(da www.fabi.it)
Un colloquio a tutto campo con Matteo Arpe sul futuro del settore bancario. Il golden boy della finanza italiana, il protagonista del memorabile braccio di ferro con Cesare Geronzi ai tempi di Capitalia e attuale Presidente del Gruppo Sator, è stato al centro di un articolato question time con il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, e il Segretario Generale Aggiunto, Mauro Bossola, durante i lavori del XX Congresso Nazionale, in corso a Roma presso l’Ergife Palace Hotel.
A moderare il dibattito Lello Naso, Caporedattore di Imprese e territori, il dorso del Sole 24 Ore. Un confronto dove più volte è emerso il rapporto di stima reciproca che lega il banchiere e il Segretario Generale della FABI. Il leader della FABI ha esordito ricordando la battaglia che li ha visti uniti tre anni fa per cambiare la BPM.
“Tre anni fa in BPM con la lista Arpe prendemmo una marea di voti, nonostante la struttura dirigenziale della banca fosse in mano all’ Associazione Amici della BPM, che adesso la FABI ha spazzato via”, ha rivendicato Sileoni, definendo Arpe un banchiere fuori dal coro “perché ha idee innovative e una marcia in più rispetto agli altri”. Prova ne sono la sua storia personale: la sua esperienza alla guida della Banca di Roma, “completamente risanata senza ricorrere ad alcun piano lacrime e sangue” (leggi: esuberi).
Anche Arpe non ha risparmiato apprezzamenti sinceri al leader della FABI, a cui ha riconosciuto grande abilità “nell’aver saputo condurre vere battaglie contro i poteri forti”.
Poi si è entrati subito nel merito della discussione su come rilanciare il settore bancario. Arpe è convinto che sia necessaria “un’evoluzione”. “La banca deve ripensare i suoi modelli di servizio”, ma senza abbandonare il proprio rapporto con il territorio. Si deve, quindi passare da un modello “orientato alle transazioni” ad un altro più orientato alla gestione del patrimonio del cliente, con maggiore flessibilità oraria e aperture anche il sabato”. Infine sarà necessario distinguere l’attività bancaria da quella più strettamente finanziaria, “attività, quest’ultima che, secondo Arpe, nei prossimi anni andrà a svanire”.
Quanto all’ipotesi bad bank, “se è solo uno strumento per ripulire i bilanci delle banche dalle sofferenze non serve a nulla”, ha detto Arpe, “se invece è un un’area dove mettere le migliori professionalità per recuperare credito senza ricorrere al canale giudiziario, riportando le sofferenze in bonis, allora ben venga”. Perché, come ha ricordato il Presidente di Sator, “la bravura della banca non è solo gestire soldi ma intervenire quando cliente sta scivolando verso le sofferenza”.
Non sono mancati, nel dibattito, più volte interrotto dagli interventi dei delegati sindacali presenti in sala, accenni al passato di Arpe in Mediobanca, ai tempi di Enrico Cuccia, e a quelli più recenti in Capitalia.
“Quando ero in Mediobanca”, ha raccontato Arpe, “la banca aveva un afflato di servizio pubblico e non si faceva commistione con la politica. Poi dopo quell’esperienza il sistema ha fatto commistione”.
Infine una frecciatina ai banchieri di lungo corso, quelli con cui Arpe nella sua carriera si è spesso scontrato. “In Italia la crisi l’hanno pagata i lavoratori e gli azionisti, decisamente meno i manager”. Dal fondo della platea un lungo e sentito applauso.