ANDREA GRECO MILANO — La mano del Tesoro sul Monte dei Paschi si rafforza: il nuovo sostegno pubblico in forma di prestito arriverà a 2 miliardi, in «nuovi strumenti finanziari di patrimonializzazione assimilabili a obbligazioni speciali simili ai Tremonti bond». Di cui la banca tre anni fa ebbe già 1,9 miliardi. Fanno 3,9 miliardi di prestiti pubblici convertibili e da rimborsare, a ristoro della terza banca italiana che non è riuscita a trovarli altrove. La somma, stanti le dimensioni e la capitalizzazione del gruppo (2,36 miliardi dopo il -5,2% di ieri a 19 centesimi, sui minimi storici) rappresenta una bella ipoteca sul futuro, e a qualcuno ha fatto tornare in mente l’antico, fino ai primi anni Novanta, quando il Monte era istituto di diritto pubblico e il Provveditore – il presidente di allora – lo nominava il governo. L’evocazione finisce qui, ma è certo che nel breve termine Mps dovrà destinare buona parte degli utili (gli analisti stimano almeno 350 milioni l’anno) a ripagare le cedole al Tesoro, cercando di rimborsare parte dei prestiti; e dovrà ricapitalizzare per estinguerli. Fino a quel giorno a Siena il focus si sposta sugli obbligazionisti. Oggi se ne saprà di più, con la presentazione del piano 2012-2015 redatto per soddisfare le richieste dell’Eba, regolatore improvvido che a fine 2011 ha chiesto di rafforzare il patrimonio di 3,2 miliardi ai senesi in sei mesi. Ma in questa fase terribile dei mercati quasi nessuna banca mondiale è riuscita a ottenere capitale dagli investitori. Ieri il Consiglio dei ministri ha spiegato che sottoscriverà strumenti finanziari emessi dalla banca fino a 3,9 miliardi, e contestualmente sostituirà i vecchi Tremonti bond per 1,9 miliardi. «La Banca d’Italia – riportava una nota del governo – ha comunicato che per raggiungere il target richiesto dall’Eba la banca senese stima un fabbisogno di capitale di 1,3-1,7 miliardi. Monte dei Paschi ha comunicato alla Banca d’Italia, che ne ha preso atto, l’impossibilità di ricorrere a soluzioni private di rafforzamento a causa delle attuali condizioni di mercato altamente volatili». Sempre la vigilanza ha ritenuto opportuno, «tenuto conto delle incertezze circa l’esito delle azioni in corso di realizzazione, che lo strumento legislativo contempli un importo massimo di 2 miliardi». Ben più degli iniziali 700 milioni stimati, ma sarà la banca senese, al momento dell’emissione, a stabilire l’importo effettivo del prestito.
A Siena la lunga vigilia del piano è iniziata verso le 12 con l’esecutivo della banca, durato un paio d’ore. Poi il cda fiume, dove oltre al prestito pubblico sono state analizzate la cessione del 60% di Biverbanca alla Cassa di Asti (incasso di circa 200 milioni) e le misure del piano di riassetto. Sarà basato sul taglio dei costi, ma secondo tutte le dichiarazioni di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola fin qui non dovrebbe tagliare personale.
I sindacati bancari mettono già le mani avanti: «No al nuovo piano industriale se ci sarà taglio di posti di lavoro – ha detto Lando Sileoni, della Fabi –. Contrasteremo il nuovo piano Mps se ci sarà un taglio dei costi e dei posti di lavoro. A queste condizioni lo scontro sarà inevitabile ».