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BPM, BOCCIATO IL VOTO TELEMATICO – LE DICHIARAZIONI DI SILEONI SUI PRINCIPALI QUOTIDIANI NAZIONALI, AGENZIE STAMPA E WEB

di Redazione

IL GIORNALE, domenica 28 aprile 2013

POPOLARE DI MILANO La guerra per trasformare la cooperativa di Piazza Meda – Bpm, il primo round va ai sindacati – L’assemblea boccia il voto a distanza, sale lo scontro sulla spa. Bonomi insiste: «Vado avanti»

Massimo Restelli

Il «progetto Spa» del presidente Andrea Bonomi per la Banca Popolare di Milano va a sbattere contro la pancia della cooperativa lombarda. Il verdetto definitivo ci sarà solo all’assemblea del 22 giugno ma ieri pensionati e dipendenti soci di Piazza Meda, sotto gli occhi attenti dei sindacati, hanno iniziato a respingere a larga maggioranza la proposta di introdurre il voto a distanza, magari dal pc di casa o dalle filiali: a bocciatura avvenuta (4.200 i voti validi), in sala è risuonato un applauso. Il voto da remoto, peraltro in parte previsto dallo Statuto, è centrale perché rappresenta la leva che potrebbe scardinare il blocco dei dipendenti-soci.

La battaglia di Bpm proseguirà comunque ora anche in ambito politico, con spettatore d’eccezione l’esecutivo Letta. Il dicastero dell’Economia è stato affidato all’ex direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, lo stesso che – si dice – aveva fatto moral suasion perché il progetto spa di Bpm prevedesse per Bonomi un lock up di tre anni.

L’assemblea di Bpm è stata accesa malgrado Bonomi, dopo lo scontro degli ultimi giorni, avesse scelto toni morbidi, invitando gli ex «capi» della cooperativa ad accettare il cambiamento e assicurando che il televoto non fosse stato «disegnato per la trasformazione in spa », ma rappresentasse «un segno di civiltà», perché «se rimaniamo popolare devono votare tutti ».A lavori terminati, il capo di Investindustrial ha rimarcato di non considerare «uno schiaffo » il verdetto. La campagna elettorale è infatti lunga: «Sulla spa non mi pronuncio, non ho mai correlato le due cose – ha proseguito Bonomi- è faticoso cambiare, ma andiamo avanti».

L’assise di ieri era tuttavia considerata una prova generale di quella di giugno. Così come è risultato evidente il peso dei pensionati, che dispongono di 5 deleghe. Nella compagine è confluito parte di quel blocco di potere, vicino all’ex Associazione Amici, che due anni fa aveva consegnato Bpm a Bonomi ma è poi stato «rottamato» con il piano esuberi. La base ha inoltre pizzicato sui compensi del management e sui trasferimenti l’ad Piero Montani che, dopo aver replicato, ha definito «assolutamente necessaria» la ricapitalizzazione da 500 milioni per il rimborso dei T­bond.

Bonomi potrebbe ora tentare un’azione di sensibilizzazione sugli azionisti esterni, sfruttando la visibilità del libro soci. Al momento resta un appello ai sindacati: «Abbiamo sessanta giorni per vedere se capiscono il loro nuovo ruolo». Il primo ad aprire un varco è stato il leader della Fabi, Lando Sileoni, che ha chiesto «un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come l’attuale». Intervistato dal Giornale , Sileoni, che è stato il perno della ritrovata unità sindacale, aveva con visione tattica bocciato la trasformazione in Spa ma aperto a modifiche di governance. In pratica all’addio alla governo duale, come peraltro inizialmente ipotizzato da Bonomi.

In Bipiemme i prossimi appuntamenti per il consiglio di gestione sono il 7, il 14 e il 28 maggio, mentre la sorveglianza tornerà a riunirsi il 7 maggio. Molto dipenderà da Bankitalia: l’affondo del capo di Investindustrial contro la vecchia gestione, culminato nel ritiro dei propri emissari dal Cds, potrebbe indurre Via Nazionale a intervenire. Così come spaventano le possibili mosse della Procura e le multe allo studio della Consob contro l’ex vertice degli Amici per il patto occulto.

Resta poi lo strappo in Cds sul bilancio con la contestuale presentazione di un piano alternativo alla spa da parte di tre consiglieri. Tra questi Enrico Castoldi che ieri ha motivato il proprio «no» al bilancio in cds con la convinzione che sui conti dovesse esprimersi l’assemblea.

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IL SOLE 24 ORE, domenica 28 aprile 2013

Riassetti. Bonomi: «Non è uno schiaffo, far evolvere questa banca è una fatica e abbiamo 60 giorni di tempo per convincere i sindacati» Bpm, no dei soci al voto a distanza – L’assemblea boccia la proposta del presidente in vista della decisione sulla trasformazione in spa

Paolo Paronetto

Non sarà stato uno schiaffo, ma il “no” dei soci della Banca Popolare di Milano alla proposta di introdurre il voto da casa è stato di certo deciso e sonoro. Ieri l’assemblea dell’istituto, convocata nei padiglioni di Fiera Milano, ha bocciato a larghissima maggioranza l’idea di voto «da remoto» fortemente caldeggiata dal presidente del cdg, Andrea C. Bonomi, e dal consigliere delegato Piero Montani, sciogliendosi in un applauso generale al momento della proclamazione del risultato. I 4.700 soci presenti, deleghe comprese, hanno anche esaminato il bilancio 2012 ed eletto per acclamazione Luca Perfetti nel consiglio di sorveglianza. «È facile capire che cosa è successo: questo non è stato il voto dei clienti, dei soci o dei dipendenti della banca», ha attaccato Bonomi incontrando i giornalisti e lasciando intendere che i responsabili del risultato sono i sindacati e tutto il mondo legato alla “vecchia Bpm”. «Non lo prendo come uno schiaffo – ha aggiunto – nessuno ha mai detto che il cambiamento e la discontinuità siano cose facili. Chi si è presentato in assemblea per votare a favore è stato una persona coraggiosa». «Far evolvere» Bpm, del resto, «è una fatica» e quello sul voto a distanza «era un passaggio da fare», anche perché si trattava della «prima occasione di vedere la contrapposizione di forze» nel dibattito «per portare la banca verso un modello più moderno». Il presidente del cdg non ha voluto collegare la discussione sul voto a distanza a quella sul progetto di trasformazione in spa, che sarà quindi esaminato dall’assemblea straordinaria del 22 giugno in modo tradizionale, senza possibilità di esprimersi da remoto. «Sul progetto spa non mi pronuncio, non ho mai correlato le due cose – ha spiegato –. Il voto a distanza, per una Popolare o spa che sia, è un voto che deve col tempo passare perché elimina l’utilizzo delle assemblee in una certa maniera ed è un elemento di democrazia e trasparenza». Le prossime settimane saranno quindi di “campagna elettorale” per convincere i soci della bontà del progetto e i sindacati della necessità di cambiare posizione: «Abbiamo 60 giorni per vedere se capiscono il loro nuovo ruolo», ha concluso Bonomi. Da lunedì, se arriveranno le autorizzazioni, sarà attivo anche il nuovo sito-blog www.ilfuturoedichivota.it per dare una dimensione “social” alla discussione sulla «società per azioni ibrida» proposta dal cdg.

A legare voto a distanza e progetto spa sono comunque i sindacati stessi, che hanno subito applaudito l’esito dell’assemblea e invitato alla mobilitazione in vista di giugno. «I soci esprimono, con fermezza, tutti i dubbi e le preoccupazioni per il progetto di trasformazione in spa e la volontà di preservare l’identità e l’autonomia della loro banca», hanno commentato i segretari generali di Fabi e Fiba-Cisl, Lando Maria Sileoni e Giuseppe Gallo. «Esprimono inoltre – hanno aggiunto – il rifiuto di fare di Bpm spa la testa di ponte in grado di mettere a rischio il futuro delle banche popolari cooperative e di aprire brecce profonde nella stabilità del sistema bancario italiano». Sileoni ha anche chiesto a Bonomi e al cdg di elaborare «un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come quello attuale», e ha detto di voler «rispedire al mittente ogni tentativo di minimizzare l’esito plebiscitario dell’assemblea». Ora i vertici Bpm avranno qualche giorno di tempo per riflettere sul da farsi: le riunioni dei consigli sono convocate per il 7 maggio. Il risultato dell’assemblea ha confermato che i voti sono ancora in mano alla vecchia guardia. Se il 22 giugno Bonomi vorrà un esito diverso dovrà far cambiare loro idea, o convincere altri soci a venire in assemblea. Non a distanza, ma di persona.

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CORRIERE DELLA SERA, domenica 28 aprile 2013

Bpm, i sindacati bocciano il televoto No dell’assemblea. Più difficile la trasformazione in società per azioni

MILANO — Il voto a distanza non passa. Tra gli applausi dei soci della Bpm. Il blocco dei contrari ha bocciato a larghissima maggioranza la proposta del consiglio di gestione di introdurre la partecipazione alle assemblee da casa, con diritto di voto in remoto. Non c’è nemmeno stato bisogno di contare, tante erano le mani alzate nella sala al secondo piano della Fiera Milanocity, requisita ieri dalla carovana dei soci della Bpm per l’assemblea annuale.

Più che un voto è stato un plebiscito, con cui la «vecchia guardia» ha di fatto ribadito lo status quo, proprio mentre Andrea Bonomi sta cercando di creare il consenso per trasformare la banca da cooperativa in società per azioni. Un progetto che a giudicare dal voto di ieri rischia di non passare all’assemblea già convocata per il 22 giugno. Tanto più senza il voto da casa. Il blocco granitico dei sindacati interni che ieri ha dominato l’assemblea, come ha sempre fatto, si ripresenterà compatto. «Abbiamo 60 giorni di tempo per vedere se capiscono il loro nuovo ruolo» ha commentato il presidente della popolare milanese, che dunque non intende arretrare di un millimetro. «Far evolvere questa banca è una fatica — ha spiegato — e questa è stata la prima occasione di vedere la contrapposizione di forze per portare Bpm verso un modello più moderno».

Chissà, forse Bonomi cercava proprio questo. Voleva che la spaccatura emergesse chiaramente. «E’ la foto esatta di com’è oggi la Bpm» ha spiegato. Il voto «non è stato di dipendenti, soci o clienti: oggi — per il presidente — chi ha votato a favore è stato una persona coraggiosa». Una minoranza, rimasta schiacciata tra le vecchie logiche e il desiderio di rivalsa di chi con l’arrivo della nuova gestione ha perso la presa su Piazza Meda.

L’Associazione Amici della Bipiemme, che faceva nomine, promozioni, assunzioni e carriere in Bpm, non c’è più, è stata sciolta, ma ieri gli ex associati si sono ritrovati scoprendo di poter essere di nuovo maggioranza e quindi di poter far blocco contro l’idea di Bonomi. Così come in passato l’avevano fatto davanti ai diktat della Banca d’Italia e con ogni proposta non concordata con loro. «Il voto contro ha fatto vedere cosa riescono a organizzare» ha commentato Bonomi, sottolineando come nonostante gli interventi dei soci siano stati «bilanciati» alla fine «il voto è stato diverso». Per questo, anzi a maggior a ragione dopo quello che è successo ieri, «il voto a distanza prima o poi deve passare anche per evitare un certo uso dell’assemblea». Sa bene Bonomi che la partecipazione a distanza potrebbe cambiare gli equilibri in assemblea. E, in prospettiva, aumentare i margini di manovra per la trasformazione in spa.

Ieri, tuttavia, il banchiere si è tenuto alla larga dall’associare il voto a distanza al progetto «spa». La prima è «una scelta di civiltà e democrazia», l’altra è la logica evoluzione di un sistema che, almeno a Piazza Meda, «è fallito» secondo Bonomi. I sindacati però, l’associazione l’hanno fatta, ed è venuta fuori una miscela esplosiva che rischia di bruciare un anno e mezzo di lavoro per risanare la Bpm. Ha già bruciato quattro consiglieri di sorveglianza, tra cui il presidente Filippo Annuziata, aprendo una frattura profonda con il consiglio di gestione, sfociata in accuse reciproche.

La rottura tra i due board è stata netta, anche se le posizioni nel consiglio di sorveglianza non sarebbero del tutto allineate. E’ però soprattutto il risveglio della parte più sindacalizzata della Bpm a creare adesso le incognite maggiori. Al termine dell’assemblea i segretari generali di Fabi e Fiba, Lando Maria Sileoni e Giuseppe Gallo, hanno diffuso una nota in cui spiegano che «il risultato dell’assemblea è un primo, chiaro, responsabile segnale ai vertici di Bpm da parte delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e della società civile milanese e lombarda». Un segnale con cui «esprimono il rifiuto di fare di Bpm Spa la testa di ponte in grado di mettere a rischio il futuro delle banche popolari cooperative e di aprire brecce profonde nella stabilità del sistema bancario italiano».

Fare previsioni, a questo punto, potrebbe essere superfluo. Ma non c’è ancora nulla di scontato. Da qui al 22 giugno Bonomi e il consigliere delegato della Bpm, Piero Montani, dovranno fare l’impossibile per convincere gli azionisti della necessità della trasformazione in spa. Anche se ieri il «no» al cambiamento è arrivato forte e chiaro. I due banchieri hanno difeso le loro ragioni, ma alla fine hanno dovuto incassare. «Non è stato uno schiaffo — ha assicurato però il presidente —. Nessuno ha mai detto che la discontinuità e il cambiamento siano una cosa facile». Federico De Rosa

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LA STAMPA, domenica 28 aprile 2013

I DIPENDENTI-AZIONISTI BOCCIANO IL VOTO A DISTANZA. CONTESTATO MONTANI SULLA RIORGANIZZAZIONE – Bpm, l’assemblea dei soci contro il progetto della Spa – Bonomi: non è uno schiaffo. I sindacati: ora un piano non speculativo

LUCA FORNOVO

Il presidente Bonomi Andrea Bonomi finisce in netta minoranza e nell’incontro-scontro per la trasformazione della Banca Popolare di Milano in Spa, sempre più in bilico, perde il primo round con i soci della Bpm. I circa 1800 azionisti presenti in proprio all’assemblea alla Fiera di Milano, ma oltre 4200 in tutto con le deleghe, hanno votato con una maggioranza bulgara contro la proposta del presidente del consiglio di gestione, che chiedeva una modifica del regolamento per introdurre il voto elettronico a distanza. Una misura che avrebbe consentito il voto online anche ai soci più lontani dalla Lombardia.

L’appuntamento, al termine di una settimana ad alta tensione tra il finanziere Bonomi, i sindacati e il consiglio di sorveglianza, era considerato una un test cruciale, di quanto accadrà il 22 giugno, quando i soci saranno chiamati a esprimersi, secondo l’ordine del giorno previsto, prima sulla trasformazione in Spa e poi sull’aumento di capitale da 500 milioni di euro per rimborsare i Tremonti-Bond.

Momenti di tensione in assemblea sono stati scatenati dal consigliere delegato, Piero Montani. «Non c’è stato alcun obbligo di trasferimento», ha detto ripercorrendo le tappe della riorganizzazione del personale e raccogliendo un coro di proteste e fischi dai soci dipendenti.

Il no dei soci sul voto online, giunto dopo poco più di 5 ore di assemblea, «non è uno schiaffo» per il presidente Bonomi, casomai è il segnale che i sindacati sono ancora i veri comandanti della banca. Incassato il duro colpo,Bonomi non si dà per vinto. E promette di andare avanti fino al traguardo di giugno. «Sul progetto Spa non mi pronuncio…abbiamo 60 giorni per vedere se i sindacati capiscono il loro nuovo ruolo…far evolvere questa banca è una fatica».

Dall’altra parte della barricata la soddisfazione dei sindacati è grande. «È indispensabile che Bonomi e il comitato di gestione di Bpm elaborino un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come l’attuale» spiega Lando Sileoni, segretario generale della Fabi.

Per Sileoni e Giuseppe Gallo, leader Fiba Cisl «mette a rischio la stabilità del sistema bancario italiano». E secondo Massimo Masi, segretario Uilca, «il management di Bpm dimostra di non meritare, come non merita, la fiducia». Ma cosa chiedono ora i dipendenti-soci? Un nuovo progetto della Spa o almeno un aggiornamento del piano che dia più garanzie sui posti di lavoro, che preservi l’identità cooperativa e introduca correttivi che secondo fonti sindacali sarebbe graditi anche dal consiglio di sorveglianza. Quali? Sull’aumento di capitale gratuito per evitare oneri fiscali più pesanti alla banca. Poi che si aumenti la dotazione (prevista in 10 milioni) della fondazione e ci sia un vincolo di lock up di almeno tre anni per Bonomi. Il timore dei sindacati è che il presidenteazionista con l’8,6%, possa in un futuro (prossimo) vendere le quote e incassare le plusvalenze. Per Bonomi cominciano i due mesi più caldi della sua gestione. Dopo l’assemblea ieri si è tenuto un consiglio di gestione per fare il punto. La linea è avanti col dialogo, ma non trattare su tutto. Non sono attese, secondo Bonomi, prese di posizione di Bankitalia. A breve ci saranno roadshow per incontrare i dipendenti-soci. In Bpm la campagna elettorale è già cominciata.

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LA REPUBBLICA, domenica 28 aprile 2013

Le banche – Plebiscito anti-Bonomi all’assemblea Bpm bocciato il voto a distanza e i soci esultano

VITTORIA PULEDDA

MILANO — Un voto netto, compatto, plebiscitario. E significativo, che mette seriamente in dubbio la continuazione del percorso verso la trasformazione in spa. Ieri la Bpm ha bocciato a furor di soci e per alzata di mano – accompagnata da boato di soddisfazione la modifica di regolamento assembleare proposta dal consiglio di gestione e dal presidente (e maggiore azionista) Andrea Bonomi, per permettere il voto a distanza. I 4.700 soci, presenti di persona o per delega, hanno dimostrato che almeno per il momento non intendono seguire Bonomi.

Il quale durante la discussione assembleare aveva sottolineato che il voto a distanza è «una scelta di civiltà» e che non era stato «disegnato per la trasformazione in spa». E, a botta calda ha commentato: «Non lo prendo come uno schiaffo, nessuno ha mai detto che la discontinuità e il cambiamento siano una cosa facile». Semmai, è stata una occasione in più per toccare con mano quanto le resistenze interne ancora contino: «Far evolvere questa banca è una fatica e questa è stata la prima occasione di vedere la contrapposizione di forze per portarla verso un modello più moderno», ha aggiunto Bonomi.

Tuttavia, come aveva ricordato Piero Lonardi – membro del consiglio di sorveglianza e da sempre rappresentante dei soci non dipendenti della banca – il voto è stato vissuto «come un referendum» pro o contro la trasformazione della popolare in spa. L’appuntamento clou è previsto il 22 giugno, quando la decisione già presa dal Cdg verrà rimessa al voto assembleare. «Abbiamo 60 giorni per lavorare e per vedere se capiscono il loro nuovo ruolo» ha detto Bonomi, rivolgendosi indirettamente ai sindacati. Se il buongiorno si vede dal mattino, il clima si è fatto davvero pesante. «Rispediamo al mittente ogni tentativo di minimizzare l’esito plebiscitario dell’assemblea – ha detto Lando Sileoni, segretario generale della Fabi – è indispensabile che Bonomi e il comitato di gestione di Bpm elaborino un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come quello attuale». E prima ancora, in una nota congiunta con la Fiba, aveva dichiarato che la trasformazione della Bpm in spa «mette a rischio la stabilità del sistema bancario italiano».

Da domani la banca ha annunciato un sito apposito, dedicato alla trasformazione in spa e alla discussione sul progetto (anche con una sezione domande e risposte). Non è detto che basterà.

«È indubbio che questo risultato e la freddezza con cui la platea ha accolto il management richiede una riflessione attenta – dice Agostino Megale, segretario generale della Fisac – e un cambiamento di passo da parte di Bonomi, per costruire soluzioni condivise». Negli ultimi tempi è invece prevalso lo scontro, a partire dalle missive incrociate tra consiglio di gestione e di sorveglianza, che ha visto peraltro le dimissioni recenti di tre consiglieri e dello stesso presidente, Filippo Annunziata. Motivando le dimissioni, Annunziata aveva denunciato il clima difficile e l’impossibilità di «assicurare un percorso ordinato» alla banca fino a giugno. «Chi va via abbia il buongusto di tacere», ha detto polemicamente Lonardi, senza far nomi; e non è stato il solo. Nei giorni scorsi Annunziata ha ricevuto un avviso di garanzia per falsa testimonianza per la vicenda Bpm-BPlus, e il 28 marzo scorso sembra abbia ricevuto un richiamo da parte del Cds, dopo il rapporto dell’Organismo di vigilanza interno relativo a una vicenda di sconfinamenti su fidi erogati da Bpm. Altre polemiche ieri hanno riguardato lo stipendio dell’ad Piero Montani.

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L’ARENA, domenica 28 aprile 2013

BANCHE. All´assemblea svoltasi alla Fiera di Milano sindacati compatti nel no alla proposta di modifica dello statuto – I soci della Bpm bocciano voto online – Negativo il test in vista del 22 giugno quando sarà esaminata la trasformazione in spa

MILANO

Il voto a distanza non passa. I sindacati vincono ancora una volta. E il sogno del presidente Andrea Bonomi di trasformare la Banca Popolare di Milano in una spa ibrida sembra sempre più destinato a svanire. È questo il bilancio al termine dell´assemblea lampo della Bpm durata poco più di cinque ore e chiusa con un boato di esultanza e di applausi degli oltre duemila azionisti riuniti alla Fiera di Milano in rappresentanza per delega di 4.700 soci.

Il voto da casa, per molti interpretato come un test vero e proprio in vista dell´assemblea del 22 giugno chiamata ad esprimersi sulla spa e sull’aumento di capitale da 500 milioni di euro per rimborsare i Tremonti bond, è stato bocciato a larga maggioranza. Ma per Bonomi non si tratta di «uno schiaffo» casomai del fatto che i sindacati, ai quali aveva chiesto di fare un passo indietro all´apertura dell´assemblea, sono ancora i veri comandanti della banca. «Oggi», ha dichiarato Bonomi, «il voto non è stato di dipendenti, soci o clienti: oggi chi ha votato a favore è stato una persona coraggiosa». Ma il finanziere, che alla fine della riunione pareva stordito per il colpo incassato dai soci, non si dà per vinto. E promette di andare avanti fino al traguardo di giugno.

«Sul progetto spa non mi pronuncio» e comunque «non ho mai correlato le due cose», ha sottolineato rivolgendosi poi ai sindacati: «Abbiamo 60 giorni per vedere se capiscono il loro nuovo ruolo».

«Nessuno ha mai detto che la discontinuità e il cambiamento sono cose facili», ha affermato il presidente «Far evolvere questa banca è una fatica».

Dall´altra parte della barricata la soddisfazione è grande. E il primo a manifestarla è stato Lando Sileoni, segretario generale Fabi. «Rispediamo al mittente ogni tentativo di minimizzare l´esito plebiscitario dell´assemblea, che rappresenta un punto fermo da cui ripartire», ha affermato il sindacalista. «È indispensabile che Bonomi e il comitato di gestione elaborino un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come quello attuale». Intanto, ha affermato Sileoni, è necessario che dipendenti, soci e sindacati restino compatti in vista della prossima assemblea che deciderà sulla forma societaria.

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IL SOLE 24 ORE.it, sabato 27 aprile 2013

Assemblea dei soci Bpm, il voto a distanza non passa

di Paolo Paronetto

I soci della Banca Popolare di Milano bocciano la modifica del voto a distanza che avrebbe consentito il voto da casa. L’assemblea ha respinto la proposta del consiglio di gestione a larghissima maggioranza, sciogliendosi poi in un applauso dopo la proclamazione del risultato. Il voto da casa non potrà quindi essere utilizzato nell’assemblea straordinaria di giugno, che si dovrà esprimere sul progetto di modifica in spa e sull’aumento di capitale da 500 milioni.

Al momento del voto i soci presenti in assemblea, in proprio o per delega, erano circa 4.220. Il presidente del consiglio di gestione Andrea C. Bonomi ha lasciato intendere che l’esito del voto è responsabilità dei sindacati. «Non è stato il voto dei clienti, dei soci o dei dipendenti della banca – ha dichiarato – Chi oggi si presentava in assemblea per votare a favore era una persona coraggiosa».

Bonomi, che ribadisce di non voler legare in alcun modo questo voto al progetto spa, ha spiegato di non prendere il risultato come uno schiaffo: «Nessuno ha mai detto che la discontinuità e il cambiamento sono cose facili – ha aggiunto – Fare evolvere questa banca è una fatica». Bonomi conta quindi di far cambiare idea ai sindacati entro l’assemblea del 22 giugno, che si esprimerà sulla trasformazione in spa: «Abbiamo 60 giorni per vedere se i sindacati capiscono questo loro nuovo ruolo».

Secondo il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni «è indispensabile che Andrea Bonomi e il comitato di gestione della Bpm elaborino un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come quello attuale». Matteo Magrini, coordinatore Fabi in Bpm, sottolinea che adesso è necessario «continuare a intrattenere proficui rapporti con tutte le organizzazioni sindacali in Bpm, in vista dell’assemblea straordinaria del 22 giugno, che sarà chiamata a decidere sulla forma societaria della banca. Ora vogliamo la documentazione analitica dell’eventuale trasformazione in spa. In assenza di questa, valuteremo la possibilità di interpellanza alla magistratura del lavoro».

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IL FATTO QUOTIDIANO.it, sabato 27 aprile 2013

Bpm, assemblea di fuoco. Andrea Bonomi sconfitto dai soci-dipendenti – Strada in salita per la trasformazione in società per azioni dell’istituto cooperativo, con il presidente che non è riuscito a far passare l’introduzione del voto a distanza. I sindacati: “È un primo, chiaro, responsabile segnale ai vertici della banca”. Proteste su bonus e stipendi

di Francesco Tamburini

Andrea Bonomi incassa la prima, grande, sconfitta alla Bpm. I dipendenti-azionisti della Banca popolare di Milano hanno bocciato la proposta del presidente dell’istituto, su cui il consiglio di gestione puntava anche per raggiungere un altro traguardo molto discusso: trasformare la banca in società per azioni. Una mossa tanto cara a Bonomi, ma invisa ai soci-dipendenti che perderebbero lo storico controllo sull’istituto.

La maggioranza degli azionisti ha alzato la mano per votare contro il punto cinque all’ordine del giorno dell’assemblea, ovvero l’introduzione del voto elettronico a distanza alle assemblee, perché – come hanno detto alcuni soci – “non rappresenta il modo corretto di rappresentare il volere dei soci” e “metterebbe in discussione la regolarità del voto, danneggiando dipendenti e clienti”.

“E’ un primo, chiaro, responsabile segnale ai vertici di Bpm da parte delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e della società civile milanese e lombarda”, hanno dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI, e Giuseppe Gallo, segretario generale della FIBA Cisl. “Esprime, inoltre, il rifiuto di fare di Bpm Spa la testa di ponte in grado di mettere a rischio il futuro delle banche popolari cooperative e di aprire brecce profonde nella stabilità del sistema bancario italiano”.

Non è d’accordo il presidente Bonomi, che in conferenza stampa ha detto di non sentire l’esito del voto “come uno schiaffo”, spiegando che “nessuno ha mai detto che la discontinuità al cambiamento sia una cosa facile”. Il presidente non ha invece dato alcuna risposta ai giornalisti che chiedevano quale sarà l’impatto del voto sul progetto di trasformare la banca in Spa. Lo stesso Bonomi aveva dato il via all’incontro dicendo che “hanno previsto un’assemblea calda”. E così è stato.

I soci hanno criticato anche gli stipendi dei manager dell’istituto. “La nuova direzione non ha fatto sacrifici di alcun tipo per il proprio reddito mentre altre banche hanno tagliati i compensi”, ha detto un socio, “continuando a incassare stipendi da favola”. Un altro azionista ha invece ricordato che il consigliere delegato Piero Montani “ha incassato 1 milione di euro più premi, il doppio del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il triplo del numero uno della Bce Mario Draghi, che invece si sono ridotti i compensi”.

Rispondendo agli interventi dei soci, Montani ha precisato che “gli stipendi dei dirigenti attuali non sono superiori a quelli dei precedenti”. E, per quanto riguarda i premi, “non mi risulta che nessun bonus sia stato dato ai dirigenti perché nessuno lo ha chiesto considerando l’anno negativo”. Il consigliere delegato ha quindi sostenuto la linea del presidente Bonomi riguardo la trasformazione della Bpm in società per azioni. “Credo che bisognerebbe estendere a tutti i soci la partecipazione”, ha detto, “perché la tecnologia permette ora di fare cose che prima non erano realizzabili”.

E anche Bonomi rimane sulla sua posizione, spingendo per la trasformazione della società in Spa, perché “siamo in una situazione difficilissima che non può continuare”. Il presidente ha quindi chiesto “sforzi da parte di chi in passato ha governato questa banca”, dichiarando che “siamo una banca fragile come cooperativa, che ha avuto momenti difficili in questi 150 anni” e che “quando si rompe qualcosa rimetterlo insieme non è facile”.

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LA REPUBBLICA.it, sabato 27 aprile 2013

Bpm, no al televoto – Bonomi: non è uno schiaffo – La decisione dei soci è stata accolta dall’assemblea con un boato d’esultanza. La proposta era stata fatta dal presidente del consiglio di gestione, Andrea Bonomi. Che adesso ha 60 giorni di tempo per convincere la banca a votare la spa. Polemiche su Annunziata. I sindacati

di VITTORIA PULEDDA

MILANO – Il voto a distanza non passa all’assemblea degli azionisti della Bpm. Con una votazione plebiscitaria da parte degli oltre quattromila soci presenti (fisicamente e per delega) i soci della Popolare hanno bocciato la proposta di modifica del Regolamento assembleare avanzata e caldeggiata dal presidente del consiglio di gestione, Andrea Bonomi. In assemblea la scelta è stata fatta per alzata di mano e l’esito, palesemente contrario, è stato accolto con un boato di esultanza.

Il voto a distanza era il punto forte dell’assemblea, che ha anche ratificato il bilancio e sostituito il consigliere Carlo Dell’Aringa, dimissionario da febbraio scorso in seguito alla scelta di presentarsi alle elezioni politiche. Non sono stati invece sostituiti gli altri tre consiglieri dimissionari né lo stesso presidente del consiglio di sorveglianza, Filippo Annunziata, oggetto in assemblea di alcuni interventi polemici (Annunziata è stato oggetto di una lettera di richiamo da parte del consiglio di sorveglianza, sulla base delle risultanze dell’Organismo di controllo interno di sorveglianza, per una storia di sconfinamenti su un finanziamento della stessa Bpm).

La vicenda del voto a distanza,  pur non necessariamente collegato, è stato vissuto come una sorta di referendum pro o contro la trasformazione in spa, nonostante lo stesso Bonomi in assemblea aveva spiegato le due cose sono disgiunte e che “la banca deve diventare trasparente: una banca popolare deve avere il massimo di partecipazione all’assemblea, è un segno di chiarezza e di civiltà”.

Il presidente aveva anche aggiunto, dopo la bocciatura, di non considera il voto “come uno schiaffo” e, a proposito della spa, ha detto: “Ora abbiamo 60 giorni per vedere se i sindacati capiscono il loro nuovo ruolo”. Ma è evidente che la levata di scudi di oggi è significativa. Così come è stata subito chiara la posizione dei sindacati. “È indispensabile che Bonomi e il comitato di gestione della Bpm elaborino un piano industriale serio e non un progetto speculativo, come quello attuale”, ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. Il segretario della Fisac, Agostino Megale, ha parlato invece di necessità di “una riflessione attenta e di un cambiamento di passo da parte di Bonomi, per costruire soluzioni condivise”.

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IL MESSAGGERO, domenica 28 aprile 2013

BPM, i soci bocciano il voto a distanza – Diventa più difficile la trasformazione della banca in SpA

(cliccare sull’immagine per ingrandire)

messaggero-28aprile

Siamo presenti anche su:

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