IL MESSAGGERO, sabato 14 settembre 2013
Banche, esuberi a quota 40 mila – l’allarme – L’Abi: costo del lavoro troppo alto non esclusa la disdetta anticipata del contratto prima del rinnovo
MILANO. Confindustria prova a costruire con governo e sindacati una santa alleanza per favorire la ripresa economica. Ma nel mondo delle banche che dovrebbero essere il motore del rilancio, le relazioni industriali sono sul piede di guerra: tra Abi e organizzazioni dei lavoratori il clima è incandescente. I banchieri potrebbero chiedere l’intervento del governo, nella persona del ministro Fabrizio Saccomanni. I signori del credito ritengono, infatti, che il costo del lavoro negli istituti italiani sia più alto di quello degli altri comparti e della media europea: secondo Bankitalia, il costo del lavoro unitario si attesta a 74.800 euro. Quindi vogliono correre ai ripari bloccando gli automatismi di aumento salariali previsti dall’attuale contratto: per l’Abi determinerebbe un aggravio del costo del lavoro di circa il 2%, a fronte di una redditività vicina allo zero.
Lunedì 16 a palazzo Altieri, è fissata una riunione fra le parti sul contratto. L’associazione dei banchieri rappresentata da Francesco Micheli, vicepresidente e numero uno del casl (comitato affari sindacali e del lavoro), si siederà al tavolo con l’obiettivo di ridiscutere il contratto relativo ai 330 mila dipendenti, in scadenza il 30 giugno 2014. Per fare questo, Micheli ha ricevuto dall’esecutivo Abi di mercoledì scorso, all’unanimità, il mandato di utilizzare qualunque metodologia, compresa la disdetta anticipata.
Una soluzione che ha già fatto scattare l’allarme dei sindacati: «È un attentato ai diritti dei lavoratori» tuona Lando Sileoni, leader della Fabi, la sigla che raccoglie più iscritti, «siamo pronti allo sciopero». Sulla stessa posizione anche le altre sigle. Il confronto parte da posizioni contrastanti. Dicono le banche: la redditività registra una caduta vertiginosa, causa la recessione ma anche i vincoli di Basilea 3 con l’inevitabile conseguenza di dover rafforzare il patrimonio, come suggeriscono le Autorità e, anche, in conseguenza di un costo del lavoro soffocante. L’evoluzione dell’industria bancaria, poi, sta riducendo le reti di sportelli, soppiantati dai canali telematici che determinano esuberi di personale. Dalle stime fatte, si ipotizzano ulteriori esuberi che potrebbero aggirarsi sui 40 mila addetti. Una cifra che potrebbe materializzarsi per effetto degli attuali meccanismi retributivi. Negli ultimi 13 anni, le varie ristrutturazioni hanno comportato la necessità di far fronte alle eccedenze: il fondo di solidarietà ha gestito 48.100 lavoratori e attualmente paga 14.900 assegni straordinari. r.dim
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IL GIORNALE sabato 14 settembre 2013
Banche, altri 35mila posti a rischio – In vista prepensionamenti obbligatori per gli over 55 e lo spettro della cig. Riforma radicale per il fondo esuberi
Massimo Restelli
Le banche italiane potrebbero espellere altri 30-35mila dipendenti. Lo spettro dei prepensionamenti obbligatori o del ricorso alla Cassa integrazione, vecchia tentazione dell’Abi ma al momento priva della necessaria copertura economica, sarà il convitato di pietra del vertice con i sindacati che il presidente Antonio Patuelli ha fissato per lunedì mattina a Roma: sono convocati Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Ugl, Sinfub, Dircredito, e al tavolo separato Falcri-Silcea.
L’obiettivo dell’Abi appare «smantellare» il contratto che regola mansioni e stipendi dei 330mila bancari italiani, disdettandolo in anticipo rispetto alla scadenza naturale di giugno 2014. In parallelo il Fondo esuberi, il principale ammortizzatore sociale del settore, potrebbe essere trasformato in «Ente bilaterale» per ovviare al blocco di fatto creato dalla Riforma Fornero.
La linea dura, malgrado le smentite ufficiali, sarebbe stata decisa all’unanimità dal comitato esecutivo riunitosi l’11 settembre, che avrebbe però dato mandato pieno a trattare al vicepresidente Francesco Micheli, che è anche capo del «Casl». Il perimetro del possibile «Ente bilaterale» è da definire, ma tra i sindacati è forte il timore che le banche tenteranno di trasferire in questa nuova stanza di compensazione gli over 55 con almeno 30 anni di contributi, prepensionando così obbligatoriamente gli addetti più costosi. In tutto 30-35mila persone: lo scivolo sarebbe infatti di 7 anni contro i 5 dell’attuale Fondo. Quest’ultimo dal 2000 ad oggi ha accompagnato alla pensione circa 42mila addetti, cui aggiungere i 19.980 in uscita da qui al 2018 e i 15mila esodati.
Sarebbe una novità assoluta rispetto alla «volontarietà» alla pensione finora difesa dalle parti sociali, insieme ai connessi incentivi. Tutti i sindacati sono quindi pronti allo sciopero. Il primo a denunciare i piani dell’Abi dalla tv online della sua organizzazione è stato il leader della Fabi Lando Maria Sileoni, che dalle colonne del Giornale aveva invece proposto una cabina di regia comune per definire il modello di banca del futuro.
Tutto dipende da come andranno in negoziati lunedì, ma di certo i tassi schiacciati e il deleveraging imposto dall’Eba hanno avvicinato allo zero la redditività delle banche: 0,47% il Roe medio dei primi 39 gruppi. Senza contare i 340 miliardi di crediti deteriorati, lasciati dalle famiglie e imprese che non riescono a restituire i prestiti ricevuti. Non si può quindi escludere che, in caso di guerra totale, l’Abi cerchi di mettere in mobilità i lavoratori in eccesso, chiedendo al governo di stornare al settore, come «indennità di disoccupazione», una parte dei 200 milioni che le banche versano ogni anno per la Cassa integrazione senza però utilizzarla.
Ma c’è di più. Malgrado la consegna del silenzio imposta da Patuelli al termine dell’ultimo esecutivo (durato 2 ore e mezzo e disertato da alcuni big), dagli inquilini di Palazzo Altieri trapelano le linee guida del nuovo contratto disegnato dall’Abi. Dopo l’invito di Bankitalia ad attuare «misure, anche temporanee» per tagliare i costi, l’idea sarebbe: creare un doppio binario contrattuale per i bancari che svolgono funzioni commerciali e per quelli addetti al back office; arrivare al sostanziale azzeramento degli attuali inquadramenti, considerati non più adatti e troppo costosi. L’esecutivo avrebbe poi passato in rassegna le reazioni di ciascuna sigla sindacale, facendo il contrappunto ai congressi che nel 2014 ne rinnoveranno i vertici.