– da “Percentualmente” di Rosaria Amato –
La crisi non ha solo aumentato il numero dei disoccupati, ha anche creato o reso molto visibili situazioni di “non abbastanza occupati” che prima erano largamente minoritarie. Negli ultimi anni sono emerse tante categorie intermedie tra chi lavora e gode di un reddito decente e chi non lavora e quindi è privo di reddito. La statistica da tempo ci parla di “working poors”, chi lavora ma è sottopagato, ed è comunque in gravi difficoltà economiche. Anche tra i disoccupati ci sono varie sottocategorie: gli inattivi, gli sfiduciati, qualcuno suggerisce di inserirvi anche i cassintegrati, considerato che per molti la Cig è solo l’anticamera del licenziamento. Oggi Eurostat ha diffuso i dati sui “lavoratori part-time sottoccupati”, che nel 2012 erano il 21,4% del totale dei part-time nella Ue27, 9,2 milioni di lavoratori.
Questa percentuale, spiega Eurostat, si riferisce a chi, tra i lavoratori part-time, “vorrebbe lavorare di più ed è disponibile a farlo per un numero maggiore di ore”. Nel 2008 erano il 18,5%, nel 2011 il 20,5%. La percentuale italiana è del 15,6% rispetto all’universo dei lavoratori part-time. In Grecia la percentuale arriva al 66%, in Spagna al 54,5%. Tutto sommato, rappresenta un risvolto amaro del vecchio slogan “lavorare meno, lavorare tutti”. Forse con un correttivo, perché il numero di chi lavora continua a ridursi.