Tajani: soluzione in 2 anni con un piano una tantum
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE – BRUXELLES —
«I debiti pregressi vanno pagati. Sempre, tutti, per legge. Lo Stato italiano deve fare di più e in fretta. Ci faccia sapere intanto a quanto ammontano i suoi debiti con le imprese, ci dia cifre sicure. E poi saldi tutto, nei 2 anni previsti dalla direttiva europea. Come altri Stati hanno scelto liberamente di fare». Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e commissario Ue all’industria, dice che l’Italia si è comportata bene davanti alla direttiva comunitaria del 16 marzo sullo sblocco dei pagamenti pubblici, è stata fra i primi Paesi a garantire il suo impegno almeno per gli arretrati più recenti: «Ma ha più debiti pregressi, rispetto agli altri Stati: finora conosciamo solo cifre vaghe… e la Commissione attende. Se è un dovere morale per i cittadini pagare le tasse, anche lo Stato deve pagare le imprese». Roma si è detta pronta a pagare alle imprese i debiti del 2013 e 2014, per 40 miliardi. Di quelli degli anni precedenti — dai 30 ai 60 miliardi, secondo stime ufficiose — per ora si sa poco. E ogni giorno riaffiora la polemica: lo sblocco definitivo «è un provvedimento che può essere preso da questo governo prima della fine della sua vita — ha detto ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi — ci aspettiamo più determinazione in questa direzione». Ci vuole «una procedura accelerata», ha fatto eco il presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli, «e non aspettare la costituzione di un nuovo governo». Da parte sua, il segretario generale della Federazione autonoma bancari italiani, Lando Sileoni, rileva che il pagamento dei debiti «permetterà alle piccole-medie imprese di aumentare la loro liquidità per poter sanare anche le posizioni deteriorate presenti nei bilanci delle banche, e riavviare il ciclo produttivo». Entro martedì, si riuniranno alla Camera i capigruppo dei partiti per discutere la relazione governativa sull’argomento: ma a Bruxelles, si teme che Roma punti soprattutto a rinviare i pagamenti più onerosi. Ci sono 23 milioni di piccole e medie imprese nella Ue, e 4 milioni di queste sono in Italia: «Viviamo in un mercato unico — dice ancora Tajani — e anche i problemi sono interdipendenti. Io sto facendo una campagna di sensibilizzazione sul tema dei pagamenti in ritardo, dalla Grecia, alla Spagna, al Portogallo e altrove. E per il nostro Paese, mi muovo in stretto contatto con il ministro delle politiche europee Enzo Moavero». Quel che chiede ora la Commissione all’Italia, è una bozza di piano politico, un’indicazione di massima su come si intenda procedere: «L’Europa non obbliga certo Roma a far nulla, e Roma non deve attendere da noi un’approvazione tecnica, per muoversi. Però il tempo non è molto. Ricevo ogni giorno gli Sos degli imprenditori ma quello che mi ha colpito di più è stato l’appello su questo tema del presidente Giorgio Napolitano: ha ricordato che l’Italia è un Paese fondatore della Ue, è un contributore netto (i suoi contributi alla Ue sono maggiori di quel che riceva, ndr)…». In altre parole, questo stesso Paese ha una storia e un ruolo in Europa cui tenere fede. Ma poi, l’ordinaria amministrazione bussa ancora alla porta: i pagamenti bloccati nell’ambito delle Province toccano i 2 miliardi, secondo l’Unione delle Province italiane, e il 21% di questi riguarda misure contro il dissesto idrogeologico. Nella terra dei terremoti e delle alluvioni. Luigi Offeddu loffeddu@corriere.it