IL SOLE 24 ORE venerdì 3 aprile 2015
Ai giovani bancari 235 euro in più – Le parti impegnate nella messa a punto della piattaforma bilaterale
Al di là del Jobs act grazie alla continuità del contratto per coloro che in caso di newco o cessione di ramo d’azienda passeranno a nuove società. E soprattutto a tutela dei giovani e di chi ha perso il lavoro. Con questa carta d’identità il nuovo contratto dei bancari ha certamente migliori premesse del precedente (che ottenne circa il 60% di sì) di passare con successo dalle assemblee dei lavoratori. La categoria è molto sindacalizzata, le fronde non mancano così come i loro effetti. Però rispetto al passato ci sono una serie di elementi che tireranno la volata al sindacato nelle assemblee.
Per esempio prendiamo i giovani. Il differenziale del loro salario di ingresso è passato dal 18% al 10%: questo significa circa 172 euro, secondo una stima della Fisac Cgil. Se aggiungiamo ai 172 euro gli oltre 63 dell’aumento dei contratti di inserimento si arriva a 235: i giovani avranno in più in busta paga, a regime 235 euro, quasi il 12%. Le aree professionali e i quadri è vero che hanno avuto un aumento medio di 85 euro (prima area terzo livello, si veda la tabella dell’Ufficio studi della Fabi) ma se consideriamo che nel precedente contratto avevano avuto il congelamento degli scatti che valgono in media 60 euro e l’aumento sotto forma di edr che vale in media circa 11 euro – e le banche avrebbero voluto replicare l’esperienza – è come se in media avessero avuto 156 euro. Tenendo conto che siamo in deflazione il risultato è tutt’altro che basso.
Soprattutto perché il sindacato ha ceduto ben poco sul piano normativo. Ci sono i demandi aziendali che riguardano gli inquadramenti, ma la riforma è tutta da vedere nel cantiere, così come è stata mantenuta l’area contrattuale. E in più si è trovato il modo di aggiungere tutele a chi è licenziato per motivi economici. La piattaforma digitale bilaterale per fare incontrare la domanda delle imprese con l’offerta di professionisti che sono nel fondo emergenziale è uno strumento che ha davvero tutte le potenzialità per consentire una relativa pace sociale in caso di ristrutturazioni aziendali. Tutto sta nel vedere come le parti riusciranno a metterla a punto e a renderla efficace.
Il lavoro dei sindacati, rispetto alla loro base di iscritti, inizia adesso. Le premesse sono buone per i numeri, per le norme ma anche per alcune scelte che valorizzano il rapporto con la base. Se si prende il testo dell’intesa si vedono le sigle dei sindacati scritte in stampatello ma non le firme dei segretari generali. Questo perché si è optato per una sigla tecnica per presa visione. Poi quando le assemblee dei lavoratori avranno dato mandato per firmare l’intesa la firma tecnica si trasformerà nella firma dei segretari generali. Come spiega la lettera che Abi ha inviato ai sindacati il vecchio contratto è prorogato fino al 15 giugno, ma se le assemblee non dovessero approvare l’accordo scatterà la disapplicazione del contratto. È un’esperienza unica nelle relazioni industriali e porta con sè l’idea della forte partecipazione e della responsabilità democratica. – RIPRODUZIONE RISERVATA Cristina Casadei
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MF-MILANO FINANZA, venerdì 3 aprile 2015
Il contratto dalla A alla Z – Dopo trattative lunghe e difficili è stata firmata la nuova intesa sui rapporti di lavoro nel settore. L’accordo può servire al mondo del credito per affrontare l’imminente risiko con qualche salvagente in più
di Mauro Romano
Un anno e mezzo di trattative e due giornate di sciopero. Il contratto dei bancari, firmato all’alba del 1° aprile non ha avuto certo un percorso in discesa. Anzi, fino alla fine le possibilità di rottura definitiva sono state concrete. Ora però il testo è stato siglato dalle varie sigle sindacali e dall’Abi. Ecco, dalla a alla zeta, che cosa c’è scritto.
Aumento. Le banche si erano sedute al tavolo dicendo di non poter accettare alcun aumento del costo del lavoro, i sindacati erano invece partiti da una richiesta di incremento del salario base di 170 euro lordi a regime. Alla fine si è chiuso con un aumento di 85 euro, ripartito in tre tranche, precisamente: 25 euro in più dal 1° ottobre 2016, altri 30 euro dal 1° ottobre 2017 e infine gli ultimi 30 euro dal 1° ottobre 2018.
Bce, ma anche Eba, ossia i nuovi regolatori che stanno imponendo alle banche regole sempre più onerose sul patrimonio da far sembrare lasche quelle già contestatissime di Basilea 3. Nelle due pagine di premessa all’accordo siglato tra Abi e sindacati, alla questione è dedicato un passaggio fondamentale, condiviso tra le parti, in cui si segnala come questo irrigidimento normativo imposto dai regolatori aggravi le difficoltà delle banche nel muoversi in un contesto macroeconomico di particolare pesantezza.
Cambiamento. Alessandro Profumo, capo delegazione dell’Abi nella trattativa contrattuale, lo definisce «epocale», perché stanno cambiando «regole, supervisione, contesto macroeconomico, comportamento dei clienti, tecnologie». Ecco perché l’accordo siglato nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile scrive solo la cornice delle nuove regole. Stabilisce più che altro dei confini, lasciando alle commissioni tecniche tre mesi e in alcuni casi anche un anno di lavoro, per definire gli aspetti più di sistema.
Durata. Quella del contratto è stata allungata di un anno (in totale saranno 4), quindi le nuove regole resteranno in vigore fino al 31 dicembre 2018. È stata la condizione irrinunciabile posta dall’Abi per accettare gli 85 euro di aumento, in questo modo, visto che la prima tranche verrà pagato solo a ottobre del prossimo anno, è come se l’attuale costo del lavoro fosse stato congelato per quasi due anni.
Estensione. Del contratto. In altre parole l’area contrattuale, ossia il bacino di lavoratori interessati dalle regole e dalle tutele dell’accordo. Continuerà a riguardare 309 mila addetti, ossia tutti quelli che lavorano ora, a vario titolo, per le banche. Lo manterranno tutti anche se in futuro il ramo d’azienda d’appartenenza dovesse essere ceduto a terzi, magari a società di servizi. Ridurre l’area contrattuale era uno degli obiettivi dell’Abi, che ha cercato anche di far passare contratti complementari meno onerosi (il 15% in meno di salario) per chi si occupa di gestione di carte di credito, sistemi di pagamento, facility management e servizi vari. I sindacati su questo sono stati inamovibili: contratto unico per tutti, anche per coloro che in futuro potrebbero passare ad aziende esterne.
Fungibilità. È il termine utilizzato nel contratto per sancire che i quadri direttivi sono fra loro intercambiabili a prescindere dal proprio livello d’inquadramento (in questa fascia sono 4 sui 13 complessivi). In altre parole, nessuno dei quadri direttivi può opporsi se viene utilizzato per un incarico solitamente affidato a un collega di livello più basso del suo.
Jobs act. Nel contratto si ribadisce che restano in vigore le vecchie previsioni di legge in materia di licenziamenti per tutti i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore della riforma del lavoro (7 marzo 2015). Ciò vuol dire che per loro varrà l’articolo 18 in caso di licenziamento e quindi potranno chiedere la reintegra. Inoltre, come permette la legge, le condizioni contrattuali attuali saranno mantenute anche dai lavoratori che confluiranno in nuove società a seguito di processi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, oppure in casi di cessioni individuali e collettive dei contratti di lavoro. Per tutti loro non sarà applicato il nuovo contratto a tutele crescenti del Jobs act.
Livelli. La struttura d’inquadramento attuale ne prevede 13. L’Abi voleva ridurli a sei, in sostanza è riuscita a mantenere solo la fungibilità dei quadri (vedi voce). In realtà, però, i gruppi e le varie banche potranno discutere con i sindacati interni nuove e diverse strutture organizzative, mentre a livello nazionale sarà costituito tra Abi e sindacati un cantiere di lavoro (durata 12 mesi) per la definizione di un sistema di classificazione del personale, al fine di rendere più flessibile la disciplina, adeguandola ai mutati assetti tecnici, organizzativi e produttivi delle imprese del settore.
Modello. Per le banche, ripetono sia il presidente Abi, Antonio Patuelli, che il già citato Profumo, non ne esiste uno solo, e la riorganizzazione che il riassetto delle popolari rende ancora più urgente ha consigliato le parti a includere i nuovi modelli di banca, i nuovi mestieri e le connesse professionalità tra le materie oggetto di studio dell’Osservatorio nazionale.
Neoassunti. Il differenziale tra il loro salario d’ingresso e i minimi contrattuali passa dal 18 al 10%. Significa che i nuovi assunti avranno uno stipendio più pesante dell’8%. E per i primi quattro anni in cui sarà applicato loro il contratto d’inserimento guadagneranno 1.970 euro.
Occupazione. Confermata la validità del Fondo per la nuova occupazione, già istituito nella precedente tornata contrattuale, e la sua validità sarà prorogata al 31 dicembre 2018 con le attuali modalità di finanziamento, che coinvolgono anche i top manager, chiamati a contribuire con una quota dello stipendio. Il Fondo servirà a finanziare nuove assunzioni stabili di giovani. Entro tre mesi le Parti costituiranno un gruppo paritetico per la gestione del Fondo stesso.
Piattaforma. Nell’ambito dell’ente bilaterale Enbicredito, è istituita per la prima volta una piattaforma per l’impiegabilità dei lavoratori bancari che hanno perso il posto, al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro nelle imprese di settore. Inoltre, in caso di nuove assunzioni, le banche valuteranno prioritariamente le posizioni dei dipendenti confluiti nel Fondo emergenziale.
Regia. Intesa come Cabina, è il fulcro della cosiddetta anima sociale del nuovo contratto. L’idea è un meccanismo di intervento nelle crisi che possa utilizzare lo strumento più adeguato per ogni esigenza Per esempio il Fondo per la nuova occupazione (vedi alla lettera O) oltre a finanziare la nuova e stabile occupazione giovanile, potrà essere implementato anche in sinergia con il Fondo di Solidarietà, prevedendo: prestazioni a favore dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, oppure che sono confluiti sul fondo emergenziale o che sono stati licenziati per motivi economici; interventi di solidarietà espansiva, di riconversione e riqualificazione professionale di personale in esubero o coinvolto in riorganizzazioni; iniziative mirate ad agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Scatti. Quelli d’anzianità. Non è passata la proposta dell’Abi di bloccarli a livello strutturale interrompendo la dinamica di crescita del costo del lavoro. Restano così in vigore gli attuali 8 scatti d’anzianità per le aree professionali (impiegati) e i q21 e qd2 assunti dopo il dicembre 94. Mentre per coloro che sono stati assunti prima del dicembre 94 gli scatti sono 12. Per i quadri direttivi 3 e 4 restano validi gli attuali 7 scatti d’anzianità, che diventano 9 per coloro che sono stati promossi qd3 o qd4 prima del dicembre 1994.
Tfr. Sul tema si è sfiorata la rottura anche durante l’ultima notte di trattative. L’Abi chiedeva il congelamento del meccanismo automatico di rivalutazione. Alla fine l’accordo è che dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2018 il tfr sarà calcolato esclusivamente sulla base delle voci stipendio, scatti d’anzianità ed ex ristrutturazione tabellare, lasciando fuori indennità e ad personam.
Zona Cesarini. L’Abi aveva stabilito la sua deadline al 31 marzo. Dalla mattina dopo, in assenza di accordo, il contratto sarebbe stato disapplicato. L’intesa è arrivata alle cinque del mattino del 1° aprile. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA, venerdì 3 aprile 2015
La penultima fatica di Ercole – Profumo
E anche la penultima fatica è andata. Un confronto serrato, duro e a tratti vicinissimo dal rompersi definitivamente, quello tra Alessandro Profumo, plenipotenziario dei banchieri italiani per il rinnovo del contratto, la Fabi di Lando Maria Sileoni. Caratteri sanguigni tutti e due, anche se Profumo dice che da giovane era ben più duro. E in effetti i suoi scontri con la Fabi ai tempi della sua leadership in Unicredit erano molto aspri. E anche i primi assaggi tra Profumo e il leader del sindacato dei bancari al momento della nomina a presidente di Mps sono finiti sui giornali. Ma alla fine Profumo ha portato a casa un risultato in autonomia, come è suo costume: una delega chiara, e poi mani libere. Solo una settimana prima un’altra fatica era stata superata da Profumo, simile a quella di Sisifo: il proscioglimento dalle accuse relative alla frode fiscale sulla vicenda dei derivati Brontos. Un processo che sembrava nessuno volesse celebrare, tanti erano stati i palleggi di competenze tra tribunali. Il procedimento era stato avviato a Milano per poi passare a Bologna e infine a Roma su decisione della Cassazione. lì, quando qualcuno ha avuto il coraggio di occuparsene, il solidissimo teorema della Procura di Milano si è dimostrato un castello di sabbia, l’ennesimo «Sono molto contento», si è li- a dire a chi lo chiamava per congratularsi per essere stato l’unico top banker a non chiedere patteggiamenti sul tema, convinto della bontà del suo operato. La prossima fatica di Ercole- sarà l’aumento di capitale Mps. Che affronta da una posizione non facile, in quanto deve andare a convincere a versare fino a 3 miliardi investitori a molti dei quali ne aveva già chiesti 5 non molto tempo fa. Ma il piano industriale è serio e credibile, risultati operativi sono già visibili e il consorzio di garanzia, guidato da Ubs, sembra robusto. Insieme all’ad Fabrizio Viola, Profumo ci dovrà mettere la faccia, ma non è il tipo che si tira indietro. poi? Se, a fine giugno verosimilmente, anche Mps avrà il fieno in cascina che occorre per risollevarsi, Profumo avrà riguadagnato la sua libertà. Lascerà la presidenza e allora deciderà se proseguire il percorso di merchant banker internazionale in proprio o farsi sedurre da altre istituzioni italiane o (più plausibile) internazionali. Ma lo farà con la serenità di chi, come usava dire il suo José Mourinho, è tornato padrone del suo destino.