MILANO – Mps disdetta il patto parasociale che lo legava alla Spoleto Crediti e servizi sul 77,22% della Popolare di Spoleto (Bps). La decisione è stata presa due giorni fa dal consiglio presieduto da Alessandro Profumo e serve ad attivare «l’irrevocabile proposta di cessione» del 26% detenuto da Mps nella Bps e l’impegno della cooperativa ad acquistarla o farla acquistare da un terzo entro sei mesi. Complessivamente l’investimento di Mps ammonta a 70 milioni di cui 30 nella cooperativa e 40 nell’istituto. Stima una plusvalenza di circa 20 milioni. Il divorzio è la conseguenza delle divergenze di vedute sul rafforzamento patrimoniale della banca umbra: sull’aumento di 30 milioni c’era condivisione, sul prestito obbligazionario convertibile da 70 no. E queste posizioni saranno manifestate in occasione dell’assemblea della Bps del 10 agosto. Il cda dell’altro giorno avrebbe preso altre decisioni. In primis la policy sui licenziamenti di 100 dirigenti previsti dal piano industriale al 2015 varato a fine giugno: significa che ai fuoriusciti non dovrebbero venir concessi trattamenti di favore in considerazione dello stato di crisi. Inoltre il board su proposta di Fabrizio Viola avrebbe riarticolata la rete distributiva. Ristrutturate le aree che passano da 11 a 8: tra queste Marche e Umbria confluiscono in Toscana sud e verranno accorpate Calabria e Sicilia. Inoltre sfoltiti i direttori territoriali mercato (dtm) che da 113 diventano 65. Ieri intanto c’è stato lo sciopero delle filiali Mps e Unicredit che hanno registrato adesioni pari a circa l’85%. «Le banche stanno attuando politiche aggressive rispetto ai diritti dei lavoratori – dice Lando Sileoni, segretario generali della Fabi, l’organizzazione maggiore – e le uniche soluzioni di una classe dirigente talvolta inadeguata vengono realizzate tagliando posti di lavoro, variando gli ennesimi modelli distributivi che disorientano la clientela e aumentano il distacco tra le banche e i rispettivi territori d’appartenenza». Per il leader Fabi «la massiccia adesione agli scioperi dimostra anche lo scollamento esistente tra il personale e i vertici aziendali. Nel caso del gruppo Mps, il nuovo piano industriale risulta completamente carente delle più elementari e concrete prospettive di crescita e di sviluppo». Infine Sileoni annuncia che «se i banchieri non cambieranno radicalmente la politica industriale nelle riorganizzazioni e ristrutturazioni in atto, all’estate calda seguirà un autunno ancora più conflittuale»