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CONTRATTO BANCARI, IL SOLE 24 ORE INTERVISTA SILEONI

di Redazione

IL SOLE 24 ORE, martedì 24 dicembre 2013

I sindacati. Sileoni, numero uno della Fabi, saluta con favore l’accordo, ma marca le distanze da Abi – «Rinnovo difficile, ma ce la faremo» TABÙ Per il sindacato la riforma degli inquadramenti è un punto non in discussione. Sulla flessibilità operativa c’è disponibilità a discutere

Paolo Paronetto

MILANO – Saluta con favore l’accordo sull’aggiornamento del Fondo di solidarietà della categoria, ma mette in guardia le banche dal farsi scudo ripetutamente dei piani industriali per tagliare il costo del lavoro. Respinge al mittente molte delle richieste dei datori di lavoro sul rinnovo del contratto nazionale, ma confida che, alla fine, un’intesa sarà trovata. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, analizza l’attuale situazione del settore bancario dopo che l’accordo sul Fondo e sulla disdetta del contratto ha di fatto riaperto la via del negoziato con l’Abi.

«L’accordo sul Fondo – spiega Sileoni in un’intervista a Radiocor – serviva alle organizzazioni sindacali, ma anche alle banche, per gestire senza strappi particolari i prepensionamenti negli accordi sui piani industriali passati e futuri, senza licenziamenti». Sileoni giudica tuttavia «inconcepibile» il fatto che «da anni il settore sia un cantiere di lavoro permanentemente aperto»: «Se i piani basati sul taglio dei costi e la riorganizzazione del modello distributivo diventeranno una consuetudine – attacca – certificheranno politicamente l’inadeguatezza delle gestioni».

Nei prossimi mesi, in ogni caso, le dinamiche del settore dipenderanno dal negoziato sul rinnovo del contratto nazionale, che scade a fine giugno. Grazie alle modifiche dei termini di disdetta, la settimana scorsa le parti hanno guadagnato tre mesi di tempo in più: si potrà trattare fino al 30 settembre.

«Il rinnovo sarà lungo, difficile e travagliato, ma sono convinto che alla fine ce la faremo», sottolinea Sileoni. Le distanze rimangono comunque rilevanti: «Le banche – sintetizza il numero uno della Fabi – chiedono riforma degli inquadramenti, flessibilità operativa e blocco della parte economica per uno o due anni». «Per noi – replica – il primo punto è tabù. Sul secondo siamo pronti a confrontarci sui nuovi mestieri. Sul terzo pensiamo che l’inflazione reale, pregressa e attesa, oggi all’8%, deve rimanere la bussola».

I sindacati puntano a presentare ai lavoratori una piattaforma unitaria a febbraio, per iniziare le trattative entro la fine del mese. E Sileoni rilancia: «Per quanto riguarda la Fabi, tra il 10 e il 14 marzo si terrà il congresso nazionale, dove presenteremo la nostra visione sui modelli di banca, per le spa e per le Popolari, che per noi saranno la base del confronto con l’Abi». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Di seguito, l’intervista a Francesco Micheli,  Presidente del Comitato Sindacale e del Lavoro dell’ABI

IL SOLE 24 ORE, martedì 24 dicembre 2013
 
Rinnovi. Il credito lancia una formula innovativa per la disdetta del ccnl che da fissa diventa «quasi mobile»
Abi: contratto entro giugno – Micheli: «Traguardo raggiunto qualificante per entrambe le parti»
GOVERNO IN CAMPO Dopo l’adeguamento del Fondo alla legge Fornero, le parti chiedono al legislatore l’Aspi anche in caso di risoluzione consensuale
 
Cristina Casadei
«Chiudere il rinnovo del contratto entro il 30 giugno del 2014, senza ricorrere a dialettiche storicamente  Superate da una situazione straordinariamente complicata, che interessa il paese e l’intero settore». L’obiettivo dei banchieri, secondo le parole di Francesco Micheli, vicepresidente Abi e presidente del Casl adesso è darsi tempi brevi per chiudere il contratto collettivo nazionale di lavoro. Le banche non possono più avallare una strategia attendista. E proprio per questo, alla luce delle tensioni dei mesi scorsi con il sindacato,  la riscrittura dell’articolo sulla disdetta assume un significato molto particolare. «Siamo soddisfatti per aver  condiviso un percorso che Abi richiedeva da tempo- dice Micheli –. La nostra disponibilità all’apertura delle  trattative c’è sempre stata ed è stata ribadita in ogni momento. Consideriamo il traguardo raggiunto molto  qualificante per entrambe le parti».
Venerdì l’occasione dell’incontro per la riforma del fondo di solidarietà si è tramutata in realtà in molto di più, fino a diventare una trattativa per riscrivere l’articolo sulla disdetta, motivo di un contendere che ha portato a uno sciopero, alla minaccia di altre manifestazioni e pacchetti di sciopero e allo stop del dialogo tra aziende e sindacato. Questo però è il passato. Adesso si volta pagina: «La nuova formula condivisa dalle parti  sulla disdettabilità del contratto assorbe la precedente –spiega Micheli –, con la particolarità che può essere attivata dalle parti, con effetto dal mese successivo, in qualsiasi momento fino al 30 settembre 2014. Quella  era una disdetta fissa, questa è da considerarsi “quasi mobile”. Quella era una disdetta che andava attivata  entro un tempo prestabilito, dopo di che non ci sarebbe stato altro tempo per ripensarci, l’attuale può essere data sempre». Il nuovo corso delle relazioni fa ben sperare i banchieri, al punto che è lo stesso Micheli a sbilanciarsi: «Sono convinto che non vi sarà alcun bisogno di rinnovare disdette perché le parti riformeranno il contratto come richiesto dai tempi, nell’interesse primario del settore e dei lavoratori».
Se per il contratto sono state poste le basi per il futuro, per il Fondo di solidarietà Abi e i sindacati hanno intanto chiuso la partita dell’adeguamento alla legge Fornero, senza cambiare la natura dello strumento che garantisce ai lavoratori e alle aziende la possibilità di usufruire del solito paracadute anche in un momento di  grande difficoltà per il settore del credito. Adesso la parola passa al Governo, dopo che nel verbale di accordo le parti hanno inserito una dichiarazione congiunta che ricalca l’emendamento presentato alla legge di stabilità, ormai diversi mesi fa e ancora in attesa di essere recepito. Nell’accordo Abi e i sindacati hanno infatti convenuto sull’opportunità di attivarsi presso le Autorità competenti affinché l’Aspi venga corrisposta nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, concordata nel rispetto di accordi collettivi stipulati nell’ambito di procedure finalizzate alla riduzione dei livelli occupazionali, nei casi in cui sia prevista in favore dei lavoratori l’erogazione della prestazione straordinaria del regolamento del Fondo del credito.
A fronte degli oltre 220 milioni di euro di contribuzione annuale che il settore versa, attualmente non corrisponde nessuna controprestazione. La richiesta delle parti prevede che ve ne sia una. Il Governo prevede  la possibilità di erogare l’Aspi solo di fronte a una disoccupazione involontaria, ossia di fronte a un licenziamento. Una norma che è però in qualche maniera aggirabile. Se il legislatore inserisse l’emendamento proposto, l’Aspi potrebbe essere inserita anche in caso di risoluzione consensuale del rapporto e il recupero, per il settore, in ogni caso sarebbe di pochi milioni di euro. A fronte degli oltre 220 versati ogni anno.
Il testo dell’accordo recepisce le modifiche della legge, inserendo una serie di formule obbligatorie e lasciando immutata l’impalcatura del fondo. La sezione emergenziale è rimasta, così come l’ordinaria e la straordinaria. La parte ordinaria, destinata a contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, rimane, ma alla condizione delle banche, migliorativa. Tra l’altro comprende anche le prestazioni di solidarietà intergenerazionale. Alla voce finanziamento dove per legge era previsto un contributo fino allo 0,50, nel fondo del credito è stato previsto un contributo dello 0,20,  di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico dei lavoratori. Senza quindi gravare ulteriormente sulle spalle dei bancari. Nella parte ordinaria, infine, come detto, è comparsa l’Aspi, consentita dalla legge. Questo, in pratica, significa che per 12 mesi un lavoratore può essere collocato in solidarietà e poi sul fondo. Sommando i due periodi si arriva a un arco di 6 anni. L’articolazione del fondo, infatti, fa sì che i suoi benefici siano da considerarsi complementari, non sostitutivi, rispetto a qualsivoglia contributo a carico dell’erario.
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