Home Rassegna Stampa BANCHE La guerra di Piazza Meda – Gli uomini di Bonomi lasciano il vertice Bpm (IL GIORNALE, mercoledì 24 aprile 2013)

BANCHE La guerra di Piazza Meda – Gli uomini di Bonomi lasciano il vertice Bpm (IL GIORNALE, mercoledì 24 aprile 2013)

di Redazione

BANCHE La guerra di Piazza Meda – Gli uomini di Bonomi lasciano il vertice Bpm – Altre tre dimissioni dal consiglio di sorveglianza, occhi a Bankitalia Annunziata: «Il piano spa continua». Ma c’è il peso del gruppo «Amici» 

 Massimo Restelli

Andrea Bonomi ritira gli «ambasciatori» dal consiglio di sorveglianza della Popolare di Milano. Con un effetto domi­no, all’indomani delle dimissio­ni del presidente Filippo Annunziata lasciano Cesare Piovene e Anna Maria Pontiggia. Entrambi militavano nella lista di Investindustrial; via anche Federico Fornaro (Alessandria) approdato al Senato con il Pd. Il dato sistemico è l’addio dei «bonomiani», perché sancisce la definitiva presa di distanza da quello che resta della vecchia guardia di Bpm. Dove il blocco di potere trasversale che faceva perno sull’ex Associa­zione Amici starebbe cercando di guadagnare nuovo spazio.

È iniziata quindi la guerra finale per il controllo di Piazza Meda, con la prospettiva che la decisione di Investindustrial induca Bankitalia ad assestare un nuovo colpo: sia Piovene sia Pontiggia hanno sostanzial­mente motivano la decisione con l’impossibilità di gestire la cooperativa nel suo percorso di avvicinamento all’assemblea di giugno per il riemergere dei «potentati» interni. Simile era stata la spiegazione di Annunziata, che ha però aggiunto come il progetto spa «non sarebbe in discussione» neppure «se si dimettesse l’intero cds», visto che quest’ultimo non ha voce nella gestione. Sul tavolo della sorveglianza c’era poi il parere, molto problematico, stilato dal­lo studio Benessia sulla fattibilità del voto a distanza. Questa è una delle variabili chiave per gestire l’assemblea dei soci, men­tre la base riprende forza, aiutata dalla levata di scudi decisa dai vertici di altre Popolari a difesa del «modello-coop». Saba­to ci sarà l’assaggio della «gran­de guerra», con l’assise sul bi­lancio e, appunto, il voto a di­stanza.

L’opzione è stata boc­ciata ieri anche dalla Fabi, che con Lando Sileoni ha in più occasioni difeso il «modello popolari » anche per sventare prece­denti per l’intero settore. Se continueranno gli addii al cds, alcuni sarebbero stati «frenati », potrebbe comunque mancare il numero legale: l’or­gano di sorveglianza considerando le recenti dimissioni di Giovanni Bianchini, è già passa­to da 18 a 13 voci. Se scendesse a undici «teste», la parola passe­rebbe all’assemblea. E Bonomi, con l’aiuto della Vigilanza, potrebbe sfruttare le elezioni per acquisire maggiore forza. Fuori dal coro, invece, il rappresentante dei soci esterni Piero Lonardi, che ha definito «stru-mentali » le dimissioni da un cds che «non ha mai svolto il suo compito». Il board tornerà comunque a discutere venerdì per valutare l’esposto in Bankitalia rispetto alla proposta alternativa alla spa avanzata da Enrico Castoldi, Ruggero Cafari Panico e Maurizio Cavallari. Quell’atto è il terzo degli sbar­ramenti a fuoco in preparazio­ne contro il «progetto spa», in­sieme a quello dei sindacati (pur con dei distinguo tra loro) e quello dei soci-pensionati (di grande peso in assemblea, complici le deleghe), dove stanno confluendo i dipendenti usciti con il piano esuberi e alcuni ex esponenti degli «Amici». Quanto ai sindacati, sia la Fabi sia Fiba sono schierate per la cooperativa; la Fisac e la Uilca, che erano state le ultime ad alimentare gli «Amici», faticano invece a trovare una posizione univoca. A esacerbare gli animi nel quadrilatero di Piazza Meda ha comunque contribuito la decisione della banca di procedere contro sette dipendenti che avevano cercato di fare proseliti in vista dell’assemblea, utilizzan­do la mail aziendale: un addet­to sarebbe stato sospeso, altri 6 avrebbero ricevuto lettere di richiamo. Oggi è attesa la replica dei sindacati interni, statuto dei lavoratori alla mano.

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