Un ritorno alle origini è saggio se contestualizzato al presente, anzi al futuro. Non si tratta di tornare all’epoca dei clipper e alle corse per il tè, ma di idee che sfruttano la stessa forza con tecnologie avveniristiche.
Dall’Asia all’Europa sono tantissimi i centri di ricerca che propongono soluzioni per abbattere i costi di trasporto in mare. La forza del vento dovrà essere affiancata a quella dei sistemi propulsivi tradizionali. Non solo si tratta di risparmio monetario, ma anche ambientale e di tempistica.
I più vicini al risultato sono i ricercatori dell’Università di Tokio, il loro cargo da nove alberi alti 164 metri monta vele larghe 65 metri rigide, in plastica e alluminio. Invece di imbarcare un centinaio di marinai e riempire la nave di ‘scotte da tesare’, l’automazione pensa a tutto. Le vele sono fisse e gli alberi possono ruotare alla base per sfruttare al massimo la direzione del vento. Oltre a ruotare gli alberi possono anche ammainarsi per dare minore o maggiore superfice velica alla nave. Un sistema sperimentale è già stato montato su un mercantile che ha compiuto il suo viaggio di due mesi risparmiando 1000 dollari al giorno di carburante. Un grande traguardo.
I tedeschi sono arrivati ad un’altra soluzione, l’aquilone-turbina. Fissata a prua e mandata a 300 metri di altezza grazie ad un pallone aerostatico, la pala eolica sfrutta i potentissimi venti in quota riuscendo a fornire alla nave fino al 30% del suo fabbisogno energetico utile al movimento.
Alcuni si chiedono come una nave di grande stazza possa evitare lo sbandamento provocato dal vento non avendo una deriva, un timone fisso saldato alla chiglia indispensabile per le navi a vela. Altri assicurano che proprio la grande stazza non rende necessaria la deriva. Insomma, manca solo la prova finale con la costruzione della Wind Challenger.