L’ESPRESSO, 17/24 aprile 2014
Un esercito di consulenti con tablet e smartphone prendono il posto dei vecchi impiegati. Falcidiati dalla crisi e da Internet
di Camilla Conti
Il camper rosso e bianco spegne il motore a pochi metri dai caffè del centro storico di Colonia. Si abbassa la scaletta e scende lui: il bancario mobile. Perché il motto della Kölner Sparkasse è: se tu non vai alla banca, la banca viene da te. Detto, fatto. La Cassa di risparmio di Colonia ha creato una piccola flotta di sportelli a quattro ruote che girano per le città e i paesi di tutta la regione. Si fermano a orari prestabiliti e aprono la cassa: in media, durante il paio di ore di sosta, nei minibus entra una dozzina di clienti. Molti sono anziani che non sanno usare Internet e sono rimasti orfani della filiale sotto casa. La Kölner Sparkasse ne ha già chiuse una cinquantina, lasciando praticamente sguarnita tutta la cintura intorno a Colonia.
Sembra un’idea bizzarra ma la banca-mobile potrebbe essere presto avvistata anche qui in Italia, nelle strade delle grandi città o nei borghi di provincia, dove chiudono a decine le agenzie spuntate come funghi negli ultimi 15 anni. Colpa della crisi che ha fatto crollare i profitti degli istituti di credito e decollare le sofferenze, ovvero i prestiti che non vengono saldati dai clienti. Se poi si considera il crollo delle operazioni allo sportello (meno 50 per cento) causato dallo sviluppo dell’home banking, il risultato è che le big del credito ora devono ripensare completamente il loro modello commerciale. Che poi significa: rivedere gli orari delle agenzie e soprattutto riorganizzare il personale.
I piani industriali da poco presentati al mercato raccontano questa nuova realtà. Intesa Sanpaolo annuncia «4.500 riconversioni professionali» in ruoli commerciali e creditizi, di cui 3.000 in Italia. Nel piano vengono citati i “nuovi mestieri”, ossia un’offerta non bancaria con personale dedicato che spazierà dai servizi di biglietteria, all’intermediazione e consulenza immobiliare, fino ai viaggi. Alla formazione dei dipendenti saranno destinati 5 miliardi di euro. Se però entro il 2015 non ci sarà un miglioramento dei ricavi, le riqualificazioni si trasformeranno in esuberi. Nel frattempo saranno ridotte le banche del territorio con l’ulteriore chiusura di 400 sportelli, che si aggiungono agli altri 400 del vecchio piano. Due miliardi verranno invece investiti in nuove tecnologie. Ovvero l’integrazione tra filiale, posto di lavoro, abitazione, web, telefonini, tablet, bancomat, telefono e social network. Nel piano sono infine previsti l’estensione degli orari di apertura delle filiali e la caccia ai nuovi clienti fra i dipendenti delle aziende già servite dalla banca stessa, che creerà una rete di “account manager” dedicati.
La flessibilità, insomma, è «la nuova frontiera dell’efficienza», come si legge nel piano industriale di Unicredit, che ha confermato 5.700 esuberi in Italia per risparmiare 1,3 miliardi e raggiungere 6,6 miliardi di utile nel 2018. Più flessibili saranno gli orari delle filiali che potrebbero aprire solo al mattino o solo due/tre giorni la settimana nelle piccole città. Mentre nelle aree metropolitane la copertura potrà essere estesa all’ora di pranzo, al tardo pomeriggio e al sabato.
Di certo, però, il futuro non è lo sportello ma la piattaforma digitale: smartphone, tablet, televisori e anche orologi. Dal divano di casa si possono già fare bonifici, ricariche e gestire il bilancio familiare. Unicredit calcola che dagli 87 milioni di operazioni in filiale effettuate nel 2011 si è passati ai 71 milioni di oggi ed entro il 2018 si scenderà a quota 61 milioni. Per pagare basta un clic, è il mantra del gruppo guidato da Federico Ghizzoni che esplora anche nuovi orizzonti vendendo servizi non bancari attraverso alleanze commerciali come quelle siglate con Technogym e Samsung. Apri un conto e ti porti a casa anche un tapis roulant o una stampante.
L’obiettivo è tagliare i costi fissi che le banche italiane si trovano a sostenere dopo la follia tutta italiana degli anni scorsi, con le filiali aumentate del 33 per cento fra il 1997 e il 2011, fino ad arrivare a 54 sportelli per ogni 100 mila abitanti. Tutto il contrario di quanto è accaduto negli altri Paesi europei dove le banche proprio in quel periodo hanno di molto ridotto le agenzie. Risultato: adesso in Italia le banche stanno chiudendo gli sportelli in perdita, cancellando contratti d’affitto o vendendo quelli ancora di proprietà.
Il problema è che insieme alle filiali spariscono gli impiegati. Abi e sindacati danno i numeri. Secondo la Confindustria delle banche, i dipendenti nel 2007 erano 344.688, nel 2013 sono diventati 320 mila con un saldo negativo di circa 25 mila persone. Idem per gli sportelli che nel 2007 erano 32.818 e nel 2013 sono diventati 31.942 dopo 876 chiusure. Il bollettino di guerra della Fabi parte dal 2000: negli ultimi quattordici anni gli esuberi nelle banche italiane sono stati circa 48mila, a cui se ne aggiungeranno altri 19.800 da smaltire entro il 2020. Il totale è di circa 68mila bancari prepensionati nell’arco di venti anni. Per la Fisac Cgil nei sei anni della crisi sono andati perduti 28 mila posti di lavoro: da 338 mila agli attuali 310mila. Nel 2015, con le ultime ristrutturazioni, i bancari potrebbero rimanere soltanto 300 mila.
Questi numeri fanno da sfondo alla trattativa ripartita in questi giorni sul rinnovo del contratto di categoria che scade il 30 giugno. Per scongiurare nuovi pesanti tagli di personale, i sindacati propongono un nuovo modello di banca che oltre ai servizi tradizionali offra consulenze specializzate alla clientela anche di natura fiscale e previdenziale. «Pensiamo alle attività di credito specialistico, come quello industriale, marittimo, agrario e turistico. Ma si dovrebbe dare anche più spazio alla gestione del credito deteriorato. Riprendiamoci il lavoro che facevamo un tempo, prima che molte funzioni fossero esternalizzate o affidate a consulenti strapagati», dice il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni.
Nel frattempo però gli esuberi vanno assorbiti. C’è chi ha adottato metodi sbrigativi come il Monte dei Paschi che ha venduto in blocco le attività e i dipendenti del backoffice ad una società creata con Bassilichi e Accenture. Altri tenteranno prima di ridurre e poi di esternalizzare l’organico trasformando unaparte del personale fisso in “personale viaggiante”, senza contratti a tempo indeterminato ma con rapporti di collaborazione di vario tipo.
Unicredit, per esempio, scommette sulla consulenza “a domicilio”. E infatti stanno per diventare operativi i primi 500 dipendenti selezionati per il ruolo di “consulenti multimediali”. Ma è solo l’inizio. La banca ora punta a coinvolgere nel progetto circa 2.000 dipendenti entro il primo semestre del 2015. Queste nuove figure armate di tablet rimarranno inquadrate a livello contrattuale come dipendenti bancari ma dovranno superare l’esame da promotori finanziari per poter operare fuori sede. In altre parole si prospetta una vera rivoluzione per i clienti, soprattutto per quelli meno abituati alle nuove tecnologie. Ma anche i bancari dovranno comunque convertirsi alla filosofia del 2.0, diventare più mobili, muniti di patentino di (pro)cacciatore di nuovi clienti. L’alternativa a questa trasformazione è quella di rassegnarsi ai tagli oppure di finire negli alveari dei backoffice centralizzati.
«In realtà il lavoro è già stato rivoluzionato rispetto a venticinque anni fa. Soprattutto in termini di qualità», spiega a “l’Espresso” una dipendente che oggi lavora allo sportello di una filiale romana della Bpm. «Ci era stato insegnato che il cliente veniva al primo posto, anche se in difficoltà. Oggi invece quello che conta è il budget di fine mese, se non quello di fine giornata. Le filiali si sono svuotate, i direttori depotenziati. E al cassiere dello sportello viene chiesto di vendere piani di accumulo, carte di credito e bancomat. Come al supermercato».
Chi sogna ancora il posto in banca può intanto sperare su oltre 11mila assunzioni “sostenute”. L’aiuto arriva dal Fondo nazionale per l’occupazione del credito che ha autorizzato un primo finanziamento per 900 assunzioni o stabilizzazioni, di cui il 55 per cento donne, effettuate da 33 istituti. Entro maggio il numero dovrebbe salire a 3 mila. Le nuove generazioni di bancari sono avvisate: il posto non è eterno. E soprattutto, più che una calcolatrice servirà la patente per guidare il bus.
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