È una relazione espressa e condivisa dall’intero SAB, quella che apre i lavori del XX° Congresso Provinciale della FABI di Bergamo.
Presente in sala la Segreteria Nazionale FABI, rappresentata, oltre che dal Segretario Nazionale Attilio Granelli, che qui gioca in casa, dai Segretari Nazionali Giuliano De Filippis e Mauro Scarin, dal Segretario Generale Aggiunto Mauro Bossola e dal Segretario Generale Lando Maria Sileoni.
Tra i vari rappresentanti di categoria, Franco Bettoni, Presidente Nazionale ANMIL, l’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro.
Dopo i saluti di Alfredo Gritti, colonna storica del SAB lombardo, la parola passa al Segretario Coordinatore Fabio Scola, che saluta la vasta platea presente – oltre 500 tra dirigenti e attivisti – e passa il testimone al Segretario Nazionale Attilio Granelli, che illustra la sintesi dell’attività svolta nel quadriennio dal SAB, e ne traccia poi le prospettive per il quadriennio successivo.
È dalla crisi economica e sociale in atto che Granelli inizia: una crisi che ha fortemente modificato lo stile di vita della popolazione mondiale, e a cui le diverse nazioni hanno reagito in maniera molto diversificata. Nello specifico, da oltre un decennio il nostro Paese soffre di una crescita economica scarsa o nulla e, da oltre vent’anni, il peso del debito pubblico sta condizionando pesantemente lo sviluppo economico.
“Le ragioni di queste difficoltà sono da attribuire ad una classe politica lontana dalle vere necessità del Paese, chiusa nella sua autoreferenzialità, nel tentativo ossessivo di autoconservazione” queste le parole di Attilio Granelli.
Un paese, il nostro, avviato verso un lento declino, dove il flusso migratorio verso l’estero ha ripreso vigore e le risorse migliori emigrano per trovare una giusta affermazione sul piano professionale e su quello personale.
Un Paese bloccato dagli egoismi generazionali, dove i giovani sono costretti a sopportare il maggior peso del declino e della crisi.
“L’Italia è un Paese ove le diseguaglianze sono fortemente aumentate” continua Granelli “Tra i paesi OCSE siamo tra quelli che registrano la maggiore differenza nella distribuzione del reddito e i divari si acuiscono ulteriormente”.
Insomma, come sempre avviene in questi frangenti, a pagare le conseguenze maggiori sono sempre le fasce meno protette della popolazione: disoccupati, lavoratori, pensionati.
“Siamo convinti che il Paese abbia bisogno di una svolta radicale, un cambio di marcia che sia in grado di riportare l’Italia a quel dinamismo, a quella vivacità culturale dei quali le nostre intelligenze migliori, nel passato, hanno dato ampio esempio”.
A cominciare, nel concreto, dalle riforme fiscali: da sempre la Fabi reclama a gran voce una vera riforma fiscale che allenti la pressione sui contribuenti, sul lavoro, insieme a una adeguata lotta all’evasione fiscale che ha assunto dimensioni insostenibili.
“È di tutta evidenza il ruolo svolto e le gravissime responsabilità che le banche hanno avuto nella crisi e nella sua evoluzione”.
Da qui, la necessità di un nuovo modello di banca.
“Siamo in totale disaccordo col Governatore della Banca d’Italia quando si parla di modello di banca: siamo convinti che le trasformazioni di banche popolari in società per azioni costituiscono un precedente fortemente negativo. Si veda l’esempio della Banca Agricola Mantovana, della Banca Antonveneta, entrambe confluite nel Monte dei Paschi di Siena, che non hanno comportato vantaggi, anzi hanno avuto effetti negativi sul tessuto produttivo locale”.
“Siamo certi, ne abbiamo avuto prova, che la trasformazione in società per azioni rende soltanto queste banche più appetibili alla speculazione, rendendole vulnerabili all’assalto dei capitali stranieri. Per questo motivo, siamo convinti che il modello delle banche popolari è attuale e va difeso”.
“Nonostante la grave crisi in atto” denuncia Granelli “i banchieri non si sono mai interrogati sui loro compensi faraonici, sulle stock option ingiustificabili, immorali anche alla luce dei sacrifici che stanno chiedendo ai bancari con la disdetta unilaterale dei contratti collettivi nazionali di lavoro, della contrattazione aziendale e degli accordi sui Rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori”.
La FABI si è impegnata su tutti i fronti, da quello mediatico a quello negoziale, per garantite la volontarietà per l’accesso al fondo esuberi respingendo i vari tentativi di ABI per un esodo obbligatorio. Ma su questa partita lo scontro con ABI è durissimo.
“Una cosa è certa: la FABI non è assolutamente disponibile a liquidare un fondo che ha consentito l’esodo anticipato, volontario, di oltre 48.000 lavoratori. Per noi, la volontarietà di accesso al fondo, il contenuto economico dell’assegno, le condizioni di attivazione dello strumento devono rimanere inalterate”, conclude Granelli.
Poi, uno sguardo al territorio: “Oggi le banche locali, il Credito Bergamasco, la Banca Popolare di Bergamo fanno parte di grandi gruppi bancari e l’attività sindacale si è spostata prevalentemente dalla negoziazione aziendale a quella di gruppo.
Nel gruppo UBI sono stati stipulati importanti e innovativi accordi sulla gestione degli esodi, sulla valorizzazione dei giovani.
Al Credito Bergamasco, che ormai è parte integrante del gruppo Banco Popolare, a dispetto di quanto ci si poteva aspettare, la FABI è riuscita, almeno fino ad oggi, a salvaguardare l’autonomia negoziale, le specificità che fanno di quella banca una piacevole anomalia a livello di sistema da continuare a preservare.
Vogliamo consentire alle lavoratrici ed ai lavoratori che ci hanno dato la loro fiducia di guardare al futuro con altrettanta fiducia”.
Valerio Poloni, Segretario Regionale, illustra le caratteristiche specifiche del SAB: una struttura che vanta oltre 5.200 iscritti, a cui è offerta un’adeguata gamma di servizi, che si stanno rivelando sempre più necessari.
Un SAB in costante aggiornamento, che investe su giovani e donne, risorse fondamentali ad una sana crescita della struttura, e proiettato verso un positivo ricambio generazionale che mantenga, però, il valore dell’esperienza.
Un SAB in buona salute, che può guardare al futuro con serenità.
Concetto che viene rimarcato dal Segretario Coordinatore Scola: “La FABI è un’Organizzazione speciale. E la FABI di Bergamo è un SAB speciale: un tandem, non una bicicletta, che vede pedalare insieme tante persone, verso un’unica meta”.
È poi il momento, particolarmente atteso, dell’intervento del Segretario Generale Lando Maria Sileoni. Un intervento, quello del Numero Uno FABI, interrotto più volte da calorosi applausi.
Sileoni prende spunto dall’intervista odierna sul Corriere della Sera, a cura della giornalista Rita Querzè, in cui l’argomento principale affrontato è, naturalmente, la disdetta del Contratto nazionale e la necessità, impellente, che la stessa venga tolta di mezzo.
“Per rimetterci attorno a un tavolo” queste le parole di Sileoni “tre cose ci aspettiamo dalla controparte: la prima, che la disdetta venga tolta di mezzo; la seconda, che sul tavolo non vengano posti ulteriori tagli ai livelli occupazionali; la terza, la condivisione dell’idea che il contratto nazionale s’ha da fare”.
“In caso contrario, proseguiremo con ulteriori scioperi, supportati da altre iniziative. In ogni caso, è indispensabile un confronto specchiato, condotto sotto gli occhi dei cittadini: in gioco, c’è il modello di banca del futuro”.
“Da qui al 2020 i bancari hanno già dato. L’argomento esuberi è chiuso per sempre” la dichiarazione perentoria di Sileoni. “Il vero problema del sistema bancario italiano, infatti, non è il costo del lavoro, ma la cattiva gestione. Se le sofferenze sono alte è anche perché si concedono straordinarie aperture di credito a chi non le merita”.
“Dal Governo ci aspettiamo l’equilibrio di una gestione equidistante che, finora, è mancata: le banche hanno, infatti, ottenuto aiuti fiscali importanti grazie al recente decreto legislativo; al contrario, il Governo non ha mosso un dito a favore di un’intera categoria, 309mila lavoratori, rimasti senza contratto. Il problema è, insomma, una classe dirigente che non sa dare risposte”.
E la differenza, finalmente chiarita, tra banchiere e bancario: grazie alla FABI, la gente ha capito che c’è una differenza sostanziale tra banchiere e bancario. Ora, sa da che parte schierarsi.
Altro punto fondamentale affrontato dal Segretario Generale, la quotidiana, forte presenza dell’Organizzazione sui principali mass-media: la FABI, sempre in prima linea con una precisa opinione su ogni argomento, ha conquistato una posizione riconosciuta, ormai, ufficialmente e a pieno titolo.
Certo, un talento mediatico senza rivali, quello del primo sindacato dei bancari, sostenuto però, soprattutto, da una potente politica di base che da sempre contraddistingue l’Organizzazione.
Dimostrazione ne sono gli importanti risultati conseguiti negli ultimi anni, vittorie palesi che sono sotto gli occhi di tutti: “Ci siamo battuti contro l’introduzione nel settore dell’Indennità di Disoccupazione, che avrebbe causato il licenziamento di 35mila lavoratori bancari” ricorda Sileoni “siamo riusciti ad ottenere, e ci stiamo battendo per mantenerlo, il Fondo esuberi, l’ammortizzatore sociale di categoria che ha permesso, negli ultimi 10 anni, il prepensionamento volontario di 48.000 persone”.
“Abbiamo difeso, da soli, il modello delle banche popolari in Italia, ottenendo plauso e ringraziamento dei banchieri stessi. E i risultati ci hanno dato ragione: le banche popolari hanno dato una risposta alla crisi che le altre banche non sono state in grado di dare”.
“Siamo ormai riconosciuti come la novità del mondo sindacale moderno: presenza multimediale, comunicazione corretta e all’avanguardia ma, soprattutto, contenuti importanti da comunicare”.
Quella con ABI sarà una vertenza difficile, lunga e travagliata: l’obiettivo dei banchieri è anche quello di depotenziare la presenza sindacale nelle trattative aziendali e di gruppo. Sono intenzionati ad andare fino in fondo: se riescono nel loro intento di destrutturazione del Contratto Nazionale, avranno vita facile, questo è sicuro. “Ecco perché la categoria dovrà rispondere in pieno, facendo ricorso a tutte le sue forze”.
“Noi vogliamo ritornare al tavolo di trattativa, ma ad una, fondamentale, condizione: l’ABI deve togliere di mezzo la disdetta. In gioco, c’è il modello giusto di banca per il futuro del paese.
Dobbiamo dare una risposta precisa su ogni argomento, rilanciando i concetti che pesano, senza lasciare che siano loro ad imporci l’agenda delle argomentazioni. Solo così riusciremo ad ottenere un contratto che possa garantire al meglio la categoria”.