La situazione drammatica e, al contempo, assurda degli “esodati” è il clamoroso esempio di come il rigore economico concepito a senso unico, in modo fondamentalista, rischi di provocare danni irreparabili a una determinata – e consistente – parte di lavoratori.
Gli esodati sono quei lavoratori che, usciti dalle aziende e dalle banche con la “certezza” della pensione a scadenza definita, sono stati incentivati a risolvere/concludere il proprio rapporto di lavoro attraverso accordi collettivi o individuali.
Si tratta, in ogni caso, di uscite concordate, mediante le quali un grande numero di lavoratori ha scelto – subendo, a volte, anche pesanti pressioni datoriali – di essere accompagnato alla pensione transitando, per un certo periodo (anche anni), attraverso i trattamenti dei fondi di solidarietà o la mobilità.
Questo stato di cose, maturato nel rispetto delle norme previdenziali allora vigenti e valide, si è improvvisamente scontrato con i cambiamenti repentini imposti dal Parlamento, che ha modificato i requisiti per l’età minima della pensione, innalzandoli, di colpo, a 66/67 anni. il fatto dirompente è stato accompagnato dall’evasivo atteggiamento del Ministro del Welfare, Elsa Fornero, e dell’intero Governo: un tentativo iniziale di minimizzare il problema, dichiarando che esso riguardava solo pochi casi, seguito poi, di fronte alla crescente pressione delle organizzazioni sindacali e, fra queste, della Fabi, da ipotesi di soluzioni strampalate, incomplete ed imprecise.
E, comunque, ad oggi ancora insufficienti. È del tutto evidente che non si possono lasciare persone prive sia di lavoro sia di copertura pensionistica, com’è drammaticamente logico. I dati dell’Inps e del Ministero del Welfare sono in contraddizione. L’Ente previdenziale parla di circa 130.000 casi, mentre la fornero (che, anche per i suoi trascorsi quale amministratore del Gruppo Banca Intesa, ben dovrebbe conoscere il problema!…) si limita a 65.000. Sta di fatto, ad ogni modo, che il Decreto del Governo riguarda, per ora, soltanto 65.000 persone per il biennio 2012-13 ed ha già, a quanto pare, problemi di copertura finanziaria per il 2013-14. Insomma, le cose non sembrano proprio essere partite bene. Occorre sottolineare, innanzitutto, che il Decreto crea delle inaccettabili disparità di trattamento, in netta contraddizione con l’art. 3 della Costituzione che prevede, ai lavoratori nelle stesse condizioni, il riconoscimento dei medesimi diritti e delle stesse certezze. Il problema deve, perciò, essere risolto nello stesso modo per tutti gli interessati e la via è soltanto una: quella previdenziale, ovvero ripristinando gli effetti delle norme che regolavano i Patti e gli accordi individuali e collettivi sottoscritti.
Pensare a soluzioni parziali significa creare contrapposizioni tra chi è in gravissima difficoltà. Significa non saper amministrare e non voler riconoscere che questa degli Esodati è una priorità sociale assoluta, che reclama una soluzione netta ed inequivocabile. Perché chi ha firmato degli accordi secondo le norme vigenti, non può vederli disattesi e infranti, per giunta pagando il prezzo di rimanere senza alcuna salvaguardia retributiva, previdenziale o degli ammortizzatori.
Il sistema bancario sta, purtroppo, confermando le uscite programmate dei Piani Industriali, cui si sommano gli esodi precedenti. La nostra mobilitazione è stata, è e sarà massima: la mano dei lavoratori non può restare imprigionata in mezzo alla porta col pretesto della crisi.
Fregare gli esodati, defraudare i lavoratori, togliendo loro diritti legittimi e fondamentali, significherebbe non solo il crollo totale della credibilità delle relazioni industriali, ma anche l’azzeramento della fiducia dei cittadini nelle regole dello stesso Stato di Diritto.
Ci siamo fatti sentire sulle reti televisive e alle radio nazionali. In occasione della festa dei Lavoratori, abbiamo fatto sentire alta la nostra voce all’interno di uno speciale di “Radio anch’io”, trasmissione di Rai Radio1, trasmessa in diretta da piazza San Giovanni dalle 9 alle 13 di lunedì primo maggio.
Ci siamo fatti sentire all’interno del Tg 1, del Tg 2, di Canale 5, del Tg di La7. Siamo usciti, con dichiarazioni e interviste, sui principali quotidiani nazionali: Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, il Sole 24 Ore, Milano Finanza, il Giornale e tutte le principali testate locali e regionali.
Stiamo organizzando, unitariamente con le altre Organizzazioni Sindacali, una manifestazione nazionale perché, è bene ribadirlo, non lasceremo solo nessuno finché giustizia non sarà fatta.
Alle lacrime di coccodrillo del Ministro Fornero preferiamo fatti concreti e soluzioni condivise. Come dice il proverbio, “non fiori ma opere di bene”.