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“BANCHE, ADESSO BASTA CON I TAGLI” – Il Giornale intervista Lando Maria Sileoni

di Redazione

Il sindacalista Lando Maria Sileoni

“BANCHE, ADESSO BASTA CON I TAGLI”

 

Il capo della Fabi: “Costi troppo alti? Non è vero, l’Abi contenga anche gli stipendi dei top manager”

– Massimo Restelli –

L’anno che sta per finire ha visto il rincorrersi dei piani di ristrutturazione con cui 13 banche italiane hanno tagliato i costi del personale: ultime in ordine di tempo Mps, Bpm e Cariparma. La cura ha visto l’impiego di contratti di solidarietà, una sorta di Cig, e un drastico ridimensionamento di bonus e integrativi. Chiediamo a Lando Maria Sileoni, leader della Fabi- il primo sindacato del settore con 100mila iscritti- come cambieranno le banche della penisola dopo che anche le Bcc hanno deciso di calcolare i premi di rosulato considerando i crediti in sofferenza lasciati da famiglie e imprese.

I sindacati- sottolinea Sileoni- hanno salvaguardato l’accesso volontario e incentivato al Fondo esuberi, rifiutando ogni ipotesi di prepensionamento obbligatorio. Il sistema bancario è un cantiere perenne. Troppi i cambiamenti dei modelli distributivi che disorientano lavoratori e clientela, oltre ad una classe dirigente che non riesce a dare risposte organizzative alla crisi. Oggi le aziende sono alla ricerca di una loro identità. Dichiarano una vocazione commerciale ma nella realtà faticano a dare risposte a imprese e famiglie, in un rapporto conflittuale col territorio. Dopo anni di nostre insistenze e pubbliche denunce, nei principali gruppi bancari sono diminuiti gli alti stipendi dei manager e le onerose consulenze esterne. Rimane aperto il problema delle sofferenze bancarie, aumentate, ma non solo, per effetto della crisi, che vengono scaricate nei piani industriali.

Alcuni studi sostengono che un terzo dei dipendenti sarebbe in esubero con il modello post-crisi…

 

Molti analisti sono inattendibili o di parte: far passare il messaggio perverso che i mercati finanziari sostengono le banche solo quando producono migliaia di esuberi è inaccettabile. Tutto è legato alla voracità dei banchieri e dei loro contratti di lavoro agganciati al raggiungimento degli obiettivi strategici dei piani industriali.

A gennaio riparte il confronto con l’Abi sull’accordo governativo di Produttività. Qual è la vostra posizione?

 

Se l’Abi vuole un’intesa, deve confrontarsi su come riorganizzare la rete per i prossimi 3 anni. Le banche possono ancora permettersi 320mila lavoratori e rendere operativo rapidamente il nuovo Fondo per l’occupazione che garantirà nuove assunzioni.

Nei documenti del Comitato esecutivo, l’Abi ha però definito insostenibile l’attuale costo del lavoro, ha fatto riferimento ai licenziamenti collettivi e alla rottamazione degli over 55.

Quella del costo del lavoro eccessivo rispetto alla media europea è una falsità, possiamo dimostrare che l’Abi inserisce nel computo anche gli alti stipendi dei grandi manager. Gli over 55 rappresentano una risorsa, siamo contro chi vuole strumentalmente alimentare una guerra generazionale tra chi dovrebbe entrare e chi dovrebbe uscire. In ogni piano industriale, abbiamo infatti affiancato assunzioni ai pensionamenti volontari. I primi segnali di ripresa strutturale del sistema sono già stati presentati dalle banche italiane al Fondo Monetario internazionale. L’inversione di tendenza è nascosta dai banchieri perché temono che vengano spuntate le loro armi contro il sindacato.

La trattativa con Mps è conclusa, ma ha visto lo strappo con la Fisac Cgil. Cosa farete?

 

Di fronte a una legge dello stato e alla volontà di Mps di procedere anche da solo, abbiamo responsabilmente scelto di garantire ai lavoratori esternalizzati l’applicazione del contratto del credito e l’obbligo da parte di Mps del mantenimento degli attuali livelli occupazionali, anche in presenza di un’eventuale crisi o di cessione a terzi della newco per il back office. Sarebbe stato folle lasciare mano libera all’azienda sulle esternalizzazioni attraverso il codice civile. La Fabi non ha mai avuto rappresentanti né nel consiglio d’amministrazione né all’interno della fondazione Mps e quindi non ha responsabilità nella gestione. Due sbagli, di cui siamo estranei, sono stati far credere ai lavoratori che Mps era un’oasi felice e impedire 5 anni fa l’utilizzo del Fondo esuberi attraverso cui sarebbero stati possibili 5mila prepensionamenti.

Alcuni pensano che lei scenderà in politica, altri definiscono corporativa la sua gestione della Fabi. Come rilancerebbe il Paese?

 

Io e l’attuale segreteria nazionale intendiamo ricandidarci per un prossimo mandato. Se per corporativo si intende che sono contrario alla penalizzazione della categoria, che non condivido l’obbligo della concertazione al ribasso, allora sì, sono orgoglioso di essere corporativo. Dal nostro punto di vista, per rilanciare l’economia servono tre riforme: una patrimoniale riservata ai grandi patrimoni in mano a pochi ricchi, una fiscale, per liberare risorse nelle fasce medio basse di reddito, rilanciando così la domanda interna e facendo ripartire i consumi, e una industriale di fusione e concentrazione delle imprese per competere così a livello internazionale. Nel medio lungo periodo si creerebbero le condizioni per un rapporto molto più stretto tra banca e industria e di conseguenza anche il sistema bancario uscirà automaticamente dalla palude.

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