IL SOLE 24 ORE, sabato 17 gennaio 2015
Banche popolari, in arrivo la riforma societaria: nel mirino il voto capitario – Il governo riforma le banche popolari. L’esecutivo avrebbe deciso di inserire del Dl Investimenti, il cosiddetto “Investment compact”, atteso nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo, l’abolizione del voto capitario. A essere abrogato sarebbe l’intero articolo 30 del Testo unico bancario.
Ferrando, Fotina
La norma è brevissima, appena due commi, ma va a colpire le banche popolari nel cuore: il voto capitario, cancellandolo. Secondo quanto appreso da Il Sole 24 Ore, è una delle riforme di ambito bancario destinate a entrare nel Dl investimenti, il cosiddetto “Investment compact”, che è atteso in Consiglio dei ministri martedì prossimo.
Nel dettaglio, il Governo avrebbe deciso di prelevare e inserire nell’Investment compact alcuni articoli dal disegno di legge sulla concorrenza attualmente in fase di stesura al ministero dello Sviluppo economico (su input dell’Antitrust), e tra queste ci sarebbe anche il mini-articolo sulle popolari: nella formulazione che Il Sole 24 Ore ha avuto modo di consultare è contenuta l’abrogazione dell’intero articolo 30 del Testo unico bancario, quello che disciplina i soci delle banche popolari. Cancellare quell’articolo, con i suoi otto commi, significa cancellare il voto capitario («Ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute»), il tetto dell’1% per le partecipazioni dei singoli soci, il numero minimo di soci (pari a 200). Il secondo comma del decreto potrebbe prevedere anche l’eliminazione delle eccezioni rispetto alle disposizioni generali consentite alle popolari sulle deleghe di voto, ma nei fatti si tratta di poca cosa: la norma deflagrante è l’abolizione del voto capitario, che nei fatti significherebbe trasformare le banche popolari in spa. Stando alla bozza del ddl concorrenza non sarebbero previste novità sulle Bcc, ma da fonti governative non si esclude un intervento anche su quel versante.
«Ci sono tantissime banche e pochissimo credito, soprattuttò per le piccole e medie imprese», ha osservato ieri Matteo Renzi nella direzione Pd, di fatto annunciando un provvedimento che razionalizzerà il settore del credito. In effetti, la cancellazione del voto capitario potrebbe avere l’effetto di facilitare tutte le operazioni straordinarie, quelle che di norma non incontrano il favore delle maxi-assemblee piene di piccoli soci: aumenti di capitale e, soprattutto, aggregazioni. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri», ha rincarato la dose il premier. Non c’è dubbio che un eventuale riforma di questo tipo non sarà povera di reazioni, e non solo da parte dei banchieri: già ieri, al diffondersi delle prime voci al riguardo, si è subito pronunciato il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni: «Se Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi».
Tuttavia, nel pacchetto bancario dell’Investment compact non ci sono solo le popolari ma anche i conti correnti e i fondi pensione: sul primo versante, per aumentare il tasso di mobilità della clientela, si punta a integrare la normativa sulla trasparenza bancaria rendendo obbligatorio a 15 giorni il termine entro cui il trasferimento di un conto corrente da un istituto all’altro; per chi non adempie, scatterà l’obbligo di risarcire il cliente; altre norme, poi, riguardano la comparabilità delle condizioni applicate dalle banche nonché la portabilità dei fondi pensione. Sempre sul tema credito, si lavora per perfezionare il pacchetto di norme relativo al Fondo centrale di garanzia (si veda Il Sole 24 Ore del 7 gennaio). L’idea principale è far sì che il Fondo possa garantire anche titoli derivanti da cartolarizzazione che abbiano ad oggetto crediti nei confronti delle piccole e medie imprese. Una mossa che spianerebbe la strada all’acquisto da parte della Bce delle cosiddette tranche mezzanine di titoli derivanti da cartolarizzazione (Abs), purché dotati di garanzia statale. Nell’ultima bozza dell’Investment compact si specifica che le cartolarizzazioni dovrebbero avere ad oggetto crediti “in bonis”. Ma sono in corso verifiche per evitare che l’apertura agli Abs assorba troppe risorse dal Fondo, penalizzando le altre operazioni che vengono tradizionalmente effettuate per le Pmi. Nel frattempo, il decreto dovrebbe ridurre a un massimo del 60% dal precedente 80% la copertura della garanzia diretta su ogni singola operazione.
Rinviata, invece, la riforma delle Fondazioni: in questo caso la palla resta al Mef, dove è in fase di stesura l’atto negoziale che sarà sottoposto all’Acri. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Ferrando e Carmine Fotina
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MF-MILANO FINANZA, sabato 17 gennaio 2015
Notizie dell’ultima settimana
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CORRIERE DELLA SERA, sabato 17 gennaio 2015
Il governo: troppi banchieri, poco credito – Il premier: abbiamo in cantiere un provvedimento importante. L’ipotesi di riforma delle Popolari – Nel pacchetto sugli investimenti anche le misure per trasferire senza oneri i conti correnti
Il governo vuole tenere le carte coperte fino alla discussione del provvedimento, il decreto per agevolare gli investimenti, che andrà all’esame esame del Consiglio dei ministri probabilmente martedì prossimo. Ma è lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ad annunciare ieri le grosse novità in arrivo per il sistema bancario. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero dei parlamentari, non dobbiamo averla di intervenire sul numero dei banchieri: ci sono troppi banchieri e poco credito per le piccole e medie imprese» ha detto Renzi annunciando appunto un «provvedimento importante» sul ruolo del credito. Ci sarà dunque un taglio delle poltrone nei consigli di amministrazione delle aziende di credito, organismi in molti casi «pletorici» anche secondo il governatore della Banca d’Italia Italia, Ignazio Visco? Lo sfoltimento dei manager bancari in realtà dovrebbe essere solo il risultato degli interventi immaginati dal governo che punterebbero a favorire le aggregazioni tra le banche minori o più deboli, in modo da rafforzarne il capitale allargando di conseguenza la loro possibilità di far credito alle imprese. In particolare Renzi e il ministro dell’Economia Economia, Pier Carlo Padoan, guarderebbero alle Popolari e alle banche cooperative e alla riforma delle rispettive strutture societarie nell’ottica ottica di favorirne la trasformazione in Spa. Sono anni in realtà che i governi, spinti anche dal pressing di Bankitalia, tentano, senza riuscirci, di cambiare l’architettura architettura delle popolari e di modificare la governance delle banche cooperative, spesso anche di piccolissime dimensioni, per adeguarle alle mutate esigenze del mercato e soprattutto per metterle in sicurezza rispetto ai danni provocati dalla prolungata crisi economica, primo fra tutti l’esplosione esplosione delle sofferenze, cioè dei finanziamenti non rimborsati. Ora Renzi annuncia di volerci riprovare iniziando dall’eliminazione eliminazione dell’ostacolo ostacolo più resistente, il voto capitario per ogni socio, qualunque sia il numero delle azioni possedute, per proseguire col tetto al possesso azionario, col vincolo del numero minimo di 200 soci e con le norme sulle deleghe della rappresentanza in assemblea da parte dei soci. Il provvedimento dovrebbe poi contenere alcune misure a favore del risparmio e per facilitare la portabilità dei conti correnti, in particolare per quel che riguarda il trasferimento dei servizi di pagamento connessi al rapporto, senza spese aggiuntive e con penalità per le banche che non ottemperano. E dovrebbe prevedere la garanzia dello Stato sulle cartolarizzazioni di prestiti bancari (Abs) di buona qualità per consentirne l’acquisto acquisto da parte della Bce. E mentre il presidente dei Federcasse, Alessandro Azzi, si dice pronto a «dare ulteriormente il nostro contributo di esperienze, di idee e di numeri», i sindacati bancari chiedono al governo di evitare la trasformazione delle Popolari in Spa. «Sarebbe un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e per nuovi esuberi in un settore dove nel totale disinteresse dei partiti sono stati persi in 15 anni 68 mila posti di lavoro» afferma il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. – Stefania Tamburello
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LA REPUBBLICA, sabato 17 gennaio 2015
Via alla riforma delle banche popolari Arriverà martedì prossimo con il decreto investimenti per favorire il loro consolidamento con un diverso assetto societario – Novità anche sul risparmio: verrà agevolato il trasferimento da un conto all’altro. Interventi sulle commissioni
VOTO CAPITARIO Nelle banche popolari per statuto vige il voto capitario, cioè ogni socio ha diritto a un voto – CONTI CORRENTI Con le nuove norme diventerà più semplice spostare il conto corrente da una banca a un’altra – RISPARMIO GESTITO Allo studio del governo anche un cambiamento della struttura delle commissioni sul risparmio gestito
MILANO. Blitz di Matteo Renzi nel mondo del credito e, più in particolare, nel mondo delle popolari e del credito cooperativo (le Bcc). Secondo rumors di stampa, il “luogo” in cui si concretizzerà il tentativo di dare la spallata al sistema è il decreto legge sull’Investment – compact che arriverà in consiglio dei ministri martedì. Un blitz, se sarà così, custodito molto gelosamente, tanto che nelle bozze del provvedimento circolate finora non ve ne è traccia. Il presidente del Consiglio era partito nel pomeriggio, con una dichiarazione piuttosto lapidaria. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero dei parlamentari, non ce l’abbiamo abbiamo neanche di intervenire sul numero dei banchieri. Ci sono troppi banchieri e poco credito per le piccole e medie imprese», aveva detto. Ma nei giorni scorsi erano a lungo circolate indiscrezioni sul fatto che il governo stesse pensando ad una riforma delle banche popolari, in sintonia del resto con quanto più volte era stato sollecitato dallo stesso governatore della Banca d’Italia Italia Ignazio Visco. Quello che è sicuro è che l’Investment compact conterrà misure per facilitare l’accesso accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese e lo stesso rilancio delle Pmi, attraverso formule che richiamino gli investimenti, specie quelli esteri. Ma nel decreto legge ci saranno anche soluzioni pensate per agevolare il risparmio, dalle misure per cambiare conto corrente a – forse – iniziative sulle commissioni sul risparmio gestito. Top secret invece sulle norme che riguarderebbero le banche popolari. Di una loro riforma si parla da almeno un paio di decenni e finora qualsiasi tentativo organico di rinnovare in modo profondo il settore si è infranto contro un muro – spesso trasversale – di contrarietà in Parlamento. E’ tra le riforme più difficili da far passare e non è chiaro come Renzi voglia perseguire l’obiettivo obiettivo di promuovere aggregazioni nel settore (e forse facilitare anche qualche intervento di salvataggio- matrimonio con spa). Occorre tener presente infatti che alcune popolari sono quotate ed hanno dimensioni importanti, ma si muovono ancora secondo logiche spesso auto- referenziali dei vertici e con una struttura di voto capitario che rende farraginoso far passare ipotesi di cambiamento e di aggregazione in assemblea. Il concetto di una testa- un voto, a prescindere dal numero di azioni posseduto, ha portato spesso il sistema ad ingessarsi, rendendo arduo il cambiamento. Anche il numero delle deleghe è limitato (nonostante sia stato elevato negli anni). Da registrare infine l’immediata immediata reazione dei sindacati, che dalla Fabi alla Uilca si sono detti preoccupati per i riflessi occupazionali di un’eventuale eventuale trasformazione delle popolari in spa e da una riduzione del numero di banche presenti sul territorio mentre Alessandro Azzi, presidente di Federcasse ha detto:« Se i provvedimenti saranno orientati ad agevolare il credito alle Pmi potremo dare ulteriormente il nostro contributo di esperienze, di idee e di numeri».
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IL MESSAGGERO, sabato 17 gennaio 2015
Banche popolari, addio al voto capitario – Il governo già pronto a inserire la riforma nell’Industrial compact
ROMA L’annuncio, a sorpresa, è arrivato direttamente da Matteo Renzi. Parlando alla direzione del Partito Democratico, ieri il premier, con il suo stile diretto, ha spiegato che «nelle prossime settimane arriverà un provvedimento sul credito». Sui contenuti Renzi è stato sibillino. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari – ha detto – non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri. Ci sono tantissime banche e pochissimo credito». L’intervento di razionalizzazione del sistema creditizio sarà inserito nel provvedimento ribattezzato Industrial compact. Ma più che di una razionalizzazione, se le premesse saranno rispettate, si può parlare di una vera e propria rivoluzione. Il governo ha infatti deciso di rimettere mano ad una materia i cui tentativi di riforma si sono infranti sugli scogli del Parlamento che da sempre ha agito come un freno a qualsiasi tentativo di modernizzazione del settore. Si tratta delle Banche Popolari e di quelle di Credito Cooperativo. Nel pacchetto di interventi sul sistema del credito, di cui il Messaggero ha potuto visionare una bozza, viene completamente abrogato l’articolo articolo 30 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di fatto sancendo la cancellazione del voto capitario e di tutti i limiti al possesso di titoli per i singoli azionisti. In altre parole, la piena equiparazione delle Popolari a delle normalissime società per azioni. Come detto, ben più di una riforma. Una rivoluzione. Ma una rivoluzione auspicata da lunghissimo tempo dalla Banca d’Italia Italia e spinta anche dalla Bce, la Banca centrale europea.
IL PROGETTO Solo qualche settimana fa, Fabio Panetta, vice direttore della Banca d’Italia Italia e membro del board del Meccanismo di vigilanza unico presso la Bce, proprio al Messaggero aveva sottolineato come «il problema di una governance adeguata per le banche popolari di maggiore dimensione», fosse «stato sollevato dalla Banca d’Italia Italia da tempo. Ostacoli al reperimento di capitale – aveva aggiunto Panetta – sono del resto, nel contesto che si va delineando, sempre meno sostenibili». L’Industrial Industrial compact del governo, che prenderà probabilmente la forma di un decreto legge, risponderà proprio a queste esigenze, facendo partire anche probabilmente un risiko, un consolidamento del settore, da tempo auspicato dallo stesso governatore della Bce, Mario Draghi. Con l’abrogazione abrogazione dell’articolo articolo 30 del Testo unico bancario, salta, come detto, il principio di una testa un voto, che per lungo tempo ha permesso a pochi gruppi organizzati (talvolta formati dai dipendenti della banca stessa, si veda il caso Bpm) di controllare società di rilevanti dimensioni quotate in Borsa. Ma saltano anche i limiti all’investimento investimento da parte di fondi specializzati e altri operatori istituzionali che oggi, al massimo, potevano arrivare a detenere il 3% del capitale. La bozza di norma predisposta dal governo interviene anche sulla raccolta delle deleghe. Dal Testo unico degli intermediari finanziari viene infatti eliminata la limitazione per le società cooperative. Dunque, anche per Popolari e Bcc ci sarà piena libertà di raccogliere deleghe di voto per determinare poi le sorti delle assemblee. Ma l’intervento intervento che Renzi insieme ai ministri Padoan e Guidi sta mettendo a punto, non si limita solo alle Popolari. Incide anche sul tema caldo delle Fondazioni. Nella bozza del provvedimento è previsto un termine di 180 giorni affinchè queste ultime possano adeguare gli statuti alle regole della legge Draghi del 1999 sulla governance, rispettando dunque i requisiti di onorabilità e attuando il provvedimento alla lettera dove pone un divieto assoluto di incrocio tra poltrone situate nelle Fondazioni e «cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo o di funzioni di direzione di società concorrenti della società bancaria conferitaria o di società del suo gruppo».
LE REAZIONI Ieri il primo ad alzare le barricate a qualsiasi ipotesi di riforma delle banche popolari da parte del governo, è stato il segretario della Fabi, il sindacato più rappresentativo dei bancari, Lando Sileoni. «Nel totale disinteresse dei partiti – ha detto – abbiamo perso in 15 anni 68 mila posti di lavoro. Se il presidente Renzi vuole diminuire i banchieri – ha aggiunto Sileoni – faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali che hanno sempre sostenuto l’economia del territorio, trasformandole in spa, è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi». La strada per approvare la norma è ancora lunga. Prima il decreto dovrà essere approvato in Consiglio dei ministri. Poi sarà trasferito in Parlamento, dove entro sessanta giorni dovrà essere convertito. Tra Camera e Senato, Banche Popolari e Fondazioni, molto legate ai territori, hanno sempre trovato orecchie attentissime alle loro istanze conservative. Andrea Bassi © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL GIORNALE, sabato 17 gennaio 2015
CREDITO Martedì il provvedimento su coop e bcc – Renzi «piccona» le banche popolari – Pronta la riforma – Il premier: «I banchieri sono troppi». Ma il riassetto faciliterà il salvataggio del Monte Paschi. Il nodo Bce
Massimo Restelli
Il governo Renzi prepara un intervento manu militari per riformare il mondo delle banche popolari e fare (forzatamente) accorpare le centinaia di Bcc che punteggiano il territorio nazionale. Nelle «prossime settimane arriverà un provvedimento sul credito», ha detto ieri Renzi aggiungendo in modo tranchant che ci sono troppi istituti e banchieri ma troppo pochi prestiti a famiglie e Pmi. L’obiettivo esplicito è quindi quello di far ripartire il consolidamento del settore, quello politico sotto traccia di mantenere in mani italiane Monte Paschi e Carige, le due bocciate agli stress test. Il provvedimento, contenuto nell’Investment compact atteso martedì prossimo, dovrebbe infatti imporre nuove regole di governance alle grandi cooperative quotate, a partire da Banco Popolare e Ubi Banca. E quest’ultimo ultimo, malgrado le smentite dell’ad ad Victor Massiah, è il gruppo a cui guardano i palazzi romani per un’eventuale eventuale azione di emergenza sul Monte Paschi. In parallelo, Carige potrebbe finire tra le braccia di Bipiemme, che è la coop da cui era partita l’offensiva offensiva di Bankitalia. Non sarebbero invece al momento toccate dall’esecutivo esecutivo le cooperative non quotate. Per contro le Bcc sarebbero forzate a fondersi: alcune realtà del mondo Iccrea sono state commissariate dalla Vigilanza e hanno dimostrato tutta la debolezza dei controlli interni sui prestiti (parti correlate comprese). La cura Renzi promette comunque di essere molto più drastica e vicina all’idea idea di Spa rispetto alla autoriforma allo studio di Asso popolari: ieri si repira va un forte disappunto tra alcuni Signori delle mutue. Veniamo ora a Mps. L’ad ad Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo, reduci da cinque ore di braccio di ferro a Francoforte, hanno riferito al cda il diktat della Bce sulla pulizia di bilancio: si parla di 3 miliardi lordi nel solo quarto trimestre. Il 2014 potrebbe quindi chiudere con una perdita choc stimabile in 2,8 8 – 3 miliardi (un miliardo il rosso a settembre). Il board ha formulato (e rispedito) all’Eurotower le sue repliche, ma con ogni probabilità la Rocca dovrà ubbidire fino in fondo: ha poche chanche il tentativo di fare valere i maggiori utili operativi per ottenere uno sconto da 390 milioni. Da qui i dubbi della Borsa sulla stessa capienza dell’aumento aumento di capitale da 2,5 5 miliardi: secondo alcuni analisti Mps potrebbe essere corta di un altro miliardo. O comunque le cessioni ipotizzate da Viola, per incamerare 200 milioni, potrebbero essere considerate aggiuntive. L’ultima ultima parola spetta alla Bce, che potrebbe far slittare il decisivo board dei governatori dal 4 al 18 febbraio. La ricapitalizzazione sarebbe quindi a maggio. «Riformare le popolari, le Bcc e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in spa è un errore», attacca il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni. E ci sarebbero altri esuberi.
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LIBERO, sabato 17 gennaio 2015
A rischio migliaia di posti di lavoro – Renzi prepara il decreto per salvare Montepaschi – Il premier vuole subito trasformare Popolari e Bcc in società per azioni per rendere più facili le nozze riparatrici con Siena (che prende tempo)
NINO SUNSIERI
La riforma delle Banche Popolari e delle Bcc avverrà per decreto. A quanto pare Renzi ha molta fretta di preparare il terreno per il salvataggio di Mps. Tanto più che il consiglio d’amministrazione amministrazione dell’istituto istituto senese dopo cinque ore di discussione non è arrivato a nessuna conclusione. Aspetta prima di conoscere l’esito esito dell’esame esame che stafacendo laBce Bce sul piano di risanamento. Unica indiscrezione che circola riguarda l’aumento aumento di capitale: probabilmente sarà più al- to dei 2,5 5 miliardi previsti. Non sarebbe una novità. Anche l’operazione operazione fatta l’estate estate scorsa era partita da una stima di un miliardo. Alla fine, però, ne erano serviti cinque. Ed è proprio su questo snodo che si inserisce il Decreto Investimenti con la riforma delle banche popolari e delle Bcc.Il Il testo è segretissimo: sarà svelato solo martedì nella riunione del consiglio dei ministri. L’idea idea di fondo è quella di spingere le banche cooperative a cambiare pelle trasformandosi in spa. In questa maniera diventerebbe più semplice spingerle verso il salvataggio di Mps Unregalo fiscale, in questi casi, non manca mai. L’obiettivo obiettivo dichiarato della manovra, infatti, è quella di favorire la concentrazione del sistema. «C’è bisogno di semplificare -ha dichiarato- Ci sono tantissime banche e pochissimo credito soprattutto per le piccole e medie imprese». Il tono del premier, come sempre è perentorio:« Arriverà un provvedimento sul credito -dichiara- non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri». Il progetto di trasformazione delle popolari, però, incontra già le prime resistenze. A farsene portavoce Fabio Sileoni, segretario della Fabi, il sindacato più rappresentativo nel mondo bancario: «Se Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure -dice- ma riformare popolari, credito cooperativo e banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in spa è un errore perchè inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi». In queste condizioni è facile immaginare che martedì in Consiglio dei ministri il dibattito sarà molto acceso.
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AVVENIRE, sabato 17 gennaio 2015
Banche. La riforma delle Bcc un rischio per il pluralismo
NILANO – l governo ha intenzione di accelerare sulla riforma del credito cooperativo e delle banche popolari. Secondo indiscrezioni l’esecutivo esecutivo inserirà nel decreto legge chiamato “Investment compact”, che sarà discusso dal consiglio dei ministri della prossima settimana, le norme per la riforma del sistema di comando (la governance) delle banche popolari e del credito cooperativo. Un progetto contro cui ieri si è espresso Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato più rappresentativo del mondo bancario: «Se il presidente Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure – ha avvertito il sindacalista – ma riformare le Banche Popolari, le Banche di Credito Cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in Spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi». Si parla da tempo di progetti di riforma per il sistema del credito popolare e cooperativo, un modello di banca che negli anni della crisi ha dimostrato di funzionare bene, dal momento che Bcc e popolari hanno rafforzato il loro rapporto con il territorio continuando a finanziare l’economia economia reale (uscendo alla fine con ottimi voti dagli stress test della Bce). Già all’assemblea assemblea di Federcasse, lo scorso novembre, il presidente Alessandro Azzi ha spiegato che non c’è è nessuna opposizione preconcetta ai progetti di fusione nel mondo del credito cooperativo: «Probabilmente avremo un numero inferiore di banche di credito cooperativo e di dimensioni più robuste, ma questo processo non intendiamo né subirlo, né forzarlo». Ma ogni riforma, hanno sempre ricordato popolari e Bcc, deve tutelare il pluralismo del mondo bancario, senza puntare a omologare le banche del territorio con il modello di banca “anglosassone” oggi prevalente. (P . Sac.)
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IL RESTO DEL CARLINO – IL GIORNO – LA NAZIONE – LA CITTÀ, sabato 17 gennaio 2015
«Troppe poltrone e pochi prestiti» Stoccata ai banchieri, arrivano i tagli Il premier annuncia novità, soprattutto per le Popolari e le Bcc
Le parole di Renzi – Siamo intervenuti sul numero dei parlamentari Non avremo paura di fare lo stesso anche con i banchieri – I chiarimenti dello staff – Il governo non può dire che una banca si fonde con un’altra altra, ma può intervenire sulle strutture azionarie
Olivia Posani
ROMA – AFFONDO di Matteo Renzi contro le banche arriva imprevisto nel bel mezzo della direzione del Pd. «Nelle prossime settimane annuncia il premier – arriverà un provvedimento sul credito: non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri. Ci sono tantissime banche e pochissimo credito, soprattutto per le piccole e medie imprese. C’è è bisogno di semplificare il sistema. Talvolta si è dato credito in modo sbagliato e non si è dato a quelle Pmi che sono il cuore del nostro sistema e che vanno incoraggiate a intervenire». CHE CI SIA ancora un problema di credito per i piccoli lo ha certificato ieri la stessa Banca d’Italia Italia. Comunque sia, il governo non può ridurre il numero degli istituti di credito per decreto, visto che sono tutti privati, fatta eccezione per il Credito sportivo, che però è commissariato. Certo, ci sono le fondazioni, ma anche lì gli azionisti sono privati e le quote in mano agli enti locali sono minori. E quindi? L’entourage entourage di Renzi spiega che «il governo non può di- re che la banca x si fonde con la banca y, ma può intervenire indirettamente agendo su alcune leggi che regolano le banche, sulle loro strutture azionarie». In sostanza si pensa a una sorta di razionalizzazione del sistema mettendo in moto un processo di ristrutturazione. Il provvedimento, che ha preso di sprovvista l’Abi Abi (Associazione Bancaria Italiana), non è ancora definito, ma ne emerge chiaramente la struttura. L’obiettivo obiettivo è quello di arrivare a norme per riformare la governance delle banche popolari e del credito cooperativo (Bcc) e favorire un consolidamento del settore. QUESTE misure sono contenute nel cosiddetto ‘Investment compact’ (un provvedimento che punta a favorire gli investimenti), che dovrebbe andare al Consiglio dei ministri della prossima settimana, forse già martedì. La misura più importante dovrebbe riguardare l’abolizione abolizione nelle Banche popolari del cosiddetto ‘voto capitario’. Nel diritto societario consiste nella regola, considerata una anomalia, per la quale ogni socio è titolare di un singolo voto indipendentemente dal numero delle azioni possedute. Per quanto riguarda le fondazioni è previsto invece un giro di vite sulla onorabilità dei prestiti e i criteri di nomina: le norme attuali dovrebbero diventare più stringenti. Il provvedimento, oltre a rendere più semplice lo spostamento dei conti correnti, prevede anche un’altra altra norma molto popolare: la chiamata ai call center non potrà costare più di quella urbana. Sono previsti infine interventi che facilitino la capitalizzazione delle grandi banche. LE ANTICIPAZIONI del premier alla direzione del suo partito non sono piaciute alla Fabi, la Federazione Autonoma dei Bancari Italiani: «Nel totale disinteresse dei partiti – dice il segretario generale Lando Sileoni – abbiamo perso in 15 anni 68mila mila posti di lavoro. Se Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia economia dei territori, trasformandole in società per azioni è un errore, perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi».
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IL GAZZETTINO, sabato 17 gennaio 2015
Popolari e Bcc, riforma da spa Sindacati in allarme
ROMA – In arrivo norme per riformare la governance delle banche Popolari e del credito cooperativo (Bcc) e favorire un consolidamento del settore. Secondo quanto annunciato dal premier Renzi le misure sarebbero contenute in un provvedimento che il governo varerà la prossima settimana. «Leggeremo con interesse i testi dei provvedimenti annunciati dal presidente del consiglio in materia bancaria. Se saranno orientati ad agevolare il credito alle Pmi potremo dare ulteriormente il nostro contributo». Così il presidente di Federcasse Alessandro Azzi: «Situazioni di criticità transitoria sono state risolte all’interno interno della categoria senza chiedere un euro alle casse pubbliche, senza far perdere un euro ai depositanti, salvaguardando l’occupazione occupazione». Ma le nuove regole europee penalizzano decisamente questi istituti. «Se il presidente Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le Popolari, le Bcc e le banche locali che hanno sempre sostenuto l’economia economia dei territori, trasformandole in Spa, è un errore», afferma il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni.
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L’ECO DI BERGAMO, sabato 17 gennaio 2015
Popolari nel mirino di Renzi: spunta l’ipotesi Spa
Stanno mettendo in subbuglio gli ambienti finanziari le dichiarazioni del premier Matteo Renzi sul mondo bancario e, soprattutto, le indiscrezioni su un imminente intervento del governo sulle banche popolari che – stando ai rumors – potrebbero essere spinte o incentivate a fondersi o a trasformarsi in Spa. Tutto nasce dalle affermazioni del premier ieri alla direzione nazionale del Pd: «Nelle prossime settimane – ha detto – arriverà un provvedimento sul credito: non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri. Ci sono tantissime banche e pochissimo credito, soprattutto per le piccole e medie imprese», ha osservato Renzi, che ha di fatto annunciato un provvedimento che razionalizzerà il settore del credito. «C’è è bisogno di semplificare il sistema – ha continuato Renzi – talvolta si è dato credito in modo sbagliato e non si è dato a quelle Pmi che sono il cuore del nostro sistema e che vanno incoraggiate a intervenire». Con tutta probabilità i provvedimenti annunciati ieri da Renzi saranno contenuti nel Dl investimenti, il cosiddetto «Investment compact», atteso in Consiglio dei ministri martedì prossimo. E si tratterà di misure che incideranno sul mondo delle banche popolari. Misure di razionalizzazione esemplificazione. A quanto si apprende, sia per le Popolari che per le Bcc il decreto interverrà riformandola governance, così da uniformare queste realtà creditizie ai criteri stabiliti dalla Bce. Secondo alcune indiscrezioni, l’obiettivo obiettivo sarebbe quello di preservare il buono del modello cooperativo mettendo però fine all’anomalia anomalia di gruppi quotati e con dimensioni nazionali che però non sono Spa e quindi non contendibili. Una riforma legislativa si vedrà se attraverso una serie di fusioni o di ingresso di capitali, anche stranieri. Oppure con aggregazioni, anche parziali, con banche Spa. Secondo alcuni «rumors», le banche popolari nel mirino sarebbero soprattutto le quotate in Borsa, e cioè Ubi Banca, il Banco popolare, la Banca popolare di Milano e la Banca popolare EmiliaRomagna Romagna. Che potrebbero essere incentivate o spinte a trasformarsi in Spa. C’è è chi ipotizza che si andrebbe così ad incidere sul voto capitario, rendendo così quasi ininfluente il peso politico dei soci, accrescendo invece quello del capitale. Un’operazione operazione che – secondo qualche analista – sarebbe determinata anche dalla volontà di salvaguardare l’« italianità» di Montepaschi e Carige, che potrebbero essere più agevolmente aiutate da Bpm e Ubi una volta che queste saranno state riformate e trasformate in Spa. Intanto si registrano le prime reazioni dei sindacati dei bancari. «Se Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le Bcc e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia economia dei territori, trasformandole in Spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi», ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. E il segretario generale della Uilca, Massimo Ma si, si è e preoccupato» e auspica si faccia chiarezza al più presto: «Se la proposta di Renzi va nella direzione di diminuire le banche esistenti con ulteriori fusioni e mira a riformare le banche popolari e le Bcc, senza una visione complessiva delle problematiche, ciò aggraverebbe la già difficile situazione esistente». Infine, il presidente di Federcasse (l’associazione associazione delle Bcc) Alessandro Azzi: «Leggeremo con interesse i testi dei provvedimenti annunciati dal premier. Se saranno orientati ad agevolare il credito alle Pmi potremo dare il nostro contributo».
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RADIOCOR, venerdì 16 gennaio 2015 18:40
Banche: Sileoni, Renzi interviene? Ma non trasformi in spa le popolari
Il rischio è altra ondata di esuberi (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Roma, 16 gen – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi “se vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito Cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi”. Così il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, che per primo da’ una possibile interpretazione alle parole pronunciate oggi dal premier parlando del sistema bancario (“Nelle prossime settimane arrivera’ un provvedimento sul credito: non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri”).