La FABI e le altre Organizzazioni Sindacali scrivono ai Governatori di BCE e Bankitalia: “Preoccupati per le ricadute sociali delle prossime fusioni, chiediamo un’assunzione di responsabilità in tema occupazionale”.
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Ill.mo
Presidente BCE
Dott. Prof. Mario Draghi
Ill.mo
Governatore Banca d’Italia
Dott. Prof. Ignazio Visco
Signor Presidente, Signor Governatore,
il Sistema bancario italiano è alla vigilia di una nuova stagione di processi di concentrazione ai quali la decisione del Governo di trasformare in Società per Azioni le principali Banche popolari cooperative ha offerto le condizioni di fattibilità e di accelerazione.
Le Parti Sociali del settore possono annoverare, dalla metà degli anni novanta a oggi, una lunga esperienza nella gestione delle ricadute sociali derivanti dalle riorganizzazioni delle aziende di credito.
Il nostro lavoro negoziale ha permesso una radicale trasformazione morfologica e strutturale delle banche nel nostro Paese, a partire dalla svolta storica del 4 giugno 2007 quando a Palazzo Chigi tra il primo Governo Prodi, ABI, FEDERCASSE ed Organizzazioni Sindacali del credito fu sottoscritto il Protocollo di ristrutturazione e di riposizionamento strategico del settore.
Possiamo esibire, come Parti Sociali, con la sobrietà e con l’orgoglio di chi per cultura negoziale guarda ai risultati, capacità innovativa ed obiettivi successi.
Abbiamo anticipato di dodici anni, nel 2000, i Fondi di solidarietà autofinanziati per la gestione delle crisi aziendali, che la Legge Fornero ha introdotto nei settori privi di Cassa integrazione.
Inoltre abbiamo anticipato di tre anni, nel 2012, con il Fondo per la creazione occupazionale finanziato dai lavoratori, lo sgravio sui contributi previdenziali per le assunzioni a tempo indeterminato previsto dal Governo Renzi nella Legge di stabilità 2015.
Siamo convinti che il nostro buon lavoro dell’ultimo ventennio si compendi nell’aver contribuito a governare il riposizionamento competitivo del settore in condizioni di equilibrio e di solidarietà sociale anche rispetto all’Europa.
Il Sistema bancario italiano è stato l’unico, insieme a quello canadese, ad essere uscito illeso dalla crisi finanziaria globale iniziata nella prima decade dell’agosto 2007, perché immune dalla finanza speculativa.
Infatti non ha attinto alle ricapitalizzazioni pubbliche per migliaia di miliardi come negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, anche quando la crisi finanziaria si è trasformata in recessione, in crisi delle imprese, in disoccupazione, in caduta dei redditi per le famiglie e in conseguenti sofferenze bancarie. Ha superato gli Stress Test della BCE, soddisfatto i requisiti di copertura dei rischi dell’Attivo, dimostrato una solidità economica e patrimoniale tra le migliori nel confronto internazionale.
A tutto ciò ha contribuito, certamente, la lungimiranza e l’efficacia dell’azione di Vigilanza prudenziale della Banca D’Italia e della B.C.E e una ritrovata autorevolezza di ABI sotto la guida del Presidente Antonio Patuelli.
Siamo ben coscienti del ruolo decisivo, per la tenuta dell’Euro e per il futuro dell’Unione Europea, giocato dal ” Whatever it takes ” pronunciato da Mario Draghi nel luglio 2012 con perentoria fermezza, al quale hanno fatto seguito il “Targeted Long Term Refinancing Operations” ed il “Quantitative Easing”, politiche non convenzionali di espansione del credito e di sostegno ai debiti pubblici, determinanti per il ritorno alla crescita in un’Europa prigioniera dei miti regressivi e perdenti dell’austerità.
Per le ragioni in breve esposte e nell’assoluto rispetto dei compiti istituzionali della Banca Centrale Europea e della Banca D’Italia, riteniamo doveroso esprimerVi le nostre preoccupazioni circa la possibilità che la nuova fase di processi di concentrazione che ci attende possa interrompere la lunga, positiva, vincente tradizione di relazioni sindacali in breve descritta.
Le nostre Controparti hanno, infatti, tenacemente eluso, nel corso dell’ultimo rinnovo contrattuale, il confronto sul nuovo modello di banca al servizio del Paese da noi sollecitato; tema che riteniamo decisivo poiché innovazioni tecnologiche ed organizzative e banca virtuale, da un lato, e nuovo rapporto banca /industria per il riassetto competitivo del sistema industriale, dall’altro, richiedono un profondo ripensamento della strategie, dei modelli organizzativi, delle professionalità, della partecipazione ai risultati, da condividere con le organizzazioni sindacali. Un nuovo modello di banca condiviso dalle parti sociali avrebbe garantito stabilità occupazionale e conseguente aumento degli utili d’impresa.
Permane nelle nostre Controparti un’attenzione, quasi ossessiva, all’esclusiva variabile dei costi, soprattutto del costo del lavoro, che confligge con la visione sistemica che la complessa transizione del settore richiederebbe e che convive con gli insostenibili differenziali retributivi del Top management, troppo spesso irresponsabile ed indenne di fronte ai dissesti aziendali scatenati dalla sua gestione, tanto che nei recenti scandali bancari non si trovano ancora colpevoli e ancora nessuno ha pagato dazio di fronte alla giustizia.
Di contro, le macerie di queste pessime gestioni vengono poi sistematicamente scaricate sui lavoratori e sul sindacato, che devono trovare soluzioni per poi far ripartire le aziende.
Negli ultimi quindici anni e fino a tutto il 2020, il settore bancario perderà sessantottomila posti di lavoro.
Per questi motivi temiamo una valutazione per eccesso nel calcolo degli esuberi di personale risultanti dai nuovi processi di concentrazione e dai correlativi Piani industriali, nell’intento di offrire agli azionisti il risultato immediato della creazione di valore.
Non rinunceremo al meccanismo della volontarietà dei prepensionamenti, che fino a oggi ha garantito anche un ricambio e una staffetta generazionale capace di dare una prospettiva occupazionale ai giovani.
Sarebbe questo un grave errore in una fase storica cruciale per il settore e per il Paese, che richiede, al contrario, lungimiranza strategica e capacità di offrire alle famiglie ed alle imprese il modo di far banca più efficace per tornare ad una prospettiva di crescita, di occupazione, di coesione sociale stabile e di lungo periodo.
Signor Presidente e Signor Governatore,
i vostri autorevoli ruoli impongono a nostro avviso un’assunzione di responsabilità anche sul tema occupazionale, nell’ottica di un equilibrio sostenibile tra la stessa competitività delle banche e un indispensabile e per noi irrinunciabile “equilibrio sociale”.
Una copiosa letteratura conviene che la manifattura avanzata derivi i suoi differenziali competitivi relativamente meno dal capitale fisso investito ed assai più dalla creatività, dalla motivazione e dalla partecipazione delle risorse umane alla missione dell’impresa.
Crediamo che questa diagnosi valga, a maggior ragione, per le risorse umane delle aziende di credito, che operano in un settore che produce servizi immateriali la cui qualità ed efficacia è assolutamente legata alla qualità professionale del personale che li eroga.
I dipendenti bancari hanno, storicamente, dimostrato un sentimento straordinario di appartenenza alle rispettive aziende, che si è manifestato nella costante partecipazione agli aumenti di capitale anche nelle fasi di difficoltà e di crisi.
Sono un asset di valore inestimabile che non può e non deve essere dissipato!
Per queste semplici ragioni siamo convinti che i prossimi tavoli negoziali dedicati ai processi di concentrazione debbano ricercare un equilibrio vincente tra gli obiettivi economici, reddituali e patrimoniali, da un lato, e le tutele occupazionali, professionali e salariali, dall’altro.
Per le stesse ragioni crediamo che siano mature le condizioni per consentire la presenza nei Nuovi Consigli di Sorveglianza di rappresentanti qualificati dei lavoratori, nell’ambito della tutela di minoranze azionarie, dei dipendenti e dei territori di riferimento, in grado di mantenere un legame con le storiche radici popolari dalle quali comunque deriveranno i nuovi Gruppi.
Signor Presidente, Signor Governatore,
non pretendiamo, certamente, con le brevi note che precedono, di sollecitare interventi impropri. Intendiamo, però, sottolineare, in virtù del grande rispetto ed apprezzamento per il Vostro ruolo istituzionale, che la sana e prudente gestione dipende anche dalla saggia gestione delle relazioni sindacali, tenendo conto delle giuste attese e speranze delle lavoratrici e dei lavoratori.
Con rinnovata stima.
I SEGRETARI GENERALI
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL
Lando Maria Sileoni – Giulio Romani – Agostino Megale –
SINFUB UGL/Credito UILCA/UIL UNISIN
Pietro Pisani – Piero Peretti – Massimo Masi – Emilio Contrasto
Roma, 04 settembre 2015