(da www.fabi.it)
Mercoledì 12 marzo, III giornata di lavori congressuali
QUESTION TIME – ALESSANDRO PROFUMO.
Il presidente del Monte dei Paschi di Siena è salito sul palco del XX Congresso Nazionale della FABI. Ad accoglierlo, per un question time senza esclusione di colpi, il leader della FABI, Lando Maria Sileoni, il Segretario Generale Aggiunto, Mauro Bossola, e il giornalista del Corriere della Sera, Federico de Rosa. Attesissimo il confronto, e non poteva essere diversamente considerando le vicissitudini attraversate dalla banca, in quelli che sono stati due anni piuttosto difficili. E, infatti, il confronto va subito al dunque: i numeri.
“Per quanto riguarda i ricavi – ha detto Profumo – siamo sopra i dati che avevamo ipotizzato nel piano industriale. E questa è sicuramente una prima parte positiva. Dall’altra parte, però, le previsioni sulla perdita dei crediti sono invece andati in senso opposto”.
Ma c’è grande ottimismo da parte del Presidente, soddisfatto per la fiducia accordata a lui e all’intero management dal Consiglio di Amministrazione. Ora la via da percorrere è quella dell’aumento di capitale, attraverso la ricerca di nuovi soci, di cui, secondo Profumo, troppo spesso si pensa a guardare la nazionalità.
“Spetta alla Fondazione gestire il processo di vendita, il mio auspicio è che questa scelga dei soggetti che abbiano una visione a lungo termine della banca e accompagnino il progetto di MPS come banca che sta sul mercato in modo autonomo. Credo – ha proseguito – che in questo momento si debbano avere due livelli di priorità: il primo, è che chi entra oggi in Monte dei Paschi tenga presente che deve sottoscrivere l’aumento di capitale. Aumento necessario perché permetterà alla banca di essere risanata; il secondo, è che si tratti di azionisti che consentano alla banca di restare autonoma, perché ritengo che la terza banca italiana ne esprima la capacità”.
Quindi il discorso non può non spostarsi sul futuro. E per Sileoni il futuro è quello che va verso un nuovo modello di banca. Una banca che rimanga attenta e presente sul territorio.
È sempre un rischio, infatti, che questa priorità venga meno nel momento in cui, in nome della razionalizzazione, si attui la chiusura progressiva degli sportelli. Su questo però, Profumo, ha la sua idea.
“La chiusura degli sportelli, quando vuoti e non redditizi, è necessaria. Se non riduciamo i costi immobiliari, scarichiamo tutto sui costi del personale”.
Infine, attenzione puntata sul modello MPS, una banca che, come ha riconosciuto lo stesso Presidente, ha potuto proseguire il suo cammino grazie alla relazione stretta tra personale e clientela, e sulle esternalizzazioni, il tallone d’Achille dell’istituto senese.
“Se quelle persone confluite in Fruendo, fossero rimaste in MPS – ha concluso Profumo – probabilmente oggi avremmo dei disoccupati”.
Ma l’ultima parola è del leader FABI: “Salvare 28mila lavoratori, è e rimane il nostro scopo principale”.
ITALIA EUROPA: UN NUOVO MODELLO DI BANCA PER IL RILANCIO DEL SETTORE.
Banche italiane ai primi posti nella classifica europea per sofferenze. Nel primo semestre 2013, i prestiti non restituiti ammontavano a oltre l’11% del totale dei crediti concessi.
Ciò significa che, nei primi sei mesi dello scorso anno, nel nostro Paese, più di un prestito su 10 non è stato saldato alla sua scadenza, oppure il pagamento di alcune rate è stato pesantemente ritardato. Una vera e propria escalation quella delle sofferenze bancarie italiane, che dal 2010 al 2013 sono aumentate di tre punti percentuali, passando dal rappresentare l’8,37% del totale dei prestiti nel 2010 e l’11,68% nella prima metà del 2013.
I dati sono emersi dallo studio “Italia- Europa. Un nuovo modello di banca per il rilancio del settore. Analisi e proposte”, a cura dell’Ufficio studi internazionali della FABI, presentato nel pomeriggio durante i lavori del XX Congresso Nazionale della FABI
L’indagine, incentrata sulla rielaborazione di dati della BCE, analizza i modelli distributivi dei principali sistemi bancari europei con un approfondimento, in particolare, sulle sofferenze accumulate negli anni cruciali della crisi (2010-2013) dai settori bancari di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia .
Impietoso il confronto con gli altri Paesi europei. A fare peggio delle banche italiane solo gli istituti di credito greci, dove le sofferenze hanno toccato quota 21,86% nel primo semestre del 2013.
Subito dopo le banche italiane, si collocano le portoghesi, con il 7,57% di prestiti non restituiti, le spagnole (6,69%), le belghe (4,98%), le austriache (4,60%), le francesi (4,52%), le danesi (3,98%), le olandesi (2,55%), le tedesche (1,86%), le inglesi (1,86%) e, infine, le svedesi (0,78%).
A determinare una così forte incidenza delle sofferenze sui bilanci bancari italiani diversi fattori. Tra questi: una cattiva gestione del credito da parte dei piani alti delle banche (Direzioni Generali e CDA,), che hanno concesso prestiti a grandi gruppi industriali amici, talvolta secondo criteri più clientelari che di merito; la crisi economica; le regole fiscali in materia di deduzione delle perdite, spesso penalizzanti per gli istituti di credito; l’eccessiva lunghezza delle procedure fallimentari e, infine, gli scarsi interventi di sostegno statale ai gruppi bancari in difficoltà.
I dati emersi dallo studio sfatano, infatti, il pregiudizio che vedrebbe l’Italia tra i Paesi più propensi a “regalare” risorse pubbliche alle banche. Dal 2007 al 2010 lo Stato italiano ha iniettato a fondo perduto nel settore bancario “solo” 4,1 miliardi di euro (al netto dei Monti e dei Tremonti bond), contro i 114,5 del Regno Unito; i 47,9 della Svizzera; i 46,9 della Germania; i 31,5 dell’Irlanda; i 30 dell’Olanda; i 25,3 della Francia; i 23,5 della Spagna; i 20,94 del Belgio; i 20,3 della Grecia; gli 8,85 dell’Austria; i 7,6 della Danimarca.
LE PROPOSTE DELLA FABI PER UN NUOVO MODELLO DI BANCA.
Subito dopo la presentazione è partita la tavola rotonda a cui sono intervenuti i maggiori banchieri italiani: Pierfrancesco Saviotti, Amministratore Delegato del Banco Popolare, Victor Massiah, Consigliere Delegato di UBI, Roberto Nicastro, Direttore Generale Unicredit, Piero Giarda, Presidente del Consiglio di Sorveglianza di BPM, Giampiero Maioli, CEO di Cariparma. Oltre a loro erano presenti l’economista Giulio Sapelli, l’editorialista Oscar Giannino e il caporedattore de Il Sole 24 Ore, Lello Naso.
Un ricco parterre di ospiti di fronte al quale il leader della FABI ha elencato le sue proposte per un nuovo modello di banca.
“Le strategie fin qui attuate dalle banche italiane e incentrate soltanto su un taglio lineare del costo del lavoro e degli sportelli e sull’outsourcing di attività non hanno portato a un rilancio del settore”, ha osservato Sileoni.
“Per questo, come sindacato, vogliamo impostare il confronto sul rinnovo del Contratto di categoria proponendo un nuovo modello di banca, che generi profitti, creando occupazione e posti di lavoro e che rafforzi i suoi legami con le imprese del territorio”.
“È necessario”, ha quindi proposto Sileoni, “che le banche abbandonino le vecchie politiche e che, invece, amplino la gamma di servizi, puntando, oltre che sulla tradizionale attività creditizia, anche sull’offerta di consulenze in materia assicurativa, pensionistica e fiscale e sulla vendita di carte di credito e polizze d’assicurazione, “rubando” quote di mercato a Banco Posta e Poste Vita.
Sarebbe, inoltre, auspicabile: un potenziamento delle attività di consulenze specializzata, anche in materia di commercio internazionale, ad oggi appannaggio di grandi studi che offrono servizi a costi molto elevati, un rafforzamento delle attività di credito specialistico, come quello industriale, marittimo, agrario e turistico, e di gestione delle incentivazioni pubbliche, soprattutto europee”.
“Infine un’importante area di business potrebbe essere rappresentata dalla gestione dei portafogli di crediti deteriorati, secondo modalità meno burocratiche e più propositive, e nella quale allocare personale ad elevata specializzazione”, ha concluso Sileoni.