“Fuori di questa sala, a Palermo e in tutta la Sicilia ci sono figli di povera gente che si trovano in condizioni di disperazione. Per questo invito tutti gli amministratori, i segretari dei partiti, i parlamentari e tutte le persone che hanno veramente a cuore il bene della popolazione a lasciare da parte le beghe politiche e semmai utilizzarle solo nelle campagne elettorali e trovare punti comuni per lanciare un patto di emergenza per Palermo e per la Sicilia, finalizzato prioritariamente a creare nuova occupazione produttiva e non parassitaria in tempi brevi”.
Questa la sintesi dell’intervento di apertura ai lavori del XVI Congresso Provinciale della FABI di Palermo, che Carmelo Raffa pronuncia con enfasi e passione.
Il problema della perdita di posti di lavoro e, in generale, il problema dell’occupazione è il leit motiv di tutti i discorsi e di molte promesse politiche, purtroppo mai mantenute.
Il sindacato, in prima linea la FABI, da anni contrasta con ogni mezzo questa tendenza nel settore e cerca in tutti i modi di proteggere i bancari e le loro famiglie da dissennate e cervellotiche politiche aziendali, capaci di contenere i costi solo tagliando orizzontalmente le spese del personale.
Sprechi e consulenze milionarie, stipendi da nababbi distribuiti a manager incapaci e senza etica restano, invece. Così il sistema sprofonda, a causa di un buco nero di oltre 133 miliardi di euro di sofferenze, imputabili non ai bancari, ma ai banchieri, come certificato da studi e ricerche d’importanti istituti, nonché da Bankitalia.
Il buon lavoro svolto dalla FABI di Palermo è attestato dai risultati raggiunti: nel 1977 gli iscritti alla FABI del capoluogo siciliano erano meno di 300 e in Sicilia circa 1.200. In questo momento, anche se nell’Isola sono stati falcidiati circa 12 mila posti di lavoro, nel settore la FABI resta il sindacato di riferimento con oltre 1.500 iscritti a Palermo e oltre 6.500 associati in Sicilia.
Un tempo i regnanti spagnoli mandavano a Palermo i Vicerè. La FABI in Sicilia ha un suo Vicerè ed è proprio Carmelo Raffa, che riconosce a Lando Maria Sileoni il merito di aver dato al sindacato una guida autorevole e stabile.
“Lando Sileoni – ha detto Carmelo Raffa – si è fatto apprezzare anche dalle altre Organizzazioni Sindacali e temere e rispettare dalle controparti che si trovano davanti una persona competente, tenace, determinata ed in grado di ricercare e trovare soluzioni adeguate alle problematiche, sempreché i rappresentanti delle banche siano disponibili ad un vero confronto e non facciano orecchie da mercante, fingendo di non capire la proposta del sindacato per la costituzione di una cabina di regia, formata da persone competenti e super partes, allo scopo di progettare un nuovo modello di banca”.
Quando è toccato al Segretario Generale della FABI, lui ha subito messo sotto accusa i banchieri e le banche, ostaggio del mostro rappresentato dalle sofferenze, che sono state prodotte da decisioni prese da direzioni generali, consigli d’amministrazione e consigli di vigilanza.
“I bancari non hanno alcuna responsabilità di tutto ciò, ma i banchieri vorrebbero far pagare a loro il conto” – ha nuovamente denunciato Sileoni. “Noi ci opporremo al disegno dei banchieri e stiamo sensibilizzando non solo la categoria, ma anche la pubblica opinione, svelando i segreti custoditi nelle casseforti delle banche e dicendo senza peli sulla lingua che smaschereremo tutte le contraddizioni, le incapacità, le bugie dei banchieri vecchi, maschilisti e provinciali, come ha certificato la Banca d’Italia”.
Certo, il leader del maggior sindacato del credito, che è stato lungamente applaudito alla fine del suo intervento, non ha nascosto i problemi rappresentati dalla crisi socio-economica mondiale e nazionale, addebitabile talvolta a fattori esogeni, “ma spesso all’inerzia della politica”, tuttavia, Sileoni non ha voluto concedere alcun alibi a chicchessia: “Bisogna lottare per conquistare il rinnovo contrattuale. Nulla viene più dal Cielo”.
Carmelo Raffa, sulla scorta di quanto accaduto al Banco di Sicilia e a Sicilcassa, aveva messo in guardia tutti: “Se non vogliamo che anche la categoria faccia la fine delle due gloriose banche siciliane, immolate sull’altare della concentrazione bancaria e di interessi oscuri, bisogna combattere uniti e senza indugio”.
Di banche sacrificate e sparite in Sicilia ce ne sono molte anche fra quelle private, ad esempio, la Banca di Messina, la Banca Agricola Etnea, la Banca Popolare di Palermo, la Banca del Sud, la Banca Sicula, la Banca Popolare di Carini, la Cassa Rurale di Monreale, la Banca Popolare Siciliana ed altre ancora.
Certo la gestione degli istituti pubblici non è stata improntata a criteri imprenditoriali, soprattutto per la forte interferenza della politica, tuttavia, anziché ricercare rimedi, questa situazione è stata utilizzata per castrare il sistema creditizio pubblico nell’isola.
“Che cosa possiamo sperare quando la Banca d’Italia tre anni fa con la proiezione dei propri dati indicava che la Sicilia si ritrovava nella stessa condizione economica del dopoguerra? Che cosa possiamo sperare se la stessa Banca d’Italia ha indicato nei giorni scorsi che nella nostra regione e nell’ultimo semestre sono venuti a mancare altri 65.000 posti di lavoro?”.
Del rischio che il dio denaro diventi l’unico paradigma a cui uniformarsi, dimenticando l’uomo, aveva parlato anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che ha accettato la proposta di Sileoni a costituire un tavolo comune – istituzioni e sindacato – per cercare idonee soluzioni al problema dell’occupazione e per dare un futuro ai giovani.
Anche stavolta, attraversando la Sicilia, abbiamo avuto occasione di ammirare le bellezze uniche dell’isola, dalla natura, alle sue vestigia antiche, ai suoi monumenti, ai suoi palazzi.
Vedendo scorrere la campagna ai lati delle strade, abbiamo ammirato, tuttavia, anche migliaia di muri a secco e ci è venuta spontanea un’osservazione: mentre i monumenti sono la lingua nobile, gli splendidi muri a secco sono il dialetto, la lingua del popolo. Un popolo che ha lottato nei secoli per la sopravvivenza, che ha lavorato sodo, che ha una lunga tradizione sindacale.
Questo popolo, insieme col popolo della FABI, saprà vincere anche la sfida dell’occupazione e, nella categoria, la sfida del rinnovo contrattuale e del futuro dei bancari.
E ai banchieri incapaci? Rittu, rittu a casa !