L’Abi presenta l’agenda al nuovo governo. Sì, proprio quel governo che Pier Luigi Bersani (alias Gargamella per i grillini) vorrebbe presiedere. Il primo punto all’ordine del giorno, però, è già diventato realtà. Nessuna lobby o particolare pressione: sono i miracoli di «fine mandato». L’esecutivo di Mario Monti ormai è alle battute finali e così ha pensato bene di accogliere una richiesta che viene da tutte le categorie produttive (e non solo dalle banche): iniziare il saldo dei debiti della pubblica amministrazione. Per il 2013 sono stati reperiti 20 miliardi e altri 20 sono attesi l’anno prossimo. Con questa mossa il Professore cercherà di farsi rimpiangere (ammesso che qualcuno ne senta la mancanza).
Ma sul taccuino dei banchieri italiani guidati da Antonio Patuelli ci sono anche altre iniziative per superare la crisi dell’Eurozona le attuali criticità, sia attraverso una rimodulazione dei programmi di austerità, (ad esempio con l’attuazione della golden rule), sia attraverso una maggiore integrazione (unione bancaria). Il rilancio del mercato immobiliare (con rimodulazione dell’Imu prima casa) è un altro punto. Le altre priorità per i primi 100 giorni dell’esecutivo sono, a giudizio dei banchieri dell’Abi, le misure per alleggerire il carico fiscale su lavoro e l’impresa «anche attraverso la tempestiva ripresa dei contenuti della delega fiscale». Dal punto di vista delle banche viene auspicata «la modifica del trattamento fiscale degli accantonamenti sui crediti» che consentirebbe di liberare ulteriori risorse per il finanziamento dell’economia.
Il quinto punto in agenda riguarda sia misure per l’occupazione giovanile che per dare definitiva soluzione al problema degli esodati. Ultimo punto, in linea con quanto già proposto da altre associazioni di impresa, è l’impegno a «riformare la legge elettorale, a ridurre i costi della politica e a combattere la corruzione». Anche il sindacato dei bancari interviene sull’argomento.
Il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha sostenuto la necessità dello sblocco dei crediti in quanto «le piccole medie imprese aumenterebbero così la loro liquidità per poter sanare anche le posizioni deteriorate presenti nei bilanci delle banche e riavviare il ciclo produttivo». Le sofferenze bancarie – aggiunge il leader della prima forza sociale del settore con oltre 100mila iscritti – minacciano la stabilità degli istituti di credito, incidono pesantemente nei piani industriali e, in una politica di taglio dei costi, creano esuberi di personale nelle banche. «I destini di imprese e famiglie e degli istituti di credito italiani – sottolinea Sileoni -sono strettamente correlati perché la crisi finanziaria impatta pesantemente anche sulle banche. Auspichiamo, inoltre, che il prossimo governo vari misure fiscali intelligenti,come ad esempio l’introduzione di maggiori deduzioni sui crediti svalutati, considerando che ad oggi le banche italiane scontano una tassazione del 15% più alta rispetto alle concorrenza europea. Conseguentemente le banche devono adottare politiche di erogazione del credito in misura omogenea sull’intero territorio nazionale ed in particolare nel Meridione, le cui famiglie e imprese corrono il serio rischio, se abbandonate a loro stesse, di finire nelle “mani” della criminalità organizzata e dell’usura. Chiediamo, infine, ai banchieri di rispettare gli impegni presi nel recente contratto nazionale di lavoro del credito, versando, come già chiesto da Patuelli, il 4% della loro retribuzione sul Fondo per l’occupazione di settore e contribuendo, così, a finanziare nuove assunzioni stabili nelle banche».