VENEZIA — Dei circa sessantacinquemila esodati che rischiano di veder posticipata la data della propria pensione in virtù della nuova normativa previdenziale, quasi diciassettemila provengono dal settore bancario, e di questi, poco meno di 1.400 sono veneti.
La Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, ha lanciato ieri l’allarme a Venezia: «La riforma Fornero mette a repentaglio la solidarietà generazionale nelle banche – ha spiegato il segretario nazionale Lando Maria Sileoni – visto che le 12mila uscite bloccate rallentano le assunzioni di venticinquemila giovani previste per i prossimi cinque anni nel contratto nazionale firmato a gennaio». Gli ingressi dei giovani finiranno quindi per slittare, nonostante siano finanziati da un fondo per la nuova occupazione creato con l’equivalente di una giornata di lavoro dei lavoratori del credito e dal 4% della propria retribuzione fissa da parte del top management.
Una situazione ingarbugliata che secondo la Fabi deve essere risolta subito, visto che a giugno ci sono le prime finestre per andare in pensione e soprattutto in considerazione che gli «scivoli» verso la quiescenza sono anch’essi finanziati da un fondo di solidarietà costituito dall’Abi e senza alcun contributo pubblico: il fondo, negli ultimi dieci anni, ha concesso il prepensionamento volontario e incentivato di quasi 38mila bancari prossimi alla pensione, 3.500 dei quali sul suolo regionale. E, secondo il sindacato, gli accordi firmati l’anno scorso tra lavoratori e aziende non possono essere messi in discussione: «Ovviamente a chi non ha certezze consigliamo nel frattempo di continuare a lavorare perché potrebbe ritrovarsi con almeno un anno e un mese senza stipendio né pensione», ha spiegato Sileoni. In Veneto gli esodi dovrebbero essere poco meno di 1.400, e di questi almeno 800 sono a rischio con la riforma Fornero. La vicenda esodati avrà inoltre ripercussioni sull’intero sistema bancario, visto che molti istituti hanno intenzione di rivedere i propri piani industriali: le nuove assunzioni difficilmente verranno messe in atto, e molte banche dovrebbero finire per seguire la strada battuta da Intesa Sanpaolo, che ha intenzione di chiudere circa un migliaio degli oltre cinquemila sportelli, incominciando da quelli più piccoli e improduttivi. «Nell’ultimo anno c’è stato un calo del 35% delle operazioni di sportello nel Veneto – ha spiegato il segretario provinciale veneziano Luciano Marzio – e solo una minima parte va attribuito al diffondersi dell’home- banking: il sistema è in crisi, e gli istituti vorrebbero chiudere le filiali con 2 o 3 dipendenti, o ridurre i costi con l’installazione dei bancomat di nuova generazione. Capiamo le difficoltà, ma così si perde contatto con il territorio; le filiali che rischiano di più sono quelle di piccole dimensioni delle zona di provincia a Padova, Treviso e Verona». Tutte le sigle sindacali hanno indetto un presidio davanti alle prefetture: inizialmente previsto per martedì prossimo, è stato spostato al 19 a causa del terremoto. In Veneto si terrà a Padova. «La riforma introduce effetti retroattivi pesantissimi – spiega Emanuele Morosinotto della Fiba Cisl padovana – tradendo un patto che le parti avevano già stipulato e agendo su un ammortizzatore sociale che i bancari hanno costituito con le aziende senza alcun peso per lo Stato».
Andrea Saule