo escludo, ma sarebbe assurdo chiedere soldi con questi numeri». «Fineco non è in vendita né come quota di minoranza né come azienda. Non siamo interessati alle aggregazioni in Italia, né con le banche popolari, né con Monte dei Paschi di Siena». Non la prendono bene i sindacati. «Diciamo “no” all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attività», ha detto Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, ricordando che «dal 2007 a oggi solo in Italia il gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro. Il piano prevede altre 560 eccedenze di personale entro il 2018, che si aggiungono alle 5.100 dichiarate un anno fa. E il numero potrebbe salire di 400 unità con la cessione del ramo leasing». «Ci sorprende che Unicredit aumenti ulteriormente il numero degli esuberi, rispetto a quanto già previsto nel Piano Industriale 2013- ha commenta Pier Luigi Ledda, coordinatore nazionale settore contrattazione aziendale First Cisl. «Ancora una volta prevale la logica miope che la redditività dell’Istituto aumenti solo attraverso la riduzione dei costi del personale. Auspichiamo che l’azienda metta in campo un concreto piano di rilancio che preveda un adeguato turnover con l’assunzione di giovani e la creazione e il riconoscimento di nuove professionalità».
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LA REPUBBLICA giovedì 12 novembre 2015
Unicredit ,18mila tagli in Europa – L’obiettivo è risparmiare 1,6 miliardi entro il 2018. Dismissioni in vista all’estero e nel leasing
ANDREA GRECO
MILANO. Unicredit mostra i muscoli agli investitori, con un piano triennale di risparmi per 1,6 miliardi di euro, mediante 18.200 esuberi nel triennio, comprese 7mila persone che lavorano in società che usciranno dal perimetro di gruppo come la banca in Ucraina, la controllata del risparmio gestito Pioneer – proprio ieri è stato perfezionato il contratto di condominio con Santander la Uccmb dei crediti problematici già venduta a Prelios e Fortress. Gli esodi da cessioni presto saliranno per l’annunciata vendita di Unicredit leasing, o quella della rete commerciale in Austria (attesa ma che resta in cantiere, mentre da subito si smantella la direzione generale di Vienna, per assegnare le partecipazioni nei paesi del Centro Est Europa (Cee) alla holding milanese. L’aver fornito i numeri tutti insieme – prepensionamenti e blocco del turnover insieme al personale “venduto”, per un organico che calerà a 111mila dipendenti – sembra una strategia della banca per convincere il mercato che, dopo un periodo di appannamento, la redditività può risalire fino all’ (indice Rote), sopra al costo del capitale; scacciare i fantasmi ricorrenti per cui servirebbe ricapitalizzare. Come ha detto l’ad Federico Ghizzoni, «sarebbe assurdo chiedere soldi con questi numeri», anche perché con meno costi e fo- sulle attività redditizie – gestioni patrimoniali, business nell’area Cee, i «servizi di negoziazione e consulenza alle imprese» – ci saranno anche più utili (5,3 miliardi a fine piano, oltre il doppio dell’utile netto 2014), e il patrimonio 2018 salirà a un più sicuro 12,6 degli attivi ponderati per il rischio, contro un 10,53 attuale e così da far promettere una dote da 4,8 miliardi di dividendi in contanti. «E’ un piano ambizioso ma soprattutto realistico – ha detto il capoazienda al termine del cda, che ha esaminato la trimestrale chiusa in utile per 507 milioni, in calo del 29% ma oltre le attese degli operatori basato su azioni che dipendono da scelte manageriali». Tra queste il piatto forte resta la scure sui costi. Mai stati veramente sotto controllo, se si parla delle controllate (dal 2007) in Germania e Austria, dove malgrado la lunga crisi Unicredit ha lasciato il guinzaglio lungo, anche a ciò costretta dal patriottismo delle locali vigilanze bancarie. Dei 12.200 veri esuberi (un 10%dirigenti), 2.300 saranno tedeschi, 2.050 in Austria, 1.100 nel resto d’Europa In Italia le nuove uscite saranno 540, di cui 300 dirigenti: si aggiungono ai 5.100 esuberi annunciati nel 2014 (2.400 già avvenuti), un altro migliaio di Uccmb e realtà nostrane operanti all’estero Contestualmente, Unicredit stima di chiudere 800 filiali (150- in Italia), più fino ad altre 1.500 agenzie soppresse o trasformate per la crescente digitalizzazione, sostenuta da investimenti triennali da 1,2 miliardi. management non pensi di scaricare i costi di risanamento sui lavoratori riducendo l’occupazione – ha detto Agostino Megale, segretario della Fisac Cgil -. Resta determinante gestire gli esuberi con le uscite volontarie, negoziare in parallelo un piano assunzioni per i giovani che allo stato non c’è Per la parte italiana, come d’uso gli esodi sono gestiti in accordo con i sindacati, che ieri hanno incontrato i manager. «Tutta la nostra contrarietà per l’ennesimo piano di contrazione e non rilancio di Unicredit – ha fatto eco Mauro Morelli, segretario Fabi – che dal 2007 in Italia ha tagliato 30mila posti e ora sembra continuare la strategia di ridimensionamento che non ha portato da nessuna parte». Anche la Borsa, che i tagli li adora, ha accolto senza slancio le notizie. Se dopo gli annunci Unicredit s’era accesa fino a un +3%, ha poi frenato e chiuso in calo dello 0,08 a 5,91 euro, con un indice Stoxx banche europee a +0,45 Gli obiettivi di una redditività superiore a quella di Intesa Sanpaolo, di commissioni in crescita media annua del 6,3 nel triennio, sono sembrati ambiziosi, specie perchè i tassi resteranno vicino a zero comprimendo il margine di interesse (la banca stima 1% di crescita annua). Ma forse, stando alle voci degli ultimi tempi, poteva andare peggio. come ha scritto Credit Suisse, «date le nostre attese non troppo alte, siamo positivamente sorpresi dal piano, che cerca di rilanciare gli utili senza chiedere soldi ai soci». RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA STAMPA giovedì 12 novembre 2015
Unicredit, via al piano da 18 mila esuberi – Ghizzoni:”Escludo aumenti di capitale”. Sileoni(Fabi): “Solo colpi di accetta”. Si dimette un sindaco
FRANCESCO SPINI
MILANO. Unicredit vara il piano strategico al 2018. Un piano «rigoroso e serio», nelle parole dell’ad Federico Ghizzoni, e «totalmente autofinanziato». L’obiettivo della banca è tagliare i costi operativi di 1,6 miliardi, rafforzare la base patrimoniale, spingere sulla redditività (con un ritorno sul capitale dell’ e un utile a fine piano di 5,3 miliardi), e remunerare gli azionisti distribuendo mediamente il 40% dei profitti. tagli Metà dei risparmi verranno dagli esuberi: in tutto il gruppo sono 18.200 6mila derivano dalla prevista cessione della controllata in Ucraina e dal deconsolidamento di Pioneer, che si integrerà con Santander Asset Management, per cui proprio ieri è stato siglato un accordo vincolante. Germania gli esuberi passano dai 1.675 previsti nel piano di un anno fa a 2.300 (sono 625 in più), in Austria da 840 diventano 2.045 per nuovi 1.195 tagli. E in Italia? In tutto sono 5.640 Rispetto al piano già in esecuzione (2.400 persone hanno già trovato un accordo per uscire, altri 2700 saranno prepensionati su base volontaria) nuovi tagli sono 540. Esuberi che, spiega Ghizzoni, «saranno gestiti con il solito approccio dei prepensionamenti. Se saranno solo volontari sono cose che dobbiamo discutere col sindacato». Il punto è che dei 540, 301 sono dirigenti. il sindacato è pronto alla battaglia per evitare il ricorso a declassamenti. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, boccia il piano in cui non trova «nessun colpo d’ala solo colpi d’accetta Non ci sono idee e non si accenna ad alcuna diminuzione dei compensi dei manager. Oltre ai prepensionamenti volontari non si andrà», promette. Questo mentre Ghizzoni lancia stilettate ai rappresentanti dei lavoratori: «Se si mette la testa sotto la sabbia e non si riconosce che il mondo sta cambiando, non si trova nessun accordo…». Rimarca come nel piano ci siano «ricavi in aumento» pure «assunzioni per portare giovani nel gruppo e fare ricambio generazionale». Il gruppo avrà meno filiali: in Italia ne saranno tagliate altre 150- In parte sarà effetto di una sempre maggiore digitalizzazione su cui il gruppo investirà 1,2 miliardi, su 4 totali. Cessioni La banca procederà poi «alla cessione o ristrutturazione dei business non redditizi». Due sono nel mirino: le attività retail in Austria (paese dove la tassazione è assai pesante) il leasing in Italia. Si punterà sempre più sui business in crescita e a basso assorbimento di capitale, come il risparmio («Fineco non è in vendita») la divisione Cib. Sarà semplificata la struttura della banca, più integrata. La sub- austriaca sarà chiusa e le partecipazioni del Centro Est Europa (su cui il piano continua a puntare) entro il 2016 saranno trasferite sotto il diretto controllo della holding Unicredit. certo non ci sarà bisogno di alcun aumento di capitale. «Non solo lo escludo, sarebbe assurdo chiedere soldi» con un Cet1 al 12,6 oltre l’obiettivo interno. Una base per pagare 4,8 miliardi di dividendi cash, 9 se si sceglierà la forma dello «scrip dividend». Giallo Via libera, ieri, ai conti dei nove mesi, con utili a 1,5 miliardi (-16,1 che scontano 400 milioni di poste straordinarie. Si apre un «giallo». Si dimette un sindaco, Giovanni Alberti, «per sopraggiunti motivi di dissenso personale» con il cda. Ghizzoni dice di non saperne di più, ricordando che «nella decisione di sabato scorso, il collegio dei sindaci ha espresso all’unanimità parere positivo sulla conclusione della nostra analisi» sul caso Bulgarella che ha coinvolto il vice presidente Fabrizio Palenzona. «Non ci è piaciuta l’attenzione dei media per fatti inesistenti, come ci dice il Tribunale di Firenze» ma «tutto è stato chiarito. La pagina è chiusa e noi guardiamo avanti».
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LA REPUBBLICA giovedì 12 novembre 2015
IL COLLOQUIO/ PIETRO ICHINO – “Lavoro cambia per innovazione Aiuti ai redditi”
ROSARIA AMATO
ROMA. I tagli non sono dovuti solo alla crisi: per Pietro Ichino, giuslavorista e senatore Pd, le banche attraversano «un cambiamento epocale». Professore, le banche erano sovradimensionate? «Che le banche fossero sovradimensionate è l’unico punto su cui tutti concordano. Tutti sperimentiamo gli effetti dell’informatica e della telematica: penso soprattutto al bancomat e allo home banking, ma i cambiamenti epocali non sono solo questi». La Fabi, il principale sindacato bancari, accusa: si tratta solo dell’ennesima riduzione, nessuna idea di rilancio. «Non conosco il piano industriale di Unicredit. Ma il compito di valutarlo e di negoziarne le ricadute sui lavoratori è del sindacato. Il problema è che i sindacati italiani per lo più non sono attrezzati per farlo, con il risultato che tendono a difendere l’esistente Di quanto dovranno ridursi personale e filiali? «Quando è davvero necessario, l’aggiustamento degli organici di un istituto bancario, come di qualsiasi altra impresa, deve poter avvenire sempre. La domanda più importante è se il sistema delle relazioni industriali, e più in generale il nostro sistema di servizi al mercato del lavoro, sono in grado di gestire il passaggio dall’impresa in crisi a quella più solida e produttiva assicurando ai lavoratori la necessaria sicurezza economica e professionale. Senza questo, è difficile che la produttività possa crescere nel nostro Paese». L’Abi ha presentato numeri sorprendenti sulla diffusione dei social network. Le filiali si stanno trasformando in “salotti”. Gli sportelli tradizionali diventeranno obsoleti nel giro di alcuni anni o un certo numero dovrà rimanere sul territorio? «Questo è uno dei grandi mutamenti in at- ma non il solo. Dobbiamo renderci conto che l’innovazione tecnologica ha sempre prodotto la riduzione di determinate mansioni; il risultato dell’evoluzione sul medio e lungo termine, non è mai stato una riduzione complessiva dell’occupazione semmai il contrario. Questo processo va favorito, non ostacolato. Ma questo va fatto sostenendo efficacemente i lavoratori nella transizione». Come? «Innanzitutto con un buon trattamento complementare di disoccupazione negoziato con l’azienda che licenzia. Poi c’è tutto il nuovo discorso sul contratto di ricollocazione, cioè l’assistenza intensiva per la riqualificazione e il reperimento della nuova occupazione: il settore bancario in parte è già, e ancor più potrà diventare, un settore leader per entrambi gli aspetti».
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IL MATTINO DI PADOVA, LA TRIBUNA DI TREVISO, CORRIERE DELLE ALPI, NUOVA VENEZIA E MESTRE, MESSAGGERO VENETO, LA NUOVA SARDEGNA, IL PICCOLO, LIBERTA’, IL MATTINO DI PADOVA, LA TRIBUNA DI TREVISO, GAZZETTA DI REGGIO, GAZZETTA DI MODENA, LA NUOVA FERRARA, CORRIERE DELLE ALPI, TRENTINO, LA NUOVA VENEZIA E MESTRE, LA PROVINCIA PAVESE
giovedì 12 novembre 2015
Pop Vicenza, gli esuberi salgono a 350 Il presidente di Solidarietà Veneto, Andrea Tomat Al 30 SETTEMBRE MARGINE OPERATIVO LORDO a +9,7 La De Longhi macina sempre utili L’unico punto critico è legato alle svalutazioni di rublo e grivna
VICENZA . Prosegue il confronto in Popolare Vicenza tra l’azienda e i sindacati per il piano esuberi che da 292 dovrebbero diventare 350 entro aprile 2016. Ieri si è svolto il terzo incontro. un volantino unitario, le sigle hanno ribadito che “il piano Industriale, il modello di rete e il fondo esuberi non sono elementi da trattare separatamente viste le ricadute occupazionali e lavorative di ciascuno”. Fabi, First, Fisac e Unisin hanno chiesto un “focus specifico e preliminare sulla nuova organizzazione di rete” una “riorganizzazione coerente che presti la massima attenzione ai cambiamenti di ruolo (no a demansionamenti), alla mobilità, alla riqualificazione formativa, agli inquadramenti per le nuove figure che andranno a definirsi”. Il prossimo incontro è fissato il 18 novembre. I sindacati informano che la banca ha dichiarato che i 150 colleghi previsti
in outsourcing nel piano nel 2020, sono “una stima, uno studio”.
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IL TIRRENO (TUTTE LE EDIZIONI), LA CITTA’, GIORNALE DI VICENZA, QUOTIDIANO DEL SUD, GAZZETTA DI PARMA, EPOLIS, GIORNALE DI SICILIA, TIRRENO, BRESCIA OGGI, L’ARENA
giovedì 12 novembre 2015
Unicredit, ci sono 18mila esuberi – Entro il 2018 previsti 6.900 tagli in Italia, 800 le filiali a rischio. Risparmi per 1,6 miliardi
MILANO – Sforbiciata di Unicredit sui costi. Il gruppo di piazza Gae Aulenti nel nuovo piano al 2018 mette in cantiere 18.200 tagli di personale (6.900 in Italia) e risparmi per 1,6 miliardi. Allo stesso tempo si pone un obiettivo di 5,3 miliardi di utile (nelle precedenti linee strategiche era di 6,6 miliardi). Nel frattempo l’istituto archivia i 9 mesi 2015 con un utile in calo (-16,1 a oltre 1,5 miliardi (507 milioni nel terzo trimestre e sopra il consensus). Sui conti pesano 400 milioni di svalutazione della controllata in Ucraina e la conversione in euro dei mutui in franchi svizzeri in Croazia. Tornando al piano la “cura dimagrante” passa attraverso la cessione o la ristrutturazione, entro il 2016, delle attività retail in Austria e del leasing in Italia. Prevista anche la chiusura di 800 filiali in Italia, Germania e Austria mentre al quartier generale di Milano passerà il controllo delle attività in Est Europa. Nel 2018 la forza lavoro ammonterà a 111mila posti a tempo pieno. Quanto ai 18.200 tagli questi includono 6.000 posizioni che derivano dalla prevista cessione della controllata in Ucraina (4.000 posizioni) e dal deconsolidamento di Pioneer (2.000 posizioni), destinata al matrimonio con l’asset management di Santander (è stato siglato l’accordo quadro vincolante e il completamento dell’operazione è previsto nel 2016). In Germania sono circa 2.300 le posizioni che verranno tagliate mentre in Austria saranno 2.050 Circa 1.100 invece riguardano le divisioni Cee, l’Asset management e l’Asset Gathering. Italia, nel vecchio piano Unicredit concordò 5.100 uscite di cui per 2.400 gli accordi sono stati già definiti. Ne restano 2.700 a cui si aggiungono 540 posizioni (per lo più dirigenti) del nuovo piano. Per raggiungere la cifra di 6.900 bisogna includere oltre 700 dipendenti di Uccmb (che è stata ceduta alla cordata Fortress- 200- italiani che operano all’estero in società tipo Ubis, il restante è un piccolo gruppo di mancato turn- Linee che non piacciono ai sindacati con Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi che ricorda che il gruppo «dal 2007 ad oggi solo in Italia ha tagliato 30mila posti di lavoro». Ghizzoni invita i sindacati a non mettere «la testa sotto la sabbia» e si dice convinto che un accordo si troverà. «Abbiamo approvato un piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso», sottolinea peraltro l’amministratore delegato aggiungendo che «è soprattutto realistico» ed «è totalmente autofinanziato».
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LA PREALPINA giovedì 12 novembre 2015
Unicredit taglia 6900 posti di lavoro – L’ad Ghizzoni: «Piano industriale rigoroso». Ma la Fabi già contesta i numeri
MILANO – In Italia Unicredit taglia 6.900 posti di lavoro. E’ quanto è emerso ieri dalle slide diffuse prima della presentazione agli analisti del piano industriale. 5.800 tagli saranno nella banca commerciale e 1.100 nel corporate. Guardando nel dettaglio i tagli, nel vecchio piano Unicredit concordò 5.100 uscite di cui per 2.400 gli accordi sono stati già definiti. Ne restano 2.700 a cui si aggiungono 540 posizioni (per lo più dirigenti) del nuovo piano. Per raggiungere la cifra di 6.900 bisogna includere, spiegano fonti, oltre 700 dipendenti di Uccmb (che è stata ceduta alla cordata Fortress- 200- italiani che operano all’estero in società tipo Ubis, il restante è un piccolo gruppo di mancato turn- «Abbiamo approvato un Piano che prevede per il 2018 obiettivi importanti in termini di redditività e coefficienti patrimoniali, confermando la capacità del gruppo di generare capitale in modo organico e di distribuire dividendi. Vogliamo raggiungere questi obiettivi in un contesto macroeconomico che rimane non facile, con tassi di interesse ai minimi storici e un rallentamento della crescita economica internazionale», afferma in una nota Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit Piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso. Ma è soprattutto realistico, perchè si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali, ed è un Piano totalmente autofinanziato – prosegue -. Siamo quindi pienamente fiduciosi circa la sua realizzazione. Possiamo rafforzare il nostro modello di banca commerciale di dimensione europea sia con misure rilevanti di contenimento dei costi, sia con azioni di discontinuità come l’uscita o la profonda ristrutturazione di business a bassa redditività. Prevediamo investimenti importanti per il futuro della banca: solo per l’evoluzione digitale del Gruppo investiremo un miliardo e duecento milioni di euro». L’aumento del numero di esuberi annunciato, però, non va giù alla Fabi che ha già detto no al piano industriale presentato dal management Unicredit. Il sindacato bancario dice no «all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attività» ha detto ieri Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, ricordando che «dal 2007 ad oggi solo in Italia il gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro». Il piano, dice, prevede altre 560 eccedenze di personale entro il 2018, che si aggiungono alle 5.100 dichiarate un anno fa. E il numero potrebbe salire di 400 unità con la cessione del ramo leasing.
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IL CITTADINO giovedì 12 novembre 2015
La scure di Unicredit “affetta” anche l’Italia
UniCredit al 2018 prevede tagli di personale del gruppo per 18.200 unità, compresa la riduzione di 6.000 dipendenti relativi alla cessione dell’Ucraina e alla joint venture tra Pioneer e Santander. La diminuzione dei dipendenti si realizzerà sia nei corporate centres (-17% rispetto al 2014) sia nella banche commerciali Italia, Germania e Austria e nella regione Centro Est Europa (-9% rispetto al 2014). In questo modo, spiega il comunicato diffuso dopo il cda che ha approvato il piano), nel 2018 la forza lavoro del gruppo ammonterà a circa 111.000 dipendenti. Per quanto riguarda l’Italia si prevede il taglio di 6.900 posti di lavoro. Il nuovo piano strategico prevede l’obiettivo di un un utile netto al 2018 di 5,3 miliardi di euro, con il Rote (return on tangible asset) all’ Gli altri target finanziari al 2018 prevedono costi totali a 12,9 miliardi, con un rapporto costi ricavi al 50% e un costo del rischio a 67 punti base. «Vogliamo raggiungere questi obiettivi – ha spiegato l’amministratore delegato Federico Ghizzoni – in un contesto macroeconomico che rimane non facile, con tassi di interesse ai minimi storici e un rallentamento della crescita economica internazionale. È un piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso». «Ma – ha sottolineato – è soprattutto realistico, perché si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali, ed è un piano totalmente autofinanziato. Siamo quindi pienamente fiduciosi circa la sua realizzazione». «Dichiariamo tutta la nostra contrarietà rispetto all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del Gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attività in tutta Europa anziché quello dell’espansione afferma Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari. «Dal 2007 ad oggi solo in Italia il Gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro. Il piano prevede in totale altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018, che si aggiungono alle 5100 già dichiarate appena un anno fa. Come Fabi, rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata», conclude Morelli.
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LA SICILIA giovedì 12 novembre 2015
UniCredit taglierà 18.200 posti in Europa – Utile previsto di 5,3 mld. Fabi: «Dal 2007 30mila posti in meno nel Paese»
MILANO. Sforbiciata di UniCredit sui costi. Il gruppo di Piazza Gae Aulenti nel nuovo piano al 2018 mette in cantiere 18.200 tagli di personale (6.900 in Italia) e risparmi per 1,6 miliardi. Allo stesso tempo si pone un obiettivo di 5,3 miliardi di utile (nelle precedenti linee strategiche era di 6,6 miliardi). Nel frattempo l’istituto archivia i 9 mesi 2015 con un utile in calo (-16,1 a oltre 1,5 miliardi (507 milioni nel terzo trimestre e sopra il consensus). Sui conti pesano 400 milioni di svalutazione della controllata in Ucraina e la conversione in euro dei mutui in franchi svizzeri in Croazia. Tornando al piano, la “cura dimagrante” passa attraverso la cessione o la ristrutturazione, entro il 2016, delle attività retail in Austria e del leasing in Italia. Prevista anche la chiusura di 800 filiali in Italia, Germania e Austria, mentre al quartier generale di Milano passerà il controllo delle attività in Est Eu- Nel 2018 la forza lavoro ammonterà a 111 mila posti a tempo pieno. Quanto ai 18.200 tagli, questi includono 6.000 posizioni che derivano dalla prevista cessione della controllata in Ucraina (4.000 posizioni) e dal deconsolidamento di Pioneer (2.000 posizioni), destinata al matrimonio con l’asset management di Santander (è stato siglato l’accordo quadro vincolante e il completamento dell’operazione è previsto nel 2016). In Germania sono circa 2.300 le posizioni che verranno tagliate, mentre in Austria saranno 2.050 Circa 1.100 invece riguardano le divisioni Cee, l’Asset management e l’Asset Gathering. Italia, nel vecchio piano, UniCredit concordò 5.100 uscite di cui per 2.400 gli accordi sono stati già definiti. Ne restano 2.700 a cui si aggiungono 540 posizioni (per lo più dirigenti) del nuovo piano. Per raggiun- «Abbiamo approvato un piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso», sottolinea peraltro l’A d. dicendo che si punta al digitale, allo sviluppo della banca gestibile sul cellulare e all’assunzione di giovani, e aggiungendo che «è soprattutto realistico» ed «è to- autofinanziato». Tanto che in conferenza stampa l’A d. puntualizza che un aumento di capitale «non solo» è da escludere, ma «sarebbe assurdo chiedere soldi» con un CET1 ratio fully loaded, prima della distribuzione dei dividendi, che si attesterà a 12,6 nel 2018, superiore all’obiettivo interno di 11,5 Con questa solida base di capitale la banca può potenzialmente pagare 4,8 miliardi di dividendi cash che corrispondono ad un payout medio del 40%. Se si considera lo script dividend, si potrà arrivare a 9 miliardi. Ghizzoni esclude poi la cessione di Fineco (sia «come quota di minoranza» sia «come azienda») un interesse ad aggregazioni in Italia. Quanto alla joint venture sui crediti immobiliari con cui si sta lavorando in esclusiva con Pimco, l’A d. specifica che «non è una cessione di asset» ma «l’obiettivo è identificare un portafoglio da gestire insieme ad un operatore professionale». FABIO PEREGO gere la cifra di 6.900 bisogna includere oltre 700 dipendenti di Uccmb (che è stata ceduta alla cordata Fortress- 200- italiani che operano all’estero in società tipo Ubis, il restante è un piccolo gruppo di mancato turn- Linee che non piacciono ai sindacati con Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, che ricorda che il gruppo «dal 2007 ad oggi solo in Italia ha tagliato 30mila posti di lavoro». Ghizzoni invita i sindacati a non mettere «la testa sotto la sabbia» e si dice convinto che un accordo si troverà.
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IL SOLE 24 ORE giovedì 12 novembre 2015
I sindacati alle Bcc: no a tagli strutturali in busta paga
«Giungere in tempi rapidi al rinnovo del contratto per i 37mila lavoratori delle Bcc in un’ottica di sostenibilità ed equità». Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sincra Ugl e Uilca hanno sintetizzato con questa richiesta alle imprese i risultati degli attivi unitari che si sono svolti in queste settimane per discutere del rinnovo del contratto del credito cooperativo, dopo che «Federcasse ha sospeso anticipatamente gli incontri per nominare e definire una nuova delegazione trattante», spiegano i sindacati. «I ritardi nella trattativa di rinnovo del contratto non sono certamente imputabili al sindacato ma a Federcasse, che a parole dice di voler rinnovare in tempi brevi il contratto, ma nei fatti in questi mesi non è mai entrata nel merito della discussione degli argomenti, rallentando i tempi della trattativa per questioni politiche interne all’associazione», sostiene Luca Bertinotti, segretario nazionale della Fabi. Alessandro Spaggiari, segretario nazionale della Fiba Cisl, suggerisce che «occorre effettuare un rinnovo del ccnl snello e veloce, che si concentri sugli strumenti di sostegno all’occupazione, sul contenimento e quindi sulla trasparenza dei costi a partire da quelli non riconducibili alla contrattazione collettiva che sono i più dinamici, sulla costruzione di una modalità organica di coinvolgimento partecipativo dei lavoratori».
Il contratto è scaduto da quasi 2 anni e, aggiunge Spaggiari, «l’indennità di vacanza contrattuale che spetta ai lavoratori non viene erogata. Più volte durante il negoziato è stata sollecitata dai sindacati. Se il negoziato fosse partito anche l’indennità di vacanza contrattuale poteva essere una questione da discutere con tutte le altre». «Siamo da sempre aperti al confronto, ma non accettiamo la proposta di Federcasse di praticare un taglio strutturale alle retribuzioni dei lavoratori, bloccando gli scatti d’anzianità e tagliando il premio di risultato e l’indennità di rischio. Quanto agli eventuali esuberi frutto dell’autoriforma, sono ancora tutti da quantificare e quindi non si può avviare il confronto su numeri in astratto», aggiunge Bertinotti. «Sull’occupazione bisogna andare in chiaro – aggiunge il segretario nazionale della Fisac, Michele Cervone -. Se 37mila lavoratori sono considerati “troppi” da Federcasse e dal Movimento di credito cooperativo, il negoziato deve finalmente aprirsi per individuare e definire come e dove intervenire a sostegno dei livelli occupazionali. Non è condivisibile che la trattativa sul punto sia bloccata dalla pretesa che il sindacato propedeuticamente accolga gli interventi sul ccnl privilegiati da Federcasse».
I sindacati aspettano di essere convocati quanto prima da Federcasse e si dicono disponibili a lavorare per il rilancio del credito cooperativo. È necessario, spiegano in una nota le sigle, un confronto a tutto campo sui costi di sistema, a cominciare da quelli di governance e dalle consulenze, criticità evidenziata dalla stessa Bankitalia. Il sindacato ha già ampiamente fatto la sua parte, rendendosi disponibile a ragionare su forme di solidarietà, come ad esempio la fruizione delle ferie e banca ore arretrate, che però non vadano a incidere sulla componente strutturale della retribuzione dei lavoratori, e a rinunciare all’indennità di vacanza contrattuale. Ora tocca a Federcasse fare altrettanto, abbandonando inutili tatticismi e posizioni intransigenti e strumentali, dicono i sindacati. © RIPRODUZIONE RISERVATA C.Cas..
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ANSA 11 novembre 2015
Unicredit: Fabi contro piano, dal 2007 tagliati 30.000 posti – Morelli; 560 nuove eccedenze, più altre 400 con leasing
(ANSA) – MILANO, 11 NOV – La Fabi dice no ”all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attività”. Così Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, ricordando che “dal 2007 ad oggi solo in Italia il gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro”. Il piano, dice, prevede altre 560 eccedenze di personale entro il 2018, che si aggiungono alle 5.100 dichiarate un anno fa. E il numero potrebbe salire di 400 unità con la cessione del ramo leasing.(ANSA).
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AGI 11 novembre 2015
Unicredit: Fabi, no a ennesimo piano contrazione gruppo
(AGI) – Roma, 11 nov. – “Dichiariamo tutta la nostra contrarieta ‘ rispetto all ‘ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del Gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attivita ‘ in tutta Europa anziche ‘ quello dell ‘espansione”. Cosi ‘ Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, commenta il nuovo piano industriale presentato oggi dal Gruppo Unicredit. “Dal 2007 ad oggi solo in Italia il Gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro e con questo piano sembra voler continuare a percorrere questa strategia che finora non ha portato da nessuna parte, senza minimamente comprendere che dietro ogni esubero c ‘e ‘ una persona, una storia e una famiglia. Il piano prevede in totale altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018, che si aggiungono alle 5100 gia ‘ dichiarate appena un anno fa. Il numero potrebbe, inoltre, essere rivisto al rialzo con la possibile cessione del ramo leasing in Italia, che, se attuata, porterebbe a un taglio di altri 400 posti di lavoro. Come Fabi, rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata”, conclude
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ASCA 11 novembre 2015
Unicredit, Fabi: un piano di contrazione non di rilancio
Unicredit, Fabi: un piano di contrazione non di rilancio Sindacato contro uscite obbligatorie di personale Roma, 11 nov. (askanews) – “Dichiariamo tutta la nostra contrarietà rispetto all ‘ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del Gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attività in tutta Europa anziché quello dell ‘espansione”. Così Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, commenta il nuovo piano industriale presentato oggi dal Gruppo Unicredit.”Dal 2007 ad oggi solo in Italia il Gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro. Il piano prevede in totale altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018, che si aggiungono alle 5100 già dichiarate appena un anno fa. Il numero potrebbe, inoltre, essere rivisto al rialzo con la possibile cessione del ramo leasing in Italia, che, se attuata, porterebbe a un taglio di altri 400 posti di lavoro”, sottolinea il rappresentante della Fabi.”Come Fabi, rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata”, conclude Morelli. Men 11-nov-15 16.28 NNNN
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ADNKRONOS novembre 2015
BANCHE: MORELLI (FABI), PIANO UNICREDIT ENNESIMA CONTRAZIONE E NON RILANCI
“Dal 2007 a oggi, in Italia, tagliati 30mila posti di lavoro” Milano, 11 nov. (AdnKronos) – “Dichiariamo tutta la nostra contrarietà rispetto all ‘ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del Gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attività in tutta Europa anziché quello dell ‘espansione”. Lo afferma in una nota Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, commentando il nuovo piano industriale presentato oggi dal Gruppo Unicredit. “Dal 2007 a oggi – spiega Morelli – solo in Italia il Gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro e con questo piano sembra voler continuare a percorrere questa strategia che finora non ha portato da nessuna parte, senza minimamente comprendere che dietro ogni esubero c ‘è una persona, una storia e una famiglia”. In totale, “il piano prevede altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018 che si aggiungono alle 5100 già dichiarate appena un anno fa”. Il numero “potrebbe, inoltre, essere rivisto al rialzo con la possibile cessione del ramo leasing in Italia, che, se attuata, porterebbe a un taglio di altri 400 posti di lavoro”. “Come Fabi – conclude il segretario – rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata”.
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RADIOCOR mercoledì 11 novembre 2015 – 16:32
Unicredit: Fabi, piano di contrazione e non di rilancio, no uscite obbligatorie FIN- In Italia 30mila tagli dal 2007
(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 11 nov – La Fabi boccia il piano strategico al 2018 annunciato oggi da Unicredit. “Dichiariamo tutta la nostra contrarieta’ rispetto all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del Gruppo Unicredit, che ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle attivita’ in tutta Europa anziche’ quello dell’espansione”, dichiara Mauro Morelli, segretario nazionale del sindacato Fabi. “Dal 2007 ad oggi solo in Italia il Gruppo ha tagliato 30mila posti di lavoro e con questo piano sembra voler continuare a percorrere questa strategia che finora non ha portato da nessuna parte”, aggiunge Morelli, citato in una nota. La Fabi sottolinea che il piano prevede altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018, che si aggiungono alle 5.100 gia’ dichiarate un anno fa. Il numero potrebbe, inoltre, essere rivisto al rialzo con la possibile cessione del ramo leasing in Italia, che porterebbe al taglio di altri 400 posti di lavoro. Come Fabi – conclude la nota – “rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata’. com-gli-(RADIOCOR) 11-11-15 16:32:20 (0506) 5 NNNN
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REUTERS ITALIA mercoledì 11 novembre 2015 16:52
PUNTO 2-UniCredit, per sindacati nuovi esuberi in Italia tra 540 e 560
MILANO, 11 novembre (Reuters) – Il nuovo piano strategico di UniCredit aggiungerà tra 540 e 560 nuovi esuberi in Italia rispetto a quelli previsti dal vecchio piano presentato a marzo 2014. Lo riferiscono i sindacati. Secondo una fonte sentita da Reuters “si aggiungono 540 unità in Italia con il nuovo piano”. Una nota diffusa dal Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, scrive che “il piano prevede in totale altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018 che si aggiungono alle 5.100 già dichiarate appena un anno fa”.
“Il numero potrebbe essere rivisto al rialzo con la possibile cessione del ramo del leasing in Italia che, se attuata, porterebbe a un taglio di altri 400 posti di lavoro”, scrive nel comunicato i segretario nazionale, Mauro Morelli, aggiungendo che “come Fabi rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata”.
Il vecchio piano prevedeva oltre 5.700 esuberi in Italia. Su 2.400 uscite è stato già raggiunto un accordo con i sindacati. Restano da definire sul vecchio piano circa 2.700 uscite.
Nel frattempo UniCredit ha ceduto Uccmb a Fortress Group con l’uscita dal perimetro della banca di circa 700 dipendenti.
Con il nuovo piano gli esuberi dichiarati per l’Italia sono 6.900 di cui 5.800 sulla rete e 1.100 nel corporate centre. La discrepanza tra i numeri potrebbe derivare dagli accordi con i sindacati già siglati e dal fatto che gli esuberi potrebbero riguardare società con sede in Italia ma che operano in altri paesi. (Gianluca Semeraro)
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MILANO FINANZA.it mercoledì 11 novembre 2015
Unicredit, Fabi: no a ennesimo piano contrazione gruppo
Dichiariamo tutta la nostra contrarietà rispetto all’ennesimo piano di contrazione e non di rilancio del gruppo Unicredit . Lo ha dichiarato Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, commentando il nuovo piano industriale presentato oggi dal gruppo Unicredit .
“Ancora una volta l’istituto sceglie la strada del ridimensionamento delle attività in tutta Europa anziché quello dell’espansione. Dal 2007 ad oggi, solo in Italia, il gruppo ha tagliato 30 mila posti di lavoro e con questo piano sembra voler continuare a percorrere questa strategia che finora non ha portato da nessuna parte, senza minimamente comprendere che dietro ogni esubero c’è una persona, una storia e una famiglia”, ha dichiarato Fabi.
“Il piano prevede in totale altre 560 eccedenze di personale da gestire entro il 2018, che si aggiungono alle 5100 già dichiarate appena un anno fa. Il numero potrebbe, inoltre, essere rivisto al rialzo con la possibile cessione del ramo leasing in Italia, che, se attuata, porterebbe a un taglio di altri 400 posti di lavoro”, ha spiegato il sindacalista. “Come Fabi, rigettiamo qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori in esubero. Gli eventuali prepensionamenti dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata”, ha concluso Morelli.
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REUTERS ITALIA mercoledì 11 novembre 2015 15:59
UniCredit, nuovo piano aggiunge 540 esuberi in Italia – fonte sindacale
MILANO, 11 novembre (Reuters) – Il nuovo piano strategico di UniCredit aggiunge 540 esuberi in Italia rispetto a quelli previsti dal vecchio piano presentato a marzo 2014. Lo riferisce una fonte sindacale. “Si aggiungono 540 unità in Italia con il nuovo piano”, riferisce la fonte.
Il vecchio piano prevedeva oltre 5.700 esuberi in Italia. Su 2.400 uscite è stato già raggiunto un accordo con i sindacati. Restano da definire sul vecchio piano circa 2.700 uscite.
Nel frattempo UniCredit ha ceduto Uccmb a Fortress Group con l’uscita dal perimetro della banca di circa 700 dipendenti.
Con il nuovo piano gli esuberi dichiarati per l’Italia sono 6.900 di cui 5.800 sulla rete e 1.100 nel corporate centre. La discrepanza tra i numeri potrebbe derivare dagli accordi con i sindacati già siglati e dal fatto che gli esuberi potrebbero riguardare società con sede in Italia ma che operano in altri paesi. (Gianluca Semeraro)