MF – Milano Finanza, martedì 28 maggio 2013
-articolo di Alessandro Carollo –
Oggi a Rimini via al Congresso dell’Organizzazione. La situazione non va drammatizzata, meglio basare le trattative occupazionali sui numeri, dice il numero uno. I 55enni non sono da rottamare.
La Fabi ha convocato a Rimini il 28, 29 e 30 maggio il suo 119° Consiglio Nazionale, l’ultimo prima del prossimo congresso nazionale di febbraio 2014, cui parteciperanno oltre mille dirigenti per dibattere della situazione in cui si trova attualmente il settore del credito.
Mf-Milano Finanza ha fatto il punto con Lando Maria Sileoni, segretario del maggior sindacato bancario italiano.
D – Com’è lo stato di salute della FABI?
R – Senza alcun trionfalismo, che siamo presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale. Siamo sindacato di maggioranza nei gruppi bancari principali, nelle banche medie, in quelle di credito cooperativo e nei piccoli istituti di credito. Ci muoviamo in piena continuità generazionale, valorizzando anche i giovani dirigenti. Rappresentiamo gli interessi degli associati a tutto campo in sede negoziale e offrendo loro servizi al passo coi tempi. All’interno della segreteria nazionale e del comitato direttivo centrale vige un clima di assoluto rispetto. Le professionalità e le competenze sono messe al servizio delle nostre 98 sedi provinciali e degli oltre 5mila dirigenti di base.
D – Secondo Francesco Micheli, vostra controparte in Abi, il trend occupazionale sarà soggetto, nei prossimi mesi, a nuove tensioni e possibili contrazioni di organico. Cosa risponde?
R – Proprio su Mf, Micheli ha sostenuto che bisognerà inevitabilmente affrontare il tema delle nuove profession a seguito dello sviluppo della banca on-line e del calo delle operazioni allo sportello. Micheli ha anche lamentato un’eccessiva presenza, negli organici aziendali, di personale con grado direttivo.
Affermazioni che tendono, come spesso accade purtroppo, a dare un quadro a tinte fosche della situazione, pregiudicando l’avvio di una trattiva serena basata sui numeri. La drammatizzazione, di per sè, è nemica del confronto. In ogni caso, se si parla di contenuti, occorre che la documentazione dei fatti sia oggettiva e non apodittica.
D – Che ci siano troppi sportelli è sotto gli occhi di tutti…
R – A nostro avviso, si può tornare a guadagnare con le operazioni allo sportello rendendo più competitivi e veloci i servizi e integrando le attività tradizionali con quelle di consulenza a supporto delle aziende. Aprire la banca a queste professioni significherebbe, in concreto, offrendo così uno sbocco lavorativo a molti diplomati e laureati. Il sotto-inquadramento dei dipendenti non può essere una risposta strutturale alla crisi dei ricavi. Chi gestisce il personale dovrebbe sapere che sotto-inquadrare le risorse significa deprimerle e demotivarle.
D – È un’affermazione di sindacalista preoccupato di non perdere posti di lavoro…
R – Certamente. Ma non si tratta di un ragionamento puramente conservativo. Occorre stimolare i vertici delle banche affinchè i piani industriali o i progetti strategici abbiano come proprio obiettivo quello di creare nuove opportunità d’impiego. La nostra sfida è quella di stimolare le banche a sostenere l’occupazione a condizioni innovative e competitive. Però potremo farlo soltanto se non ci saranno chiusure preventive, altrimenti non sarà possibile altra linea che quella di difendere l’esistente.
D – L’ Abi propone di creare un ente bilaterale in cui sindacati e aziende potrebbero rendersi autonomi rispetto alle pastoie burocratiche dell’Inps, in modo da affrontare, anche in termini occupazionali, la crisi. Cosa ne pensa?
R – Gli enti bilaterali sono già stati utilizzati con successo da altre categorie. Proprio perché bilaterali diventa obbligatoria una convergenza politica delle parti, sia per la creazione sia per la gestione dell’ente. Se qualcuno avesse in mente di utilizzare l’ente bilaterale come strumento obbligatorio per la rottamazione dei 55enni, sappia che ci opporremo con ogni mezzo a questa ipotesi, come abbiamo già fatto qualche mese fa evitando, insieme alle altre organizzazioni sindacali, il prepensionamento obbligatorio di 35 mila lavoratori, che prima della riforma Fornero le aziende volevano “rottamare” con il 60% dell’ultimo stipendio. Se l’Abi dovesse riproporla con presupposti sbagliati, noi la contrasteremo sin dall’inizio dell’eventuale creazione dell’ente.
D – Altro argomento scottante sono gli assetti proprietari, azionariali, e delle forme societarie. Siete sempre fan delle Popolari?
R – La cooperativa, fondata sul voto capitario e sulla partecipazione diffusa dei soci dipendenti, è un modello da difendere, perché ogni 3 anni viene valutata la gestione del management. Non è con colpi di mano o con operazioni di impronta speculativa che si possono cambiare gli assetti di governo delle banche: questa è la lezione della BPM.
Le Fondazioni non possono avere organismi e rappresentanti immutabili nel tempo. Essere al vertice o nel Consiglio di una Fondazione bancaria non può voler dire essere autoreferenziali: il ricambio, anche anagrafico, è un fatto naturale che migliora la capacità di un organismo di interpretare le esigenze del territorio, alimentando la fiducia dei soci. Pertanto auspico che vengano imposti ai consiglieri limiti di mandato e limiti di età, in modo da rendere effettivo il rinnovo dei vertici ed evitare che siano sempre favoriti gruppi di potere stratificati nel tempo.
D – Anche gli assetti governativi del Paese sono determinanti per le riforme. Le vede possibili con l’attuale compagine?
R – Sollecito il Governo affinchè si impegni ad assicurare un livello di fiscalità analogo a quello delle banche europee. Diversamente la penalizzazione si estende anche ai lavoratori e si riflette sull’occupazione.
Per il lavoro, verificheremo i propositi del nuovo Ministro quando si trasformeranno in provvedimenti definiti. La FABI e le altre organizzazioni sindacali- com’è noto- sono state antesignane della “staffetta generazionale” tra lavoratori maturi e giovani: se si dovesse attuare un provvedimento specifico, il settore potrebbe essere preso a modello, visto che da tempo, sul piano normativo, grazie al nostro proficuo lavoro di negoziazione con l’Abi, ci siamo dotati di efficaci strumenti a tutela dell’occupazione, quali la solidarietà difensiva ed espansiva.
D – Altro argomento scabroso: il credit-crunch verso le piccole medie imprese
R – Di fronte a certe operazioni a sostegno di grandissime aziende che hanno generato ingenti perdite mettendo in pericolo i bilanci delle banche, dobbiamo porci il problema delle responsabilità e delle priorità di investimento. Le risorse generate dall’economia devono essere impiegate per incoraggiare iniziative di territorio, soprattutto quando le controparti imprenditoriali hanno alle spalle una storia seria e credibile, aldilà delle formalità dei rating.
D – Altro tema bollente: il massiccio ricorso alle esternalizzazioni
R – Le esternalizzazioni sono un istituto contrattuale che le organizzazioni sindacali hanno concordato con le aziende nel rinnovo del contratto nazionale del 1999 e comunque introdotte contrattualmente con un apposito accordo di settore nel 1998. Vanno valutate secondo un basilare criterio di rilevanza e di convenienza economica, ma non possono pregiudicare le tutele normative e giuridiche dei lavoratori. Portare fuori dal perimetro aziendale alcune attività, erroneamente considerate non strategiche, significa aumentarne i costi e deprimere la professionalità degli addetti. Quindi nessun via libera indiscriminato ed acritico a queste operazioni. Non si possono creare aree grigie a discapito dei diritti sostanziali dei lavoratori: questo è un punto non negoziabile. Inoltre è noto che dietro a consorzi o gruppi di imprese pronti a rilevare segmenti di attività, spesso si nascondono interessi di lobbies e di consulenti collegati a qualcuno.
D – Come giudica l’attuale situazione di MPS?
R – Giudico positivamente il lavoro fin qui fatto da Profumo e da Viola e, per la gestione del personale, da Ilaria Dalla Riva. Con Profumo è capitato spesso di avere scontri anche accesi, ma devo dire che condivido l’obiettivo di rendere il Gruppo Mps autonomo e indipendente, soprattutto rispetto alla politica partitica, senza con ciò rinunciare a vigilare attentamente sull’attuazione delle intese aziendale. Ci sono anche altri temi strategici, quali il possibile ingresso in MPS del Cdp, su cui la FABI si è già pronunciata in passato per sottolineare la necessità di consolidare la tenuta patrimoniale del gruppo. Vedremo quali risposte saranno date su questi punti delicati dal top-management e dagli attuali interlocutori governativi.