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30 GENNAIO, SCIOPERO NAZIONALE DEI BANCARI – TUTTA LA STAMPA

di Redazione

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sole24ore

MF-MILANO FINANZA, giovedì 28 gennaio 2015

I sindacati chiamano il governo – Verso l’adesione di massa allo sciopero del 30. E la riforma delle pop metterebbe a rischio 20 mila posti e 80 mld di crediti

di Claudia Cervini

Mondo bancario in subbuglio. Da un lato, sul rinnovo del contratto nazionale di categoria, le organizzazioni sindacali scrivono a Renzi e la Fabi rincara la dose chiedendo esplicitamente un intervento del governo se la partita non si sarà sbloccata nemmeno dopo il 30 gennaio, giorno dello sciopero che farà incrociare le braccia a 312 mila lavoratori del credito. Dall’altro lato, sul fronte della riforma delle popolari, Assopopolari torna a far sentire la sua voce contro il decreto Renzi-Padoan che, secondo uno studio dell’associazione presieduta da Ettore Caselli, mette a rischio 20 mila posti di lavoro come conseguenza del risiko innescato nel settore. La giornata di ieri ha visto un tiro incrociato da parte dei sindacati, riunitisi ieri a Milano, e di Assopopolari contro la riforma che prevede la trasformazione in spa delle popolari italiane con attivi superiori a 8 miliardi in spa. Secondo Assopopolari, il decreto non solo sarà nocivo sul fronte dell’occupazione, ma determinerà una contrazione del pil di 3%, «aggravando così l’attuale situazione recessiva e quella già di per sé drammatica dell’occupazione e annullando le debolissime possibilità di ripresa dell’attività economica», si legge nella nota diffusa ieri. Degli 80 miliardi di crediti che verrebbero meno, sottolinea Assopopolari, 25 miliardi sono destinati alle famiglie e 55 alle imprese. Con questo commento Assopopolari prosegue la dura presa di posizione contro la riforma. Intanto le organizzazioni sindacali (Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Falcri) hanno confermato lo sciopero contro la decisione dell’Abi di disdettare e disapplicare a partire dal 1° aprile i contratti collettivi del lavoro «con un provvedimento senza precedenti in nessun’altro settore», hanno sottolineato i sindacati. «Dei 416 contratti in vigore nel privato e nel pubblico, solo quello dei bancari è stato disdettato». I lavoratori del credito sono pronti alla mobilitazione. Secondo le stime dei sindacati venerdì scenderanno in piazza 15 mila lavoratori. Verranno infatti organizzate quattro manifestazioni nazionali e cortei a Milano, Roma, Palermo e Ravenna. Il dibattito ieri ha toccato anche il tema degli stipendi dei top manager nel settore bancario. L’Abi ha contestato le stime diffuse nei giorni scorsi e ha segnalato che i top manager delle banche italiane nel 2013 hanno ricevuto una retribuzione totale annua media pro capite pari a 245.400 euro (703 mila euro per gli amministratori delegati). Immediata la risposta di Lando Sileoni (Fabi). (riproduzione riservata)

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LA STAMPA (16 EDIZIONI), giovedì 28 gennaio 2015

Popolari: “Con il decreto a rischio 20 mila bancari” – Contro la trasformazione in spa fronte comune con i sindacati

FRANCESCO SPINI MILANO – Una strana alleanza nel nome della lotta al decreto- legge con cui il governo Renzi punta a trasformare in Spa le prime 10 banche popolari del Paese. I sindacati dei bancari, mentre preparano lo sciopero che, venerdì – scommettono – porterà in piazza almeno 15 mila colletti bianchi contro la chiusura dell’Abi Abi su scatti e Tfr, tendono la mano alle banche popolari che però «devono decidere da che parte stare»: con l’Abi o aprire ai lavoratori e al contratto. «Ci attenderemmo che le 10 banche popolari suggeriscano all’Abi di rivedere il proprio atteggiamento», avverte Agostino Megale, numero uno di FisacCgil Cgil. L’alleanza alleanza – a quel punto – potrebbe decollare. Oggi l’associazione associazione delle banche cooperative, Assopopolari, tornerà a riunirsi per decidere la linea di contrasto al decreto. Nel frattempo, con una nota, segnala ai sindacati nuovi motivi d’allarme allarme sul decreto. Giù il Pil La misura contro le popolari, scrivono dall’associazione associazione, «determinerà, in termini di Pil, una contrazione pari a 3 punti percentuali». Secondo Assopopolari, se le 10 banche diverranno prede di grandi istituti esteri, 80 miliardi di euro di crediti alla clientela verranno a mancare. «I tagli imposti ai costi del personale saranno pari a oltre 1,5 5 miliardi di euro» e questo si tradurrà in «una contrazione del numero degli occupati pari a circa 20 mila unità». La missiva al premier In contemporanea dai sindacati, ieri, è partita una lettera indirizzata al premier Matteo Renzi, al presidente dell’Abi Abi, Antonio Patuelli, e a quello di Federcasse, Alessandro Azzi. Se la missiva chiede di «evitare una rottura senza precedenti» nelle relazioni coi banchieri (il leader della Fabi, Lando Sileoni, dice che «se l’Abi non cambierà atteggiamento sarà lotta dura a oltranza», col sindacato pronto «a chiedere l’intervento intervento del governo»), le sette sigle del credito esprimono anche «tutte le nostre riserve» sulla riforma anti- popolari. Il mercato, invece, continua ad applaudire la scelta di Renzi. È favorevole l’imprenditore imprenditore Andrea Bonomi, ex presidente del consiglio di gestione della Bpm che ora, secondo indiscrezioni, sarebbe tornata nel suo mirino insieme a Carige: «Solo speculazioni», dice lui. Il quale osserva che se «colgono l’occasione occasione, le popolari possono rimanere delle banche di stile popolare e costruirsi un futuro non completamente diverso da quello che avevano quando sono state concepite con una struttura che all’epoca epoca era innovativa e che oggi ha mancato di evoluzione».

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CORRIERE DELLA SERA, giovedì 28 gennaio 2015

Assopopolari: nuove regole, a rischio 20 mila posti

Lo spettro di una forza lavoro ridotta di taglia entra nel dibattito relativo all’ipotesi ipotesi di trasformazione delle Popolari in società per azioni contenuta nel decreto varato del governo. Una bozza messa a punto in Assopopolari, l’associazione associazione che riunisce le banche popolari, calcola 20 mila addetti a rischio con la conversione del decreto in legge. Frutto del (presunto) combinato disposto tra possibili riduzioni di filiali frutto di aggregazioni e scalate ostili da parte di fondi e grandi banche internazionali per effetto di istituti effettivamente contendibili sul mercato. Il tema finisce così per sovrapporsi alle criticità di un settore alle prese con una difficile riconversione verso un modello più snello basato su una maggiore disintermediazione nel rapporto tra cliente ed istituto retaggio delle infinite possibilità dell’home home banking. Domani gli oltre 300 mila bancari d’Italia Italia incroceranno le braccia per protestare contro quella che Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, definisce un atteggiamento inaccettabile di chiusura da parte dell’Abi. L’associazione associazione bancaria ha disdettato il 31 dicembre il contratto nazionale perché intende rivisitarlo completamente. La richiesta è l’abolizione abolizione, per sempre, degli scatti di anzianità, o in alternativa la rimodulazione del trattamento di fine rapporto non considerando la previdenza complementare o gli assegni ad personam. Proposte ritenute irricevibili. Fabio Savelli © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL MESSAGGERO (13 EDIZIONI), giovedì 28 gennaio 2015

Sos dell’Associazione: con la riforma oltre 20 mila posti di lavori in meno

Allarme di Assopopolari. Il decreto del governo sulla trasformazione in spa delle prime 10 banche cooperative con attivo oltre 8 miliardi (il 95% del sistema) determina una riduzione di circa 20 mila dipendenti con tagli ai costi del personale di 1,5 5 miliardi. Secondo l’associazione associazione, la misura contenuta nel provvedimento determinerà, in termini di pil, una contrazione pari a 3 punti percentuali aggravando così l’attuale attuale situazione recessiva. Questi dati sono emersi durante la conferenza stampa delle principali sigle sindacali in riferimento allo sciopero nazionale di venerdì 30 sul contratto, con manifestazioni in quattro città. Attualmente le Popolari erogano crediti a clientela per circa 375 miliardi, un valore che rappresenta il 27% degli impieghi complessivi del sistema bancario italiano: con la spa, secondo l’associazione associazione i crediti potrebbero diminuire di circa 80 miliardi (di cui 25 miliardi a famiglie e 55 miliardi a imprese). I sindacati hanno espresso le loro riserve sul decreto in una lettera inviata a Matteo Renzi. A proposito dello sciopero, il leader della Fabi Lando Sileoni alza i toni: «Se le banche non cambiano atteggiamento, sarà lotta dura, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento intervento del governo e del presidente Renzi». Il decreto sulla trasformazione delle banche popolari in spa «è molto positivo», ha osservato ieri Federico Imbert, ceo del Credit Suisse Italia, perchè «permette aggregazioni» tra gli istituti e quindi in prospettiva di dotare l’Italia Italia di «altri campioni» del sistema bancario.

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IL TEMPO (3 EDIZIONI), giovedì 28 gennaio 2015

Venerdì la protesta – Quindicimila bancari scendono in piazza per il contratto

Saranno almeno 15 mila i lavoratori del settore bancario che, secondo le attese dei sindacati, scenderanno in piazza venerdì in segno di protesta contro la disdetta del contratto nazionale decisadall’Abi, l’associazione associazione delle banche. Stime più ottimistiche si spingono a prevedere numeri «molto più alti» per la manifestazione, la seconda in poco più di un anno, con otto- diecimila persone attese in corteo solo a Milano. Le manifestazioni saranno quattro e parteciperanno anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e quello della Uil, Carmelo Barbagallo. A Milano il corteo partirà alle 9.45 45 davanti alla sede dell’Abi, per arrivare in piazza Scala dove si terranno i comizi di Camusso e del segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. A Roma i lavoratori saranno in «sit in» a piazza dell’Esquilino Esquilino con Barbagallo e il segretario generale della Fiba, Giulio Romani. Gli altri due cortei saranno a Ravenna, con il segretario generale della Fisac Agostino Megale, e a Palermo, guidato dal segretario generale della Uilca Massimo Masi. I segretari generali delle sigle sindacali del credito (Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Dircredito, Ugl credito, Sinfub, Unisin) hanno inviato una lettera al presidente del consiglio, Matteo Renzi, e ai vertici di Abi e Federcasse per chiedere che si facciano carico «di evitare una rottura senza precedenti nelle relazioni industriali del nostro Paese» con un intervento che «possa contribuire a recuperare ciò che oggi sembra perduto». «Se l’Abi non cambia atteggiamento – ha affermato Lando Sileoni della Fabi – sarà lotta dura. Andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento intervento del governo e del presidente Renzi». «Coinvolgiamo Renzi perché è una questione che riguarda il risparmio del Paese» ha aggiunto Giulio Romano della Fiba. Con lo sciopero i lavoratori rivendicano la necessità di un nuovo modello di banca al servizio del Paese e di difendere il potere d’acquisto acquisto del salario contro l’Abi Abi che, affermano, intende «smantellare il contratto nazionale di categoria e le tutele contrattuali vigenti». «Sarà uno sciopero grande e partecipato – ha sintetizzato Massimo Masi della Uilca -. Porteremo in piazza quindicimila lavoratori». Leo. Ven.

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IL GIORNALE, giovedì 28 gennaio 2015

Le banche popolari a Renzi: «A rischio 20 mila lavoratori» – La lobby del settore: la riforma cancella 80 miliardi di prestiti e 3 punti di Pil E i sindacati offrono appoggio in cambio di un’asse asse con le coop sul contratto

La trasformazione in spa delle prime dieci banche popolari italiane prevista dal decreto di Matteo Renzi distruggerà altri 20 mila posti di lavoro nel settore e 80 miliardi di prestiti a famiglie e imprese. In tutto 3 punti di pil in meno. A fare i conti è Asso popolari la lobby del settore. Ma i sindacati trasformano la bomba sociale in un’arma arma di pressione, promettendo alle coop il loro aiuto a cambiare la riforma in cambio di un’alleanza alleanza nella più ampia guerra in corso con l’Abi per il rinnovo del contratto dell’intera intera categoria bancaria. Un chiaro do ut des politico, di cui ieri si è fatto ambasciatore il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale: le cooperative «devono decidere da che parte stare. Ci attenderemmo che Asso popolari suggerisca all’Abi Abi di rivedere il suo atteggiamento», ha detto il sindacalista in una conferenza congiunta con la Fabi di Lando Maria Sileoni, la Fiba di Giulio Romani, la Uilca di Massimo Ma si e le altre sigle del settore. I sindacati del credito hanno anche spedito una lettera unitaria al governo. In sostanza se i vertici delle mutue, anzichè comportarsi come colombe nei negoziati aziendali, e trasformarsi in falchi nel «nido» dell’Abi Abi, faranno digerire le richieste sindacali alle intransigenti big bank, allora le forze sociali restituiranno il favore: cercheranno appoggi in Parlamento e muoveranno gli iscritti per ammorbi re l’esecutivo esecutivo. Questo pomeriggio intanto Asso popolari si riunisce in conclave a Roma con i suoi tre saggi (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio), per tradurre in pratica l’opposizione opposizione al decreto sancita unitariamente la scorsa settimana: l’associazione associazione vuole più tempo prima del grande salto verso la spa (da 18 a 24 mesi), progetta di ripiegare su una governance «ibrida» che di a peso ai piccoli soci in Cds, e di porre il 5 % come limite ai diritti di voto. Le popolari hanno alcuni pareri legali che considerano anti- costituzionale il decreto perchè non sussiste il carattere di «urgenza». Lunedì o martedì la riforma dovrebbe iniziare a passare al vaglio della commissione Attività produttive presieduta da una vecchia conoscenza della Cgil, Gugliemo Epifani. Le popolari sperano poi nella commissione Finanza, dove ci sono il forzista Daniele Capezzone, che si è già espresso contro il decreto Renzi, e il veltroniano Marco Causi. Il presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd) ha intanto ipotizzato di limitare l’ordine ordine di dire addio al voto capitario ai soli sette istituti quotati o di prevedere appunto un tetto del 5 % al diritto di voto. Se Renzi porrà la fiducia tutto sarà però più difficile. Un’ulteriore ulteriore incognita è poi la reale efficacia di usare la base come ariete contro l’esecutivo esecutivo. Il Banco Popolare di Carlo Fratta Pasini ha scritto agli addetti che farà di tutto per cambiare la riforma e altrettanto pugnace è apparsa la linea della Popolare di Bari così come quella della Vicenza di Gianni Zonin o della B per di Ettore Caselli. C’è è però chi, come Ubi o Bip emme, ha una posizione più conciliante. «Se le banche non cambiano atteggiamento» sul contratto, «sarà lotta dura, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento intervento del governo e del presidente Renzi», ha tuonato Sileoni. Lo sciopero che venerdì dovrebbe portare in piazza 15 mila bancari promette quindi di essere solo il primo: i cortei sono a Milano (dove sono attesi il capo della Cgil Susanna Camusso e lo stesso Sileoni), Roma, Palermo e Ravenna (la città del presidente dell’Abi Abi, Antonio Patuelli).

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LA STAMPA/CUNEO, giovedì 28 gennaio 2015

PROTESTA NEL CUNEESE PER LA DISDETTA DEL CONTRATTO NAZIONALE – Venerdì scioperano 2600 bancari cuneesi

Attivi solo i bancomat, mentre sono a rischio venerdì le attività di sportello delle banche. Il motivo: lo sciopero nazionale di 24 ore indetto dai sindacati (Dircredito, Fabi, Fiba- Cisl, Fisac- Cgil e Uilca) per protestare contro la disdetta del contratto nazionale da parte dell’Abi, l’Associazione Associazione che riunisce le banche italiane. Gli istituti di credito lamentano le difficoltà del settore (maggiori vincoli sul patrimonio, minori utili, crescenti perdite sui crediti) e i sindacati non vogliono «far pagare tutto il conto ai lavoratori bancari: l’Abi vuole un nuovo contratto con meno ferie, con stipendi sempre più legati ai risultati, con dipendenti che possano essere dequalificati o trasferiti anche a parecchi chilometri da casa. Inaccettabile». Sono 2.600 600 i bancari della Granda interessati dalla protesta. In questi giorni si stanno svolgendo 30 diverse assemblee negli istituti di credito della provincia. Non aderiscono alla protesta i dipendenti delle banche di credito cooperativo. «La loro vertenza avrà tempi diversi» dicono i sindacati. Riorganizzazione Bre Intanto prosegue la riorganizzazione della Banca Regione Europea anche se sono ancora in corso alcune sistemazione del software e in provincia ci sono state code e disagi. Nessun licenziamento o cassa per i lavoratori Ubi- Bre, ma hanno chiuso 4 filiali (a Cuneo in via Gallo e corso Nizza, alla Moretta di Alba e al Ferrone di Mondovì), oltre a 11 minisportelli (tra cui uno a Borgo, San Rocco di Bernezzo, Gaiola) mentre altre 16 filiali sono state declassate. Avviati 52 prepensionamenti, 20 addetti sono stati trasferiti nel Centro servizi di piazzetta Toselli a Cuneo. Ci sono state anche uscite su base volontaria, part- time e cambiamenti di mansione. [L. B]

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EPolis Bari, giovedì 28 gennaio 2015

Sciopero dei bancari, attesi in 3.500 500 – Manifestazione venerdì in piazza del Popolo: 30 pullman in viaggio verso Ravenna

RAVENNA – Sciopero nazionale dei bancari, venerdì: attese a Ravenna oltre 3.500 500 persone pronte a manifestare contro l’Abi. No al mancato rinnovo del contratto, no ai tagli degli stipendi, no – dicono loro – alle esternalizzazioni e alla mancata riduzione delle maxi paghe dei dirigenti. No, ribadiscono, alle soluzioni a breve termine. Dunque oltre 30 pullman carichi di bancari in sciopero e provenienti da Veneto, Toscana, Umbria, Marche ed Emilia Romagna si danno appuntamento venerdì mattina a Ravenna: il corteo, da piazza Farini, è atteso per le 11.30 30 in piazza del Popolo, dove sono previsti gli interventi dei segretari nazionali di categoria. Quattro, in tutto, le manifestazioni organizzate in tutta Italia: oltre a Ravenna, i bancari si danno appuntamento anche a Milano, Roma e Palermo. Lo sciopero è voluto per «di- fendere il contratto nazionale di lavoro e contro la decisione unilaterale dell’Abi Abi di dare disdetta e conseguente disapplicazione dei contratti collettivi di lavoro dal primo aprile 2015». Le manifestazioni sono indette dalle sigle Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Dircredito, Ugl Credito, Sinfub e Unisin. «Davanti a una situazione dove ci sono 320 miliardi di crediti deteriorati, 180 di sofferenze e che produrranno costi, l’unica unica soluzione che trova l’Abi Abi è quella di ridurre i nostri stipendi che di fatto valgono solo 22 miliardi a livello di sistema. Non è la soluzione, specie quando poi le maxi retribuzioni non vengono tagliate – batte i pugni sul tavolo Roberta Scarpellini, segretario della Fiba Cisl per la Romagna -. Non è per noi un problema di stipendio, ma di prospettive. Mancano quelle a lungo termine. Non vediamo nella proposta di Abi una garanzia occupazionale. Vogliamo una banca al servizio del Paese e non un Paese al servizio delle banche». Tra i nodi, appunto, quello delle esternalizzazioni “forzate” e del non rinnovo del contratto. «La volontà dell’Abi Abi è quella di andare alla rottura della trattativa e cercare la destrutturazione del settore – chiosa Giancarlo Dal Re, segretario provinciale della Fisac Cgil -. Un anno e mezzo fa, a Ravenna ci fu un’altra altra manifestazione importante ma “solo” regionale. Questa volta, in città ci riuniremo a livello nazionale».

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IL GAZZETTINO (ED. NAZIONALE), giovedì 28 gennaio 2015

“La riforma solo per le quotate”

MILANO – Nuova levata di scudi contro la riforma della banche Popolari. A ribadire la contrarietà alla trasformazione in Spa delle più grandi banche cooperative sono i sindacati di categoria e l’associazione associazione di riferimento, Assopopolari. I primi, che si stanno peraltro preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, hanno inviato una lettera al premier Renzi per contestare in toto la manovra; la seconda, invece, ha lanciato un allarme occupazionale che per effetto della riforma potrebbe colpire 20 mila posti di lavoro. Insomma, una misura che continua a far rumore, anche all’interno interno della Consob dove si stanno monitorando le anomalie emerse in Borsa a ridosso dell’annuncio annuncio del Governo. Il tutto mentre l’iter iter parlamentare si preannuncia già in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica scorsa e che concede 18 mesi alle banche per cambiare pelle, è atteso in commissione Finanze alla Camera subito dopo la corsa al Quirinale, ma i deputati hanno già avviato una riflessione. In proposito è intervenuto il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd), che ha illustrato alcune delle ipotesi di modifica allo studio come la possibilità di limitare il provvedimento soltanto alle quotate, ovvero sette anziché dieci, in questo caso la riforma non riguarderebbe Popolare di Vicenza e Veneto Banca o porre un tetto del 5% per il voto in assemblea. In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato nominato da Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) fornisca il proprio parere, le otto sigle sindacali dei bancari hanno inviato una lettera a Renzi per respingere il decreto. Per loro si tratta infatti di un provvedimento che apre la strada a colossi bancari internazionali interessati soltanto alla «finanza speculativa e predatoria». Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d’affari affari, Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle «aggregazioni» e l’ex ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari, Andrea Bonomi. Per quest’ultimo ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della Spa in Piazza Meda, adesso è l’ora ora di evolvere mantenendo intatto però il proprio Dna. Intanto, i sindacati si stanno preparando per lo sciopero dei bancari di venerdì contro la decisione dell’Abi Abi di disdettare il Ccnl. La categoria, che a livello nazionale conta circa 300 mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15.000 000 lavoratori. Sul tema del rinnovo si è soffermato il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale, scatenando l’immediato immediato intervento dell’Abi Abi. Secondo il sindacalista un banchiere guadagna mediamente all’anno anno 3,7 7 milioni ovvero quanto 150 giovani apprendisti. Una cifra che per l’associazione associazione delle banche è falsa visto che la media supera di poco la soglia dei 700 mila euro. «Di banchieri che hanno dato l’esempio esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi», ha chiuso Lando Sileoni della Fabi.

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GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (TUTTE LE EDIZIONI), giovedì 28 gennaio 2015

Popolari, tutti i «no» alla riforma A rischio 20mila mila posti di lavoro. Boccia: limitare il provvedimento alle quotate

MILANO – Nuova levata di scudi contro la riforma della banche Popolari. A ribadire la contrarietà alla trasformazione in Spa delle più grandi banche cooperative sono i sindacati di categoria e l’associazione associazione di riferimento, Assopopolari. I primi, che si stanno peraltro preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, hanno inviato una lettera al premier Renzi per contestare in toto la manovra; la seconda, invece, ha lanciato un allarme occupazionale che per effetto della riforma potrebbe colpire 20 mila posti di lavoro. Insomma, una misura che continua a far rumore, anche all’interno interno della Consob dove si stanno monitorando le anomalie emerse in Borsa a ridosso dell’annuncio annuncio del Governo. Il tutto mentre l’iter iter parlamentare si preannuncia già in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica scorsa e che concede 18 mesi alle banche per cambiare pelle, è atteso in commissione Finanze alla Camera subito dopo la corsa al Quirinale, ma i deputati hanno già avviato una riflessione. In proposito è intervenuto il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd), che ha illustrato alcune delle ipotesi di modifica allo studio come la possibilità di limitare il provvedimento soltanto alle quotate, ovvero sette anzichè dieci, o porre un tetto del 5% per il voto in assemblea. Secondo Boccia bisognava comunque «avviare prima una discussione anche sul ruolo del credito al tempo del capitalismo familiare che vive la sfida dell’economia economia globale e digitale» e arrivare a definire la riforma «alla fine del percorso». In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato nominato da Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) fornisca il proprio parere, le otto sigle sindacali dei bancari hanno inviato una lettera a Renzi per respingere il decreto. Per loro si tratta infatti di un provvedimento che apre la strada a colossi bancari internazionali interessati soltanto alla «finanza speculativa e predatoria», mentre continua a destare dubbi la scelta del governo di procedere per decreto, non ravvedendo «motivi di urgenza». Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d’affari affari, Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle «aggregazioni» e l’ex ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari, Andrea Bonomi. Per quest’ultimo ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della Spa in Piazza Meda, adesso è l’ora ora di evolvere mantenendo intatto però il proprio Dna. Intanto, i sindacati si stanno preparando per lo sciopero dei bancari di venerdì contro la decisione dell’Abi Abi di disdettare il Ccnl. La categoria, che a livello nazionale conta circa 300 mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15.000 000 lavoratori. Sul tema del rinnovo si è soffermato il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale, scatenando l’immediato immediato intervento dell’Abi Abi. Secondo il sindacalista un banchiere guadagna mediamente all’anno anno 3,7 7 milioni ovvero quanto 150 giovani apprendisti. Una cifra che per l’associazione associazione delle banche è falsa visto che la media supera di poco la soglia dei 700 mila euro. «Di banchieri che hanno dato l’esempio esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi», ha chiuso Lando Sileoni della Fabi.

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L’ARENA/IL GIORNALE DI VICENZA/BRESCIA OGGI, giovedì 28 gennaio 2015

Assopopolari: a rischio in 20mila mila con la riforma – Faro della Consob sulle anomalie in Borsa dopo l’annuncio – Ipotesi di limitare alle quotate l’obbligo obbligo di trasformazione

MILANO – Sindacati e Assopopolari contro la riforma della banche Popolari. che impone entro 18 mesi la trasformazione in spa dei più grandi istituti cooperativi. I sindacati che si stanno preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale hanno scritto al premier Renzi per contestare la manovra; per l’associazione associazione di riferimento delle banche popolari, invece, sarebbero a rischio 20 mila posti. La riforma fa rumore anche alla Consob che monitora le anomalie in Borsa a ridosso dell’annuncio annuncio del governo. Intanto, l’iter iter parlamentare si preannuncia in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica è atteso in commissione Finanze alla Camera dopo le elezioni per il Quirinale. Francesco Boccia, Pd, presidente della commissione Bilancio della Camera, ha illustrato alcune ipotesi di modifica, come la possibilità di limitare il provvedimento alle quotate, 7 anzichè 10, o un tetto del 5% al voto in assemblea. In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato di Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) dia un parere, i sindacati dei bancari hanno scritto a Renzi per respingere il decreto. Per loro il provvedimento apre la strada a colossi internazionali interessati solo alla «finanza speculativa e predatoria» e continua a destare dubbi la scelta del governo di procedere per decreto, non ravvedendo «motivi di urgenza». Chi spezza lance in favore della riforma, sono Federico Imbert (Credit Suisse), banchiere d’affari affari che vede con favore lo scenario delle «aggregazioni» e Andrea Bonomi ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari. Per Bonomi, che aveva tentato fallendo di far imboccare la strada della spa alla Bpm, è l’ora ora di evolvere, mantenendo però intatto il dna. Intanto, i sindacati si preparano allo sciopero di venerdì contro la decisione dell’Abi Abi di disdettare il contratto nazionale. La categoria, che conta 300 mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15mila mila bancari. Sul rinnovo si è soffermato il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale, per il quele un banchiere guadagna mediamente 3,7 7 milioni l’anno anno: quanto 150 apprendisti. Per l’Abi Abi la è falsa visto che la media supera di poco i 700mila mila euro. «Di banchieri che hanno dato l’esempio esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi», ha chiuso Lando Sileoni della Fabi.

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LA PROVINCIA DI SONDRIO, giovedì 28 gennaio 2015

Riforma banche: «Ventimila esuberi» È il calo dei dipendenti calcolato da Asso popolari (nell’arco arco di due anni) se sarà approvato il decreto L’associazione prevede anche un crollo dei crediti alla clientela di 80 miliardi di euro e del 3 % del Pil

SONDRIO – Partirà dopo l’elezione elezione del nuovo presidente della Repubblica, quindi dopo l’inizio inizio di febbraio, l’iter iter per la conversione del decreto su banche e investimenti che contiene la riforma delle banche popolari. Il testo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio e in vigore dal 25, dovrebbe essere assegnato all’esame esame congiunto delle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. I numeri Ma intanto circolano dei numeri che suscitano un fortissimo allarme sociale. Secondo Asso popolari, infatti, il provvedimento mette a rischio 20 mila posti di lavoro in due anni (sono circa 7.400 400 quelli che lavorano complessivamente per il Credito Valtellinese e la Banca Popolare di Sondrio) e determinerà una contrazione pari a 3 punti percentuali di Pil e un calo dei crediti alla clientela di 80 miliardi di euro, di cui 25 miliardi per le famiglie e 5 5 per le imprese. Il decreto, spiega l’associazione associazione che raggruppa le popolari, «penalizzerà fortemente i territori di riferimento e l’economia economia reale del Paese» e metterà in moto un meccanismo speculativo con un progressivo trasferimento della proprietà di una parte rilevante del sistema bancario italiano alle grandi banche internazionali». Ricordiamo che il decreto del Governo Renzi prevede la trasformazione in società per azioni delle prime dieci popolari, con un totale attivo superiore agli 8 miliardi di euro (oltre il 90 % dell’intera intera categoria del credito popolare). Attualmente gli istituti cooperativi erogano crediti alla clientela per circa 375 miliardi di euro, un valore che rappresenta il 27 % degli impieghi complessivi del sistema bancario italiano. Quota di mercato L’associazione associazione ricorda come lo stretto rapporto fra le popolari e le pmi (piccole e medie imprese) è testimoniato anche dalla quota di mercato delle stesse nei sistemi economici a prevalenza di pmi, pari al 6 6 % contro il 3 3 % del resto del sistema. Inoltre, nell’arco arco di tempo che va dall’inizio inizio della fase di credit crunch (2011) sino alla fine del 2013, le popolari hanno aumentato i prestiti alla clientela del 16 %; diversamente, quelle sotto forma di spa hanno diminuito l’ammontare ammontare dei prestiti rispettivamente del 5 %. Infine, «si assisterebbe ad una progressiva desertificazione dei territori con una diminuzione degli impieghi, risorse che, per effetto della ricerca di utili maggiori e immediati, sarebbero deviate verso attività finanziarie di tipo speculativo». Fari accesi Nel frattempo Maria Antonietta Scopelliti, responsabile divisione mercati Consob, ieri è intervenuta in merito al faro acceso dall’autorità autorità sui titoli di alcune banche popolari quotate, in parallelo con l’annuncio annuncio del decreto di riforma. «L’attività attività di ap – profondimento è in corso», ha spiegato, perché «ci sono stati po – si zio namenti particolarmente entusiastici». E ha aggiunto: «Vo – gli amo spiegarci le anomalie, che non è detto portino a concreti sospetti». I tempi di indagine sono «nell’ordine ordine di grandezza di almeno sei mesi e più». Ieri, inoltre, sono circolate alcune ipotesi ” trasversali ” di modifica del decreto che si stanno valutando tra i deputati, come ha spiegato il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia. Tra i suggerimenti vi sono quelli di limitare la riforma delle banche popolari agli istituti già quotati (ieri la Bps ha segnato in Borsa un – 1,28 28 %, il Creval – 0,91 91 %), o porre un tetto al numero di voti che si possono detenere in assemblea al 5 %». Lancia a favore Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d’affari affari Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle ” aggregazioni ” e l’ex ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari, Andrea Bonomi. Per quest’ultimo ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della spa in Piazza Meda, adesso è l’ora ora di evolvere mantenendo intatto però il proprio Dna.

La lettera – I sindacati scrivono a Renzi «Fermate le speculazioni» I sindacati bancari scrivono al premier Matteo Renzi per respingere la riforma delle banche popolari. Un provvedimento che, per le otto sigle sindacali, aumenta il rischio di invasione straniera da parte di quei colossi bancari internazionali interessati alla «finanza speculativa e predatoria», scrivono nella missiva inviata al presidente del Consiglio in vista dello sciopero nazionale dei bancari di venerdì prossimo a difesa del contratto nazionale disdettato e disapplicato dall’Abi Abi. «In questo contesto, illustrissimo presidente del Consiglio – scrivono nella lettera i segretari di Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Dircredito, Ugl, Sinfub e Unis in -, ci permettiamo di sollevare tutte le nostre riserve nei confronti del provvedimento di riforma delle banche popolari». Questo, spiegano, «non solo perché non riusciamo a capire quali siano i motivi di urgenza che impediscono un ordinario iter parlamentare in cui approfondire meglio opportunità e rischi del percorso avviato; non solo per i dati ampiamente verificati e pubblicati in questi giorni circa l’effettivo effettivo maggior contributo delle popolari all’economia economia reale del Paese rispetto alle concorrenti Spa, non solo perché esse rappresentano un esempio, quasi sempre, molto virtuoso di democrazia economica realmente praticata, ma, infine, per l’inevitabile inevitabile rischio che aziende, che costituiscono il principale riferimento per le famiglie e per le piccole e medie imprese italiane, cadano nelle mani di quei colossi bancari internazionali che, negli anni, anche in questi ultimi, hanno dato prova di totale insensibilità sociale».

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EPolis Bari, giovedì 28 gennaio 2015

BANCHE – INVIATA UNA LETTERA A RENZI: A RISCHIO VENTIMILA POSTI DI LAVORO Popolari, il no dei sindacati: si allarga il fronte anti- Spa

NICOLA CAPODANNO Nuova levata di scudi contro la riforma della banche Popolari. A ribadire la contrarietà alla trasformazione in Spa delle più grandi banche cooperative sono i sindacati di categoria e l’associazione associazione di riferimento, Assopopolari. I primi, che si stanno peraltro preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, hanno inviato una lettera al premier Renzi per contestare in toto la manovra; la seconda, invece, ha lanciato un allarme occupazionale che per effetto della riforma potrebbe colpire 20mila mila posti di lavoro. Insomma, una misura che continua a far rumore, anche all’interno interno della Consob dove si stanno monitorando le anomalie emerse in Borsa a ridosso dell’annuncio annuncio del Governo. Il tutto mentre l’iter iter parlamentare si preannuncia già in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica scorsa e che concede 18 mesi alle banche per cambiare pelle, è atteso in commissione Finanze alla Camera subito dopo la corsa al Quirinale, ma i deputati hanno già avviato una riflessione. In proposito è intervenuto il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd), che ha illustrato alcune delle ipotesi di modifica allo studio come la possibilità di limitare il provvedimento soltanto alle quotate, ovvero sette anziché dieci, o porre un tetto del 5% per il voto in assemblea. In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato nominato da Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) fornisca il proprio parere, le otto sigle sindacali dei bancari hanno inviato una lettera a Renzi per respingere il decreto. Per loro si tratta infatti di un provvedimento che apre la strada a colossi bancari internazionali interessati soltanto alla “finanza speculativa e predatoria”, mentre continua a destare dubbi la scelta del governo di procedere per decreto, non ravvedendo “motivi di urgenza”. Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d’affari affari, Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle “aggregazioni” e l’ex ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari, Andrea Bonomi. Per quest’ultimo ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della Spa in Piazza Meda, adesso è l’ora ora di evolvere mantenendo intatto però il proprio Dna. Intanto, i sindacati si stanno preparando per lo sciopero dei bancari di venerdì contro la decisione dell’Abi Abi di disdettare il Ccnl. La categoria, che a livello nazionale conta circa 300mila mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15.000 000 lavoratori. Sul tema del rinnovo si è soffermato il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale, scatenando l’immediato immediato intervento dell’Abi Abi. Secondo il sindacalista un banchiere guadagna mediamente all’anno anno 3,7 7 milioni ovvero quanto 150 giovani apprendisti. Una cifra che per l’associazione associazione delle banche è falsa visto che la media supera di poco la soglia dei 700 mila euro. “Di banchieri che hanno dato l’esempio esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi”, ha chiuso Lando Sileoni della Fabi.

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LA VOCE DI ROVIGO, giovedì 28 gennaio 2015

Bancari in sciopero per il contratto

I bancari incrociano le braccia. Dopodomani. A spiegare i motivi dello sciopero sono i rappresentati di Cgil Fisac, Fabi, Fiba Cisl, Uilca e Unisin. “Protesteremo contro la sostituzione del contatto nazionale con dei contratti aziendali, che cancellerà trent’anni anni di lotte sindacali e lascerà mano libera ai banchieri per le esternalizzazioni. Ma soprattutto manifestiamo contro la completa destrutturalizzazione del settore portata avanti dall’Abi, che porterà alla chiusura di sportelli e servizi, e allontanerà le banche dalla gente e dal territorio. Noi vogliamo una sistema bancario che sostenga le famiglie e le aziende, non che punti tutto sulla finanza”. I bancari di Rovigo si uniranno alla protesta di Ravenna. (G. R )

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IL MATTINO DI PADOVA, giovedì 28 gennaio 2015

Banche, venerdì nero chiusi 600 sportelli – Il 30 sciopero nazionale dei dipendenti degli istituti di credito per il contratto – A Padova sono 5 mila i lavoratori del settore pronti a incrociare le braccia

Chi ha bisogno di andare in banca, è meglio che ci vada allo oggi o, al massimo, domani. Venerdì 30 gennaio, a causa dello sciopero nazionale dei bancari, indetto da Fisac- Cgil, Fiba- Cisl, Uilca- Uil, Fabi, Dircredit ed Unisin, dovrebbero restare chiuse quasi tutte le 600 filiali padovane, dove lavorano circa 5.000 000 dipendenti. I bancari incrociano le braccia per protestare contro la decisione unilaterale di disdire il contratto nazionale di lavoro a partire dal prossimo primo aprile, dopo una proroga che è durata tre mesi. Si è trattato di un autentico pugno in faccia ai sindacati di categoria e ai 300.000 000 lavoratori del settore (pochi anni fa, in tutta Italia, erano 340.000 000). Nel giorno dello sciopero i bancari parteciperanno a quattro manifestazioni nazionali a Ravenna, Milano, Roma e Palermo. I padovani andranno nella città dei mosaici bizantini a bordo di tre corriere. Confluiranno a Ravenna anche i bancari di tutto il Veneto, del Friuli Venezia Giulia, Tentino Alto Adige, Marche ed Emilia Romagna. Ieri mattina i responsabili dei sindacati di categoria hanno spiegato i motivi dello sciopero in una conferenza stampa, alla quale erano presenti Marco Parissenti (Cgil ), Valeriana Pistore (Cisl), Paolo Cavazzana (Uil), Giuseppe Corsi (Dircredito), Monica Fabbian (Unisin) ed Emanuele De Marchi ( Fabi). «Negli ultimi 5 anni sono stati chiusi, nella penisola, 300 sportelli», ha detto Parissenti, «Sono tornati a casa 40.000 000 addetti. La situazione che si è creata è solo responsabilità dei top manager e dei banchieri, la cui età media è di 75 anni con punte di 84- 85 anni. I nostri salari sono sempre gli stessi, mentre quelli dei manager crescono continuamente. Le nostre proposte sul nuovo modello di banca sono tre: una banca al servizio del Paese a favore delle piccole e medie aziende, riqualificazione formativa dei lavoratori e nuove assunzioni per 10.000 000 addetti». Paolo Cavazzana ha aggiunto che i bancari non possono e non devono diventare solo dei venditori e dei promotori finanziari e che non si può tollerare che solo i bancari non abbiano un contratto nazionale di lavoro. Si è parlato anche della nuova legge che obbliga le banche popolari, tra cui, ad esempio, la Popolare di Vicenza, guidata da Gianni Zonin, a trasformarsi in spa. «Il decreto non ci piace», hanno detto Pistore e Corsi, «Primo perché già oggi le Popolari, radicate sul territorio, garantiscono il 70% del credito alle piccole e medie aziende e sia perché , in futuro, causeranno esuberi a catena». Felice Paduano

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IL GAZZETTINO (ED. ROVIGO), giovedì 28 gennaio 2015

Disdetto il contratto Sportelli in sciopero

(m.luc.) Buona parte degli impiegati di banca polesani domani incroceranno le braccia. L’Abi, principale associazione che raduna gli istituti di credito, ha disdetto il contratto nazionale di lavoro e pare intenzionata a non rinnovarlo. «Vogliono frammentare la categoria e spostare la contrattazione a livello locale o dei grandi gruppi» spiegano i rappresentati sindacali dei lavoratori del credito. A presentare le difficoltà della categoria Cristian Tomasello della Fisac Cgil, Leonardo Zuin della Fabi, Sandro Benato della Unisin, Raffaella Ravara di Fiba Cisl e Gianromolo Bazzo di Uilca Uil. «Non protestiamo solo per il contratto di lavoro, ma anche per il fatto che le banche sono sempre più distanti dalla gente comune – sottolineano i sindacati -. Tanti sportelli sono stati chiusi: solo Cariveneto ne ha tolti sette, quasi altrettanti Unicredit e due Monte Paschi. Non ci sono più direzioni in Polesine a parte il Credito cooperativo come RovigoBanca Banca e BancAdria Adria. Siamo allontanati dai nostri utenti mentre vorremmo essere loro sempre più vicini». Sono previste quattro grandi manifestazioni a Milano, Ravenna, Roma e Palermo indette dalle sigle Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Dircredito, Ugl Credito, Sinfub e Unisin. Anche dal Polesine partirà un pullman diretto a Ravenna dove il programma della mobilitazione prevede alle 10 il concentramento dei manifestanti in piazza Farini, alle 11 la partenza del corteo fino a piazza del Popolo dove sono previsti gli interventi di segretari nazionali di categoria. © riproduzione riservata

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ANSA, martedì 27 gennaio 2015

Banche: Sileoni, se Abi non cambia allora sarà lotta dura

(ANSA) – MILANO, 27 GEN – “Se le banche non cambiano atteggiamento, sarà lotta dura, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del Governo e del presidente Renzi”. Così il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, in vista dello sciopero dei lavoratori del credito il 30 gennaio. “L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve, a mio avviso, prendersi l’impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali”, prosegue Sileoni, e “se non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto”. “Ci aspettiamo il riconoscimento dell’inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni, e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro, che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese. L’Abi vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”, conclude il sindacalista.

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ADNKRONOS, martedì 27 gennaio 2015

BANCHE: FABI, SE ABI NON CAMBIA ATTEGGIAMENTO SARA’ LOTTA DURA – pronti a chiedere intervento del governo

Roma, 27 gen. (AdnKronos) – ”Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del Governo e del Presidente Renzi”. Lo dichiara Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, dopo che oggi è stato annunciato lo sciopero dei lavoratori del credito il 30 gennaio. Nella stessa giornata si svolgeranno quattro manifestazione di piazza a Roma, Ravenna, Palermo e Milano, dove il leader della FABI terrà un comizio in piazza della Scala insieme al Segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. ”L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve, a mio avviso, prendersi l’impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali -prosegue Sileoni-. Se l’Abi non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto”. ”Ci aspettiamo il riconoscimento dell’inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni, e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro, che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese -conclude Sileoni-. L’Abi vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”.

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ADNKRONOS, martedì 27 gennaio 2015 15:08

BANCHE: SILEONI (FABI), SE ABI NON CAMBIA CHIEDEREMO INTERVENTO GOVERNO – Contro il mancato rinnovo del Ccnl, sindacati del credito annunciano sciopero e cortei in quattro città italiane

Milano, 27 gen. (AdnKronos) – “Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del governo e del presidente Renzi”. E’ quanto afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, dopo l’annuncio dello sciopero dei lavoratori del credito che si terrà il 30 gennaio in concomitanza con quattro manifestazioni di piazza a Roma, Ravenna, Palermo e Milano. Il leader della Fabi, che darà il via al corteo di Milano e terrà un comizio in piazza della Scala insieme al segretario generale della Cgil Susanna Camusso, spiega: “L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve a mio avviso prendersi l’impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Se non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto”. L’Abi, continua, “vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”. Per questo, “ci aspettiamo il riconoscimento dell’inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese”. (Liv/Adnkronos)

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ADNKRONOS, 27 gennaio 2015 15:08

BANCHE: SILEONI (FABI), SE ABI NON CAMBIA CHIEDEREMO INTERVENTO GOVERNO – Contro il mancato rinnovo del Ccnl, sindacati del credito annunciano sciopero e cortei in quattro città italiane

Milano, 27 gen. (AdnKronos) – “Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l ‘intervento del governo e del presidente Renzi”. E ‘ quanto afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, dopo l ‘annuncio dello sciopero dei lavoratori del credito che si terrà il 30 gennaio in concomitanza con quattro manifestazioni di piazza a Roma, Ravenna, Palermo e Milano. Il leader della Fabi, che darà il via al corteo di Milano e terrà un comizio in piazza della Scala insieme al segretario generale della Cgil Susanna Camusso, spiega: “L ‘Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve a mio avviso prendersi l ‘impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Se non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell ‘architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto”. L ‘Abi, continua, “vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”. Per questo, “ci aspettiamo il riconoscimento dell ‘inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull ‘organizzazione del lavoro che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese”. (Liv/Adnkronos) 27-

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ASCA, martedì 27 gennaio 2015 14.40

Banche, Fabi: venerdì sciopero nazionale dei bancari -2-

Banche, Fabi: venerdì sciopero nazionale dei bancari -2- “Se l ‘Abi non cambia atteggiamento la lotta sarà ancora più dura” Roma, 27 gen. (askanews) – Secondo Sileoni “l ‘Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve, a mio avviso, prendersi l ‘impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali”.”Se l ‘Abi non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell ‘architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori – ha annunciato – sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto. Ci aspettiamo il riconoscimento dell ‘inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni, e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull ‘organizzazione del lavoro, che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese. L ‘Abi vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”. Mlp 27-gen-15 14.40 NNNN

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RADIOCOR, martedì 27 gennaio 2015 18:19:42

Banche, Sileoni (Fabi): pochi banchieri si sono tagliati stipendi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Roma, 27 gen – ‘Agostino Megale, leader della Fisac Cgil, ha ragione sia nella forma sia nella sostanza, perche’ quando si chiedono sacrifici economici ai lavoratori e si perdono 68mila posti di lavoro in 15 anni anche i vertici devono dare l’esempio. E di banchieri che hanno dato l’esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi. Sara’ forse il caso dello stesso Patuelli che, da presidente della cassa di Ravenna, ha avuto probabilmente il buon senso di non eccedere nel suo emolumento, ma negli ultimi anni, nel disastro complessivo della nostra societa’, i banchieri non hanno certamente brillato per morigeratezza rispetto alle proprie retribuzioni’. Cosi’ il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, risponde all’Abi, che ha criticato i dati diffusi oggi dal leader della Fisac Cgil, Agostino Megale sugli stipendi dei banchieri, durante la conferenza stampa unitaria dei sindacati del credito. ‘Quando si critica il sindacato che raccoglie firme per una proposta di un tetto ai compensi dei manager, come bene ha fatto recentemente Giulio Romani della Fiba Cisl, o si criticano le osservazioni piu’ che giustificate espresse da Massimo Masi della Uilca, bisogna – aggiunge Sileoni – avere argomenti convincenti. Ma in questa circostanza bisogna avere la dignita’ di tacere, considerato che per avere un propri contratto di lavoro 312mila lavoratori bancari sono costretti a fare la secondo giornata di sciopero dopo piu’ di un anno di trattative. E mi fermo, per il momento qui’. Com-Zam (RADIOCOR) 27-01-15 18:19:42

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ASCA, martedì 27  gennaio 2015 18.12

Banche, Sileoni (Fabi): pochi banchieri si sono tagliati stipendi Replica all’Abi

Roma, 27 gen. (askanews) – “Agostino Megale, leader della Fisac Cgil, ha ragione sia nella forma sia nella sostanza, perché quando si chiedono sacrifici economici ai lavoratori e si perdono 68mila posti di lavoro in 15 anni anche i vertici devono dare l ‘esempio. E di banchieri che hanno dato l ‘esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi. Sarà forse il caso dello stesso Patuelli che, da presidente della cassa di Ravenna, ha avuto probabilmente il buon senso di non eccedere nel suo emolumento, ma negli ultimi anni, nel disastro complessivo della nostra società, i banchieri non hanno certamente brillato per morigeratezza rispetto alle proprie retribuzioni”. Così il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, risponde all ‘Abi, che ha criticato i dati diffusi oggi dal leader della Fisac Cgil, Agostino Megale sugli stipendi dei banchieri, durante la conferenza stampa unitaria dei sindacati del credito.”Quando si critica il sindacato che raccoglie firme per una proposta di un tetto ai compensi dei manager, come bene ha fatto recentemente Giulio Romani della Fiba Cisl, o si criticano le osservazioni più che giustificate espresse da Massimo Masi della Uilca, bisogna avere argomenti convincenti. Ma in questa circostanza – ha aggiunto – bisogna avere la dignità di tacere, considerato che per avere un propri contratto di lavoro 312mila lavoratori bancari sono costretti a fare la secondo giornata di sciopero dopo più di un anno di trattative. E mi fermo, per il momento qui”. red-cip 27-gen-15 18.12 NNN

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RADIOCOR, martedì 27 gennaio 2015 18:19:42 da Notizie Radiocor/Finanza via Borsa Italiana

Banche: Sileoni (Fabi), dare esempio quando si chiedono sacrifici a lavoratori (Il Sole 24 Ore Radiocor)

Roma, 27 gen – ‘Agostino Megale, leader della Fisac Cgil, ha ragione sia nella forma sia nella sostanza, perche’ quando si chiedono sacrifici economici ai lavoratori e si perdono 68mila posti di lavoro in 15 anni anche i vertici devono dare l’esempio. E di banchieri che hanno dato l’esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi. Sara’ forse il caso dello stesso Patuelli che, da presidente della cassa di Ravenna, ha avuto probabilmente il buon senso di non eccedere nel suo emolumento, ma negli ultimi anni, nel disastro complessivo della nostra societa’, i banchieri non hanno certamente brillato per morigeratezza rispetto alle proprie retribuzioni’. Cosi’ il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, risponde all’Abi, che ha criticato i dati diffusi oggi dal leader della Fisac Cgil, Agostino Megale sugli stipendi dei banchieri, durante la conferenza stampa unitaria dei sindacati del credito. ‘Quando si critica il sindacato che raccoglie firme per una proposta di un tetto ai compensi dei manager, come bene ha fatto recentemente Giulio Romani della Fiba Cisl, o si criticano le osservazioni piu’ che giustificate espresse da Massimo Masi della Uilca, bisogna – aggiunge Sileoni – avere argomenti convincenti. Ma in questa circostanza bisogna avere la dignita’ di tacere, considerato che per avere un propri contratto di lavoro 312mila lavoratori bancari sono costretti a fare la secondo giornata di sciopero dopo piu’ di un anno di trattative. E mi fermo, per il momento qui’. Com-Zam – (RADIOCOR) 27-01-15 18:19:42 (0623) 5 NNNN

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da Adnkronos via Borsa Italiana, martedì 27 gennaio 2015

Sindacati credito, in 15mila in piazza contro deregulation lavoro

Difendere il lavoro e il potere d’acquisto dei salari e stimolare un confronto sui rischi derivanti dal decreto sulle banche popolari recentemente varato dal governo Renzi che, secondo Assopopolari, potrebbe provocare la perdita di ventimila posti di lavoro in due anni. Questi i motivi che porteranno i lavoratori del settore bancario a incrociare le braccia e a scendere in piazza per una serie di manifestazioni che il prossimo 30 gennaio toccheranno contemporaneamente quattro città italiane, coinvolgendo almeno 15mila lavoratori. L’annuncio è dei segretari delle confederazioni sindacali del credito che questa mattina a Milano hanno spiegato le cause che hanno determinato la decisione. “Abi – spiega il segretario generale della Fisac Agostino Megale – si pone da apripista nella disdetta del contratto nazionale scaduto lo scorso anno, per il rinnovo del quale era stato avviato un tentativo di confronto concluso senza esito, a cui era seguito il primo sciopero della categoria”. In questi mesi la trattativa si è arenata e, se non verrà trovato un accordo, “dal primo aprile seguirà la disapplicazione del contratto con la conseguenza che verranno a mancare le regole essenziali e si creerà una dimensione assimilabile al ‘fai da te'”. Un “avamposto pericoloso – sottolinea ancora Megale – per i 309mila lavoratori del settore, diminuiti dal 2000 di 68mila unità e che negli ultimi 15 anni hanno perso circa 800 euro di salario contrattuale contro i 600mila euro in più ogni anno dei top manager”. Una forbice che indica “una disuguaglianza sociale sempre più distante, se si considera che un banchiere guadagna mediamente 3,7 milioni l’anno, quanto 150 giovani apprendisti tutti insieme”. Le manifestazioni si svolgeranno il 30 gennaio a Milano, con un corteo che dalla sede dell’Abi raggiungerà piazza della Scala, dove si terrà un comizio con la leader della Cgil Susanna Camusso e il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni. Quindi a Ravenna, da piazza Farini a piazza del Popolo, dove si terrà il comizio con Megale e il segretario confederale della Cisl Piero Ragazzini; a Roma, davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore con il comizio dei segretari generali della Fiba Cisl Giulio Romani e della Uil Carmelo Barbagallo e infine a Palermo, davanti al Teatro Massimo, con il comizio del segretario della Uilca Massimo Masi. Le ragioni dello sciopero sono state anche indicate in una lettera che i rappresentanti delle sigle sindacali hanno inviato questa mattina al presidente del consiglio Matteo Renzi e ai presidenti di Abi Antonio Patuelli e di Federcasse Alessandro Azzi. Nel testo sono state evidenziate anche alcune “riserve” circa gli effetti del decreto sulla riforma delle banche popolari, che potrebbero pesare oltre che su ventimila lavoratori a rischio, anche sull’accesso e la gestione del credito a danno di imprese e famiglie. Il provvedimento, si legge, potrebbe determinare il “rischio che aziende, che costituiscono il principale riferimento per le famiglie e per le piccole e medie imprese italiane, cadano nelle mani di quei colossi bancari internazionali che, negli anni hanno dato prova di totale insensibilità sociale”. Oltre al fatto che, spiega Megale, “andrebbe a pesare su un Paese che negli ultimi anni ha perso dieci punti di Pil, con 150 miliardi di mancata ricchezza prodotta, 90 mld in meno di crediti concessi e 60 imprese chiuse ogni giorno. Tutto ciò significa che se non riparte il credito non riparte neanche l’economia”.

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GUIDASICILIA.it, martedì 27 gennaio 2015

Sileoni (Fabi), se Abi non cambia chiederemo intervento governo

(AdnKronos) – “Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del governo e del presidente Renzi”. È quanto afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, dopo l’annuncio dello sciopero dei lavoratori del credito che si terrà il 30 gennaio in concomitanza con quattro manifestazioni di piazza a Roma, Ravenna, Palermo e Milano.Il leader della Fabi, che darà il via al corteo di Milano e terrà un comizio in piazza della Scala insieme al segretario generale della Cgil Susanna Camusso, spiega: “L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve a mio avviso prendersi l?impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Se non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto”. L’Abi, continua, “vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”. Per questo, “ci aspettiamo il riconoscimento dell?inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese”.

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DA ADNKRONOS via IL SUSSIDIARIO, martedì 27 gennaio 2015

Banche: Sileoni (Fabi), se Abi non cambia chiederemo intervento governo

Milano, 27 gen. (AdnKronos) – “Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del governo e del presidente Renzi”. E’ quanto afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, dopo l’annuncio dello sciopero dei lavoratori del credito che si terrà il 30 gennaio in concomitanza con quattro manifestazioni di piazza a Roma, Ravenna, Palermo e Milano. Il leader della Fabi, che darà il via al corteo di Milano e terrà un comizio in piazza della Scala insieme al segretario generale della Cgil Susanna Camusso, spiega: “L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve a mio avviso prendersi lâ€TMimpegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Se non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora piÃ1 dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto”. L’Abi, continua, “vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”. Per questo, “ci aspettiamo il riconoscimento dell’inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese”.

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DA ADNKRONOS via IL SUSSIDIARIO, martedì 27 gennaio 2015

Banche: sindacati credito, in 15mila in piazza contro deregulation lavoro (2)

(AdnKronos) – Le manifestazioni si svolgeranno il 30 gennaio a Milano, con un corteo che dalla sede dell’Abi raggiungerà piazza della Scala, dove si terrà un comizio con la leader della Cgil Susanna Camusso e il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni. Quindi a Ravenna, da piazza Farini a piazza del Popolo, dove si terrà il comizio con Megale e il segretario confederale della Cisl Piero Ragazzini; a Roma, davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore con il comizio dei segretari generali della Fiba Cisl Giulio Romani e della Uil Carmelo Barbagallo e infine a Palermo, davanti al Teatro Massimo, con il comizio del segretario della Uilca Massimo Masi.Le ragioni dello sciopero sono state anche indicate in una lettera che i rappresentanti delle sigle sindacali hanno inviato questa mattina al presidente del consiglio Matteo Renzi e ai presidenti di Abi Antonio Patuelli e di Federcasse Alessandro Azzi. Nel testo sono state evidenziate anche alcune “riserve” circa gli effetti del decreto sulla riforma delle banche popolari, che potrebbero pesare oltre che su ventimila lavoratori a rischio, anche sull’accesso e la gestione del credito a danno di imprese e famiglie. Il provvedimento, si legge, potrebbe determinare il “rischio che aziende, che costituiscono il principale riferimento per le famiglie e per le piccole e medie imprese italiane, cadano nelle mani di quei colossi bancari internazionali che, negli anni hanno dato prova di totale insensibilità sociale”. Oltre al fatto che, spiega Megale, “andrebbe a pesare su un Paese che negli ultimi anni ha perso dieci punti di Pil, con 150 miliardi di mancata ricchezza prodotta, 90 mld in meno di crediti concessi e 60 imprese chiuse ogni giorno. Tutto ciÃ2 significa che se non riparte il credito non riparte neanche l’economia”.

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da Notizie Radiocor/Finanza via Borsa Italiana, martedì 27 gennaio 2015 14:01:05

Dl Banche: sindacati, esami Bce hanno dimostrato che crisi è nelle spa

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 27 gen – “Gli esami della Bce hanno evidenziato che il sistema bancario italiano ha particolari rischi in due societa’ per azioni, non nelle Popolari”. Lo ha dichiarato il segretario generale della Fiba-Cisl, Giulio Romani, commentando il decreto del governo che impone alle prime 10 banche popolari italiane di trasformarsi in spa entro 18 mesi. “La crisi e’ nelle spa, non nelle popolari”, gli ha fatto eco il numero uno della Fisac-Cgil, Agostino Megale e la posizione e’ condivisa anche dalla Fabi di Lando Maria Sileoni e dalla Uilca di Massimo Masi. “Quello che e’ successo in Mps e’ colpa della governance delle Popolari? E in Carige? O ancora in Banca Marche? O in Tercas?”, ha chiesto retoricamente Romani. “I fatti dimostrano che non e’ un problema di governance, ne’ delle Popolari e nemmeno delle spa, ma del comportamento di certi banchieri”, ha proseguito Romani. “E comunque – ha aggiunto – e’ cosi’ inefficiente il sistema di governance delle popolari? Nelle spa quanti consiglieri di amministrazione ci sono? Quanto sono pagati? Siamo sicuri che siano piu’ efficienti?”. “Per non parlare della democrazia economica – ha notato da parte sua Masi – sono stato alle ultime assemblee di Mps e Bper: nella prima hanno deciso tutto 20 persone, nella seconda 20mila. Qual e’ la piu’ democratica?”, ha concluso. Ppa-(RADIOCOR) 27-01-15 14:01:05 (0381)

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da Notizie Radiocor/Finanza via Borsa Italiana, martedì 27 gennaio 2015 15:21:18

Banche: sindacati, sciopero sara’ successo, Abi tornera’ a miti consigli -2-

Fabi: ‘pronti a lotta dura e a chiedere intervento Governo’ (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 27 gen – ‘Se le banche non cambiano atteggiamento – dice in una nota Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi – andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del Governo e del Presidente Renzi. L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve, a mio avviso, prendersi l’impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Se l’Abi non cambia atteggiamento – sottolinea Sileoni – e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sara’ ancora piu’ dura fino a che non sara’ garantito un nuovo contratto. Ci aspettiamo il riconoscimento dell’inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni, e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro, che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese. L’Abi vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari’. Nella lettera inviata al presidente del consiglio Matteo Renzi, al presidente dell’Abi Antonio Patuelli e al presidente di Federcasse Alessandro Azzi, i leader sindacali definiscono quella dell’Abi “una rottura senza precedenti nelle relazioni industriali del nostro paese”. “Ci sembra miope e irresponsabile – si legge nella missiva – la scelta operata da Abi e Federcasse di rinunciare intenzionalmente all’unita’ del sistema, abiurando una storia ventennale di concertazione virtuosa”. Lo smantellamento del contratto, secondo i leader sindacali, va inoltre contro la tutela del risparmio prevista dalla Costituzione. Zam-Ppa-(RADIOCOR) 27-01-15 15:21:18 (0465) 5 NNNN

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DA ADNKRONOS via IL SUSSIDIARIO, martedì 27 gennaio 2015

Fabi pronta a chiedere intervento di Renzi su rinnovo del contratto dei bancari

MPS NEWS Piazza Affari chiude la giornata in rosso dello 0,85% e anche Mps ha terminato la seduta in negativo, con un -0,53%. Intanto si riaccende il fronte del rinnovo contrattuale del settore bancario. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, ha detto che se le banche non cambieranno atteggiamento, i sindacati chiederanno l’intervento di Matteo Renzi.

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ECO DI BERGAMO/News, martedì 27 gennaio 2015

Banche, disagi in vista per lo sciopero – Venerdì 30 manifestazione a Milano

Possibili disagi in vista venerdì 30 gennaio: i lavoratori delle banche di tutta la provincia, come nel resto del Paese, incroceranno le braccia a sostegno del rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro. In particolare la protesta è contro la decisione unilaterale dell’Abi – scrivono i sindacati – di dare disdetta e successiva disapplicazione dei contratti collettivi di lavoro dal 1° aprile 2015. In Bergamasca si chiude mercoledì, con gli ultimi due appuntamenti, la serie di oltre quaranta assemblee organizzate dai bancari in vista dello sciopero nazionale del settore. Venerdì si svolgeranno quattro grandi manifestazioni a Milano, Ravenna, Roma e Palermo. Da Bergamo lavoratori e sindacalisti raggiungeranno il capoluogo lombardo con bus organizzato unitariamente dai sindacati. L’appuntamento a Milano è alle 9.30 davanti alla Sede Abi di via Olona. Il corteo arriverà in Piazza della Scala dove, dopo gli interventi dei delegati in rappresentanza di Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin, concluderanno la manifestazione Lando Sileoni, segretario generale di Fabi e Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Come scrivono unitariamente le diverse sigle sindacali di categoria Dircredito, Fabi, Fiba, Fisac, Uilca e Unisin, la mobilitazione ha l’obiettivo di «respingere l’arroganza dei banchieri che ci vogliono riportare indietro nel tempo». Con l’astensione dal lavoro si chiederà che il contratto nazionale rimanga primo elemento di diritto, non derogabile, a difesa dell’occupazione e dell’area contrattuale. «Le trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, nei fatti, non sono mai iniziate – si legge in una nota dei sindacati a livello provinciale – . L’Abi, aldilà delle dichiarazioni formali rilasciate alla stampa, continua a mantenere una posizione di assoluta rigidità. I banchieri non solo non vogliono rinnovare il Contratto nazionale di lavoro sulla scorta delle nostre richieste ma vogliono un ‘rinnovo’ che consista nello svuotamento del contratto nazionale. Vogliono avere completa libertà di azione nel gestire le ristrutturazioni aziendali con un solo forsennato obiettivo che consiste nella riduzione del costo del lavoro. Il tentativo è quello di ridurre ulteriormente il numero degli attuali occupati nel settore, azzerare gli automatismi economici, scardinare il sistema degli inquadramenti e complessivamente cancellare le tutele realizzate in oltre 65 anni di storia negoziale».

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LA SESIA, martedì 27 gennaio 2015

Bancari in rivolta: sportelli chiusi

(cliccare sull’immagine per ingrandire)

vercelli

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