di Fulvia Grandi
Dal piano industriale Bpm attesi altri 1.500 eusberi. Effetto Fornero. Fabi: gli istituti non sanno come recuperare redditività. L’ultima banca ad aver annunciato nuovi tagli è Ubi, che due giorni fa ha dichiarato 1.500 esuberi. Con l’annucio dell’istituto guidato da Victor Massiah salgono a oltre 7.500 i tagli che le principali banche italiane si apprestano a effettuare entro il 2015 al fine di recuperare redditività. Un numero che la prossima settimana potrebbe lievitare fino a 9.000, visto che il 25 luglio la Banca Popolare di Milano presenterà il piano industriale del gruppo che, secondo alcune indiscrezione, potrebbe contenere una riduzione di organico stimabile fino a 1.200-1.500 dipendenti.
PER ORA SONO SOLO TAGLI ANNUNCIATI. A queste cifre bisogna poi aggiungere oltre 5.100 uscite previste nei vecchi business plan che sono state bloccate dalla riforma Fornero sulle pensioni. Insomma, anche se per ora sono solo tagli annunciati dagli istituti bancari, che devono ancora essere oggetto di trattativa con i sindacati, si tratta di numeri importanti che rivelano un periodo critico per l’intero sistema bancario italiano. E a farne le spese sono sempre i dipendenti.
UN SISTEMA INGESSATO. «Il problema di fondo è uno», dice a Economiaweb.it Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiani, che con i suoi quasi 100mila iscritti è il sindacato bancario più rappresentativo in Italia: «Il sistema bancario italiano è caratterizzato dalla presenza di alti dirigenti che hanno oltre 75 anni di età e sono collegati a fondazioni, principali azionisti delle banche, o famiglie che detengono il controllo degli istituti stessi, sia spa che banche popolari. Famiglie che non si vedono, ma che hanno in mano i consigli di gestione degli istituti e realizzano piano industriali con vecchi rituali». Insomma, c’è una visione datata del sistema italiano, che dovrebbe mutare profondamente, mentre alla fine resta immobile.
PERDITA DI REDDITIVITA’. E per fronteggiare l’intensificarsi della crisi, a detta del sindacato, i management delle varie aziende realizzano dei piani dove il recupero della redditività persa avviene soltanto sui tagli di personale e chiusura di filiali. Esempio lampante è quello di Mps. Il nuovo piano industriale 2012-15 presentato a fine giungo dall’amministratore delegato Fabrizio Viola e dal presidente Alessandro Profumo prevede, tra le altre cose, 4.600 esuberi nel triennio, un taglio del contratto integrativo, l’esternalizzazione del back office e la chiusura di 400 sportelli.
MPS NON E’ UN CASO ISOLATO. Ma quello del Monte non è un caso isolato: nella revisione della struttura organizzativa di gruppo, due giorni fa, a sorpresa Ubi Banca ha annunciato una dieta dimagrante fatta di risparmi per oltre 115 milioni di euro all’anno a partire dal 2014 (di cui almeno 70 milioni di riduzione di costi già nel 2013) tra chiusura/vendita di filiali e taglio di posti di lavoro. Nella mappa dei tagli, bisogna poi inserire anche Veneto Banca che lo scorso 2 luglio ha dichiarato 246 esuberi per recuperare la redditività perduta; Unicredit che nel nuovo piano industriale 2012-15 ha parlato di una riduzione di organico di 800 unità; e, infine, Bper il cui business plan 2012-14 prevede 450 uscite e 600 riqualificazioni e ricollocazioni professionali.
EFFETTO FORNERO SUI PIANI INTESA, BANCO E BNL. La fotografia, però, non è ancora completa: ci sono infatti alcuni grossi istituti che hanno bloccato le uscite, dopo l’arrivo della riforma sulle pensioni che ha innalzato l’età pensionabile. Caso eclatante è quello di Intesa Sanpaolo, che ha bloccato le 4.500 uscite previste dal vecchio piano industriale 2011-13. Così come il Banco Popolare, dove la riforma Fornero ha messo in stallo circa 300 uscite relative all’ultimo business plan 2011-14, o il gruppo Bnl, dove da adesso a dicembre erano previste, in base all’ultimo piano, circa 370 tagli.
TRATTATIVE SULLE COPERTURE. In ogni caso, in molti di questi ultimi casi, istituti e sindacati stanno trattando per vedere quanti di questi lavoratori sono coperti e quanti no dalla spending review. Per esempio, secondo una prima stima, nel gruppo Banco Popolare i lavoratori coperti potrebbero essere circa 200, mentre il gruppo Bnl, di comune accordo con i sindacati, sta procrastinando le uscite in attesa di sapere se i lavoratori sono salvaguardati o meno dai decreti governativi. In tutti i casi, la spiegazione è sempre una. I margini fatti con la vendita di prodotti ad alto rischio. «Le banche lamentano un calo importante della redditività. In pratica, mancano i guadagni a due cifre di 6-7 anni fa, basati, soprattuto, sulla vendita di prodotti finanziari ad alto rischio», spiega Sileoni, che poi aggiunge che come secondo motivo addotto dalle banche nel taglio del personale c’è la riforma sulle pensioni che ha innalzato l’età pensionabile, bloccando di fatto molti lavoratori che prima, mancando 5 anni alla pensione, avevano accettato volontariamente di uscire dall’azienda.
FABI: RAPPORTI DIFFICILISSIMI TRA SINDACATO E BANCHE. «La crisi ha poi peggiorato drasticamente la già critica situazione, facendo lievitare le sofferenze bancarie», prosegue il segretario generale della Fabi, che parla di «rapporti diventati difficilissimi» tra sindacati e banche. Uno dei vari argomenti, riguarda l’erogazione del credito. «Gli istituti rifiutano di dirci come, a chi e perchè elargiscono affidamenti che dopo pochissimo tempo si trasformano con disinvoltura in sofferenze», spiega Sileoni, che prosegue dicendo che su questo tema manca ancora un confronto diretto tra aziende e sindacati.
IN ARRIVO UNA RAFFICA DI SCIOPERI. Un problema importante visto che alla fine il peso delle sofferenze ricade sulla realizzazione di piani industriali caratterizzati esclusivamente da risparmi sul personale. Una situazione inconcebile, che ha già portato tutte le sigle sindacali a indire degli scioperi nei primi tre istituti di credito italiani. Dopo lo stop del 2 luglio di Intesa Sanpaolo, il 27 luglio incroceranno le braccia sia i dipendendi di Unicredit sia quelli del Monte dei Paschi. E a Siena è previsto un bis in meno di un mese: i sindacati hanno infatti già fissato per lunedì 13 agosto un secondo giorno di stop dal lavoro. Insomma, una situazione critica, che sembra intensificarsi ancora di più nei prossimi mesi.