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CONGRESSI PROVINCIALI FABI, SILEONI INCONTRA I DIRIGENTI SINDACALI DI TREVISO

di Redazione

“Nuove idee oggi per la banca di domani”, questo lo slogan che apre il 13° Congresso Provinciale FABI di Treviso.

Davanti ad una platea di circa 100 sindacalisti, dirigenti ed attivisti, provenienti dall’intera regione, è il Segretario Coordinatore Massimo Gavagnin ad aprire i lavori.

“La crisi in corso nel mondo occidentale ha portato dei cambiamenti strutturali alle nostre vite, alle nostre abitudini. Di conseguenza, lavoro e occupazione, previdenza e futuro delle pensioni, il welfare in generale: tutto dovrà essere rivisto e rimodulato.”

Queste le parole di Gavagnin, che denuncia le difficoltà di un sistema economico europeo basato esclusivamente sulla solidità delle banche e, soprattutto, completamente sottomesso alla BCE, il principale soggetto che determina le scelte e le manovre economiche di ogni paese appartenente all’Unione Europea.

“È vero che le banche italiane non guadagnano più come prima, ma la colpa non è certo dei lavoratori” questo il grido di Gavagnin.

“Le maggiori responsabilità sono da addossare ad un management vecchio e inadeguato che, oltre ad arricchirsi smodatamente, non ha voluto o saputo interpretare il cambiamento in corso ed ora presenta a noi il conto dei suoi errori”.

“Se prima Abi e Bankitalia ci consideravano, con una discutibile definizione, “risorse umane”, oggi sono arrivati a considerarci addirittura dei “fattori di crisi”. Ma la realtà è che ci stanno rubando il futuro. Se ce lo dimentichiamo, siamo spacciati”, la conclusione di Gavagnin.

Poi, l’atteso intervento del Segretario Generale FABI Lando Maria Sileoni.

“Andiamo allo sciopero perché vogliamo un Contratto, o saremo allo sbando”  esordisce il numero uno della FABI “Dev’essere chiaro a tutti: lo sciopero del 31 ottobre deve riuscire ad ogni costo”.

L’obiettivo delle banche è quello di passare dai 309mila addetti del settore attuali a 250mila: in poche parole, i licenziamenti collettivi. Vogliono introdurre l’indennità di disoccupazione nel settore. Vogliono la rottamazione dei 55enni: una minaccia che noi abbiamo già sventato un anno e mezzo fa, ma che oggi si ripresenta, tale e quale.

Chi pensa che la crisi del settore bancario italiano abbia una via d’uscita in un contesto generale di crisi economica, ha sbagliato i suoi calcoli. Ma ciò che le banche devono assolutamente comprendere è che l’unica risposta possibile a questa situazione di crisi è un nuovo modello di banca.

Una banca vicina al territorio, una banca a stretto contatto con le famiglie e con le imprese, una banca che metta, finalmente, un freno a una politica di risultati a breve termine per prediligere una nuova politica che punti al medio e lungo termine.

Insieme alle banche, vogliamo e dobbiamo costruire questo nuovo modello di banca”.

“L’esempio Marchionne in Fiat dovrebbe aver chiarito le idee a quanti le avevano confuse: non avere un contratto nazionale significa dare ad ogni gruppo bancario la possibilità di farsi un proprio contratto. La balcanizzazione della categoria, insomma: è questo il rischio che corriamo.

Non avere un contratto significa azzerare tutte le conquiste sindacali della categoria, significa normalizzare la categoria.

Dobbiamo batterci in prima linea contro un tale scellerato disegno. E dobbiamo farlo noi, da soli, perché siamo IL sindacato dei bancari.”.

Il leader FABI ha poi ricordato che neanche il Governo ha sentito il dovere morale di spendere una sola parola sulla drammatica situazione di una categoria rimasta senza contratto. Nonostante l’aiuto dato alle banche con il recente provvedimento relativo agli sgravi fiscali, il Governo non ha minimamente accennato ad un appello alle banche affinché restituiscano un contratto ai 330mila lavoratori bancari abbandonati al loro destino.

“È per questo” rincara Sileoni “che dobbiamo batterci noi, in prima linea, per la salvezza della categoria: pensare che un contratto cada dal cielo, per grazia divina, è una follia. Il contratto ce lo dobbiamo andare a prendere, ce lo dobbiamo conquistare”.

“Lo sciopero del 31 ottobre deve funzionare. Le assemblee stanno procedendo molto bene, l’adesione è numerosa e convinta. Siamo certi che la risposta della categoria, il 31, sarà forte e chiara.

Una sola cosa dobbiamo tenere sempre a mente: il destino passa solo attraverso le nostre scelte. Il contratto dobbiamo conquistarcelo, e il dissenso è la nostra arma. In gioco c’è la nostra stessa sopravvivenza”.

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