ROMA – Oltre 8 mila filiali in meno, circa 19.500 dipendenti in esubero, 13.101 esodati. Sono le cifre da brivido del mondo delle banche italiane nei prossimi anni secondo una ricostruzione molto attendibile che assembla le indicazioni previste dai vari istituti scolpite nei rispettivi piani. Questa fotografia fa da sfondo al consueto incontro pre feriale in programma oggi tra i leader delle organizzazioni sindacali e il presidente Abi Giuseppe Mussari per ripensare la governance delle banche in una fase molto calda delle relazioni industriali. Ma vediamo banca per banca le grandi linee della maxi-ristrutturazione considerando che a marzo scorso (dati Bankitalia) le filiali erano 33.439 con una popolazione di 325 mila dipendenti.
Intesa. Il piano di razionalizzazione dei costi, varato a seguito dell’entrata in vigore della riforma Fornero che ha bloccato 4.500 uscite del vecchio piano industriale, prevedrebbe la chiusura di 1000 filiali (forse solo 700) sulle 5.581 presenti in Italia. L’azienda smentisce la cifra emersa in incontri sindacali. Ma il progetto di revisione della banca dei territori, recentemente annunciata, riapre i timori. A giugno l’azienda ha detto che i lavoratori esodati salvaguardati potevano essere circa 200/300, poche centinaia su un totale di 4200 esodandi da qui al 2013. Ma alla luce del nuovo decreto, si attende un rialzo della stima.
Unicredit. Nei prossimi tre anni chiuderà 200 filiali. Il piano industriale al 2015 conferma l’obiettivo di una riduzione di personale di 3.500 unità, prevedendo il pensionamento obbligatorio di 800 lavoratori. Dopo l’emanazione del decreto piazza Cordusio ha ripreso le procedure di conciliazione di circa 1700 dipendenti rimasti bloccati.
Mps. Il nuovo piano industriale 2012/15 prevede la chiusura di 400 sportelli su una rete di 2915 filiali. Previsti 4.600 esuberi su 31 mila lavoratori: 2360 dall’esternalizzazione del back office, 1210 dalla cessione di asset, il resto da uscite naturali e pensionamenti. Gli esodandi rimasti scoperti sono 520.
Ubi. Il gruppo bresciano punta a un risparmio di 115 milioni per il 2014. Saranno chiusi o messi in vendita 44 sportelli e altri 78 saranno trasformati in mini sportelli. Previsti tagli pari all’8% delle spese per il personale, con una riduzione di 1500 dipendenti full time. Sono in attesa della copertura 410 esodati
Banco Popolare. Il piano industriale 2011-14 prevedeva la chiusura di 140 sportelli entro il 2015 (di cui circa 80 chiusi) con una riorganizzazione della rete 2014-2016 porterà a ulteriori riduzioni di 650 unità.
Bper. Il piano industriale 2012-14 prevede la chiusura di 50 sportelli e la creazione di altri 25 in luoghi economicamente strategici (non sono ancori stati forniti dati sulla ripartizione territoriale delle chiusure). Il piano prevede 450 e 600 tra riqualificazioni e ricollocazioni professionali su circa 11.800 dipendenti.
Bpm. Il piano industriale al 2015 prevede la chiusura di 30 sportelli, il calo da 200 a 150 di dirigenti, riqualificazione e formazione di 2.300 dipendenti, riduzione del personale di circa 700 unità.
Carige. A settembre partirà la trattativa con i sindacati per dividere il gruppo in due: Carige Liguria e Carige Italia. Non è escluso che il piano di implementazione degli sportelli subisca una revisione.
Cariparma. Il piano industriale 2011-14 prevedeva 360 pre-pensionamenti tutti volontari e incentivati. Alla banca sono arrivate il doppio delle domande (in tutto 700) e i vertici hanno annunciato ai sindacati che, alla luce delle richieste, aumenterà la platea degli esodati, pur non quantificandone il numero. Quanto agli sportelli, sono state previste 7 chiusure e 4 aperture in Cariparma, 4 chiusure e 2 aperture in Friuladria, 2 chiusure e due aperture in Carispezia.
«Eviteremo che qualche gruppo bancario possa approfittare dell’attuale situazione di crisi per trarne dei vantaggi» dice Lando Sileoni, leader della Fabi. «Siamo convinti che la soluzione alla crisi possa passare anche attraverso la presenza dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli d’amministrazione e di sorveglianza delle banche. Questa convinzione deriva da un’oggettiva analisi dell’evoluzione del sistema. Infatti, fino ad oggi la gestione delle aziende, da parte dei manager di turno, è stata, per usare un eufemismo, non all’altezza. È ora di dire basta e utilizzare il nuovo contratto nazionale per creare nuova e stabile occupazione». r. dim.
1 commento
Il “dado è tratto” e non ci si può più tirare indietro. Finalmente e con semplicità e chiarezza, la nostra Organizzazione, quella dell’ “Automia che fa la differenza”, attraverso le ponderate ma secche parole del suo Segretario Generale, pone sul tavolo dei banchieri, con stile, il problema dei problemi. Quello che riporta in campo, sollecitandone implicitamente modi e forme di attuazione, l’urgenza di dare seguito a quella parte della nostra Costituzione (art. 46) rimasta, quasi ovunque, una bella dichiarzione di un principio, priva di risvolti pratici. Là dove si determinano i destini delle migliaia di Lavoratrici e Lavoratori del nostro Settore, vogliamo esserci anche noi, nel rispetto delle modalità e delle procedure per arrivarci, ma con la nostra inconfondibilie voce, quella che saprà portare in alto l’insopprimibile e concreta esigenza di equità e giustizia, nella responsabilità sociale. Molto bene Lando! E’ un nostro diritto, quello di “collaborare alla gestione delle aziende”, un po’ “assopito” ma tutelato dalla Carta costituzionale. Occorreva chi gli desse voce e forza. Sei arrivato tu!