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CONTRATTO BANCARI E INTERVENTO DEL GOVERNO: LA DICHIARAZIONE DI SILEONI SUI MASS-MEDIA

di Redazione

“No a convocazione del Governo se questa rappresenta la solita manovra per legittimare l’Abi sulla disdetta del contratto di categoria”. Leggi la dichiarazione di Sileoni su Il Giornale, La Stampa, Il Corriere della Sera, Libero, Mf-Milano Finanza, Il Sole 24 Ore e Affaritaliani.it

IL GIORNALE, venerdì 29 novembre 2013

Banche dal governo per un «aiutino» sugli esuberi

Massimo Restelli

Il governo Letta prova ad afferrare per i capelli i sindacati del credito e trascinarli al tavolo delle trattative con l’Abi per riscrivere il contratto dei bancari e adattare il Fondo esuberi alla Riforma Fornero.

Il provvedimento, anelato dai soci più intransigenti di Palazzo Altieri, sarebbe stato ieri alla firma del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. La convocazione cadrebbe in un momento in cui difficilmente l’esecutivo potrà restare sordo alle richieste dell’associazione presieduta da Antonio Patuelli. Soprattutto dopo la stangata Ires assestata sul settore per rimediare al mancato gettito dell’Imu. Senza contare che fanno già parte della «partita doppia» sia la rivalutazione delle quote di Bankitalia, che concede fiato al patrimonio degli istituti, sia l’allentamento fiscale previsto dalla legge di Stabilità sui 130 miliardi di crediti in sofferenza.

I sindacati temono quindi la trappola. Perché la mediazione del governo offrirebbe all’associazione di Palazzo Altieri l’occasione per cercare di mettere in mobilità i 30-35mila lavoratori del settore considerati da tempo in eccesso sui 303mila complessivi. In sostanza gli addetti over 55, già oggetto di attenzione da parte dell’Abi che in alcuni documenti interni giudicava «insostenibile» l’attuale costo del lavoro. La soluzione per espellere il personale sarebbe ricorrere all’indennità di disoccupazione, chiedendo all’esecutivo di stornare una parte dei 200 milioni che l’industria versa ogni anno allo Stato per la Cassa integrazione, senza però utilizzarla perché c’è il Fondo esuberi. L’alternativa è che, davanti al muro sindacale, la lobby delle banche cerchi la sponda dell’esecutivo per ottenere il congelamento per due anni della parte economica del contratto stesso.

Ecco perché la Fabi di Lando Sileoni si è da subito opposta a qualsiasi intervento del premier Enrico Letta: «Dopo i provvedimenti legislativi in materia fiscale e finanziaria che hanno aiutato le banche, ci aspettiamo da parte dell’esecutivo una posizione super-partes».

Malgrado la serrata di fine ottobre e la minaccia di altri 15 ore di sciopero, le posizioni restano infatti molto distanti con l’Abi «indisponibile» a cancellare la disdetta: a condurre le trattative è il vicepresidente Francesco Micheli e uno dei nodi irrisolti è la «ultra-attività» del contratto, cioè il fatto che sia applicato anche dopo la scadenza.

La possibile convocazione da parte di Giovannini segue l’incontro «informale» avuto dalle parti sociali il 20 novembre con il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Con un dato politico rilevante: a fare da tramite al summit con Damiano – come si può ricavare dallo scambio di mail tra segreterie – è stato il capo della Fisac, Agostino Megale. I due esponenti sono accomunati da un’antica militanza nell’ala «riformista» della Cgil, che li aveva anche portati al contrasto con il vertice confederale dell’epoca. Ebbene sarebbe stato sempre Megale a chiedere per primo a Damiano, davanti agli altri sindacalisti, un aiuto per riscrivere il contratto di categoria. Lo stesso Megale, solo due giorni =dopo (era il 22 novembre), ha però dovuto accettare gli «ordini» impartiti dal direttivo nazionale della stessa Fisac-Cgil che, con sei astensioni, ha riassunto in tre pagine i punti ritenuti irrinunciabili della futura piattaforma del settore del credito.

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LA STAMPA/pubblicato su 16 testate locali, venerdì 29 novembre 2013

Bancari, verso mediazione del governo

Possibile una mediazione del governo per la disdetta del contratto fondo di solidarietà dei bancari. Ma le indiscrezioni scatenano la reazione della Fabi, il principale sindacato dei bancari. Il segretario generale del l’ organizzazione, Lando Maria Sileoni, avverte che «se la convocazione» da parte del ministro del Lavoro, Giovannini «rappresenta la solita manovra per giustificare e legittimare il comportamento inaccettabile dell’ Abi, la Fabi si opporrà con tutte le forze». Sileoni spiega che «dopo i recenti provvedimenti legislativi in materia fiscale e finanziaria che hanno, di fatto, aiutato le banche ci aspettiamo da parte del Governo una posizione su perpartes a tutela» dei bancari.

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 MF-MILANO FINANZA, venerdì 29 novembre 2013

Fabi, no al tavolo se Letta è pro banche

 di Antonio Satta

C’è chi non condivide l’interpretazione fatta dall’Abi delle ultime mosse fiscali del governo. Anzi, pensa che la stangata sull’Ires sia stata più che compensata da altri provvedimenti ben più =favorevoli. La pensa in questo modo, per esempio, Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, impegnato in una difficile trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro, che avverte il governo: «Ci giunge voce di una prossima convocazione delle parti sociali a opera del ministro del Lavoro Giovannini, in merito alla disdetta del contratto nazionale di categoria da parte di Abi e rispetto alla situazione del Fondo di solidarietà, l’ammortizzatore sociale del settore del credito».

«Se la convocazione rappresenta la solita manovra per giustificare e legittimare il comportamento inaccettabile dell’Abi», ha aggiunto Sileoni, «la Fabi si opporrà con tutte le forze. Dopo i recenti provvedimenti legislativi in materia fiscale e finanziaria che hanno, di fatto, aiutato le banche, ci aspettiamo da parte del governo una posizione super partes a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori bancari». La vertenza in corso sul contratto nazionale riguarda 309 mila lavoratori bancari e ha già portato a uno sciopero nazionale il 31 ottobre, (il primo da 13 anni a questa parte) al quale, secondo le fonti sindacali, ha aderito il 90% dei lavoratori, con oltre il 92% di filiali chiuse in tutta Italia. (riproduzione riservata)

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IL SOLE 24 ORE, venerdì 29 novembre 2013

Lavoro – CONTRATTO BANCHE- Fabi: il governo non intervenga

«Fabi è contraria ad una mediazione del Governo dopo la disdetta del contratto nazionale di lavoro dei bancari da parte dell’Abi e sulla situazione del Fondo di solidarietà, l’ammortizzatore sociale previsto per il settore del credito». È quanto si legge in una nota in cui il segretario del sindacato, Lando Sileoni, riferendosi ad una ventilata convocazione di un tavolo di composizione della vertenza da parte del Governo, afferma che se quest’ultima «rappresenta la solita manovra per giustificare e legittimare il comportamento inaccettabile di Abi, Fabi si opporrà con tutte le forze. Dopo i recenti provvedimenti legislativi in materia fiscale e finanziaria che hanno, di fatto, aiutato le banche – conclude il sindacalista – ci aspettiamo da parte del Governo una posizione super partes a tutela dei lavoratori».

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CORRIERE DELLA SERA, venerdì 29 novembre 2013

Bancari: «No alla mediazione del governo»

Trattativa dei bancari: la possibilità tutt’altro che remota che il governo convochi le parti fa discutere. Ieri mattina l’arrivo della convocazione formale, nero su bianco, sembrava solo questione di tempo. Poi il sindacato si è messo di traverso. In particolare, la Fabi, sindacato autonomo che raccoglie il maggior numero di iscritti della categoria. «Siamo contrari a una mediazione del governo dopo la disdetta del contratto nazionale di lavoro dei bancari da parte dell’Abi e sulla situazione del Fondo di solidarietà, l’ammortizzatore sociale del credito», ha detto il segretario generale, Lando Maria Sileoni. E ancora: «Se la convocazione rappresenta la solita manovra per giustificare e legittimare il comportamento dell’Abi, la Fabi si opporrà con tutte le forze». Tradotto: per sedersi attorno a un tavolo, con o senza il governo, la Fabi chiede che il contratto resti in vigore finché non si trova un nuovo accordo. Anche se le trattative andassero oltre la scadenza del 30 giugno. Ri. Que. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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LIBERO, venerdì 29 novembre 2013

Le grandi imprese non pagano Così esplodono le sofferenze Su 133 miliardi di crediti incagliati, l’ 85% corrisponde ai ritardi delle aziende e solo il 15% è delle famiglie. I sindacati contro le banche: «Colpa dei top manager»

FRANCESCO DE DOMINICIS

Chi è che non paga le rate dei finanziari bancari? Chi sono i responsabili dell’ esplosione record delle sofferenze, schizzate a quota 133 miliardi di euro a giugno scorso? Secondo Antonio Patuelli i cattivi pagatori vanno cercati tra i «piccoli» clienti. Il presidente dell’ Abi sostiene che l’ 84% dei soggetti in ritardo con le scadenze dei prestiti va individuato nella clientela retail. Solo il 15%, invece, rientrerebbe nella categoria « grandi aziende». Di qui l’ allarme rosso, lanciato nel weekend da Ravenna: quello delle sofferenze è un enorme «problema sociale». Il che, per certi versi, è vero. Sta di fatto che Patuelli ha in qualche modo giocato sui termini. Rimbalzando tra «affidati» (i clienti) e «affidamenti» (i finanziamenti). Una differenza apparentemente solo linguistica, ma che per la verità ha un peso enorme nel ragionamento del numero uno dei banchieri. Vediamo perché. Il problema delle sofferenze, complessivamente, tra famiglie e imprese, riguarda 1 milione e 166 mila soggetti: di questi l’ 84% (982 mila persone), in effetti, è clientela di piccolo calibro, che ha finanziamenti fino a 125 mila euro. Nel resto della platea (poco più del 15% del totale) ci sono grandi aziende (184 mila soggetti). Ma se si guarda il valore delle sofferenze, le percentuali si ribaltano: quelle 184 mila grandi aziende infatti sono «responsabili» di sofferenze per 112 miliardi (84%) sui 133 miliardi totali, mentre alle famiglie vanno «assegnati» non performing loan per poco più di 20 miliardi (il 15%). Quando si tratta di bilanci, però, contano i quattrini e non il numero dei correntisti. Insomma, i conti degli istituti, come emerge dai dati della Banca d’ Italia, sono zavorrati dai grandi clienti, in clamorosa difficoltà con le rate. E non dalle famiglie. Ad accendere i riflettori sui numeri «veri» di Bankitalia è stato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Il sindacalista ha spiegato che sopra quota 125 mila euro i prestiti vengono deliberati dalle direzioni generali e non dai funzionari né in agenzia. Come dire che quei 112 miliardi che pesano sui conti del settore vanno attribuiti all’ alta dirigenza, ai piani alti dei gruppi. «Se un bancario sbaglia – attacca Sileoni – rischia il licenziamento, mentre quei manager che hanno contribuito a raggiungere la cifra record di 133 miliardi di sofferenze stanno ancora lì, al loro posto, strapagati e impuniti». Poi la richiesta all’ Assobancaria di chiarire «quali fra i 133 miliardi di sofferenze si riferiscono a prestiti erogati senza garanzie e a quanto ammontano gli importi di affidamenti erogati sulla parola, chi li ha erogati e perché». Magari, si capirà pure la ragione dei rubinetti chiusi per le piccole e medie imprese.

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AFFARI ITALIANI.IT, giovedì 28 novembre 2013 – 17:51:00

Il contratto bancario sul tavolo di Giovannini

Il muro contro muro tra banche e sindacati continua. Per sbloccare l’impasse il contratto nazionale del settore bancario arriverà, per la prima volta, sul tavolo del ministro del Lavoro Enrico Giovannini.

“Ci giunge voce di una prossima convocazione delle parti sociali ad opera del ministro in merito alla disdetta del contratto nazionale di categoria da parte di Abi e rispetto alla situazione del Fondo di solidarietà, l’ammortizzatore sociale del settore del credito”, afferma Lando Sileoni, segretario generale della Fabi.

L’intervento del governo la dice lunga sulla difficoltà di trovare un accordo. I sindacati sono forti di uno sciopero che ha mostrato la compattezza dei lavoratori. Lo scorso 31 ottobre sono rimaste chiude 9 filiali su 10. E le organizzazioni hanno già minacciato di incrociare le braccia per altre 15 ore entro febbraio.

L’Abi non ha fatto una piega: a poche ore dallo sciopero, il vicepresidente dell’associazione, Francesco Micheli, aveva sì sottolineato di essere “disponibile al confronto”. Ma, di fatto, non aveva modificato la posizione iniziale: “Il contratto sia dal punto di vista normativo, sia dal punto di vista economico, è considerato unanimemente insostenibile”.

Il ministro Giovannini si era detto sicuro di poter “trovare un’intesa che salvaguardi sia l’esigenza delle banche, sia la tutela dei posti di lavoro”. Da quel giorno è passato un mese. L’intesa pare lontana e il Giovannini si sarebbe convinto a intervenire in prima persona. Il suo non sarà un compito facile. Anche perché i sindacati non nascondono le proprie perplessità: “Se la convocazione rappresenta la solita manovra per giustificare e legittimare il comportamento inaccettabile dell’Abi – afferma Sileoni – la Fabi si opporrà con tutte le forze. Dopo i recenti provvedimenti legislativi in materia fiscale e finanziaria che hanno, di fatto, aiutato le banche, ci aspettiamo da parte del Governo una posizione super partes a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori bancari”.

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