MILANO — Dal Tesoro arrivano 2 miliardi per il Montepaschi. Il governo, su richiesta della banca senese, ha deciso ieri di riaprire i Tremonti bond, titoli obbligazionari speciali varati nel 2009, per consentire all’istituto di rispettare la richiesta dell’Autorità bancaria europea (Eba) di 3,3 miliardi di capitale in più per arrivare a un livello di patrimonio adeguato (9% di core tier 1). Insomma, il Consiglio dei ministri ha varato ieri un secondo aiuto di Stato per Mps, dopo che tre anni fa l’istituto aveva già fatto ricorso a quegli strumenti per 1,9 miliardi. Complessivamente l’operazione del governo riguarderà 3,9 miliardi perché i vecchi Tremonti bond, non ancora rimborsati (al pari di Bpm), saranno rinegoziati. Si tratta di una cifra pesante per la banca, che dall’acquisizione di Antonveneta del 2007 per 9 miliardi ha già affrontato due aumenti di capitale per complessivi 7 miliardi, e che in borsa vale 2,4 miliardi (ieri il titolo ha ceduto un altro 5,2% a 0,19 euro, vicino ai minimi). Ma è stato necessario bussare a Via XX settembre per «l’impossibilità, di cui Banca d’Italia ha preso atto, di ricorrere a soluzioni private di rafforzamento del patrimonio a causa delle attuali condizioni di mercato altamente volatili». L’annuncio del governo è arrivato ieri mattina poco prima del board della banca presieduta da Alessandro Profumo che ha approvato il piano industriale «Rilancio 2015» firmato dall’amministratore delegato Fabrizio Viola e che oggi sarà presentato al mercato. La banca pagherà caro il sostegno pubblico, come sottolinea per esempio Mediobanca in una nota. Secondo indiscrezioni la cedola da riconoscere al Tesoro sarà di almeno il 9% (comunque non più alta del 10%), dunque almeno pari all’interesse che il vecchio Tremonti bond avrebbe riconosciuto dal 2013 (oggi è all’8,5%): se fossero usati tutti i 3,9 miliardi, Mps dovrebbe pagare circa 350 milioni l’anno, azzoppando gli utili. Il vantaggio è però che la cedola non sarà pagata se non vengono staccati dividendi, anche se ne soffriranno gli altri soci. Ci sarà poi il problema di come rimborsare quei miliardi: per questo il mercato stima che alla fine la banca dovrà ricorrere a quell’aumento di capitale finora evitato per non fare diluire ancora la Fondazione Mps, già scesa al 36%. «L’importo effettivo sarà stabilito dalla banca in prossimità dell’emissione», ha precisato il governo nella nota. La Banca d’Italia ha stimato che a Mps mancherebbero 1,3-1,7 miliardi ma ha richiesto al governo 2 miliardi, livello considerato «opportuno, tenuto conto delle incertezze circa l’esito delle azioni in corso di realizzazione», come la vendita di Biverbanca per 200 milioni. Tra le azioni già intraprese ci sono la conversione dei bond «fresh» e l’adozione di modelli avanzati di calcolo del rischio. Ora ci sarà la ristrutturazione: l’attesa è per 100 milioni di tagli sia con cessioni di controllate (Consum.it, il polo informatico) sia con contratti di solidarietà al personale.
«No al nuovo piano industriale se ci sarà un taglio di posti di lavoro», ha detto Lando Maria Sileoni (Fabi), che oggi incontra Viola con le altre sigle sindacali. «Vogliamo sapere di chi sono le responsabilità di questa difficile situazione». Fabrizio Massaro fmassaro@corriere.it