La fine dell’anno è, tradizionalmente, occasione di bilanci su quanto realizzato e di progetti per l’avvenire. Momento di riflessioni, dunque, volte a valutare gli obiettivi raggiunti e quelli ancora da perseguire. La prima riflessione su cui voglio soffermarmi riguarda la nostra consapevolezza di esserci assunti importanti responsabilità per il futuro del lavoro nell’industria bancaria nazionale.
Da ciò consegue che la Fabi, in quanto rappresentativa della gran parte dei lavoratori bancari, si sente impegnata, con il contributo determinante di tutte le sue strutture, centrali e periferiche, a ricercare ed attuare forme concrete di tutela e garanzia dei diritti. In altre parole, la FABI si sente impegnata, in questa difficile stagione di crisi, ad essere protagonista.
La nostra Organizzazione, nata e cresciuta nel tempo grazie ad una scelta di autonomia e di libertà, non dimentica mai il suo spirito fondativo: lo rinnova, invece, e lo ripropone, scegliendo sempre, nei diversi contesti di categoria ed aziendali nei quali si trova ad agire, le vie del confronto diretto, del negoziato e della verifica degli impegni, in una costante vicinanza ai lavoratori.
Per noi, si tratta di una semplice, ma vitale necessità di coerenza: coerenza verso i nostri iscritti e verso tutti quei lavoratori che non possono sentirsi rappresentati e tutelati da organizzazioni che, troppo spesso, antepongono l’ideologia e le dispute nominalistiche alla vera tutela dei diritti. Organizzazioni che, sfuggendo la realtà, si rifiutano di contribuire ad una ricerca comune di soluzioni.
Come si può, oggi, essere sindacato se non si è capaci di proporre e di costruire soluzioni? Di perseguirle con tenacia, di sancirle e sottoscriverle, assumendosi, poi, la responsabilità di sostenerle e difenderle democraticamente a viso aperto? Al contrario, un sindacato consapevole del proprio peso politico, e non soltanto del proprio profilo tecnico, sceglie di partire dalle cose necessarie, individuando le soluzioni e sostenendo gli obiettivi possibili.
Un sindacato che non aspira ad una funzione di puro e banale contrasto, un riduttivo e superato ruolo interdittivo, ma un sindacato capace di ricoprire un ruolo di primaria responsabilità che è in grado di negoziare e, quindi, soggetto chiamato a partecipare, ad esserci, a rappresentare, non a sottrarsi e fuggire i problemi. La rappresentanza, prima che nei consigli e negli organismi di governance aziendale, va conquistata sul campo, attraverso il dialogo quotidiano con le persone, con i colleghi, nel rapporto con il territorio, nella frequentazione e conoscenza profonda delle sue espressioni familiari, associative, imprenditoriali.
È questo il volto della FABI. E vogliamo che lo sia anche per il futuro. Vogliamo e dobbiamo mantenere solidi e profondi legami con i lavoratori, con i nostri iscritti, riuscendo a parlare a tutti in modo chiaro e trasparente, impegnandoci nell’arricchire ed aggiornare costantemente le nostre conoscenze e le nostre competenze tecniche. In altre parole, dobbiamo crescere: per rinforzare e migliorare la qualità del nostro impegno e delle nostre proposte, e per essere pronti a misurarci su terreni sempre più difficili e complessi. Il nostro Paese sta attraversando una fase di estrema difficoltà, accentuata dall’incertezza del quadro politico. Il ceto medio, circa il 60% delle famiglie, soffre la fase di recessione economica, registrando una contrazione del reddito disponibile, che genera una diminuzione della ricchezza posseduta. In parallelo, diminuisce anche la “mobilità sociale”, ovvero l’opportunità di migliorare la propria condizione nella società civile, così come rallenta enormemente il ricambio generazionale nel mondo del lavoro. Ecco perché alcuni accordi, sottoscritti di recente in Gruppi e Banche, pur non rappresentando certo una svolta, costituiscono dei segnali importanti di tenuta sui quali puntare per il prossimo futuro.
Ed è proprio da questi segnali importanti che vogliamo ripartire. Con il sostegno di tutti voi, e con la tenacia e la determinazione che ci contraddistinguono, faremo il necessario e, sicuramente, tutto il possibile. Questo ultimo pensiero mi richiama alla mente la riflessione di un grande della nostra terra, grande perché appartiene al patrimonio comune della cultura di credenti e laici: “Cominciate col fare il necessario, poi ciò che è possibile….e, all’improvviso, vi sorprenderete a fare l’impossibile”. (S. Francesco d’Assisi). Che sia di auspicio per il nostro impegno. Auguro a tutti voi un felice Natale!